martedì 17 gennaio 2012

sociale 3


venerdì, 11 febbraio 2011



Il Centro Beehive cerca due volontari

LAIVES. Il centro giovani Beehive mette a disposizione due posti per altrettanti volontari, nell’ambito del bando straordinario per il servizio civile che pubblicherà la Provincia. Si tratta di un’occasione importante per chi abbia intenzione di partecipare e il settore di impiego al Don Bosco è quello dell’educazione e promozione culturale verso giovani e minori.. L’impegno per i due volontari sarà di 26 ore settimanali, senza vitto e alloggio, durante le attività pomeridiane o gli altri eventi proposti dal centro. Info: 0471.952627. (b.c.)
Alto Adige 11-2-11
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venerdì, 11 febbraio 2011



Premiata la Domus Meridiana

LAIVES. Raggiungere la certificazione Iso non è uno scherzo. Ci è riuscita la casa di lungodegenza Domus Meridiana alla fine di un lungo lavoro che è stato apprezzato dal “Bureau Veritas”, un organismo indipendente esterno alla struttura, che a più riprese ha passato sotto la lente di ingrandimento la Domus Meridiana e la sua organizzazione a favore della sessantina di degenti che è in grado di ospitare. «La sfida era grande indubbiamente - asserisce il direttore Marco Maffeis - perché i controlli sono molto rigorosi, fatti da esperti esterni e quindi, per conquistare la certificazione Iso occorre dimostrare senza ombra di dubbio il corretto rispetto dei requisiti previsti per norma».
 Le visite ispettive si sono svolte a dicembre e hanno analizzato tutta la struttura e i suoi servizi, rilasciando alla fine un certificato di conformità alla norma Iso 9001-2008. La validità di questa certificazione dura tre anni, durante i quali gli esperti ritorneranno a verificare come stanno le cose e se per disgrazia dovessero trovare peggioramenti, potrebbe anche essere revocata la certificazione. E’ chiaro quindi che per la Domus Meridiana e per tutti i suoi operatori, il risultato è anche uno stimolo a fare sempre meglio, per arrivare, scaduti i tre anni, a riavere l’Iso.
 «Noi - continua Maffeis - intanto guardiamo già al futuro e abbiamo focalizzato un concetto di “Qualità totale” con un nuovo slogan: “Dalla certificazione Iso alla qualità totale”, tema che svilupperemo per i prossimi anni. Tutto questo avrà ricadute positive sul benessere dei nostri ospiti, sui rapporti tra il personale e sulla vivibilità, nel suo complesso dentro al struttura. Il nostro dovrà essere un percorso verso il miglioramento continuo». (b.c.)
Alto Adige 11-2-11
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giovedì, 10 febbraio 2011



Rinnovo patenti, l’Alto Adige spilla soldi ai pazienti

BOLZANO. Luigi Rubino, segretario provinciale dei medici di Medicina generale Fimmg, stigmatizza l’errata interpretazione del Servizio di Medicina legale di Bolzano (dottor Zanirato) che richiede a tutti coloro che devono rinnovare la patente di farsi rilasciare dal medico un certificato anamnestico a pagamento. «La Fimmg ritiene questa direttiva iniqua per tutti coloro che devono rinnovare la patente A e B visto che la legge parla solo di patenti professionali. Il resto d’Italia ed il Trentino fa come diciamo noi, l’Alto Adige si muove di testa sua spillando soldi alle persone. Ricordo anche come in periodo preelettorale l’assessorato avesse disposto il dimezzamento della spesa per il certificato patente mentre ora si scarica sulle tasche dei cittadini la spesa di un certificato anamnestico previsto a pagamento anche per categorie che non dovrebbero presentarlo affatto». Per questo Rubino ha preparato un avviso per i pazienti - firmato Fimmg - da appendere nelle sale d’aspetto.
 «Il certificato anamnestico, di natura medico legale, non essendo un compito disciplinato dall’attuale contratto, rientra nella libera professione del medico ed è pertanto legittimamente soggetto a pagamento. Tale certificato comporta per il medico una grande responsabilità. Già in passato esisteva il certificato anamnestico, che è poi stato eliminato su richiesta della classe medica, perché lesivo del rapporto fiduciario medico-assistito.
 Si richiede in ogni caso che la richiesta di tale certificato non sia estesa a tutti i rinnovi di patente (A e B) ma solo a quelle professionali, come già avviene del resto in altre parti d’Italia, per non aggravare ulteriormente i bilanci familiari, in un periodo economico così difficile».
Alto Adige 10-2-11
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mercoledì, 09 febbraio 2011



Online il listino dei prezzi dei supermercati

BOLZANO. Stilare una lista di spesa e domandarsi in quale supermercato recarsi per risparmiare è pratica frequente di tutte le famiglie. Azzeccarci non è sempre facile e le ipotesi, spesso, dipendono da svariati fattori, primo fra tutti senz’altro il prezzo dei singoli prodotti. Ora, però, a dare una risposta ai consumatori dovrebbe pensarci un sito, www.carrellovirtuoso.it, che rappresenta idealmente quello che le massaie, fino a qualche lustro fa, facevano scambiandosi chiacchiere alla cassa: la comparazione dei prezzi in base a quanto letto nei cartellini. L’idea è del Ctrrce che con la collaborazione, fra gli altri, di Altroconsumo, Provincia e il giornale Alto Adige propone un portale dove chiunque potrà registrarsi e riportare i prezzi dei prodotti acquistati in un qualsiasi supermercato delle città di Bolzano, Laives, Merano, Brunico, Bressanone e Vipiteno. Scontrino alla mano, quindi, i dati saranno immessi direttamente dagli altoatesini, ma la fatica non sarà certo fine a se stessa perché il risvolto pratico del sito è l’aspetto più intrigante del progetto.
 «Ciascuno - spiega Marino Melissano, presidente del Ctrrce - potrà creare un carrello virtuale personale in cui inserire i prodotti della lista della spesa familiare e chiedere al software quale sia il punto vendita più economico dove recarsi per gli acquisti. Il portale, infatti, stilerà una lista dei supermercati con la somma totale dei prezzi rilevati e fornirà così una prima indicazione numerica. Il tutto sarà accompagnato da un grado di affidabilità derivante dalla relativa “freschezza” della rilevazione. Se i prezzi sono stati registrati meno di un mese prima allora il livello sarà ottimo, poi via a scalare». Basterà un clic per capire dove conviene, di volta in volta, riempire il carrello reale. Chi diventa “rilevatori accreditato”, attraverso la sottoscrizione di un regolamento può partecipare a un concorso che mette in palio buoni spesa fino a 250 euro.
 Tasto dolente sono certamente le offerte speciali, che, chiaramente, sono temporanee e non possono fare media. «Stiamo studiano delle contromisure - conclude Melissano - ma per ora non rientrano nel calcolo della convenienza». Il lancio on-line del carrello virtuoso avverrà il 28 febbraio con rilevazioni di default realizzate da professionisti per renderlo subito funzionale in attesa del contributo dei cittadini. Dal 14 febbraio ci si potrà iscrivere al portale. Entusiasta dell’iniziativa è l’assessore provinciale Roberto Bizzo: «Troppo spesso si crede che innovare significhi creare prodotti nuovi, ma nel concetto rientrano anche tutte quelle iniziative che mirano a migliorare quanto già facciamo. Unico neo è quello di considerare ottima una rilevazione che può arrivare fino a un mese prima». Replica Mauro Poli dell’omonima catena di supermercati: «Il periodo è accettabile, perché su un cluster di 7.000 prodotti saranno solo un centinaio quelli che realmente cambiano prezzo in 30 giorni». L’Alto Adige pubblicherà un paniere ad hoc con alimentare e non, tracciando la «mappa della convenienza».  (a.c.)
Alto Adige 9-2-11
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mercoledì, 09 febbraio 2011



Latte crudo alla spina a Bolzano sbarcano i primi distributori

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. Il latte quasi a chilometri zero, direttamente dalla stalla di alta montagna alla bottiglia di vetro: con un discreto ritardo sul resto d’Italia, sbarcano anche nel capoluogo i distributori di latte crudo alla spina. Dopo il primo, aperto pochi mesi fa al panificio Franziskaner di via Bottai, la prossima settimana ne verrà inaugurato un secondo, presso la Latteria del Sole di via Sassari, succursale di un caseificio biologico attivo in Trentino ma gestito da un casaro di origine pugliese, Antonio Schettini. Il produttore della materia prima è lo stesso: l’allevatore di bovini Werner Stocker, Bauer del maso Becher di Nova Ponente.
 Nonostante la politica provinciale non li sostenga e nonostante siano piuttosto malvisti dai potentissimi consorzi lattiero-caseari, la normativa comunitaria li ammette. La burocrazia sudtirolese è riuscita a rallentarne l’apertura, ma non a impedirla. Stando ai dati del sito web specializzato www.milkmaps.com, attualmente i distributori di latte crudo alla spina in servizio in Italia sono la bellezza di 1.841, suddivisi in 93 province. Solo in Trentino, dove la Provincia li sostiene con convinzione, se ne sono installati trentatré. In Alto Adige siamo solo a tre: uno a Merano, più i due di Bolzano. Come spiegano al panificio Franziskaner, i clienti ci sono. Nonostante il servizio sia in rodaggio e poco conosciuto, ogni giorno si vendono dai 30 ai 50 litri, con punte di 70. Ma le potenzialità parrebbero elevate.
 In via Sassari, l’inusuale joint-venture altoatesino-pugliese è stata favorita da due Gas bolzanini, i Gruppi di acquisto solidale (Ambiente e Salute e FreeGas). L’artefice dell’iniziativa, la bolzanina Teresa Fortini, spiega: «Cercavamo un contadino che trovasse il coraggio di commercializzare il suo prodotto direttamente ai consumatori, senza passaggi intermedi, mantenendo così le caratteristiche del latte non pastorizzato, con le vitamine e il sapore di una volta. Con il distributore alla spina si ha la certezza di bere latte fresco». Tecnicamente funziona così: il contadino munge all’alba e poi, alle 5.30, scende a Bolzano. Svuota il distributore automatico (100 litri), lo pulisce e lo sterilizza con getti di vapore bollente; poi lo ricarica. Il latte, mantenuto costantemente alla temperatura di 4º C anche durante il trasporto, si compra così: acquistata una bottiglia di vetro, si inseriscono le monete nel distributore e si riempie. Quanto si vuole, anche più bottiglie, al prezzo più che concorrenziale di 1,10 euro al litro.
 «Il guadagno - spiega Fortini - va direttamente al contadino, saltando tutta la lavorazione, il confezionamento e la commercializzazione. Così si evita di produrre rifiuti come le bottiglie di plastica o il Tetrapak. Il prodotto è sano perché controllato dai veterinari provinciali e il prezzo è ottimo». Purtroppo, però, attualmente in pochi hanno il coraggio di produrre latte per la spina. Infatti, il Bauernbund pare non sia entusiasta; e i consorzi non ammetterebbero doppie produzioni, per loro e per la spina.
Alto Adige 9-2-11
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domenica, 06 febbraio 2011



Casa: i contributi ignorati dal ceto medio

VALERIA FRANGIPANE
BOLZANO. Costruttori e agenzie avvertono: «Pochi sanno che esistono contributi per il ceto medio che compra casa sul libero mercato». Così Andrea Grata di Confcoop: «Mi stupisce, allora serve più informazione».
 Sull’Alto Adige di ieri Carlo Perseghin (agenti Fiaip) ha detto che il mercato privato ha bisogno di una mano: «Devono lavorare le coop ma dobbiamo sopravvivere anche noi e credo che la popolazione vada informata per poter scegliere in quale alloggio vivere. E questo proprio perché pochi sanno che il ceto medio può contare su contributi anche se compra casa dai privati». Grata spiega che se questa è la realtà «ma mi stupisco» occorre informare meglio la popolazione. «L’80% di chi abita a Bolzano ha i requisiti per ottenere un contributo per l’acquisto o la costruzione della casa. E da un anno e mezzo, da quando cioè la legge provinciale del 13 ottobre 2008, n. 9. ha introdotto la quinta fascia di reddito, la faccenda può essersi fatta interessante per molte famiglie. La quinta fascia infatti abbraccia il nucleo che arriva fino a 50 mila euro di imponibile depurato l’anno (che corrisponde a 65 mila euro di imponibile lordo), che può salire fino 85 mila euro se la famiglia ha almeno due figli a carico». E c’è di più. Il direttore ricorda che la quinta fascia - voluta dalla politica e mai sollecitata dalle coop - può accedere al contributo a patto che realizzi l’abitazione su un’area non destinata all’edilizia agevolata e che, se acquista in coop, ha diritto solo a parte del contributo. «Chi ne beneficia potrebbe trovare quasi più conveniente per tutta una serie di motivi comprar casa dai privati». Il momento di difficoltà degli immobiliaristi è chiaro.
 In città, spiegano, ci sono più di 1.000 alloggi invenduti: «Inutile chiedere nuove aree e poi ci sono le coop che ci tolgono dal 30 al 40% del mercato privato».
 Grata non si tira indietro.
 «Il mercato è cambiato. La forza dei costruttori che negli anni hanno messo insieme patrimoni invidiabili andrà via via ridimensionandosi. Dice bene il geometra Pietro Tosolini, che tra il resto mi piacerebbe incontrare in una tavola rotonda per discutere insieme di queste cose, che negli ultimi anni per i privati è sempre più difficile lavorare perché la quota di terreni da destinare al libero mercato è calata. Una volta a loro era affidato il 60% del totale mentre il 40% spettava all’edilizia agevolata. Oggi è l’esatto contrario. Ma è successo perché la politica si è vista costretta a scendere in campo per offrire una soluzione a chi non sarebbe mai riuscito, altrimenti, a comprar casa. Non credo comunque che le coop rubino spazi ai privati. Perché noi - precisa - siamo in grado di offrire ai nostri soci qualità e prezzi bassi ma anche tempi lunghi e zone periferiche. I privati oltre all’alta qualità e tempi brevi offrono aree che noi ci possiamo solo sognare. Credo che a tutti resti una fetta di mercato importante ma sono convinto che tutti noi siamo destinati ad un ridimensionato».
 Cosa si aspetta dai privati? «Una riflessione - conclude Grata. Hanno patrimoni invidiabili e sono padroni della città, che almeno lascino un segno. Diano un segnale forte, s’inventino una fondazione e regalino a Bolzano una scuola, una chiesa, un hospice ecc. Ne va anche della loro credibilità».
Alto Adige 6-2-11
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mercoledì, 02 febbraio 2011



Case per padri separati offerte dalla Provincia

BOLZANO. La Provincia ha deciso di mettera a disposizione a Bolzano, attraverso l’Ipes, quattro alloggi per padri separati o divorziati: la specifica delibera è stata approvata dalla giunta provinciale su proposta dell’assessore all’Edilizia abitativa Christian Tommasini. La Provincia è il primo ente pubblico in Italia a varare una misura di questo genere. La delibera impegna l’Ipes a individuare quattro minialloggi idonei per la sistemazione di genitori separati o divorziati. «Questi appartamenti, che dovranno sostituire la casa albergo in via Alessandria, sono considerati più idonei ai fabbisogni abitativi delle persone separate e divorziate», spiega Tommasini. Un ragionamento condiviso anche dall’Asdi che aveva accompagnato l’iniziativa. Il presidente dell’Asdi Elia Morato e il direttore Elio Cirimbelli si dichiarano soddisfatti: «Grazie a questa soluzione - spiega Cirimbelli - si avrà una maggior qualità nel rapporto tra padre-figli». La commissione provinciale per le pari opportunità critica invece che questi appartamenti siano riservati esclusivamente agli uomini: «Anche le donne - dicono Ulrike Oberhammer e Patrizia Trincanato - sono colpite da separazioni e divorzi. Per questo chiediamo che gli appartamenti siano a disposizione indipendetemente dal genere e che non sia limitata solo a Bolzano, ma su tutto il territorio».
Alto Adige 2-2-11
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venerdì, 21 gennaio 2011



difficile conciliare famiglia e lavoro

BOLZANO. È dedicato al tema della conciliazione tra lavoro e famiglia il nuovo manuale dell’Istituto per la promozione dei lavoratori Ipl.
 Queste le cifre del fenomeno: in Alto Adige è pari al 37% la quota di lavoratrici part-time, il tasso di occupazione femminile è del 62% (contro il 46% che costituisce la media nazionale) e il 76% del lavoro familiare è a carico delle donne (tre ore e mezza contro l’ora che mediamente viene dedicata al lavoro familiare da parte degli uomini).
 Il manuale - elaborato da Silvia Vogliotti, Irene Conte e Nicoletta Ingusci - contiene informazioni sulla tutela della maternità, sui congedi parentali, sui trasferimenti monetari alle famiglie, sui servizi di cura per la prima infanzia, nonché una panoramica sui sistemi di welfare familiari esistenti in Europa, sulla conciliazione nelle imprese e sulle pari opportunità. Nella pubblicazione dell’Ipl vengono inoltre presentate delle buone prassi di imprese che nei contratti aziendali hanno inserito misure favorevoli alla conciliazione famiglia-lavoro. «Riteniamo che questa pubblicazione possa servire anche alle parti sociali e al mondo politico nel comprendere come sostenere la conciliazione tra vita privata e sfera lavorativa sia una delle chiavi del successo sociale ed economico del “modello Alto Adige”», spiega il direttore dell’Ipl Karl Gudauner.
 Il manuale si può ritirare gratuitamente presso la sede dell’Ipl in via del Ronco 5B a Bolzano o scaricare dal sito www.afi-ipl.org.
Alto Adige 21-1-11
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giovedì, 13 gennaio 2011



Lo polizia postale: «Attenti agli acquisti su internet»

li acquisti on-line e indica alcuni consigli per l’uso: «In base alle esigenze di acquisto, visitate siti noti, conosciuti dai più; i forum presenti in rete vi possono aiutare a comprendere se i siti visitati sono affidabili - spiegano gli esperti della Postale - Prima di acquistare, leggete attentamente le condizioni di vendita e di pagamento; ponete attenzione alla proposta di vendita che sia corrispondente a quello che si cerca e non ad una parte dell’oggetto o a qualche suo accessorio. Ponete attenzione a prezzi eccessivamente bassi, può essere un segnale di allarme. Prima di acquistare non rinunciate a fare una passeggiata per i negozi da farvi un’idea dei prezzi di mercato. Infine: preferite pagamento in contrassegno o mediante bonifico bancario o Paypal».
Alto Adige 13-1-11
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lunedì, 10 gennaio 2011


Franz Josef Müller

Resistere ai dittatori A Bolzano un superstite della «Rosa Bianca»

MARCO RIZZA
I nomi più noti sono senz’altro quelli di Sophie e Hans Scholl, i fratelli Scholl celebrati in Germania e in tutto il mondo come martiri della resistenza al nazismo: attività che pagarono con la vita, giustiziati (ghigliottinati) nel 1943 rispettivamente a 21 e 24 anni d’età. Ma la «Rosa Bianca», il movimento clandestino di resistenza cui diedero vita, non era composto solo da loro. Nel gruppo c’erano anche Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell, Kurt Huber: tutti catturati e uccisi nel 1943. E tra i collaboratori esterni del movimento c’era anche Franz Josef Müller, nato nel 1924 e appartenente al cosiddetto «gruppo di Ulm». Oggi Müller - uno dei pochissimi sopravvissuti di quell’esperienza - è presidente onorario della Weisse Rose Stiftung di Monaco. E il 26 febbraio sarà a Bolzano (Sala di rappresentanza del Comune), insieme ad altri ospiti, invitato dal Centro per la Pace a un incontro dal titolo «Noi non taceremo. Resistenza non violenta ai totalitarismi».
 «Noi non taceremo» è una frase tratta da uno dei sei volantini anti-hitleriani diffusi dal gruppo della Rosa Bianca tra il giugno 1942 e il febbraio dell’anno successivo. L’attività del gruppo nacque infatti nel pieno della guerra. Ispirati da ideali cristiani e di giustizia sociale, i componenti del gruppo decisero che davanti alle atrocità in corso in Germania e nei territori orientali - e che osservarono dal vivo durante il loro servizio militare sul fronte polacco - non si poteva restare in silenzio. Così nel giugno 1942 gli studenti Hans Scholl e Alexander Schmorell scrissero i primi quattro volantini contro il regime e li spedirono in forma anonima a intellettuali bavaresi. In seguito si aggregarono anche Sophie Scholl, Willi Graf e Christoph Probst. Il quinto volantino fu diffuso in Baviera e in Austria nel gennaio 1943. A febbraio dello stesso anno venne diffuso il sesto foglio, realizzato dal professore universitario Kurt Huber (alla fine del 1943 questo volantino, nonostante la Rosa Bianca non esistesse più, riuscì a raggiungere la Scandinavia e da qui gli Alleati, che ne gettarono sulla Germania centinaia di migliaia di esemplari dagli aerei). La Gestapo si era messa intanto sulle tracce del gruppo, ma i fratelli Scholl vennero arrestati solo il 18 febbraio quando tentarono di distribuire il volantino direttamente all’università di Monaco (Sophie ne lanciò alcune copie dal secondo piano lungo le scale). Con loro venne arrestato Probst. Furono incarcerati, torturati e condannati alla decapitazione. Lo stesso destino seguirono i loro compagni più stretti. Müller - nemmeno ventenne all’epoca della sua attività con la Rosa Bianca - aveva il compito di raccogliere il denaro per le buste e i francobolli e distribuì il quinto volantino anche personalmente. Fu anch’egli arrestato nel 1943 ma scampò la pena di morte. Fu condannato a 5 anni di carcere e liberato al crollo del Terzo Reich.
 Insieme a questo testimone di uno dei più alti esempi di resistenza non violenta, a Bolzano per il convegno saranno presenti tra gli altri anche la storica pacifista austriaca Hildegard Goss-Mayr e Piero Stefani, direttore scientifico della Fondazione del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara.
Alto Adige 10-1-11
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venerdì, 07 gennaio 2011



Alloggi a San Giacomo Grata: già fondata coop con cinquanta famiglie

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. Alloggi per il ceto medio a San Giacomo di Laives anziché a Bolzano. La proposta avanzata dall’assessore provinciale Tommasini viene accolta con soddisfazione da Confcoop. Il direttore Grata: «C’è grande interesse, già nata una coop con 50 famiglie».
 «Lo abbiamo proposto da tempo; finora eravamo rimasti inascoltati», racconta il direttore di Confcooperative. «Ovviamente, come precisato dal vicepresidente della giunta provinciale Tommasini e dagli esponenti di maggioranza e opposizione a Laives, si dovrà pensare a un progetto organico. Anche noi non vogliamo creare dormitori o valvole di sfogo. Pensiamo si possano sfruttare ottimamente aree occupate da aziende dismesse o in dismissione, terreni privati con possibilità edificatorie già previste dal Puc di Laives con relative cubature, tipo l’area ex Amonn a San Giacomo. Se i privati acconsentissero, accogliendo il bando provinciale per gli alloggi del ceto medio, una quota parte della volumetria complessiva potrebbe essere realizzata dalle cooperative, un’altra dall’Ipes». Grata sostiene convinto: «Era ora che si cominciasse a pensare secondo schemi nuovi, allargando gli orizzonti normativi. L’idea di ampliare gli spazi di manovra dei bandi di gara destinati al ceto medio anche a Laives è un passo che apprezziamo. L’assessorato adesso si sta dimostrando intraprendente». I bandi, ha anticipato infatti Tommasini, saranno pronti per la fine di gennaio. «Per questo - dice Grata - nei prossimi giorni intensificheremo gli incontri coi tecnici provinciali, per tentar di dare una possibilità alle tantissime famiglie interessate». Secondo Confcoop, infatti, nell’orbita compresa fra Oltrisarco, Maso della Pieve, San Giacomo e Laives ci sarebbero numerose famiglie interessate a stabilirsi a San Giacomo. «È a metà strada fra i due poli di Bolzano e Laives, vicino ai luoghi di lavoro, alle famiglie di origine, ai nonni baby-sitter, agli amici. Per di più, a seguito dell’apertura della variante in galleria per Laives, lo stradone principale si è liberato dal traffico di passaggio e la zona è diventata piuttosto appetibile. Non per nulla un mese fa si è tenuta la prima riunione della nostra nuova coop, cui hanno già aderito cinquanta famiglie». A questo punto, l’area ex Amonn, sulla quale il Puc di Laives prevede la possibilità teorica di edificare 53 mila metri cubi residenziali, cascherebbe a fagiolo. «È auspicabile - conclude - che il bando provinciale venga costruito in maniera tale da tenere conto non solo dei punteggi. Riguardo all’assegnazione dovrebbe esistere un corridoio preferenziale per chi ha legami stretti con San Giacomo, per esserci nato, perché ci ha frequentato la scuola o ci lavora, perché la famiglia di origine risiede nelle vicinanze. Insomma, per chi può dimostrare un attaccamento alla zona. In tal modo si risolverebbe anche la questione del temuto quartiere dormitorio. A nostro avviso, prendendo questa precauzione, oltre a risolvere il problema degli alloggi per il ceto medio si aumenterebbe il grado di coesione sociale. Realizzeremmo soprattutto per l’affitto-riscatto, più un 5-6% per affitti a rotazione».

Terreni ex Amonn il Puc prevede 53 mila metri cubi

Come già accaduto per l’ex area Espen, oggi Garden Village con centinaia di appartamenti in palazzine moderne, a San Giacomo si aprono prospettive nuove per l’area ex Amonn. Si tratta di 53 mila metri cubi edificabili previsti dal Puc. Osteggiati però, occorre notare, dalla Svp locale, che preferirebbe diminuire il volume almeno di 15-20 mila metri cubi.
Alto Adige 7-1-11
mercoledì, 05 gennaio 2011



I corpi venuti alla luce in Tirolo di circa 220 persone

FLAMINIA BUSSOTTI
VIENNA. I corpi venuti alla luce in Tirolo di circa 220 persone, vittime probabilmente di un programma di eutanasia nazista, saranno esumati a marzo ed esaminati in un progetto durante due anni.
 La macabra scoperta, resa nota l’altro ieri, è avvenuta durante i lavori di ampliamento dell’ospedale regionale di Hall, vicino al capoluogo Innsbruck.
 Il cimitero si trova nell’area del reparto di psichiatria. Gli scavi non erano ancora iniziati e il piano edilizio è stato ora fermato. Secondo quanto indicato ieri in una conferenza stampa a Hall dalla società dell’ospedale Tilak e alcuni storici, obbiettivo del progetto sarà identificare i corpi e accertare la causa del decesso. “Possiamo già affermare che non tutti i 220 morti furono vittima dell’eutanasia nazista”, ha detto lo storico Oliver Seifert, precisando che alcuni potrebbero essere morti per denutrizione o cause naturali.
 Almeno 360 persone del reparto psichiatrico di Hall erano state portate durante il nazismo in istituti per essere uccise. Dopo la chiusura ufficiale del programma di eutanasia nell’ agosto 1941 le uccisioni avvenivano nei singoli ospedali per incuria, denutrizione e overdose di medicinali. “Probabilmente il cimitero dell’ospedale di Hall fu fatto nell’ottobre del 1942 dato che esistevano dei piani di allestire una stazione di eutanasia” (mai realizzati), ha detto il vice direttore dell’ospedale, Christian Haring.
 “Negli ultimi anni della guerra si riscontra comunque un drastico aumento di morti nell’ospedale di Hall, 30 solo nel marzo 1945”, ha aggiunto, precisando che si sapeva dell’esistenza del cimitero ma non in collegamento col nazismo. Solo quando è stato trovato un elenco delle tombe il legame fu chiaro. L’elenco contiene infatti varie informazioni che sollevarono il sospetto che nel cimitero si trovassero vittime dell’eutanasia nazista. “Più o meno allo stesso tempo era cominciato il progetto di ampliamento edilizio sul perimetro del reparto psichiatrico e presto fu chiaro che il cimitero era lì”, ha precisato Seifert. La Germania nazista, che nel 1938, con l’Anschluss, annesse l’Austria, praticò nel quadro dei programmi di eutanasia uccisioni in massa di persone giudicate inferiori perchè portatrici di handicap fisici o psichici. Migliaia furono uccise nelle camere a gas nella stazione di eutanasia nel Castello di Hartheim vicino Linz (Alta Austria). Almeno 360 furono mandate alla morte dall’ospedale di Hall prima della chiusura ufficiale del programma di eutanasia nel ’41.
 Successivamente le uccisioni avvenivano in modo disparato, facendo morire di fame i pazienti, abbandonandoli a se stessi o somministrando loro dosi eccessive di medicinali. Questa fase di “eutanasia selvaggia” fra il 1942 e il 1945 è stata studiata molto superficialmente”, ha detto Seifert, aggiungendo che ora è il momento di cambiare. “Questo capitolo buio della storia deve ora essere attentamente esaminato e chiarito”, ha detto da parte sua anche il governatore del Tirolo, Guenther Platter. Secondo uno studio di storici dell’Università di Innsbruck sulla “Sterilizzazione forzata e l’eutanasia nazista in Tirolo, Sudtirolo e Vorarlberg”, circa 3.000 persone nelle tre regioni, furono denunciate fino al 1945 per “malattie ereditarie”. E’ possibile, e anzi decisamente probabile, che fra i resti resti scoperti ora a Hall vi siano anche quelli di vittime altoatesine.
Alto Adige 5-1-11
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mercoledì, 05 gennaio 2011



«Tassi dei mutui, attenti alle modifiche»

BOLZANO. Il Centro tutela consumatori utenti (Ctcu) è preoccupato, perché secondo gli operatori le banche proverebbero via telefono di modificare i tassi dei mutui. «Abbiamo dato notizia dell’entrata in vigore di una nuova legge secondo la quale i tassi dei mutui non potranno, d’ora in avanti, essere più modificati unilateralmente dalle banche, nemmeno in caso di giustificato motivo».
 Ma sono numerose le chiamate che in questi giorni sono arrivate presso il Ctcu: «E’ preoccupante che molte persone siano state contattate a casa da solerti impiegati e direttori di banca che chiedono di passare in banca perché vi sarebbe da modificare il tasso del mutuo oppure da fissare un tasso-soglia. Il Ctcu ripete: d’ora in avanti nessuna modifica, unilateralmente imposta dalla banca, del tasso del mutuo è più possibile. Ai mutuatari diciamo dunque: attenzione se la banca vi propone di modificare la misura o il modo di calcolo del tasso del vostro mutuo, adducendo più o meno pretestuosi motivi del tipo: i nostri costi amministrativi sono aumentati oppure si prevede che salga l’inflazione. Nessuno è obbligato ad accettare simili proposte. Se decidete di accettare alcunché, attenzione che si tratta dell’esito di una trattativa e non più di una modifica unilaterale e quindi la variazione sarà efficace». A tutte le persone dunque che hanno un mutuo da pagare: il Ctcu invita a leggere attentamente tutto quello che vi viene inviato dalla vostra banca per quanto riguarda eventuali variazioni delle condizioni del mutuo e in caso di dubbi ci si può rivolgere agli operatori del Ctcu.
Alto Adige 5-1-11
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lunedì, 27 dicembre 2010



Cibo per un miliardo nella spazzatura

 ROMA. Un’abbuffata da 2,8 miliardi che si chiude con 1 miliardo che finisce direttamente nella spazzatura. E’ questo il poco poetico epilogo delle feste natalizie passate con amici e parenti a mangiare a tavola. Se a Natale, secondo le stime di Coldiretti, la crisi economica ci ha consigliato di risparmiare in caviale, ostriche, salmone e champagne e altri cibi e bevande ad alto costo non si è certo lesinato in bolliti, cappelletti, salumi, carni, spumanti, panettoni, pandori, pesci, formaggi e quant’altro. Ovvero la tradizione delle nostre festività.
 Il risultato è che è rimasto sulle tavole oltre un terzo delle portate preparate per la vigilia e per il pranzo di Natale, per un valore stimato in circa un miliardo che rischia molto concretamente di finire nel bidone della spazzatura. La previsione è sempre di Coldiretti.
 Ad essere gettati nei rifiuti sono soprattutto i prodotti già cucinati e quelli più deperibili come frutta, verdura, pane, pasta, latticini e affettati. A questo punto entrano in gioco le ricette creative e «antispreco». Secondo la Coldiretti polpette, frittate, pizze farcite, caponata e macedonia sono un’ottima soluzione per utilizzare gli avanzi secondo le preziose ricette della nonna.
 In un momento di difficoltà economica è infatti importante raccogliere l’invito alla sobrietà e - sottolinea la Coldiretti - ad utilizzare la fantasia e il tempo libero delle feste per recuperare con gusto i cibi rimasti sulle tavole.
 Una usanza molto diffusa che nel passato ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio come la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta o al sud la frittata di pasta o le braciole di carne, involtini ottenuti dal rostbeef avanzato con l’aggiunta di salame e formaggio.
 Polpette o polpettoni a base di carne o tartare di pesce avanzati sono l’ideale per recuperare il cibo del giorno prima, ma anche le frittate possono dare - continua la Coldiretti - un gusto nuovo ai piatti di verdura o di pasta, senza dimenticare la ratatouille (la versione nizzarda dell’italianissima caponata realizzata con verdure stufate). La frutta secca in più può essere facilmente caramellata per diventare un ottimo “torrone” mentre con quella fresca si ottengono pasticciate, marmellate o macedonie.
 E per dare un nuovo sapore ai dolci più tradizionali, come il pandoro o il panettone, si ricorre spesso alla farcitura con creme o cioccolate fuse. O molto più banalmente possono servire da merenda e la colazione dei piccoli di casa almeno fino all’epifania.
AltoAdige 27-12-10
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domenica, 26 dicembre 2010



Passa l’addizionale Irpef ma Di Fede promette nuovi sostegni alle famiglie

LAIVES. Lo scontro - preannunciato - tra maggioranza e opposizione sull’esenzione dall’addizionale Irpef per alcune categorie svantaggiate, ieri sera ha rischiato di mandare in tilt l’approvazione del bilancio di previsione 2011 (poi licenziato a maggioranza). Pdl e Lega nord, viste vane la richiesta di individuare in bilancio 18mila euro circa da destinare appunto all’esenzione Irpef per famiglie con tre o più figli a carico e reddito modesto (d’accordo anche l’Udc), hanno dato il via alla raffica di emendamenti. Ne erano stati preparati cento, da discutere e approvare uno ad uno, cosa che avrebbe protratto la seduta probabilmente fino al mattino. Dopo i primi però, da entrambe le parti ha prevalso il buonsenso e la giunta ha accettato di predisporre un tavolo di coordinamento per le famiglie, insieme all’adozione di provvedimenti concreti di sostegno entro sei mesi. Questo ha permesso alla seduta di riprendere normalmente.
 Dall’addizionale Irpef il Comune ricava circa 399mila euro, mentre le famiglie con 3 o più figli a carico sono 230. Il sindaco ha anche ricordato che già qualche cosa si sta facendo, vedi la Family card ad esempio, che prevede riduzioni proprio per queste famiglie. Anche alle scuole materne comunali ci sono 92 richieste di esenzione da parte di famiglie in difficoltà e il Comune conta di investire almeno 9.500 euro per questo.
 Superato lo scoglio degli emendamenti, si è passati rapidamente al bilancio. Il documento di previsione 2011 pareggia sulla cifra di 38 milioni e 919 mila euro. Per la giunta è un bilancio realistico; per l’opposizione invece, non propone cambiamenti di marcia rispetto alla routine del passato. (b.c.)
Alto Adige 23-12-10
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domenica, 26 dicembre 2010



«La Storia siamo noi» si occupa di Lager e Seifert

Nei primi mesi del 2011 sarà trasmessa una puntata di «La Storia siamo noi», nota trasmissione Rai condotta da Giovanni Minoli, dedicata al Lager di Bolzano e al suo boia, Misha Seifert, morto a novembre in un ospedale di Caserta ma da due anni detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere dopo essere stato condannato all’ergastolo. Nei giorni scorsi una troupe è stata a Bolzano dove ha effettuato riprese presso il Lager e, tra l’altro, intervistato proprio la storica Carla Giacomozzi. Sempre per quanto riguarda l’attività dell’Archivio Storico nell’ambito della ricerca sulla Seconda guerra mondiale, sarà riproposta anche nel 2011 l’iniziativa «La Memoria in rassegna» (in collaborazione col Comune di Nova Milanese), ossia la raccolta, catalogazione e presentazione al pubblico di videoproduzioni documentarie su Resistenza e Deportazione realizzate da enti, associazioni, istituti, associazioni, scuole e privati. Al momento le produzioni audiovisive raccolte sono 322 produzioni e sono disponibili in visione presso l’Archivio; si sta studiando il modo di metterne on-line almeno alcuni spezzoni.
Alto Adige 22-12-10
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domenica, 26 dicembre 2010



Nuove politiche sociali per consentire ai nostri figli più flessibilità nelle scelte

Il reddito o lo status sociale dei genitori diventano variabili cruciali per il destino dei figli. I risultati ottenuti dai figli tendono a riflettere quelli ottenuti dai loro padri, sia quando si guardi al reddito sia al livello di istruzione o addirittura al tipo di lavoro svolto. In Italia, il 44 per cento dei padri architetti ha un figlio laureato in architettura, il 42 per cento dei padri laureati in giurisprudenza ha un figlio con il medesimo titolo di studio. Dati simili si riscontrano per i farmacisti (41 per cento), per gli ingegneri e i medici (39 per cento). Le scelte individuali dipendono certamente dalle risorse economiche della famiglia e dal tipo di sistema sociale, ma dipendono in maniera cruciale anche dalle preferenze. Poiché molte decisioni sono caratterizzate da un alto grado di incertezza, di grande rilievo sono le attitudini verso il rischio degli individui. Alcune interessanti analisi mostrano che i figli tendono ad avere preferenze verso il rischio, simili a quelle dei loro genitori. Gli individui impiegati nel settore pubblico, ad esempio, sono meno propensi a intraprendere attività rischiose, mentre gli imprenditori sono tipicamente caratterizzati da una bassa avversione al rischio. Le preferenze dei padri determinano quelle dei figli: avere un padre imprenditore riduce la probabilità che lo studente preferisca un lavoro sicuro, mentre avere un padre occupato nel settore pubblico aumenta la probabilità che lo studente preferisca un lavoro stabile.
 Politiche tese a favorire l’interazione tra gruppi sociali diversi, come quelle rivolte ad aumentare il mix sociale all’interno delle scuole, potrebbero essere particolarmente efficaci per frenare questa correlazione tra preferenze dei padri e scelte dei figli.
Alto Adige 20-12-10
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lunedì, 13 dicembre 2010

  esenzione   

I sindacati: esenzione dell’Irpef fino a 35 mila euro

BOLZANO. I rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil domani mattina manifesteranno davanti alla sede del consiglio provinciale, dove inizia la discussione sul bilancio 2011.
 IRPEF. La proposta della giunta provinciale prevede l’esenzione dell’Irpef per i redditi fino a 12.500 euro e fino a 22.500 per chi ha figli. Così il segretario della Uil Toni Serafini: «Vista la situazione di crisi, che sta ancora toccando in misura pesante i cittadini con redditi medio-bassi, con un aumento delle povertà e a fronte di un eccessivo peso fiscale sul lavoro dipendente e sulle pensioni, rivendichiamo l’azzeramento per i redditi almeno fino ai 35.000 euro». Difficile, o più realisticamente impossibile, che i sindacati riescano ad ottenere un innalzamento del tetto di reddito per il quale è prevista l’esenzione Irpef. La battaglia condotta in questi mesi è comunque servita a ridurre, seppur di poco, la pressione fiscale. Anche se i sindacati, su questo fronte in perfetta linea con i rappresentanti degli imprenditori, vorrebbero di più: la Cisl in particolare si spinge a chiedere l’esenzione per tutti. La Provincia però ha già risposto picche. Non può sopportare ulteriori riduzioni di entrate. Il compromesso trovato “costa” 8 milioni di euro che comunque rientranno con l’aumento dell’Irap per istituti di credito e assicurazioni. Una misura questa pesantemente criticata anche dagli imprenditori secondo cui banche e assicurazioni si rivarranno direttamente sulla clientela.
 SERVIZI. I sindacati chiedono il mantenimento dei livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici e socio-assistenziali da parte dei Comuni senza aumenti tariffari per gli utenti. Rivendicano la conferma dei servizi di base: asili nido, scuola materna, case di riposo, assistenza agli anziani, sanità, scuola anche tramite il blocco delle tariffe sociali, di concerto con i Comuni e le Comunità comprensoriali.
 EVASIONE. I sindacati rivendicano una “vera lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero” anche in Alto Adige attraverso il potenziamento dei controlli e delle indagini tributarie e “non riducendoli come previsto all’accordo di Milano”. Si chiede di dare concreta attuazione alla compartecipazione della Provincia e dei Comuni agli accertamenti fiscali. Ricordiamo che con questa compartecipazione il 30% dell’evasione recuperata rimarrebbe agli enti locali.
 PUBBLICO IMPIEGO. I sindacati dicono no ai tagli del personale annunciati, per i prossimi anni, dal presidente della giunta Luis Durnwalder e dall’assessore Thomas Widmann. «Ribadiamo che un numero di addetti adeguato è funzionale a un servizio di qualità, efficace ed efficiente a vantaggio dei cittadini. Rivendichiamo lo sblocco della contrattazione per il pubblico impiego locale. I risparmi utili al servizio pubblico sono realizzabili con economie di scala e razionalizzando le gestioni dei servizi e senza penalizzare i lavoratori».
Alto Adige 13-12-10
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giovedì, 09 dicembre 2010



Scatta l’esame per gli immigrati

ANNALISA D’APRILE
 ROMA. Per gli stranieri che vogliono continuare a vivere in Italia è arrivato il momento di studiare la lingua. Da oggi entra in vigore l’annunciato decreto che rende obbligatorio il superamento di un test d’italiano per ottenere il permesso di soggiorno per un lungo periodo.
 Poco più di due i mesi di tempo per arrivare preparati alla prova che si svolgerà nei centri provinciali per l’istruzione degli adulti. Ma prima dell’esame, gli immigrati che intendono richiedere il permesso Ce per lungo-soggiornanti (ex “carta” di soggiorno) devono fare domanda, anche attraverso i patronati, collegandosi al sito www.testitaliano.interno.it. La domanda di partecipazione al test può essere inoltrata solo attraverso il web e il ministero dell’Interno, prevedendo l’assalto telematico, ha blindato il sito per «aggiornamento» e fissato l’accesso solo da questa mattina alle 8. Tra le condizioni indispensabili per sostenere l’esame, i cittadini stranieri regolari devono essere presenti in Italia da almeno 5 anni, devono avere più di 14 anni e dimostrare di percepire un certo reddito. Le richieste inviate arrivano alle procure che controllano i documenti e convocano, entro 60 giorni, gli interessati indicando loro data e luogo della prova. Per essere promossi bisogna conseguire almeno l’80 per cento del punteggio complessivo. Mentre i bocciati potranno ripetere il test. Ma quali saranno i quesiti? Dal ministero dell’Interno rispondono che le domande del test «verranno decise dai dirigenti scolastici» e che «per ora c’è solo la possibilità di inviare le richieste di partecipazione online». Gli enti certificatori (varie università) hanno il compito di costruire le linee guida per esami, durata e relativi punteggi, ma il dicastero precisa che «non necessariamente i test saranno uguali in ogni città».
 Gli extracomunitari dovranno dimostrare una padronanza della lingua pari al livello A2 del Qcer (Quadro comune europeo di riferimento per le lingue), indicato come livello di «sopravvivenza». Essere in grado di capire frasi della vita di tutti i giorni e di fornire informazioni personali di base. Per esempio: “Quanti figli hai?”.


Se fanno il test di tedesco per immigrati agli italiani si preannuncia una strage

Questa roba del test di tedesco agli immigrati per accedere ai servizi sociali è davvero straordinaria! Vasta preoccupazione nel gruppo linguistico italiano: se si decidesse di farlo a tutti e non solo agli immigrati, l’ottanta per cento degli italiani sarebbe immediatamente escluso da qualsiasi servizio. Pare che l’ideuzza di Yoghidurni sia la prima di una serie di nuove proposte tese a chiarire come l’Alto Adige sia terra ospitale ma molto meglio se gli ospiti sono paganti. Per ora infatti nessun test per chi accede ai servizi alberghieri.
 Cambierà invece radicalmente anche se solo a titolo sperimentale, l’assistenza sanitaria con l’estensione del patentino non più solo per il personale medico e paramedico ma anche per i pazienti immigrati, tutta gente che avrebbe fatto molto meglio ad ammalarsi a casa propria o che perlomeno qualcosina di tedesco avrebbe potuto impararla durante l’agonia. Dato però, che non sono mica davvero cattivi e qualche piccola differenza da Borghezio vogliono mantenerla, nei casi di particolare urgenza, chi non fosse provvisto di patentino potrà superare un test di conoscenza del tedesco nei minuti tra il ricovero e l’anestesia. I risultati dei test saranno pubblicati in uno dei vari dialetti sudtirolesi dato che ai commissari di lingua tedesca non è richiesta la conoscenza del tedesco. Rimarranno invece inalterate le norme relative al “bere vino Südtirol”, per cui gli immigrati continueranno a poterlo bere anche se non riusciranno a leggere l’etichetta. Novità invece per i luoghi di culto e gli impianti sportivi con test linguistici per gli immigrati, per ora relativi all’ hockey e alla chiese cattoliche dei centri storici. Siamo sempre più ottimisti.
Alto Adige 9-12-10
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mercoledì, 08 dicembre 2010



Test di tedesco, tensione in giunta

ANTONELLA MATTIOLI
BOLZANO. «Un test di tedesco per concedere le prestazioni sociali agli immigrati?» Da Bruxelles l’assessore provinciale Roberto Bizzo, che ha predisposto il disegno di legge sull’integrazione in discussione in giunta, dice di “non saperne nulla”. Il presidente della Consulta immigrati Artan Mullaymeri conferma: «Noi il disegno di legge lo abbiamo visto: prevede una serie di misure per favorire l’integrazione degli immigrati, ma nessun test linguistico per ottenere le prestazioni sociali concesse esclusivamente dalla Provincia di Bolzano. Una misura simile non è ammissibile, in quanto discriminatoria. Resta il fatto che da parte di ciascun immigrato ci deve essere il massimo sforzo per conoscere entrambe le lingue, ma questa è un’altra cosa».
 Il test di tedesco non ci sarebbe nel documento originario e proprio per questo, si dice, venga ritenuto troppo blando dal presidente della Provincia Luis Durnwalder che vorrebbe mettere dei paletti, per evitare l’arrivo in Alto Adige di molti immigrati richiamati dalla possibilità di ottenere prestazioni sociali aggiuntive (alloggi Ipes, minimo vitale, sussidio casa) a quelle statali.
 Il presidente, intervenendo nella consueta conferenza stampa del lunedì, è stato chiaro: «I test di lingua per ottenere il permesso di soggiorno definitivo, in Alto Adige daranno la possibilità di svolgere l’esame anche per l’accertamento della lingua tedesca. Non si tratta di un passaggio obbligatorio per i cittadini extracomunitari, ma potrà indubbiamente rappresentare un vantaggio in più quando in futuro si tratterà di accedere ad alcune prestazioni sociali».
 Gli alleati del Pd però si mettono di traverso. Con Bizzo si schiera il segretario del partito Antonio Frena: «Il disegno di legge di Bizzo sull’immigrazione è all’acqua di rose? Aspettiamo di vederlo. Certo è che se per “all’acqua di rose” s’intende troppo democratico, allora siamo orgogliosi. Non credo si possano fare delle discriminazioni su base linguistiche. E comunque non le condividiamo».
 Il rappresentante dell’ala sociale della Svp in consiglio provinciale Georg Pardeller vede nel test linguistico per gli immigrati “rischi ma anche opportunità”, mentre i consiglieri verdi Riccardo Dello Sbarba e Hans Heiss rilevano solo gli aspetti negativi e definiscono “discriminatori ed illegali, dunque impossibili i test di lingua per i contributi sociali”.
 I Verdi invitano Durnwalder a smetterla con “gli annunci allarmanti e populisti e a varare finalmente la legge per l’integrazione che la giunta rinvia da sei anni”.
 «Anche perché - sottolineano - non esiste norma, né in Europa né in Italia né in Alto Adige, che consenta di legare alla conoscenza delle lingue il diritto ad un contributo sociale, diritto che risponde esclusivamente al criterio del bisogno e non certo a quello del titolo di studio».
 Intanto, mentre infuria la polemica sul test di tedesco per le prestazioni sociali, la sovrintendente per la scuola in lingua italiana Nicoletta Minnei e l’intendente tedesco Peter Höllrigl assieme al direttore generale della Provincia Hermann Berger sono al lavoro per dare attuazione alla legge sull’immigrazione che, a livello nazionale, prevede per quanti richiedano il permesso di soggiorno permanente lo svolgimento di un test che accerti la conoscenza della lingua italiana. «Noi vorremmo - spiega Berger - far sì che gli immigrati che vivono in Alto Adige possano sostenere il test in italiano o in tedesco. Partendo dal presupposto giuridico che in provincia di Bolzano le due lingue sono parificate». Durnwalder ritiene che non ci sia alcuna chance. Mentre il direttore generale è possibilista: «È vero che il ministero dell’Interno ha detto no, ma quello del Lavoro ha detto sì. Attendiamo un pronunciamento definitivo del Consiglio dei ministri. Dovrebbe arrivare entro giovedì quando entra in vigore il decreto».
Alto Adige 8-12-10
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mercoledì, 08 dicembre 2010



Latouche: lo sviluppo ci ucciderà

FRANCESCO COMINA
O si cambia radicalmente il modello di convivenza umana o sarà il suicidio globale. Il grande sociologo ed economista francese Serge Latouche ha le idee sempre più chiare. Una ventina d’anni fa scrisse «Il pianeta dei naufraghi», che gli diede fama mondiale. Immaginava la nave dello sviluppo incagliata fra i fiordi alla deriva come il Titanic. La nave affonda mentre l’orchestra continua a suonare. Gli unici che si salvano sono coloro che abbandonano le danze e tentano una disperata fuga. Oggi la sua visione è peggiorata. Siamo, dice Latouche, alla soglia della sesta estinzione della specie ma si continua a predicare la religione dello sviluppo e della crescita economica senza accorgersi del suicidio annunciato.
 Serge Latouche sarà a Bolzano mercoledì su invito del Centro per la Pace del Comune, per una conferenza sul tema «L’economia del dono» dialogando con Antonio Mazzucato, missionario bolzanino fra i pigmei (appuntamento alle 18, Sala di rappresentanza del Comune). Oggi invece sarà a Trento (ore 20.30 in Sala Depero, palazzo della Provincia), mentre domani sarà a Predazzo.
 Serge Latouche, non è la prima volta che viene in Trentino Alto Adige.
 
Ci torno sempre volentieri. Sono terre che amo molto. Mi piace la montagna, mi affascinano le Dolomiti. In tutta la regione, sia in Trentino che in Alto Adige ci sono molte persone impegnate in una decrescita serena. Mi sono fatto una idea in questi anni, ossia che la gente di montagna è più abituata alla sobrietà e dunque è più facile che parta da qui il nuovo modello che auspichiamo, un modello che rompa definitivamente con l’idea della società dei consumi e dello sviluppo.
 Lei non ama molto la definizione che le appiccicano di «padre della decrescita», anzi ultimamente non usa più questo termine preferendo la parola «a-crescita».
 
L’idea della decrescita viene da lontano. Altri maestri già dagli anni Sessanta si sono soffermati sulla necessità di uscire dal paradigma della crescita, dei consumi, dello sviluppo. Penso a Ivan Illich, André Gorz, Francois Pertant, Cornelius Castoriadis. Io ho solo ripreso quelli intuizioni dandogli una formulazione più organica e strutturata. Il termine decrescita continua ad avere una sua importante funzione, è entrato nel vocabolario di molte persone e credo sia una parola appropriata. Tendo ultimamente ad usare il termine a-crescita prendendo la stessa radice di a-teismo perché secondo me si tratta di rifiutare la religione della crescita, del progresso e dello sviluppo.
 Lei non vuol nemmeno sentire parlare di sviluppo sostenibile. Come mai?
 
Perché è un ossimoro inventato dagli ideologi dello sviluppo. Questi strateghi hanno aggiunto l’aggettivo sostenibile per farci accettare meglio lo sviluppo. Ma non esiste uno sviluppo sostenibile! Lo sviluppo è sviluppo. La crisi ecologica che abbiamo sotto gli occhi è la conseguenza della crescita economica. Siccome i tecnocrati della crescita non vogliono uscire dal modello dominante hanno inventato questo ossimoro ingannatore che mette assieme una parola positiva (sostenibile) e una parola tossica (sviluppo).
 Decrescere significa anche rallentare?
 
Mi piace molto il libro del mio amico Ivan Illich, morto qualche anno fa, dal titolo «Elogio della bicicletta». La bicicletta, che è molto utilizzata in Alto Adige e che anch’io uso spesso a Parigi, è proprio l’emblema di una società che rallenta, che non inquina, che rompe la logica della velocità espansiva e compulsiva dello sviluppo. Sono contento di venire nella terra dove è nato e ha vissuto Alexander Langer, un maestro che ci ha insegnato a vivere con altri parametri, secondo il motto «lentius, profundius, suavius» contrario a quello olimpico della velocità, della forza e dell’altezza. Decrescere significa anche rallentare. Langer l’aveva capito molto bene.
 Lei ha scritto che la società dei consumi è anche la società dei rifiuti. Quello che sta accadendo a Napoli sembra confermare la sua tesi.
 
Napoli è solo la testa dell’iceberg. È ovvio che una società dei consumi diventa una società dei rifiuti, i quali crescono in maniera esponenziale rispetto al consumo. Più un Paese si sviluppa e più genera rifiuti. Ma il problema è mondiale. Napoli è il simbolo di una follia. E le soluzioni tecniche, come gli inceneritori, anche quelli più sofisticati di seconda e terza generazione non risolvono il problema, perché c’è sempre un margine di inquinamento e di impatto ambientale. In questi giorni è iniziato in Francia un processo per una contaminazione di diossina da parte di alcuni inceneritori del nord 10 anni fa. Sono aumentati i tumori, è stato trovato un forte inquinamento nei campi, nel latte, nei formaggi. Qui sono in ballo vite umane, non si può scherzare e far finta di nulla. Se rimaniamo dentro il quadro della società dello sviluppo non risolveremo mai questo problema che è mondiale.
 Intanto si rilancia sul nucleare...
 
Altra follia dello sviluppo. Siccome le risorse petrolifere stanno esaurendosi, ci attacchiamo al nucleare. Il prossimo anno si celebrano i 25 anni del disastro di Chernobyl. Fu una apocalisse fortunata perché soltanto per un miracolo il reattore non esplose e allora si che sarebbe stata la distruzione totale. L’umanità dimentica in fretta. Molti fisici ci dicono che i rischi ci sono anche se la tecnologia è avanzata e soltanto l’idea che ci possa essere il rischio di una apocalisse atomica dovrebbe essere sufficiente per dire di no al nucleare e pensare davvero a risorse energetiche alternative e ad energie rinnovabili. La strada maestra è la rottura col modello, l’inversione di marcia, l’a-crescita.
Alto Adige 6-12-10
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venerdì, 03 dicembre 2010



Tolto l’Irpef ai redditi sotto i 12.500 euro e a famiglie fino a 25 mila

BOLZANO. Mossa a sorpresa della giunta provinciale sulle esenzioni dall’addizionale regionale Irpef. Via libera a provvedimenti per i redditi sotto 12.500 euro e per le famiglie con figli e reddito fino a 25 mila euro. In tutto verranno interessate 97.647 persone. L’altro giorno veniva data per scontata dalla giunta l’esenzione solo per i redditi fino a 15 mila euro.
 L’assessore al Bilancio Roberto Bizzo (Pd) ha accettato la proposta di Martha Stocker (Svp) approvata ieri dalla terza commissione legislativa (presidente Julia Unterberger) sulla finanziaria 2011.
 La nuova versione delle esenzioni Irpef verrà presentata sotto forma di emendamento durante la discussione del Bilancio in aula la prossima settimana.
 La nuova formulazione prevede un’esenzione generale dall’addizionale regionale Irpef dello 0,9% per i redditi fino a 12.500 euro.
 Questa misura riguarderà 65.842 altoatesini (di cui 13-14 mila con figli), anticipa il direttore della ripartizione Finanze Eros Magnago.
 La seconda parte dell’accordo riguarda le famiglie con figli. In questo caso l’esenzione riguarderà i redditi fino a 25 mila euro, con la possibilità di calcolare figli diversi sulle entrate di uno o dell’altro genitore.
 «Altrimenti i nuclei con due entrate non verrebbero considerati e sarebbero penalizzati», commenta Julia Unterberger (Svp), autrice di questa proposta aggiuntiva. «La seconda parte della manovrà toccherà altre 31.805 persone», conclude Magnago. In tutto dunque 97.647 altoatesini.
 Per la Provincia, spiega Bizzo, l’accordo raggiunto ieri in commissione si tradurrà in minori entrate per 8 milioni: «Si tratta di una soluzione pensata per il ceto medio». Ancora negativo il giudizio dei sindacati. Secondo il segretario della Cisl Michele Buonerba «il bilancio della Provincia avrebbe permesso uno sforzo maggiore, arrivando a garantire esenzioni fino a 30 milioni».
 Ieri intanto il consiglio provinciale ha approvato i primi dieci articoli del disegno di legge «Omnibus» presentato dalla giunta provinciale.
 Tra gli articoli approvati, il primo pone le basi per consentire alla Provincia di sostenere finanziariamente le produzioni cinematografiche e televisive che vengono realizzate sul territorio altoatesino. Molto discusso l’articolo 3 che modifica la legge sulla struttura dirigenziale della Provincia, prevedendo, fra l’altro, che l’attuale direttore della ripartizione provinciale sanità Albert Tschager rimanga al suo posto fino al completamento del riordino del servizio sanitario provinciale, ma non oltre il 31 dicembre 2013. Con l’articolo 8 vengono proposte modifiche alla legge provinciale sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e del personale della Provincia e degli enti provinciali, e viene predisposta la base normativa affinché l’ente pubblico di appartenenza possa concedere, in casi eccezionali, il rimborso delle spese del giudizio dinnanzi alla Corte dei conti anche qualora sia stata accertata la colpa lieve.
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categoria:sociale, provincia di bolzano
mercoledì, 01 dicembre 2010



Più democrazia

BOLZANO. L’iniziativa per più democrazia critica la nuova proposta dell’Svp in tema di referendum. «L’abolizione del quorum collegata ad un innalzamento dell’obbligo delle firme da raccogliere a 39 mila dimostra come la Stella Alpina non abbia cambiato idea sulla democrazia diretta. Si tratta di una proposta che si contraddice, le iniziative popolari dovrebbero invece essere facilitate», lamenta l’Iniziativa per più democrazia in una nota.
Alto Adige 1-12-10
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categoria:sociale
domenica, 28 novembre 2010



Stranieri e anziani possono essere risorse per lo sviluppo

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. Stranieri e anziani come opportunità e non come un problema. L’assessore alle politiche sociali Mauro Randi e il direttore dell’istituto di ricerca economica Oswald Lechner cercano di vedere anche il lato positivo di un fenomeno che va governato, ma che se sfruttato bene può essere anche un motore per lo sviluppo.
 L’analisi di Randi parte da un elemento che collega entrambi i fenomeni: «La popolazione invecchia e questo è un dato positivo perché significa che la qualità della vita a Bolzano è buona. Al contempo, questo significa anche che c’è bisogno di maggiori servizi per gli anziani. Nelle case di riposo e negli ospedali il numero di impiegati stranieri è in continuo aumento, così come sono soprattutto immigrati le persone che si prendono cura dei nostri “nonni” a livello di assistenza domestica. Ci sono molti servizi che si danno spesso per scontati, ma che si riescono a garantire solo grazie alla presenza di personale che viene da fuori».
 Un elemento che sottolinea anche Lechner: «In Alto Adige lavorano 26 mila stranieri. Questo significa che il loro contributo all’economia è ormai diventato decisivo, come evidenzia un altro dato. Da un sondaggio fatto tra le imprese che occupano immigrati, la stragrande maggioranza ha risposto di aver fatto ricorso alla manodopera da fuori perché per quei posti non è riuscita a trovare altoatesini».
 L’aumento degli immigrati comporta inevitabilmente di dover rispondere a nuove esigenze: «Per questo - dice Randi - l’inclusione sociale diventa centrale. Questo significa da una parte introdurre delle figure di mediazione che spieghino agli stranieri i loro diritti ma anche i loro doversi, e dall’altra far sentire gli stranieri parte della nostra comunità, soprattutto i più giovani che spesso sono nati a Bolzano». Lechner conferma: «L’inclusione sociale è molto importante e in questo senso le imprese potrebbero fare qualcosa in più, perché proprio sul posto di lavoro c’è la possibilità di integrarsi maggiormente. Dalle nostre interviste è emerso che il 20% delle imprese denuncia problemi di integrazione tra lavoratori locali e stranieri, in particolare quando questi sono extracomunitari. Gli imprenditori devono imparare a saper affrontare questo tipo di problematica».
 Allo stesso tempo, però, gli stranieri devono imparare a puntare maggiormente sulla formazione: «Abbiamo notato - dice il direttore dell’Ire - che la disponibilità a frequentare corsi di formazione e aggiornamento professionale è sensibilmente più bassa tra gli stranieri». La formazione continua è un fattore centrale anche per ovviare all’invecchiamento della popolazione: «In genere - dice Lechner - le aziende preferiscono impiegare i giovani, perché ogni assunzione significa anche un investimento sul futuro in termine di formazione e competenze. Questo spiega perché chi esce dal mondo del lavoro dopo una certa età, poi fa fatica a rientrarci. Ma se non si smette di aggiornarsi, se si ha la voglia di imparare anche dopo aver superato una certa età e anche se la pensione è vicina, allora il contributo che anche un lavoratore maturo, che in genere è più esperto in determinati settori, resta importante».
 Se a livello economico, e lo ha sottolineato ieri all’Eurac durante un convegno anche il direttore della ripartizione provinciale lavoro Helmuth Sinn, la parola d’ordine è formazione, a livello sociale la priorità è l’assistenza domiciliare: «Stiamo definendo il nuovo fabbisogno di letti nelle case di riposo - spiega Randi -, ma vorremmo aiutare di più le famiglie che tengono i nonni in casa propria».
Alto Adige 28-11-10
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categoria:sociale
venerdì, 26 novembre 2010



Irpef, una mozione a tutela delle famiglie

LAIVES. Mozione del Pdl, a firma di Daniele Inguscio, per chiedere alla giunta di esentare dal pagamento Irpef, durante il triennio 2011-2013, i redditi fino a 15.000 euro e i contribuenti con 3 o più figli fiscalmente a carico. Inguscio parte dalla considerazione che la situazione economica attuale sia già pesante per tante famiglie e un primo passo verso l’esenzione per i redditi più modesti lo sta facendo la Provincia di Bolzano. «È ora che anche il Comune di Laives intervenga - dice Inguscio - per sostenere le famiglie meno abbienti». (b.c.)
Alto Adige 26-11-10
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venerdì, 19 novembre 2010


Cinquemila immigrati in Bassa Atesina

SALORNO. La conferma della massiccia presenza di stranieri a Salorno viene dalle ultime statistiche elaborate dall'Astat, che riguardano la popolazione residente a fine 2009. Nel centro della Bassa Atesina a fine dicembre c'erano 672 stranieri, pari al 19,1%. Nessun'altro Comune altoaesino deve confrontarsi con una percentuale così elevata: in classifica seguono Fortezza col 18,5% e, molto più staccati, Merano (14%), Brennero (13,7%), Ponte Gardena (12%) e Magré (11,8%). La crescita maggiore dal 2000 in avanti si è registrata proprio in questo comprensorio, complice l'emigrazione anche dalla vicina provincia di Trento. La situazione, peraltro, è piuttosto differenziata. Ad Egna vivono 463 stranieri, pari al 9,4% della popolazione residente. Ad Ora gli stranieri scendono a quota 274 e sono pari al 7,8%. Proseguendo verso nord ci sono Bronzolo con 217 stranieri, pari all'8,2%, e Laives con 1.479 stranieri, pari all'8,7%. Per quanto attiene i Comuni sull'altro lato della Strada del Vino in classifica figurano Magré con 153 stranieri (11,8%), Cortina all'Adige con 50 (7,8%), Cortaccia con 115 (7,8%), Termeno con 193 stranieri (5,9%), Caldaro con 514 stranieri (6,8%) e Appiano con 1.107 stranieri (7,9%). Ciò significa che nel comprensorio Bassa Atesina-Oltradige, considerando anche Laives, vivono poco meno di 5 mila stranieri. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare - visto l'apporto crescente dato dagli immigrati (maschi) al mercato del lavoro - le donne straniere superano gli uomini: 52% contro il 48%. Di anno in anno cresce il numero di neonati stranieri. Negli anni Novanta nascevano in media 100 bimbi stranieri l'anno, mentre nel 2009 la cifra, a livello provinciale, è salita a quota 663. Fino al dicembre scorso gli stranieri nati in Italia e residenti in un Comune della Provincia di Bolzano erano 5.200. Un alto tasso di natalità (17,6 per mille rispetto al 9,9 della popolazione autoctona) accompagnato da un basso tasso di mortalità (1,9 contro l'8,0 per mille) ha comportato una rapida crescita naturale degli stranieri. (m.bon.)
Alto Adige 3-10-10

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lunedì, 15 novembre 2010



SVP, LA CRISI DI UN MODELLO

ANDREA DI MICHELE
La lunghissima fortuna elettorale della Svp si è costruita attorno a due elementi: identità e risorse finanziarie. E’ su queste due gambe che il partito di raccolta sudtirolese ha camminato negli ultimi decenni. Il richiamo all’identità sudtirolese è fin dalla sua nascita inscritto nel Dna della Volkspartei.
Che si è data quale compito principale quello di difendere i caratteri della sua gente, considerati a rischio nella cornice dello Stato italiano. Le risorse, invece, sono arrivate dopo. Soprattutto con il secondo Statuto di autonomia e il conseguente trasferimento di ampie competenze dallo Stato alla Provincia, il partito di maggioranza assoluta si è trovato a gestire compiti e fondi crescenti. Erano e sono risorse finanziarie della Provincia, ma, dato il peso elettorale e politico dell’Svp, di fatto nella disponibilità del partito. Sono stati i presidenti della Giunta provinciale (tutti Svp) e gli assessori che si sono succeduti nel corso degli anni (in larghissima parte Svp) a gestire il tesoro del bilancio provinciale. A cascata, sono poi stati gli amministratori locali (in larghissima parte Svp) ad avere in mano il portamonete dei singoli comuni. Distribuire risorse, si sa, consente di costruire e consolidare il consenso. L’Svp lo ha fatto consapevolmente, cercando di premiare con equilibrio i diversi settori sociali del suo elettorato di riferimento. Dai contadini agli impiegati pubblici, dagli imprenditori agli artigiani e via elencando, chi più chi meno, tutti potevano dirsi soddisfatti. Va riconosciuto che l’impiego delle importanti disponibilità finanziarie di cui ha goduto la Provincia di Bolzano è avvenuto secondo modalità ben diverse da quelle adottate in altre realtà italiane. Si pensi, ad esempio, alla Sicilia e alla gestione criminale di quell’autonomia regionale. In Alto Adige si può a ragione parlare di buon governo, in una cornice caratterizzata da risorse altrove impensabili. Oggi il modello dell’autonomia in espansione, basato sulla gestione e la distribuzione di risorse sempre crescenti, sembra entrato in crisi. Alla base vi sono le generali difficoltà economiche e la particolare debolezza finanziaria dell’Italia. Per la prima volta la Provincia non si trova a dover scegliere come distribuire nuove disponibilità, ma a decidere su chi far pesare i tagli. Se prima la forza della Svp stava nella possibilità di accontentare tutti, oggi la sua debolezza sta nel dover scegliere chi più penalizzare. Fino ad ora, le diverse componenti interne al partito sono riuscite a convivere bene, ciascuna potendo garantire un adeguato sostegno al proprio elettorato. Oggi per la Svp si apre una fase nuova, con le diverse fazioni costrette a fronteggiarsi per la difesa del proprio più o meno grande “orticello” elettorale. E’ una competizione ancora blanda, così come tutto sommato blandi sono i tagli necessari, ma che nei prossimi anni potrebbe diventare assai più accesa. Potrà diventarlo a causa dell’ulteriore calo delle risorse, ma anche per il pensionamento di Durnwalder. L’attuale Landeshauptmann, nel bene e nel male e anche talvolta a costo di non prendere decisioni chiare, ha saputo mediare tra le diverse anime del partito. Il successore potrebbe avere una più evidente connotazione di parte e quindi essere meno disposto a cercare la mediazione. Attualmente i rapporti di forza sono piuttosto chiari, con la debolezza degli Arbeitnehmer e l’egemonia dell’ala economica. Non è un caso che il blocco quadriennale degli stipendi dei dipendenti pubblici (compreso l’adeguamento all’inflazione) sia passato senza colpo ferire, mentre non passa giorno senza che i rappresentanti delle diverse categorie economiche alzino la voce contro eventuali tagli ai loro danni. Evidentemente sanno che vi sono orecchie disposte ad ascoltarli. Ma sulla questione dei tagli necessari e delle crescenti difficoltà di bilancio di palazzo Widmann c’è un aspetto che mi sembra sottovalutato nell’attuale dibattito pubblico. Negli ultimi decenni, un elemento centrale della gestione dell’autonomia provinciale è stato l’incessante rincorsa alle competenze statali, dalle strade alla scuola. Il gioco era reso più facile dalla crisi di bilancio dello Stato, che ben volentieri era disposto a cedere proprie competenze a costo zero. Oggi ancora si parla della possibilità di provincializzare le poste locali e i suoi tanti dipendenti. Ovviamente anche questo senza che aumentino i finanziamenti statali e quindi con un ulteriore carico sul bilancio provinciale. Ma è davvero sensato rincorrere ogni genere di competenze allo scopo di assomigliare sempre più a uno staterello autonomo, aumentando di conseguenza i costi fissi e diminuendo parallelamente i margini di impiego delle risorse disponibili? Non dovrebbe la Provincia mirare al controllo soltanto dei settori davvero decisivi, del software più che dell’hardware? Non è che la cessione delle competenze da parte dello Stato si stia rivelando come una mela avvelenata, i cui effetti iniziano ad avvertirsi? Del resto, nel luglio 1996, quando fu approvata la provincializzazione della scuola altoatesina, al ministero del Tesoro c’era Ciampi, uno che i conti li sapeva fare bene.

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venerdì, 12 novembre 2010



Il Centro Ciechi offre consulenza ai malati

BOLZANO. Il Centro Ciechi St. Raphael, in occasione del 30º anniversario di costituzione, organizza fino a domani a livello provinciale mostre itineranti di ausili per persone nonvedenti, ipovedenti e sordociechi. Le mostre offrono a diretti interessati e famigliari l’opportunità di ottenere informazione e consulenza dal personale qualificato del Centro di competenza.
 Gli appuntamenti (sempre dalle ore 10 alle ore 17) in vari centri si sono tenuti dal 4 novembre e fino a ieri, mentre oggi e domani tocca a Bolzano. Al Centro Ciechi St. Raphael in Vicolo del Bersaglio 36, oggi e domani dalle 10 alle 17. Durante i colloqui di consulenza o i corsi specifici, la persona nonvedente o ipovedente può riacquistare la competenza per svolgere in autonomia e sicurezza attività e compiti quotidiani: gestire la propria casa, fare acquisti, usare il telefono, percorrere itinerari e usare mezzi pubblici. Molti ausili facilitano la vita di tutti i giorni: dai più semplici, come gli orologi e le bilance parlanti, ai più complessi ausili elettronici, come il pc con sintesi vocale, il sistema videolight per alunni e studenti o i vari sistemi di lettura. Inoltre per bambini videolesi esiste una vasta scelta di materiale didattico specifico.
Alto Adige 12-11-10
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martedì, 09 novembre 2010


Bagnasco: "Basta galleggiare, politica deve fare scatto in avanti"

Città del Vaticano, 8 nov. (Adnkronos) - ''Non è più tempo di galleggiare'', servono scatto in avanti e soluzioni condivise. E' quanto chiede il cardinale Angelo Bagnasco alla classe politica nel suo insieme nella sua prolusione di oggi con la quale ha aperto i lavori dell'assemblea generale della Cei in corso di svolgimento ad Assisi. ''Dicevamo, un mese e mezzo fa - ha ricordato il cardinale - che, nel nostro animo di sacerdoti, siamo angustiati per l'Italia che scorgiamo come inceppata nei suoi meccanismi decisionali, mentre il Paese appare attonito e guarda disorientato''.
La "caduta di qualità della scena politica" che si registra in questo momento in Italia rischia di provocare una perdita di fiducia da parte della gente, sottolinea Bagnasco che aggiunge: è importante ricordare invece che ''ideali personali, valori oggettivi e vita vissuta'' sono ''tra loro profondamente intrecciati''. Questa caduta di qualità "va soppesata con obiettività, senza sconti e senza strumentalizzazioni, se davvero si hanno a cuore le sorti del Paese, e non solamente quelle della propria parte''. ''Se la gente perde fiducia nella classe politica - ha detto ancora il cardinale - fatalmente si ritira in se stessa, cade lo slancio partecipativo, tutto diventa pesante e contorto, ma soprattutto viene meno quella possibilità di articolata e dinamica compattezza che è assolutamente necessaria per affrontare insieme gli ostacoli e guardare al futuro del Paese''.

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venerdì, 05 novembre 2010



Trasporto disabili in carrozzina Pullmino della Domus Meridiana

LAIVES. Il centro di degenza Domus Meridiana, grazie alla sensibilità del direttore Marco Maffeis, ha messo a disposizione dell’associazione Avulss di Laives un pulmino allestito per il trasporto dei disabili in carrozzella. «Purtroppo - spiega il presidente dell’associazione, Armando Chiereghin - il servizio ha una fascia oraria limitata, dalle 9.30 alle 12.30, dal lunedì al venerdì, fatta salva un’eventuale indisponibilità da parte della Domus Meridiana». Le prenotazioni si ricevono almeno due giorni prima del trasporto chiamando lo 0471 590260, dalle 15 alle 16.30. (b.c.)
Alto Adige 5-11-10
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venerdì, 05 novembre 2010



Vari risparmiatori truffati via e-mail

BOLZANO. La sezione polizia postale e delle comunicazioni di Bolzano comunica che, recentemente, anche in Alto Adige, sono state nuovamente effettuate delle operazioni di «pishing» a scapito di alcuni risparmiatori. Il malcapitati hanno ricevuto delle e-mail apparentemente inviate dalle rispettive banche che li informava di un disservizio del conto corrente invitandoli ad accedere alla propria home banking mediante link proposto nell’e-mail stessa. Il link invece dirottava i risparmiatori ad un sito turco con la conseguenza che questi inserendo le proprie credenziali di accesso fornivano ai malviventi le informazioni per accedere al loro denaro.
Alto Adige 5-11-10
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martedì, 02 novembre 2010



 A Bolzano i rincari più alti

BOLZANO. I negozi di Bolzano sono quelli che applicano i margini di prezzo più alti nel confronto a livello di Euregio. Lo afferma l’Astat che registra rincari elevati soprattutto per alcune tipologie di prodotti come biscotti, riso, tonno, chewing-gum e pannolini. Prendendo a riferimento i prezzi massimi, a Bolzano si spende mediamente il 3% in più rispetto a Trento. Ma su alcuni prodotti si può risparmiare.
 Fare confronti tra prezzi non è semplice perché spesso non sono confrontabili i prodotti. Per questo l’Astat, accanto al criterio del prodotto più venduto, utilizza anche quello della marca predefinita. Si prende un prodotto di una determinata marca e si confronta il prezzo in diversi punti vendita.
 «Per molti prodotti - afferma l’Astat dopo aver messo a confronto i prezzi di giugno a Bolzano, Trento e Innsbruck - il margine di prezzo risulta più alto a Bolzano. In particolare la differenza tra il prezzo medio e il prezzo massimo è molto più alto rispetto agli altri due capoluoghi di provincia».
 Il minipaniere composto da quaranta prodotti evidenzia come in media Bolzano sia più cara del 3% rispetto a Trento se si prende come riferimento il prezzo massimo praticato nei negozi della città. In particolare, risaltano le differenze di prezzo per alcuni prodotti: lo stesso pacchetto di biscotti a Trento si paga al massimo 1,55 euro, mentre a Bolzano si arriva a 2,7. Il detersivo per la lavatrice che a Trento non costa mai più di 5,87 euro, a Bolzano si paga anche 10,8 euro. E la stessa confezione di tonno in olio di oliva a Bolzano costa 5,57 euro contro i 3,45 indicati come prezzo massimo a Trento. In generale, a Bolzano si pagano di più gli alimentari, mentre si risparmia dal barbiere e al bar, dove rispetto a Trento costano meno l’aperitivo, il bicchiere di vino, la birra o la pizza al taglio.
 L’Astat sottolinea però come prendendo come riferimento il prezzo minimo invece di quello massimo, a Bolzano si riesce anche a risparmiare. Un consumatore particolarmente attento che riuscisse ad individuare il prezzo più basso per ogni prodotto girando i vari punti vendita della città, per i 40 prodotti del minipaniere spenderebbe 121,36 euro contro i 151,52 del prezzo medio e i 192,74 del prezzo massimo. In pratica, scegliendo bene tra le varie offerte, acquistando gli stessi prodotti si potrebbe risparmiare oltre 70 euro.
 Non a caso il direttore del centro consumatori Walther Andreaus consiglia sempre di confrontare i prezzi praticati dalle diverse catene: «Un consumatore attento può risparmiare molto acquistando i prodotti giusti nel posto giusto».
 Prendendo a riferimento il criterio del prodotto più venduto, invece, Bolzano è a metà strada fra Trento - che si conferma la città più conveniente - e Innsbruck. Il confronto, avverte però l’Astat, in questo caso può trarre in inganno perché l’offerta è molto ampia e prendendo in considerazione solo il prodotto più frequentemente acquistato le oscillazioni di prezzo sono maggiori. (mi.m.)
Alto Adige 2-11-10
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sabato, 30 ottobre 2010



Tutti i figli con gli stessi diritti

ROMA. Figli naturali come figli legittimi. Stessi diritti per tutti i bimbi, siano essi nati fuori o dentro il matrimonio. Il via libera al disegno di legge delega in materia di filiazione, che prevede un’innovazione del Codice civile e assicura l’equiparazione anche lessicale, è arrivato ieri dal Consiglio dei Ministri. Disco rosso invece all’obbligo per i genitori di amare i figli «perchè l’amore - ha sottolineato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla famiglia, Carlo Giovanardi - non è un diritto esigibile».
 La novità principale rimane l’equiparazione tra figli naturali e legittimi, che cancella, secondo il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, «un’odiosa e anacronistica discriminazione, che andava a colpire i più piccoli». Il provvedimento, oltre a riconoscere il rapporto dei figli con i genitori e con i nonni, elimina anche le discriminazioni in materia di eredità. Un’equiparazione che piace all’avvocato matrimonialista Cesare Rimini come anche a Rosy Bindi, presidente dell’assemblea del Partito Democratico, che in una nota afferma: «Era ora! Peccato che per compiere questo passo, di elementare civiltà giuridica, il governo abbia perso ben due anni».
 Tra le altre modifiche previste dal provvedimento, alcune riguardano la sfera educativa-culturale. Nelle scelte importanti che li riguardano, le opinioni dei figli peseranno di più. I genitori saranno obbligati ad ascoltarli. Ma allo stesso tempo il figlio non potrà sottrarsi alle sue responsabilità familiari rispettando i genitori e contribuendo, «in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finchè convive con essa».
Alto Adige 30-10-10

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venerdì, 29 ottobre 2010



Figli naturali nell’asse ereditario e amati per legge

ROMA. «Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico». Ovvero: basta alle distinzioni fra legittimi e naturali e con esse stop anche alle discriminazioni soprattutto in materia di eredità. E’ la novità principale del disegno di legge delega che sarà oggi all’esame del consiglio dei ministri. Previsti anche nuovi doveri per mamme e papà: saranno tenuti per legge ad amare la propria prole.
 Sia che nascano nel matrimonio sia fuori (sono il 20% delle nascite secondo gli ultimi dati dell’Istat), per la vita concreta dei figli questo non farà più alcuna differenza. «I figli naturali diventano parenti dei parenti dei genitori», ha spiegato il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Carlo Giovanardi che oggi presenterà il ddl al governo. «Con questo provvedimento - ha aggiunto - si riconosce in particolare per i figli naturali non solo il rapporto con i genitori ma anche quello con i nonni che permette quindi di accedere loro alla successione».
 Una norma che attua, di fatto, i principi costituzionali e una serie di obblighi imposti a livello internazionale senza mettere in discussione, né ipotizzare, nuove tutele per le coppie di fatto.
 Più in generale il provevdimento (frutto di un lavoro con i ministri per le Pari Opportunità, della Giustizia, dell’Interno) introduce nuovi diritti e doveri in famiglia. Altra novità: l’inserimento dell’«amore» fra i doveri dei genitori. «Il figlio - si legge nell’articolo 1 - ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito, amato e assistito moralmente dai genitori nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni». Vale a dire che i genitori non devono solo mantenere ed educare i figli ma anche «amarli».
 I figli, da parte loro, devono però «rispettare i genitori e contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglie finché convivono con essa». Tra i nuovi diritti del figlio: l’ascolto delle proprie opinioni, che «devono essere debitamente prese in considerazione», per questioni che lo riguardano come la scelta della scuola o dell’attività sportiva.
 Due settimane fa il Senato ha approvato un altro disegno di legge che elimina la disparità di trattamento giuridico tra figli naturali e legittimi nei casi di affidamento quando c’è la separazione o il divorzio dei genitori. (m.v.)
Alto Adige 29-10-10
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giovedì, 28 ottobre 2010



Adozioni: nuovo servizio per i genitori

BOLZANO. Nel 2009 il tribunale per i minori di Bolzano ha disposto undici adozioni nazionali e diciannove adozioni internazionali a genitori residenti in Provincia di Bolzano. Nello stesso anno tre bambini nati da genitori residenti in Provincia sono stati dati in adozione subito dopo il parto, mentre le domande di adozione da parte di genitori altoatesini nel medesimo anno sono state 35 nazionali e 40 internazionali.
 L’assessorato alle politiche sociali e ai giovani del Comune di Bolzano e l’Azienda servizi sociali di Bolzano hanno presentato ieri il Servizio adozioni Alto Adige, “un nuovo servizio multizonale - ha commentato l’assessore Mauro Randi - che dimostra quanto sia complessa e incisiva l’attività dei servizi sociali gestiti da Assb sul territorio di Bolzano e della Provincia”. Un’opportunità in più per tante coppie che vogliono adottare.
 Il direttore dell’ufficio famiglia, donna e gioventù della Provincia Autonoma di Bolzano Eugenio Bizzotto ha sottonineato come questo servizio metta al centro delle sue attività soprattutto il diritto dei bambini di tutto il mondo ad avere relazioni familiari stabili, dando così a molte coppie che desiderano un figlio la possibilità di donare il proprio amore e le proprie cure.
 L’equipe è composta da quattro assistenti sociali, messi a disposizione da Azienda servizi sociali di Bolzano e dalle comunità comprensoriali Burgraviato - Val Venosta e Valle d’Isarco - Val Pusteria - Alta Val Isarco, e da quattro psicologhe e psicologi messi a disposizione dai consultori Kolbe, Lilith ed Ehe und Erziehungsberatung Südtirol che, su incarico del tribunale per i minori, accerta i requisiti di idoneità all’adozione delle coppie, fornisce ai genitori adottivi sostegno e consulenza.
Alto Adige 28-10-10
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giovedì, 28 ottobre 2010



Stranieri, in arrivo il test linguistico

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. L’obbligo di imparare l’italiano o il tedesco entro tre anni per ottenere il permesso di soggiorno. Regole più severe per il ricongiungimento familiare, permesso soltanto se l’arrivo in Italia dei parenti non comporta il sovraffollamento dell’alloggio, né una riduzione del reddito al di sotto del minimo vtale. E poi ancora valutazione delle competenze linguistiche per gli stranieri che frequentano le scuole pubbliche, in modo che se non sono sufficienti, debbano frequentare un corso di lingua. Chi rinuncia a misure per favorire l’integrazione - come previste dalla Provincia - rischia di perdere il diritto agli aiuti sociali. Non quelli nazionali, ma ad esempio le maggiorazioni al reddito minimo garantite dalla Provincia. La nuova legge sull’immigrazione è al vaglio di Palazzo Widmann. L’assessore competente, Roberto Bizzo, ha già presentato una bozza della legge ai suoi colleghi di giunta e il ddl verrà approvato entro la fine dell’anno. Una disciplina in «salsa altoatesina» che si intreccia con le normative statali in via di definizione. Qui Palazzo Widmann chiede che il tedesco sia equiparato all’italiano, come lingua che si deve conoscere in alternativa a quella di Dante. «Non serve una legge di principio, ma di gestione del fenomeno sul territorio», si affretta a specificare il presidente della Consulta immigrati del capoluogo, Artan Mullaymeri. La fotografia dell’esistente parla di 40 mila stranieri presenti in Alto Adige, pari al 7,8% della popolazione. A questi sono da aggiungere i circa 700 che in media di anno in anno sono diventati cittadini italiani a tutto tondo in provincia di Bolzano, o perché nati in Italia e diventati italiani al compimento del 18º anno d’età, oppure dopo regolare domanda passati i 10 anni di residenza.
 Due le linee-guida delle «misure per l’integrazione degli stranieri». «La prima è il principio generale del “promuovere ed esigere” rispetto ai diritti e doveri di ogni cittadino: crediamo sia giusto che la nostra provincia sia aperta e disponibile ad accogliere tutti coloro che vogliono trovare nuove e migliori opportunità di vita», sottolinea Bizzo. «Tuttavia è importante per una vera integrazione che ci sia da parte dei nuovi arrivati l’impegno e la volontà di conoscere la terra che li ospita, la lingua, le usanze e le norme di vita che la caratterizzano», ancora l’assessore provinciale. La seconda riguarda la conoscenza linguistica di una delle due principali lingue di questa provincia. «L’italiano o il tedesco, nel caso il governo ci dia il via libera», specifica Roberto Bizzo, «perché la lingua è il primo e principale strumento di integrazione con la popolazione del Paese ospitante». Naturalmente i corsi linguistici saranno a carico dell’ente pubblico. Secondo Mullaymeri però «la conoscenza linguistica non può essere un vincolo fondamentale, meglio legarsi alle regole del territorio in cui si vive». «Se a Bolzano si vogliono applicare soltanto le normative nazionali siamo di fronte a pura demagogia, mi auguro che in Alto Adige si faccia un passo concreto in un’altra direzione», chiude il presidente della Consulta immigrati.
Alto Adige 28-10-10
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mercoledì, 27 ottobre 2010



Piace ai giovani l’impegno sociale nel volontariato

BOLZANO. “Alla ricerca di nuove esperienze”: questo il motto del progetto di volontariato estivo per giovani tra i 15 e 18 anni, impegnati in alcune associazioni aderenti alla Federazione provinciale delle associazioni sociali, che ora è andato in archivio con successo. Diversi giovani hanno accettato la sfida, si sono rimboccati le maniche e hanno provato a confrontarsi con realtà sociali spesso difficili ma che alla fine lasciano un segno e fanno crescere, maturare, perché pongono di fronte a storie di persone speciali. Così alcuni giovani di Bolzano e dintorni, tra i 15 e 18 anni, che hanno partecipato al progetto di volontariato estivo hanno trascorso del tempo libero con ragazzi disabili, fatto una passeggiata con persone anziane o che vivono un disagio psichico, organizzato una festa per profughi e svolto altre attività di importante valore in termini di sostegno psicologico e morale.
 «Le persone con un disagio psichico hanno le loro difficoltà, forse non ti diranno mai grazie, ma sono quelle stesse persone che dopo un po’ ti accarezzano e ti abbracciano anche se li conosci da due minuti», racconta Annabel, che ha vissuto l’esperienza all’Associazione parenti e amici dei malati psichici. Accanto ad Annabel, anche Giulia si è impegnata presso la stessa associazione. «Ho riflettuto molto sulla parola “malato psichico” - dice ora - e penso che se avessi questo problema non apprezzerei di essere etichettata così; molta gente stereotipa il malato psichico riconducendolo alla persona aggressiva e pericolosa, ma non è così».
 Lorenzo, 15 anni, ha invece fatto il volontario all’Auser, associazione attiva a favore degli anziani e che propone momenti ricreativi. «Inizialmente - racconta - avevo paura ed ero preoccupato, ma col tempo mi sono accorto che mi sentivo aperto, disponibile e coinvolto ma sopratutto gratificato per ogni piccolo gesto e segno di affetto che ricevevo. Quest’estate ho imparato ad avere pazienza, ad ascoltare gli altri, capire le emozioni delle persone che abbiamo vicino, ma sopratutto che tutti abbiamo bisogno di aiutarci reciprocamente».
 Anche Sara ha trascorso parte del suo tempo all’Auser e al circolo “La Ruota”: «E’ stata davvero una bella esperienza - ricorda ora -, ho avuto modo di incontrare altri due ragazzi della mia età, anche questo credo sia servito a farmi sentire più a mio agio nell’ambiente. Spero di trovare del tempo per tornare qualche volta, nonostante la scuola, ad aiutare».
 Le associazioni che hanno proposto i progetti di volontariato nei mesi estivi sono state: Aias (attività con ragazzi disabili); Anteas (accompagnamento di persone anziane durante i servizi di trasporto); Associazione amici degli handicappati (tempo libero con persone disabili); Associazione parenti e amici dei malati psichici (tempo libero con persone che vivono un disagio psichico); Associazione Parkinson (accompagnamento di persone con difficoltà motorie); Pro Juventute Burgraviato (tempo libero per bambini disabili e non); Volontarius (organizzazione di attività con i profughi e organizzazione di eventi), Auser (tempo libero e sostegno agli anziani in commissioni).
 Per altri giovani che volessero avvicinarsi all’impegno sociale in questo modo, l’elenco dei progetti proposti è disponibile sul sito internet www.social-bz.net.
Alto Adige 27-10-10
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domenica, 24 ottobre 2010



Novità sui referendum

BOLZANO. Si è tenuta ieri mattina l’assemblea provinciale dei cittadini per una legge migliore sulla democrazia diretta, organizzata da Iniziativa per più democrazia. Presenti alcuni capigruppo in consiglio provinciale ed esponenti politici altoatesini. Andreas Pöder (Union), Elmar Pichler Rolle (Svp), Pius Leitner (Freiheitlichen), Antonio Frena (Pd), Eva Klotz (Südtiroler Freiheit), Riccardo Dello Sbarba (Verdi), hanno spiegato le posizioni dei singoli partiti sul tema dei referendum popolari.
 Iniziativa per più democrazia chiede miglioramenti all’attuale legge in vigore, con l’abbassamento del quorum e la possibilità di interpellare la popolazione quando si tratta di realizzare grandi opere. La Stella alpina ha già dato il via libera a quest’ultima ipotesi mentre il partito di raccolta non ha ancora deciso in merito al quorum. Per «Iniziativa» deve migliorare anche l’aspetto legato all’informazione sui referendum e quello riguardante la difesa della minoranze linguistiche, in modo che nessuno gruppo si senta minacciato da un altro.
Alto Adige 24-10-10
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domenica, 24 ottobre 2010



Gli stranieri sono il doppio dei ladini

BOLZANO. «La politica è sempre in ritardo rispetto alla realtà, ma dovrà adeguarsi: ragionare pensando ad una società articolata in gruppi etnici è ormai anacronistico. Gli immigrati numericamente sono il terzo gruppo, visto che sono il doppio dei ladini». Artan Mullaymeri (nella foto), presidente della Consulta immigrati del Comune, commenta così gli ultimi dati, pubblicati nei giorni scorsi dall’Astat, che descrivono una società altoatesina dove è sempre più forte la presenza di immigrati di seconda generazione: ovvero persone nate e cresciute qui.
 Su una popolazione di quasi 500 mila abitanti gli immigrati sono 40 mila e costituiscono l’8% dei residenti: ciò significa il doppio dei ladini (4,3%) e circa un terzo degli italiani (26,4).
 Gli immigrati hanno un’età media inferiore ai locali e un tasso di natalità (2,1) superiore a quello medio provinciale pari ad 1,56 nati per ogni donna (1,80 per il gruppo tedesco, 1,20 per il gruppo italiano). «È una fortuna - commenta l’assessore Mauro Randi, che ha vissuto il fenomeno immigrazione dall’inizio, ovvero dalla fine degli anni Ottanta con la prima ondata di extracomunitari arrivata in Alto Adige - che ci siano, perché altrimenti ci troveremo con una popolazione sempre più vecchia e le aziende avrebbero grossi problemi a reperire lavoratori. Per non parlare delle difficoltà enormi che avremo a gestire il problema anziani: sia in casa che nelle strutture».
 Ora però bisogna compiere il passo successivo. Si deve fare in modo che gli stranieri si inseriscano nella società altoatesina: «La verità è che - dice Mullaymeri - la politica non può più limitarsi ai programmi di prima accoglienza. Anche perché ogni anno in Alto Adige sono circa 700 coloro che ottengono la cittadinanza italiana: ciò significa che hanno intenzione di stabilirsi qui definitivamente».
 Mullaymeri cita la sua esperienza personale: famiglia albanese e due figlie rispettivamente di 6 e 13 anni. «In casa si parla rigorosamente albanese, perché non vogliamo che le nostre figlie perdano le loro radici. Frequentano la scuola tedesca e parlano italiano e inglese. La nostra esperienza è comune ormai a molti immigrati di seconda generazione. Finora eravamo abituati a vedere gli extracomunitari quasi esclusivamente in aziende private, mentre d’ora in poi li troveremo anche negli uffici pubblici». Questa almeno è la speranza, perché, al momento, gli stranieri risentono della crisi in maniera più pesante dei locali. Questo almeno è quanto emerge da un recente studio su “Immigrati e crisi”. «Il vero dramma per l’immigrato - spiega Paolo Attanasio, autore della ricerca - è che se resta disoccupato per più di 6 mesi, deve lasciare il nostro Paese. Lo prevede la nostra legislazione».

GLI IMMIGRATI TERZO GRUPPO

LUCA FAZZI
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati i dati relativi alla presenza di stranieri in provincia di Bolzano. Gli stranieri regolari sono circa 40.000 e costituiscono ormai l’8% della popolazione residente. Con questi numeri gli stranieri sono diventati più del doppio dei ladini e quasi la metà degli italiani.
I quali nel Censimento del 2011 dovrebbero rappresentare tra il 19 e il 21% della popolazione provinciale. Il tasso di ingresso degli stranieri è in crescita dalla metà degli anni 90 e, dopo una breve fase di stasi nel periodo della crisi economica, ha ricominciato a salire rapidamente. Gli stranieri sono di età media molto più giovane dei locali e hanno un tasso di natalità superiore a quello medio provinciale pari a 1,56 nati per donna (1.80 circa per il gruppo tedesco e 1.20 circa per quello italiano a fronte di un tasso di rimpiazzo della popolazione fissato a 2,1). Il divario tra il tasso di sviluppo dell’economia locale una tra le più ricche d’Europa e le economie dei paesi da cui provengono gli stranieri è talmente abissale da garantire un flusso costante della popolazione straniera verso la provincia di Bolzano per i prossimi venti anni almeno. Le stime di molti organismi internazionali che parlano di un’Europa nel 2050 abitata tra il 40% e il 50% da cittadini di origini extraeuropee rappresentano l’orizzonte a cui anche la realtà locale sta inesorabilmente tendendo. I sostenitori dell’Autonomia come modello perfetto di gestione del futuro della provincia di Bolzano preferiscono non addentrarsi troppo nella tematica dei nuovi flussi di immigrazione. La distinzione tra buoni e cattivi è eventualmente tra i fautori di un etnicismo moderato che accettano le basi della separazione etnica come presupposto di una convivenza civile e gli etnicisti radicali che perseguono invece il distacco anche fisico tra i gruppi. L’orizzonte delineato da questo modo di rappresentare la scena è asfittico. Lo spazio per la convivenza e i diritti ad essa correlati è occupato soltanto dagli attori che lo Statuto di autonomia vecchio ormai di 40 anni riconosce come legittimi portatori di diritti ascrittivi: i tedeschi, gli italiani e i ladini permettendo al massimo agli altri di dichiarare la propria aggregazione a uno dei tre gruppi ufficialmente riconosciuti. In questo quadro di pensiero, gli stranieri non sono stati per molto tempo semplicemente considerati. Ancora prima di essere desiderati o meno, non esistono come categoria mentale. I dati che indicano come l’immigrazione sia un fenomeno ormai parte integrante delle dinamiche socio demografiche locali hanno colto dunque i politici locali di sorpresa. Nell’anno 2010, il segretario del partito di raccolta Richard Theiner ha recentemente cercato di fornire una soluzione al problema inquadrandolo nello schema mentale istituzionalizzato. “Gli stranieri non li avremmo desiderati ma visto che ci sono e non siamo n grado di mandarli via (anche perché altrimenti metà economia locale - ristoranti, esercizi turistici, piccola industria - rischierebbe di saltare in aria) dobbiamo integrarli”. Anche perché altrimenti il rischio è che, una volta acquista la cittadinanza, si dichiarino italiani e spostino gli equilibri della proporzionale etnica che costituisce ancora oggi la leva attraverso la quale la SVP è convinta di ridurre nel medio periodo al minimo la consistenza del gruppo linguistico italiano. E’ mutatis mutandis lo stesso ragionamento che faceva qualche anno fa l’allora assessore provinciale alla cultura italiana Luisa Gnecchi quando difendeva la presenza crescente degli studenti stranieri nelle classi delle scuole italiane immaginando che poi i “nuovi cittadini” si sarebbero dichiarati italiani ai prossimi censimenti fornendo ossigeno a un gruppo linguistico in molte parti della provincia a rischio estinzione. Quello che emerge da questo modi di ricondurre tutti i problemi sociali, economici e politici allo schema di una società divisa (e contesa) tra italiani e tedeschi è ciò che in termini tecnici viene chiamato “disgrazia del vincitore”. Quando si è abituati tropo a vincere però il rischio è di dare per scontato che gli schemi mentali e le soluzioni adottate in passato siano per sempre valide per gestire il futuro. L’aumento irrinunciabile e, allo stesso tempo, incontenibile della presenza straniera in provincia di Bolzano rompe invece brutalmente la validità dei vecchi schemi. Gl stranieri aumentano la pluralità dei gruppi etnici presenti in provincia. Distruggono le vecchie polarizzazioni tra italiani e tedeschi. Impongono una revisione radicale del sistema dei diritti su cui fino ad oggi si è fondata la vecchia autonomia. Che piaccia o meno, anche la società locale sarà nei prossimi anni più differenziata e più plurale rispetto al passato. Come si può immaginare allora anche per il futuro di continuare a categorizzare la società solo in italiani tedeschi e ladini? Come fare a giustificare all’Europa una tutela di una minoranza in un mondo di minoranze? In che modo si può gestire il fenomeno dell’integrazione in base all’assunto secondo il quale ogni cittadino straniero per essere integrato nella società locale deve accettarne e interiorizzarne i valori e la cultura? La fine del sogno della società basata sulla divisione etnica ha iniziato ad avvenire lentamente senza che nessuno sia in grado di fermare il flusso della storia. Non sarà la Svp. Non sarà Theiner. Non sarà Durnwalder. Non saranno le alleanze tattiche o strategiche con il Pdl o il Pd. Lasciamo che i politici locali discutano pure di eliminare i toponimi italiani, o di mantenere ad infinitum le scuole separate. La storia non ha pietà di chi si sofferma troppo a osservare il proprio ombelico.
Alto Adige 24-10-10
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sabato, 23 ottobre 2010



SIAMO VIZIATI  DAL BENESSERE

PAOLO CAMPOSTRINI
Pochi di noi sono disposti a cambiare vita e gli altoatesini/sudtirolesi non sono tra questi. Una nuova vita in tempo di tagli non è facile da affrontare ma qui lo è di più, perchè nessuno ci aveva spiegato come stavano le cose e tutti ci avevano assicurato che qui no, qui eravamo diversi, la crisi si sarebbe fermata con i suoi marosi alle chiuse di Salorno. E dunque c’è uno stupefatto disagio negli occhi di chi viene tagliato ma anche in chi deve tagliare. Uno sbigottimento confuso che accomuna amministrati e amministratori: dentro l’Svp gli stessi proconsoli che si ripromettono di risparmiare il giorno dopo frenano, rinculano, ondeggiano. Non lo fanno solo per timore delle proteste di piazza ma per una sorta di inadeguatezza esistenziale ad affrontare una realtà che in cuor loro credevano scongiurata per il fatto stesso di essere sudtirolesi: una percezione di immunità che superava l’autonomia come concetto politico-istituzionale per toccare l’essenza del vivere qui. E anche gli italiani, pur col cinismo che contraddistingueva i loro padri «regnicoli», si sono issati da due generazioni sulla stessa barca.
Il Pd che si occupa di scuola o di sanità sa che deve tagliare ma traccheggia, con un occhio al governo e uno alla lotta; il sindacato chiede per le Acciaierie e per le altre imprese della Zona supporti pubblici che altrove neppure si sognerebbe. Lo fa, lo fanno, perchè autonomia, equilibri etnici, delicatezza e sensibilità della condizione minoritaria hanno prodotto nelle menti e nei cuori di tutti una solida consapevolezza di essere diversi. E comunque fuori dal mondo. Il Veneto deve sporcarsi le mani per fare pil, noi no; la ricchezza, gli altri devono guadagnarsela, per noi è iscritta nello Statuto. Una condizione «ab initio» e dunque immutabile: gettito Iva, competenze, autonomia, sostegni all’agricoltura, concessioni autostradali ed energetiche per diritto divino. Ieri, a questo proposito, c’è stato un segnale inequivocabile dei tempi nuovi: l’Svp ha agito per riflesso condizionato, ignorando il palese conflitto di interessi tra Provincia e azienda perchè ritiene che tutto le appartenga, proprietà pubblica e utili privati. Ma il no dei Comuni e le tensioni al suo interno ci dicono che i soldi non bastano più per tutti. La crisi, nonostante i suoi inequivocabili segnali, è stata tenuta fuori dalla porta finchè si è potuto. Sembrava che il solo fatto di dire «qui no», bastasse ad esorcizzare la realtà. In questo la politica ha sbagliato: nel non prepararci. Nel ribadire la diversità come placebo per non prescrivere la medicina vera. Ma è un travisamento della realtà che tutti abbiamo accettato, tranne rare eccezioni, perchè eravamo ormai esistenzialmente disposti a condividerlo. La gente, le associazioni pretendono il contributo perchè non lo hanno mai inteso come un costo che necessita di essere modulato rispetto alle compatibilità, ma come entità inalienabile. Una sorta di dichiarazione dei diritti dell’uomo sudtirolese ad essere più ricco degli altri: non perchè lavora di più ma perchè è sudtirolese.
 Ora questo tempo è finito ma non è finito il timore che la crisi possa fare qui più male che altrove. L’Alto Adige stava vivendo come un funzionario della Cassa per il Mezzogiorno al tempo di Fanfani: costi quel che costi, alla fine i conti sarebbero stati ripianati. Aveva iniziato Roma ad avvertirci ma i nostri amministratori (da Durnwalder al sindaco di Bolzano) gridarono al complotto delle destre liberiste: «Non è necessario tagliare, loro ci vogliono togliere l’autonomia». Poi si è aggiunta l’Europa e allora il quadro si è meglio definito. Non era la destra, era la crisi: non possiamo (forse non potremo) vivere più come prima. Qualcuno doveva dircelo: ce l’hanno detto gli altri. I nostri hanno atteso fino all’ultimo e adesso non sanno più dove guardare. Tagliano a casaccio: il povero Classico che, al confronto degli ospedali di periferia, ci costa come una gita al lago; la cultura, il Museion, l’innovazione, i sostegni ai ceti più esposti. La Provincia non ha una cornice precisa di riferimento nella sua politica economica perchè tutta la sua classe dirigente è stata allevata a proteste (con Roma) e a contruibuti (sempre da Roma). Ora Roma è qui, sta in via Brennero e non sa più che pesci pigliare.
 L’Svp è consapevole che tagliare i provinciali è come tagliarsi una mano, per questo non sa uscire dal guado. L’Svp è «provinciale» fino al midollo nell’accezione burocratica e formativa del termine: i suoi uomini di punta sono cresciuti negli uffici delle Ripartizioni, gli amministratori non hanno quasi mai gestito denaro prodotto ma fondi entrati in cassa per legge. Ora che si dovrà sempre più spendere solo ciò che si ha, il salto mentale per la nostra classe dirigente è imponente ma purtroppo inevitabile. Dovranno guardare altrove. Alle regioni che stanno reggendo da mesi l’urto della globalizzazione.
 E anche qui, tra le nostre imprese: quelle che ancora vivono hanno saputo trovare dentro il proprio management le idee e le ricette per stare sul mercato. Hanno saputo alleggerirsi, innovare, riconvertire il personale. La Provincia no: il suo esercito di impiegati assorbe una quantità non più sopportabile di energie finanziarie a fronte di una incapacità di sbrurocratizzare i suoi rapporti con la società e le realtà produttive. In sostanza, va alleggerito, innovato e riconvertito. Come è accaduto nel privato altoatesino. Come sta accadendo ovunque. Cameron, nel Regno Unito, si prepara a rinunciare a centinaia di migliaia di impiegati pubblici, la Merkel sta sventrando gli apparati federali. Noi non possiamo più vivere sulle spalle dell’autonomia e su quelle degli altri italiani, dovremo essere sempre più autosufficienti. Meno diversi. Ma questo può non rivelarsi un male. Anzi: se alla fine di questo percorso avremo capito di essere uguali agli altri, nè più bravi nè meno, e che il mondo non inizia e finisce tra il Brennero e il Trentino anche questa crisi sarà servita a qualcosa.
Paolo Campostrini p.campostrini@altoadioge.it
Alto Adige 23-10-10
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categoria:sociale
giovedì, 21 ottobre 2010



Questura, ora le denunce si fanno via web

BOLZANO. La questura fa partire il servizio «denunce vi@web» che permetterà ai cittadini di presentare una denuncia via internet. Il servizio di denuncia online può essere attivato da casa, dall’ufficio o da ogni altro luogo dotato di un computer collegato ad internet.
 Come fruire del servizio? E’ sufficiente accedere ai siti www.poliziadistato.it p www.commissariatodips.it, cliccare il link «denuncia vi@web» ed effettuare una semplice operazione di registrazione che consentirà all’utente di ottenere un Pin e una password - riutilizzabili anche in seguito - che saranno inviate alla propria mail personale.
 Una volta registrati sarà sufficiente seguire il percorso guidato e redigere la denuncia; l’atto verrà automaticamente inviato all’ufficio della polizia indicato dall’utente stesso. Al termine della procedura di compilazione il cittadino otterrà una ricevuta online e un numero di protocollo necessari all’operatore di polizia per richiamare la pratica: il fruitore del servizio dovrà infatti recarsi al più presto presso l’ufficio di polizia scelto per la ratifica della denuncia presentata, che sarà conservata dal sistema per 48 ore dopo l’inoltro online.
 E’ possibile avvalersi del sistema anche direttamente presso l’ufficio denunce della questura dove è installata una postazione internet totem, dedicata esclusivamente al suddetto servizio. I vantaggi del progetto illustrato sono indubbi: l’utente riuscirà ad evitare le attese presso l’ufficio denunce. Soddisfatto del servizio il questore Dario Rotondi.
Alto Adige 21-10-10
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categoria:sociale, innovazione
giovedì, 14 ottobre 2010


Ospedale: pronti i 33 posteggi blu 70 cent, si parcheggia solo un’ora

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. Nonostante l’opposizione della Provincia, il Comune ha rispettato la parola data. All’ospedale sono stati realizzati 33 posteggi blu: sosta limitata a un’ora, costo 70 cent. In più, altri dieci posti bianchi: 15 minuti con disco orario.
 La ditta incaricata era pronta da un mese e mezzo, ma per due volte era arrivato il contrordine. Ieri però gli operai della Segnaletica Mott hanno ricevuto l’ok per rivisitare la segnaletica orizzontale di via Lorenz Böhler. Si è ristretta la corsia bus e si sono ridisegnati una quarantina di stalli per moto e scooter di fronte all’ospedale. Soprattutto, però, sul lato nord della via si sono disegnati 33 nuovi stalli blu. Non più a spina di pesce, come in passato, ma paralleli all’asse della strada. Ce ne stanno di meno, ma tant’è: così si è deciso. In realtà, gli operai ne avevano disegnati a terra non 33 bensì 34, ma poi il contadino dirimpettaio, lamentando la difficoltà ad uscire dal vigneto, ha ottenuto la rimozione di un posto. Particolare di colore a parte, per questi posti in superficie si dovrà pagare, anche se molto meno che non sottoterra, nell’Hospital Parking: settanta centesimi contro un euro e venti. Ma si potrà sostare soltanto per un’ora, poi si dovrà sgombrare. E comunque si pagherà tutti i giorni, non soltanto i feriali. Ergo, anche il sabato e la domenica.
 Oltre ai 33 stalli blu, in fondo a via Böhler, alla rotonda che conduce alla sede della Croce bianca, permangono i nove stalli bianchi, dove si può posteggiare con disco orario, ma al massimo per novanta minuti. Ultima novità: dieci posti bianchi, a disco orario, per massimo 15 minuti, proprio accanto al Pronto soccorso. Una mancanza, questa, forse ancora più sentita di quella dei posteggi blu in superficie.
 «Abbiamo dovuto superare molte difficoltà», ammette l’assessore comunale alla mobilità, Judith Peintner Kofler, «ma non ci siamo scoraggiati e abbiamo rispettato la parola data. In Provincia non erano tanto d’accordo. Per questo la soluzione trovata è un compromesso: non troppi posti, con un prezzo che non si discosta troppo». Insomma, sarà difficile che si scenda ai primitivi 50 cent l’ora. «L’attuale regolamento comunale non lo permetterebbe; si dovrebbe votare una modifica in consiglio».
Alto Adige 14-10-10

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categoria:sociale
venerdì, 08 ottobre 2010



Corso per genitori promosso dal Distretto

LAIVES. Torna una nuova edizione (dopo le due precedenti) del corso «Genitori in gioco», promossa dal Distretto sociale di Laives, Bronzolo e Vadena, in collaborazione con il consultorio familiare Kolbe e il contributo della ripartizione famiglia e politiche sociali della Provincia. Saranno 6 serate, per offrire ai genitori con bambini da 0 a 6 anni, un progetto che li aiuti ad attivare risorse come educatori e ad imparare un linguaggio che li avvicini ai figli. Le iscrizioni sono aperte e basta chiamare il numero 0471/950653. Inizio il 14 ottobre. (b.c.)
Alto Adige 8-10-10
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categoria:sociale
domenica, 03 ottobre 2010



IL FLIPPER DELLA STORIA

MAURO FATTOR
La questione toponomastica mette a fuoco un’idea di tempo e di storia. O meglio, l’idea di tempo che condiziona il dibattito politico e che determina il peculiare atteggiamento verso gli eventi storici comune alla Volkspartei e ai partiti che si trovano alla sua destra, cioè alla totalità dei partiti di lingua tedesca dell’Alto Adige con l’esclusione dei Verdi interetnici. L’idea è quella di un tempo ripiegato su se stesso.
 Un tempo tendenzialmente immobile, privo di profondità e schiacciato su pochi eventi. Per il buon senso comune, affermare che non si dà storia senza tempo può sembrare un’ovvietà, eppure il tempo di Durnwalder è proprio lì a dimostrare il contrario: è un tempo antistorico. Sembra una cosa complicata, ma non lo è affatto. Basta immaginare un monolite: ogni punto è eternamente identico a se stesso e non c’è distanza percepibile tra i singoli punti. Duro e refrattario. Detta così a qualcuno verrà in mente il monolite di «2001 Odissea nello spazio» di Kubrick. Perfetto. Quello di cui parliamo è identico, ma a solcare la sua superficie ci sono tre profonde fratture in corrispondenza del 1809, del 1918 e del 1922. Sono quelli i buchi neri che si divorano tutto, che attirano a sé e inghiottono tutto ciò che passa nelle vicinanze esattamente come accade con i buchi neri in astrofisica, divoratori di materia. Il tempo presente che tocca il monolite si infila immancabilmente dentro una delle tre fratture. Quella tre fratture temporali, che segnano le discontinuità decisive della storia recente (sud)tirolese, sono la griglia attraverso cui vengono vagliati l’oggi e ogni possibile futuro. Una specie di cronoflipper, si potrebbe dire. Un flipper in cui uno butta la pallina e sta lì a vedere che traiettoria prende, dove rimbalza e dove si infila. Si infilerà nel 1809 o nel 1918? Oppure nel 1922, quando Mussolini prese il potere? Non c’è evento o fatto rilevante, soprattutto su temi anche vagamente identitari, che riesca ad evitare queste forche caudine. Ed è in virtù di questo meccanismo che i monumenti del Ventennio restano fascisti per l’eternità; che l’adunata degli alpini nel 2009 risultava incompatibile con il bicentenario della rivolta hoferiana; che i toponimi italiani - a 90 anni dalla loro introduzione - sono sempre e solo ancora «le fantasiose invenzioni di Tolomei» e mai i nomi che una comunità riconosce come propri. Quelle tre fratture infatti comprimono selettivamente su pochi eventi del passato tutto ciò che accade qui e ora, ridando senso e nuova vita a regimi morti e sepolti e persino alle pietre mute. È negato qualsiasi sviluppo temporale e l’eterno ritorno dell’identico ripropone all’infinito gii stessi paradigmi. Una condanna o un’ossessione, a scelta.
 Tutto ciò ha effetti talvolta paradossali, alcuni dei quali persino grotteschi. Altri invece sono sinceramente preoccupanti. Tra quelli grotteschi da segnalarne uno fresco fresco: la possibilità di mettere in rete il Museion di Bolzano con il Mart e il Guggenheim di Venezia dentro un progetto di NordEst capitale della cultura, viene prospettata come la ricostituzione del Triveneto fascista. Ancora: il Cai - che propone una ragionevole lista di soli 2775 toponimi contro gli 8000 circa del Prontuario - viene dipinto sulla stampa di casa Athesia come l’associazione che «scommette ancora su Tolomei». E ancora: sulla Zett l’ex-capitano del Tirolo Wendelin Weingartner, fa la lezione all’Italia, Paese che, dice lui, si trova a metà del guado nel fare i conti col proprio passato fascista (il che, detto da un austriaco, fa quasi sorridere). «Chi vuole conservare il Monumento alla Vittoria - tuona Weingartner, allergico a qualsiasi complessità - vuol dire che ancora non ha tagliato i ponti con il regime che lo ha espresso. Perché un simbolo è eternamente un simbolo». Dunque i fascisti sono ancora qui, tra noi. Sono tutti coloro che si sono espressi per la storicizzazione della monumentalistica del Ventennio: storici dell’arte, urbanisti, architetti di lingua italiana e di lingua tedesca, uomini di cultura. Tutti fascisti, secondo la logica di Weingartner, condivisa da ampi settori della società sudtirolese. E qui veniamo, appunto, all’aspetto più preoccupante della questione. Che la pregnanza simbolica sia mutevole e non fissata in eterno, e che sia il tempo il motore della mutazione, è un dubbio che pare non fare breccia.
 Come già aveva efficacemente segnalato il sociologo Luca Fazzi proprio dalle colonne del nostro giornale, questo appiattimento del presente-futuro sul passato riproduce e ripropone implicitamente e con continuità un’identificazione pericolosa tra altoatesini di lingua italiana e fascismo. Questo apre la strada a processi di delegittimazione che minano il senso stesso dello Statuto di Autonomia e che fanno comprendere quanto siamo lontani dallo sfruttarne appieno le potenzialità. La società e la politica sudtirolesi non riescono ancora a fare serenamente i conti con la storia. Le tre fratture sembrano ferite eternamente aperte.
 Se a quarant’anni dal varo del Secondo Statuto e a vent’anni dalla quietanza liberatoria, in un quadro di consolidamento delle garanzie di autogoverno, l’unico spazio politico che si apre è per un forte blocco sociale a destra della Volkspartei, forse qualche domanda sarebbe opportuno farsela. Non c’è ancora superamento della storia nel senso di aprirsi al futuro, a nuovi scenari. L’idea è sempre e ancora quella di riportare il monolite alla compattezza primigenia. In questa logica revanscista di chirurgia storica ricostruttiva, si può gioire persino nello strappare un innocuo Lago Rodella alla controparte, restituendolo alla perfezione platonica di Radlsee. Ma questo non è superare la storia, questo è farci a cazzotti. Come coi monumenti. Io ti do l’Arco di Piacentini ma tu mi dai il Monumento all’Alpino. È un po’ come scambiarsi le figurine dei calciatori. I cultori della Panini ricorderanno - all’inizio degli anni ’70 - il mitico Pizzaballa, che nessuno conosceva. Pizzaballa, misconosciuto portiere prima dell’Atalanta e poi della Roma, è diventato quasi una leggenda. La sua figurina era praticamente introvabile e ha impedito a generazioni intere di bambini di concludere l’album con gli eroi della serie A. Qui, più o meno, è la stessa cosa. Siamo lì a scambiarci le cose, a barattare pezzi di identità e di storia, ma - da qualche parte - ci manca sempre un pizzaballa. Ci manca sempre qualcosa che ci consenta di dire: signori, il campionato adesso è finito. Chiudiamo l’album e pensiamo al prossimo.
Alto Adige 3-10-10
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categoria:cultura, sociale
domenica, 03 ottobre 2010



I «COMPLESSI» DEGLI ALTRI

FRANCESCO PALERMO
Le tensioni identitarie sono una costante del nostro sistema autonomistico. Con una certa regolarità affiorano e si nascondono, come un fiume carsico, ma sono sempre lì, come un ingrediente imprescindibile di una elaborata pietanza. Che per alcuni sarebbe più gustosa senza quell’ingrediente, mentre per altri ne servirebbe di più per accentuare il sapore e, in definitiva, rischia di non essere mai abbastanza.
Forse conviene cercare di riflettere a mente fredda sui fattori di identificazione con questa autonomia, e sulle differenze di percezione. In entrambi i principali gruppi linguistici della Provincia - chiamiamoli così per comodità e per definizione statutaria, pur con tutte le approssimazioni del caso, data l’intrinseca eterogeneità di un “gruppo” identificato in base ad un solo criterio (la lingua o la “etnia”) trascurando tutti gli altri - si stanno registrando profondi cambi di prospettiva, ancora poco analizzati.
Tra gli italiani è sempre più palese una certa schizofrenia di gruppo: il consenso nei confronti dell’autonomia per come è, con i suoi pregi e i suoi difetti, è in forte crescita. La volontà di integrazione è fortissima, come emerge dalle pressanti richieste di luoghi di aggregazione, di più bilinguismo, di scuole miste, non a caso chieste sia da destra che da sinistra. Parimenti, cresce la frustrazione per non vedere ricompensati gli sforzi di avvicinamento all’altro gruppo: si resta fuori dal potere, le condizioni socio-economiche disaggregate per gruppi linguistici mostrano una netta gerarchia tra gli stessi, vengono continuamente rinfacciate la colpa storica del fascismo e la presenza tollerata ma non paritaria sul territorio. Nel contempo, la migrazione da altre regioni d’Italia è in costante crescita da diversi anni.
 Gli italiani si arrabbiano, reclamano più rispetto, ma nel contempo vogliono vivere qui a tutti i costi. Un paradosso? No, perché l’identificazione degli italiani con questa terra è legata principalmente ai servizi, alla qualità della vita, alla salute complessiva della società come luogo dove poter comunque sviluppare la propria personalità e crescere i figli.
Nel gruppo linguistico tedesco la situazione è opposta. Pur essendo maggioranza dominante in tutti i settori, non solo politico ed economico ma sempre più chiaramente anche nella implicita “gerarchia etnica”, resta forte il complesso di minoranza. Pur con l’aumento del benessere, della cultura, delle opportunità di viaggiare, la cultura dell’elite urbano-borghese, che si muove con piacere da una cultura all’altra, è recessiva. Se fino a qualche anno fa era “chic” poter essere “anche” italiani, quasi con un senso di superiorità rispetto ai nord-tirolesi che erano “solo” austriaci, oggi paradossalmente l’appartenenza all’Italia viene vista con crescente disagio. E questo soprattutto per la situazione n cui l’Italia è precipitata negli ultimi anni: la perdita di ogni prestigio internazionale ha promosso nelle minoranze alloglotte un senso di vergogna. Inoltre, l’identificazione del gruppo tedesco col territorio non è primariamente legata alla qualità dei servizi come per il gruppo italiano, ma è di tipo possessorio. Non si fa un confronto tra i buoni servizi di qui e quelli disastrosi del resto d’Italia (come fanno gli italiani), ma si dà per scontato che i servizi siano come sono - analoghi a quelli offerti in Austria - e si vedono gli aspetti negativi della perdita di prestigio legata al passaporto italiano.
Il problema di fondo resta tuttavia lo stesso: scarsa percezione dei problemi e persino delle psicosi dell’altro. Non è mancanza di comunicazione, perché quella c’è - forse insufficiente, ma molto più di un tempo. E’ mancanza di attenzione e sensibilità. Oggi i media in lingua italiana guardano in modo crescente a ciò che accade nel gruppo tedesco (riflettendo la domanda di integrazione dei loro utenti), ma raramente riflettono le relative sensibilità. I media in lingua tedesca assomigliano invece sempre più a quelli austriaci. Le notizie non solo dall’Austria ma persino dalla Germania sono in costante aumento (dalla politica allo sport), l’immagine anche grafica dei giornali e il look dei presentatori televisivi è molto più vicina ai corrispondenti media austriaci di quanto lo fosse alcuni anni fa.
Il gruppo italiano accresce il proprio strabismo vedendo con un occhio la propria condizione di inferiorità, e con l’altro i servizi e la qualità della vita confrontandoli con la situazione dei parenti a sud di Salorno. Il gruppo tedesco per contro aumenta l’unidirezionalità dello sguardo, e nonostante le maggiori opportunità è meno pluriculturale di un tempo. Quando Durnwalder parla agli”italiani” parla di Bolzano capitale europea della cultura insieme al Nord-Est, quando parla ai “tedeschi” dice basta alla Vetta d’Italia.
Se si ritiene che questo sia un problema, occorre parlare di più dei “complessi” dell’altro. Agli italiani va spiegato, ad esempio, perché la toponomastica bilingue, che a loro pare un’ovvietà, è così problematica per gli altri, e al gruppo tedesco va fatto capire che “gli italiani” non sono una massa indistinta, e che soffrono ad essere marginalizzati, anche più quando ciò accade involontariamente, per semplice indifferenza.
Parlare meno e in modo diverso dei problemi di gruppo e cercare di vedere la prospettiva del governo di un territorio che riguarda tutti potrebbe essere un primo passo. Se si decide di mantenere sette ospedali o di accorpare alcuni servizi, occorre consapevolezza del fatto che questo è letto in modo diverso nei due gruppi linguistici. Idem con l’aeroporto, con la democrazia diretta e con tante altre cose.
 Porsi sempre la domanda di come la vede l’altro potrebbe essere un buon esercizio da fare tutti. Magari pensando non solo ai gruppi principali ma anche ai ladini e ai diversi gruppi immigrati. Una piccola ginnastica mentale che potrebbe fare molto più di tanti proclami.
Alto Adige 3-10-10
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categoria:cultura, sociale
venerdì, 01 ottobre 2010



Mayr-Nusser «contro corrente» Stasera a Bolzano l’incontro pubblico

Nell’anno indetto dal vescovo Karl Golser in memoria di Josef Mayr-Nusser, ucciso perché si rifiutò di prestare giuramento a Hitler, il Katholisches Forum della Diocesi di Bolzano-Bressanone invita a una meditazione e a una riflessione pubblica. L’incontro si svolgerà questa sera: alle 19 avrà luogo una meditazione in memoria di Josef Mayr-Nusser nella chiesetta di S. Giovanni a Bolzano, organizzata dalla Skj (Südtirols Katholische Jugend); alle 20, col titolo «Josef Mayr-Nusser: contro corrente - serve più coraggio civile» si terrà una tavola rotonda presso la Sala Conferenze del Centro Pastorale a Bolzano. Interverranno Margareth Lun, storica; Leopold Steurer, storico; Stefan Rainer e Günther Reichhalter, Skj; Josef Torggler, sacerdote; Francesco Comina, giornalista. Saranno ospiti Albert Mayr, figlio di Josef Mayr-Nusser, e Josef Innerhofer, postulatore della Causa di beatificazione per Josef Mayr-Nusser. Modera Herbert Denicoló, presidente della Kolping Alto Adige.
Alto Adige 1-10-10
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categoria:sociale
lunedì, 27 settembre 2010



Referendum facile, premio ai Comuni

BOLZANO. Nasce il premio per la democrazia diretta. Verrà attribuito a coloro che si impegnano maggiormente nella realizzazione di nuove forme e regole valide «per la partecipazione democratica delle cittadine e dei cittadini alla ricerca delle decisioni migliori».
 L’Iniziativa per più democrazia da questo anno conferisce annualmente la «Rosa della Democrazia».
 La prima edizione ha visto in questo fine settimana la consegna del premio ai comuni di Fiè, Lana, La Valle, S. Candido, Ortisei, Varna, e Verano.
 Una rosa rossa in un cilindro di vetro nel 1972 era stato un elemento di una performance artistica di Joseph Beuys. Da allora la rosa è simbolo di iniziative mosse dal rispetto della dignità dell’essere umano che perseguono la realizzazione, sempre più avanzata, dell’idea della democrazia. E questo è il simbolo utilizzato per il premio.
 Questa la motivazione per l’onorificenza sull’attestato: «L’Iniziativa per più democrazia onora la decisione di queste amministrazioni comunali di non prevedere un quorum di partecipazione come condizione per la validità di un voto referendario comunale. Tale decisione è esemplare e ha carattere di modello per la regolamentazione dei diritti democratici della partecipazione politica diretta. Essa è segno di una nuova fiducia della rappresentanza politica nella capacità delle cittadine e dei cittadini di decidere loro stessi quando e in che modo la loro partecipazione al voto è importante». La “Rosa della Democrazia” e l’attestato sono stati consegnati da gruppi di cittadini del rispettivo Comune ai sette sindaci e alle amministrazioni comunali. Anche i Comuni di Dobbiaco e Terento hanno cancellato il quorum di partecipazione dallo loro statuto. Riceveranno presto l’attestato.
Alto Adige 27-9-10
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sabato, 25 settembre 2010



Caldaro: ecco le passeggiate per le persone disabili

CALDARO. Caldaro, località vitivinicola per eccellenza, è immersa nei vigneti che sovrastano il lago di Caldaro. Il paesaggio collinare, le strade lastricate, gli edifici storici, non costituiscono però un ambiente particolarmente semplice da affrontare per chi è diversamente abile, per chi cammina al suo ritmo, per chi “vede” con sensi diversi. Ecco così che l’iniziativa “5 Sensi” è riuscita a scoprire, insieme all’Associazione turistica di Caldaro e all’HotelMasatsch (per conto di Lebenshilfe Südtirol) ben 15 possibilità di passeggiate adatte allo scopo. Tutti gli itinerari sono stati testati, e nella guida “Caldaro senza barriere” è stata raccolta la loro descrizione corredata d’immagini e simboli.
 Questa guida escursionistica “alternativa” porterà quindi chi decide di seguirla attraverso Caldaro e i suoi dintorni. Per chi vuole scoprire il paese ma è costretto sulla sedia a rotelle, oppure ha difficoltà nel camminare su terreni ondulati, la guida indicherà come raggiungere senza problemi i luoghi più pittoreschi di Caldaro e dintorni. Un’occasione in più per scoprire angoli nascosti, particolari a prima vista difficili da scorgere.
Alto Adige 25-9-10

info: http://www.5sensi.info/?q=node/23
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venerdì, 24 settembre 2010



Democrazia diretta, il comitato vuole la legge

BOLZANO. Il 25 ottobre dello scorso anno 114.884 dei 148.815 votanti (ovvero l’83 per cento di chi si recò alle urne per il referendum) si espressero a favore della proprosta dell’Iniziativa per più Democrazia in Alto Adige. Si trattò di un tentativo di miglioramento concreto della legge sulla democrazia diretta. Solo il 16,8 per cento (cioè 23250 elettori) votò contro. A seguito del mancato raggiungimento del quorum il referendum venne dichiarato nullo. Sarebbero bastati 7344 elettori in più. A quasi un anno dal ricorso alle urne la Volkspartei, sulla base del risultato ottenuto, ha promesso di portare in consiglio provinciale una riforma della legge attualmente in vigore. La promessa è però, sino ad oggi, rimasta disattesa. Nel febbraio scorso l’assemblea dei soci dell’iniziativa ha deciso di elaborare una sua proposta di riforma della legge in vigore. In particolare la proposta prevede l’abbassamento del quorum, la garanzia dell’obbiettività dell’informazione, la possibilità di portare a referendum anche le delibere della giunta provinciale e la presenza di una clausola a protezione dei gruppi linguistici.
Alto Adige 24-9-10
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martedì, 21 settembre 2010



Arriva la legge sull’immigrazione

BOLZANO. Il disegno di legge sull’immigrazione dovrà essere pronto entro l’anno. Questo il termine ultimo che il presidente della Provincia Luis Durnwalder ha dato all’assessore provinciale competente in materia Roberto Bizzo per definire il testo che andrà a regolare diritti e obblighi dei cittadini extracomunitari in Alto Adige.
 Ieri la giunta provinciale ne ha discusso a lungo, approfondendo in particolare alcune nuove direttive previste da uno schema destinato ad essere presto trasformato in Dpr da parte dello Stato. «Dovremo adeguare il nostro disegno di legge in base alle nuove regole proposte dal presidente della Repubblica», afferma Durnwalder. Tra le novità previste c’è ad esempio l’obbligo di imparare l’italiano entro due anni come presupposto per ottenere il permesso di soggiorno: «In Alto Adige - dice il “Landeshauptmann” - si potrà ottenere il permesso anche dimostrando la conoscenza del tedesco».
 Regole più severe saranno previste per il ricongiungimento familiare: «Sarà permesso soltanto se l’arrivo in Italia dei parenti non comporta il sovraffollamento dell’alloggio né una riduzione del reddito al di sotto del minimo vitale».
 Per i figli dei cittadini extracomunitario sarà obbligatorio frequentare la scuola. «Prima però sarà valutato se hanno le competenze linguistiche sufficienti per seguire le lezioni o se prima dovranno frequentare un corso di lingua», annuncia Durnwalder. Chi rinuncia a misure per favorire l’integrazione (ad esempio rifiutando corsi linguistici) rischia di perdere il diritto agli aiuti sociali: «Non a quelli nazionali, che non dipendono da noi, ma alle maggiorazioni al reddito minimo che sono garantite dalla Provincia», chiude Durnwalder.
Alto Adige 21-9-10
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domenica, 19 settembre 2010




Golser: la cultura è convivenza

Giancarlo Ansaloni
Monsignor Golser, come giudica l’iniziativa di candidare Bolzano a capitale europea della cultura con il Nordest, e ritiene che la Chiesa abbia titoli per partecipare a questa manifestazione?
 «Bolzano è una città che mostra come la cultura unisce. Nella nostra regione convivono pacificamente persone di culture e di religioni differenti che considerano la convivenza un compito fondamentale in quanto residenti in questa Diocesi, la cui vocazione consiste proprio nell’impegno per una convivenza pacifica tra i gruppi linguistici. È una grande ricchezza imparare gli uni dagli altri, godere di questa grande opportunità di poterci agganciare a due culture. I due maggiori gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra. Soltanto quando ci sono reciproche amicizie e mutua conoscenza risulta facile riconoscere nell’altro gruppo linguistico non una concorrenza ma una possibilità di apertura a un mondo più grande, e questo in vista della vocazione della nostra terra di essere un ponte fra le culture».
 Secondo Lei, Bolzano può contare su peculiarità tali da riuscire a mettersi in luce pur fra tante città del Nordest che godono di prestigio addirittura mondiale, come Venezia o Verona, di fronte alle quali uscirebbe probabilmente soccombente se si mettesse in competizione con esse,soprattutto in fatto di patrimonio artistico e culturale e, tutt’altro che ultima, anche di tradizione religiosa?
 
Bolzano rispecchia la diversità europea. Per quanto riguarda l’aspetto culturale offre molto. Certamente questa città è una famosa meta turistica, grazie al territorio, all’ospitalità, ai monumenti e alle bellezze naturali. Ciò che però contraddistingue Bolzano è il fatto di essere una città che ha una grande tradizione di volontariato e di solidarietà e questo è un vero bene culturale. In questo contesto è da menzionare l’impegno di molti volontari che offrono la loro disponibilità a coloro che vivono ai margini della società. È da menzionare anche la presenza e la varietà di numerosi ordini religiosi a Bolzano. Non si può contare e misurare l’impegno di queste comunità, ma è sicuramente una grande ricchezza da non sottovalutare.
 Alla luce di quanto sopra, quali potrebbero essere gli elementi distintivi, che la Chiesa locale potrebbe mettere sul tappeto, forte di una storia plurisecolare che abbraccia praticamente tutti i settori della vita civile?
 
La Chiesa viene considerata come luogo di celebrazioni, come luogo di opere d’arte e luogo di silenzio. La città si caratterizza anche per l’arte di molte Chiese, per le visite guidate e per i concerti proposti nelle Chiese. Bolzano è attenta anche alla salvaguardia del creato - puntando anche sul trasporto ecologico. Noi per esempio abbiamo installato dei pannelli fotovoltaici sul tetto del Centro Pastorale.
 Il Vecchio Tirolo è stato teatro di forti conflitti religiosi, superati non sempre in modo incruento; oggi l’erede del Vecchio Tirolo, l’Alto Adige - Südtirol, si è trovato ad affrontare conflitti di natura etnica di fronte ai quali la Chiesa è riuscita a giocare un ruolo di protagonista nel processo di pacificazione che ha evitato rischi di scontri sanguinosi. Secondo Lei l’esperienza dell’opera di pacificazione esercitata nel corso degli ultimi decenni, guardando ai positivi risultati raggiunti in fatto di convivenza può essere presa in considerazione in qualche modo come tema fra le diverse iniziative inquadrate nel programma della manifestazione?
 
 Lei parla della politica repressiva del Fascismo nei confronti della comunità tedesca in Alto Adige che ha colpito profondamente la Chiesa. Molte associazioni cattoliche, tra cui per esempio anche la Kolping, non hanno più potuto svolgere le loro attività. Anche il Liceo dei Canonici Regolari di Sant’Agostino a Bressanone e quello dei Benedettini a Merano sono stati chiusi nel 1926. La Sovrintendenza scolastica ha persino cercato di imporre la lingua italiana per l’insegnamento di religione. È stato deciso quindi di insegnare religione al di fuori dell’ambito scolastico ufficiale. Senza successo il regime fascista ha tentato di italianizzare le celebrazioni liturgiche. La Chiesa di allora si è impegnata notevolmente nell’ambito delle cosiddette “Katakombenschulen”. Infatti, era proibito l’insegnamento della lingua tedesca sia a scuola che privatamente. Per questo sono state impartite di nascosto lezioni di tedesco ai bambini sudtirolesi. In parte hanno insegnato anche i sacerdoti durante le lezioni di religione.
 La memoria aiuta a capire meglio e a far riflettere su quanto la Chiesa abbia contribuito negli ultimi decenni a costruire una comunità dove si vive insieme in pace.
 
E non va dimenticata la testimonianza di fede che tanti hanno vissuto in situazioni difficili. Vorrei citare Josef Mayr-Nusser che è stato un grande testimone e martire della fede del Novecento, la cui figura merita di essere annoverata fra le più nobili della nostra terra.
 La maggior parte degli interpellati ritengono che l’iniziativa Bolzano Capitale debba avere una prevalente funzione (suggerita peraltro dal regolamento europeo del concorso) di crescita culturale, di identificazione e approfondimento della conoscenza della realtà, rivolta soprattutto alle popolazioni locali grazie al confronto e allo scambio con le altre realtà regionali coinvolte, sia pure senza trascurare l’aspetto turistico che avrebbe comunque una funzione “divulgativa”. Lei è d’accordo con questa visione e quali benefici potrebbero derivarne per la convivenza in questa nostra terra?
 
A noi, come Diocesi, spetta il compito di promuovere gesti e iniziative che contribuiscano a far sì che questa convivenza non rimanga solo una teoria ma che si realizzi concretamente. In questo modo si contribuisce al fatto che Bolzano diventi una città del dialogo, anche e non per ultimo grazie alle iniziative del “Giardino delle religioni”, e grazie alle manifestazioni ecumeniche e interreligiose.
Alto Adige 19-9-10
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venerdì, 17 settembre 2010



Ecco i supermercati più convenienti

BOLZANO. Per una famiglia fare la spesa a Bolzano costa in media 6.322 euro annui. Ma ci sono differenze tra punti vendita della grande distribuzione, tanto che tra il supermercato più caro e quello più a buon prezzo si possono risparmiare 384 euro, sempre a famiglia. È quanto emerge da un’indagine a livello nazionale di Altroconsumo. Il capoluogo altoatesino risulta al 50º posto tra le 62 città oggetto dell’inchiesta in merito ai possibili risparmi del consumatori. Stanno peggio Trento, Ancona e Messina, mentre al primo posto per convenienza (media tra punti vendita) c’è Verona, seguita da Firenze e Treviso. Tra i 7 supermercati presi in considerazione nel capoluogo altoatesino, il più conveniente risulta essere l’Interspar di via Buozzi, a seguire gli Eurospar di via Roma e via Resia, quindi il Billa di corso Italia ed ancora i Poli di via Galvani e via del Ronco. Fanalino di coda il Despar di via Cesare Battisti. Fatto 100 l’indice della città con supermercati a prezzi più bassi (Verona), i punti vendita bolzanini vengono ad essere tra il 18 ed il 25 per cento più cari rispetto a quello più conveniente della città scaligera. Naturalmente su un carrello di prodotti sempre uguali in tutta Italia.
 «La concorrenza tra supermercati, iper e hard discount è vantaggiosa per il consumatore che con una scelta oculata tra le offerte migliori può risparmiare fino a 1.600 euro l’anno». Lo afferma Altroconsumo mettendo sotto la sua lente 850.000 prezzi di 635 supermercati, 138 iper e 153 hard discount. Le città dove super e iper giocano al ribasso, secondo l’associazione a tutela dei consumatori, sono Verona, in testa alla classifica, seguita da Firenze, Treviso, Pisa, Padova e Arezzo. Ultima per convenienza Messina. A Firenze, con una scelta oculata, la spesa di un anno su alimentari freschi e confezionati, prodotti di igiene per la persona e la casa, può contrarsi di 1.622 euro. A Rimini possibili risparmi sino a 1.267; 1.214 per Milano e 1.204 per Verona. Calcolatore alla mano - aggiunge Altroconsumo - attenti anche alla scelta all’interno del punto vendita. Comprare i prodotti in offerta permette un risparmio medio del 21% che diventa in un anno un gruzzolo di 1.300 euro. Scegliere quelli a marchio commerciale (col logo dell’insegna sulla confezione) porta a un risparmio del 41%, pari a 2.500 euro in un anno. Se si acquistano i prodotti primo prezzo lo scontrino si dimezza, con un risparmio di 3.000 euro di media all’anno. Se si decide di fare la spesa all’hard discount l’esborso medio passa dai 6.300 euro ai 2.500 all’anno. La concorrenza tra insegne offre opportunità ai consumatori, nelle regioni dove funziona - conclude Altroconsumo - nel Centro-Sud, ma anche in città come Genova e Aosta, la mancanza di stimoli e tensioni tra punti vendita e catene distributive congela i prezzi verso l’alto e le possibilità di risparmio si contraggono sino a soli 300 euro.
Alto Adige 17-9-10
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giovedì, 16 settembre 2010



Occhio al bicchiere

 La tolleranza zero. L’introduzione della tolleranza zero ha un significato importante per la nostra cultura stradale: non esisteva e adesso c’è. C’è per il tasso alcolemico degli autisti professionali e per i neopatentati. Ma c’è anche per le revisioni dei mezzi: per chi circola con un’auto non revisionata (e quindi potenzialmente pericolosa) c’è ora una multa non più di 310 ma di 1.842 euro, cui si aggiungono 90 giorni di fermo amministrativo. Se poi uno ha il vizio e commette questa violazione una seconda volta il mezzo è confiscato.
 Pugno di ferro su manovre pericolose. L’inversione di marcia o la circolazione contromano su carreggiate, rampe o svincoli autostradali (ma anche strade urbane) è uno dei pochi casi in cui la patente è subito revocata. Prima era solo sospesa.
 Via la patente a vita. Molto significativo che per la prima volta sia previsto il ritiro della patente per sempre: ma bisogna avere subito due condanne definitive per omicidio colposo per un incidente stradale provocato sotto l’effetto di alcol o droghe.
 Senza patente niente minicar. Si sa che la persona senza patente ricorreva a minicar e ciclomotori per i quali la patente non era necessaria: ebbene la circolazione di questi pericolosi personaggi è finita per sempre perché senza patente quei mezzi non si possono più guidare.
 Punti sempre più a rischio. Non è detto che un codice moderno sia solo più severo. Ma forse si può dire che rendere più facile la perdita dei punti va verso una maggiore modernità: chi sgarra deve pagare di più e nella maniera più ovvia, rischiando di perdere il diritto a stare al volante. Non solo: prima frequentando un corso i punti si recuperavano automaticamente, ora no. Bisogna superare una prova di esame.
 La difesa del pedone. Si è già detto che l’Italia non è riuscita a ridurre abbastanza il numero di pedoni uccisi. Un segnale importante è l’aver portato da 5 a 8 il numero dei punti che si perdono se non si dà la precedenza ai pedoni sulle strisce.
 Meno burocrazia. Sì, nel nuovo codice c’è un po’ meno burocrazia. Un esempio? Chi ha perso il libretto di circolazione sa che problema è. Ebbene, ora si potrà avere un duplicato anche nel caso di un semplice smarrimento.
 La targa personale. Molti italiani la sognavano da tempo avendola vista negli Usa e in Inghilterra, tanto per fare due esempi. L’avremo anche noi grazie al nuovo articolo 100. Ma, attenzione, non sarà una targa personalizzata: si dovrà accettare il codice alfanumerico del computer della motorizzazione. Quindi niente giochi di parole.



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      severità nei controlli

LUDOVICO FRAIA
Se è arrivata la tolleranza zero per i neopatentati e per i professionisti del volante, non vuol dire che per gli altri sia prevista minore severità.
KRPChe significa depenalizzazione
della guida
in stato d’ebbrezza?

KKK Non si deve intendere che sia un premio ma una razionalizzazione delle sanzioni. Prima di tutto va chiarito che riguarda la guida con un tasso di alcol nel sangue superiore a 0,5 grammi per litro ma inferiore a 0,8. Resta la multa di 500 euro (fissa, prima il giudice poteva portarla a 2.000), la sospensione della patente da tre a sei mesi e i 10 punti decurtati.
KRPE se si beve di più?
KKK Non cambia nulla rispetto a prima tra lo 0,8 e l’1,5 grammi per litro: ammenda da 800 a 3mila 200 euro, arresto fino a sei mesi, patente sospesa da sei mesi a un anno, 10 punti decurtati.
KRPE oltre quella soglia?
KKK Bisogna chiarire che siamo su livelli di ebbrezza scandalosi (una bottiglia e mezza di vino per un uomo di 80 chili a stomaco pieno o sei lattine di birra per una donna di 60 chili a stomaco pieno): è stato raddoppiato il periodo di arresto da tre mesi e un anno a da sei mesi a un anno, l’ammenda resta da 1.500 a 6mila euro e la patente è sospesa da uno a due anni come prima.
KRPPer gli autisti professionali
arriva la tolleranza zero,
ma c’è anche altro?

KKK Sì, e cose non da poco: per l’esercizio dell’attività professionale di guida bisognerà possedere un certificato che escluda l’abuso di alcolici e l’uso di droghe. Entro novembre sapremo il dettaglio dell’applicazione. Non solo: autisti di autobus, tassisti e autotrasportatori potranno essere licenziati in tronco se scoperti ubriachi o drogati al volante.
KRPChe cosa cambia per la droga?
 KKKLa durata mimima dell’arresto raddoppia, restano invariate la perdita dei punti di patente e la pena pecuniaria da 1.500 a 6mila euro. Chi provoca un incidente sotto l’effetto di droghe si vede confiscato il veicolo. Inoltre il test antidroga è semplificato: potrà essere effettuato su campioni di saliva. Il dettaglio sarà deciso entro un mese da un decreto del ministero dei Trasporti: saranno stabilite le modalità e le caratteristiche degli strumenti. Questo particolare fa riflettere su quanto fosse arretrato il vecchio codice su questo tema.
KRPChe succede se uno rifiuta
di sottoporsi al test?

KKK Non conviene. Praticamente lo si tratta come se fosse quel personaggio che si è bevuto una bottiglia a mezza di vino, quindi è oltre un granmo e mezzo di alcol nel sangue: ammenda da 1.500 e 6mila euro, arresto da sei mesi e un anno, decurtazione di 10 punti patente.
KRPPerché?
KKK Perché la legge deve rendere conveniente l’opzione di sottoporsi al test e assolutamente non conveniente fare il contrario. Altrimenti nessuno si sottoporrebbe al test.


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Punti, sanzioni più severe ma sarà possibile guidare con la patente sospesa

GIANNI PARRINI
Con l’ultima riforma sono state inasprite alcune sanzioni a punti ma in qualche caso i “tagli” saranno meno severi che in passato.
KRPQuali sono le infrazioni
che fanno perdere il maggior
numero di punti?
 
KKKSi perdono dieci punti sulla patente superando il limite di velocità di 60 chilometri orari, sorpassando in curva, facendo retromarcia in autostrada, guidando in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droga.
KRPCosa cambia rispetto
al vecchio codice?
 
KKKViene leggermente attenuata la decurtazione di punti per chi supera i limiti di velocità di oltre 10 chilometri (3 punti anziché 5) e di oltre 40 (6 punti anziché 10). Sono invece inasprite le penalizzazioni per i conducenti di camion che non rispettano i tempi di guida (da 2 a 5 punti) o sono sprovvisti della copia dell’orario di servizio (da 2 a 10 punti), per chi non dà la precedenza al pedone che attraversa sulle strisce (da 5 a 8 punti) o fuori da esse (da 2 a 4 punti).
KRPCome recuperare i punti
persi sulla patente?
 
KKKGià da qualche anno autoscuole o soggetti autorizzati dalla motorizzazione organizzano corsi d’aggiornamento per il recupero dei punti. D’ora in avanti, però, sarà necessario superare anche una prova d’esame che si terrà a fine corso. Il superamento di tale prova consente di riacquistare 6 punti agli automobilisti normali e 9 a chi ha la patente professionale (ad esempio camionisti, conducenti di autobus, tassisti).
KRPIl corso di recupero
è obbligatorio?
 
KKKLo diventa per il guidatore che, avendo già perso 5 punti, nell’arco dei dodici mesi successivi commette altre due infrazioni da 5 punti ciascuna. In questo modo, la minaccia del corso obbligatorio diventa anche un deterrente per chi è alla prima infrazione.
KRPSe per un certo periodo
non commetto infrazioni, posso
recuperare qualche punto?
 
KKKIl nuovo codice inserisce un premio speciale per chi ha conseguito la patente da soli tre anni (vedi sezione neopatentati). Per tutti gli altri guidatori, restano valide le norme già oggi in vigore: se non commetto infrazioni per due anni, guadagno 2 punti.
KRPLa patente può essere
ritirata a vita?
 
KKKIl nuovo codice prevede il ritiro a vita della patente (di qualsiasi categoria) alle persone condannate già due volte per omicidio colposo, in seguito a incidente stradale mortale causato da guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe.
KRPSe ho la patente sospesa
ma l’auto mi serve per lavoro,
posso ottenere un permesso?
 
KKKÈ possibile ottenere dal prefetto un permesso straordinario che permette di guidare al massimo per tre ore al giorno e solo nel tragitto da casa al lavoro. La domanda va presentata entro cinque giorni dalla sospensione della patente e deve essere accompagnata da un’adeguata documentazione che comprovi l’estrema difficoltà o l’impossibilità di raggiungere il posto di lavoro con mezzi pubblici o a piedi. Il periodo di sospensione della patente viene aumentato delle ore nelle quali è stata consentita la guida. Se gli orari, i giorni e i percorsi indicati dal permesso non vengono rispettati, si paga una multa che va da 1.842 a 7.369 euro.
KRPHo una patente estera,
posso guidare in Italia?
 
KKKSecondo il nuovo codice, i conducenti titolari di patenti di guida estere rilasciate da Stati non appartenenti all’Unione europea che non procedono alla conversione entro un anno dal giorno dell’acquisizione della residenza in Italia, sono di fatto come privi di patente valida. Le multe sono salate: da 2.257 a 9.032 oltre al fermo amministrativo di tre mesi del mezzo.
KRPCosa cambia per chi
deve rinnovare la patente?
 
KKKAddio al vecchio tagliandino autoadesivo: d’ora in poi dovrà essere rilasciato un duplicato della patente, con l’indicazione del nuovo termine di validità. Al momento del ricevimento della nuova patente, si dovrà distruggere quella scaduta. La modifica entrerà concretamente in vigore con apposito decreto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.





Farla franca sarà sempre più arduo

Il futuro del controllo della velocità? I Tutor più di aerei e elicotteri dotati di una telecamera laser, costosi quanto i Tutor ma di minore impatto. Ne è convinta la polizia stradale, che ci fa da guida nel futuro dei controlli.
KRPIntanto quali sono oggi
gli strumenti di controllo
della velocità?
 
KKKSono quattro: 1) l’autovelox 104/Cs, molto diffuso, è una scatola montata su cavalletto viene quasi sempre usato con una macchina fotografica; 2) Telelaser Microdigicam: un apparecchio di dimensioni ridotte che calcola la velocità di un mezzo non più lontano di 800 metri e produce un’immagine; 3) Pro Vida 2000: è una telecamera che filma il comportamento (quindi non solo la velocità) e può essere usato dall’operatore in movimento; 4) il Tutor è un apparecchio che su una strada stabilisce la velocità media di un veicolo: è un sistema costoso ma inesorabile e capillare.
KRPCosa ci riserva il futuro?
 KKKAerei ed elicotteri vengono già usati sia per il controllo della velocità sia per tenere d’occhio comportamenti anomali. Sono efficaci ma non come i Tutor perché i Tutor permettono un controllo diffuso e su un numero di veicoli illimitato. Loro limite, oltre ai costi, è che richiedono il controllo di un numero enorme di dati, comunque all’occorrenza possibile, ma sono imbattibili.
KRPSistemi come l’inglese
Radar detector per segnalare
che si è sotto rilevazione
sono legali in Italia?

 KKKLa polizia stradale ha sequestrato diversi di questi apparecchi nel sospetto che potessero mettere uso le apparecchiature di controllo (il che sarebbe ovviamente illegale, sentenza della Cassazione 12150 del 24 maggio 2007) ma si sono rivelati tutti inefficaci e sono comunque inutili.
KRPPerché inutili?
 KKKPerché, come spiega chiaramente una direttiva del ministro degli Interni dell’agosto 2009, le postazioni di controllo devono essere «a) preventivamente segnalate; b) ben visibili». Un buon navigatore satelitare le segnala già ed è legale. L’intento della polizia stradale non è tendere agguati ma limitare la velocità.
(L.F.)
Alto Adige 16-9-10
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martedì, 14 settembre 2010



Vandana Shiva: «La mia battaglia contro gli Ogm»

MARCO RIZZA
Vandana Shiva, attivista per i diritti umani, ambientalista, da anni una delle figure di spicco del dibattito mondiale sullo sviluppo sostenibile, sarà a Bolzano per inaugurare la Settimana della cooperazione allo sviluppo, manifestazione organizzata dalla Provincia dal 25 al 30 settembre e dedicata quest’anno a «La ricchezza del Sud del mondo». Sono attesi altre personalità importanti come lo svizzero Jean Ziegler e l’iraniana Mansoureh Shojaee. Abbiamo intervistato Vandana Shiva, che al momento si trova ancora in India e che arriverà in città proprio il giorno dell’apertura del convegno per parlare in particolare di biodiversità e della questione dei brevetti delle risorse biologiche.
 Perché il problema dei brevetti è così importante per le condizioni di vita dei contadini dei Paesi in via di sviluppo?
 
La biodiversità è la vera ricchezza dei Paesi del Terzo Mondo. Garantisce il reddito e il cibo. Il 70% delle persone del Sud del mondo vive in una economia basata sulla biodiversità: la biodiversità è la base della loro produzione, della loro conoscenza e della loro cultura. Ora: le nuove leggi sulla proprietà intellettuale adottate dal Wto hanno scatenato una epidemia di pirateria nei confronti del sapere milleniario delle popolazioni indigene. I brevetti sulle sementi e sulla biodiversità sono tentativi di drenare ricchezza dal Sud al Nord del mondo. Le royalities ottenute dalle multinazionali ad esempio sulle sementi del cotone Bt (un cotone geneticamente modificato per resistere al batterio Bt, ndr) hanno fatto salire a tal punto i prezzi che centinaia di migliaia di contadini indiani si sono indebitati, e circa 200 mila si sono uccisi.
 Concretamente come si può intervenire?
 
Per esempio come Navdanya (una rete di comunità contadine rurali indiane, che coinvolge circa 500 mila persone, ndr) abbiamo svolto battaglie contro la biopirateria del neem (un albero indiano, ndr), contro il tentativo di brevettare il riso basmati e contro i brevetti che la Monsanto (una multinazionale di biotecnologie, ndr) voleva imporre alla varietà indiana di frumento «Nap Hal». Abbiamo sempre vinto.
 La sua è una delle voci più forti contro la diffusione degli Ogm nell’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo. Perché è così contraria? L’Alto Adige vorrebbe vietare coltivazioni transgeniche: come valuta questa scelta?
 
Gli Ogm sono la base per i brevetti delle sementi e della vita. Sono un fenomeno negativo sia perché stabiliscono monopoli sui brevetti sia perché introducono pericoli per l’ambiente e per la salute. Il più piccolo posto libero da Ogm è una luce in mezzo al buio.
 Però c’è anche chi afferma che grazie agli Ogm aumenteranno le produzioni agricole nei Paesi poveri e quindi miglioreranno le condizioni di vita dei contadini.
 
Chi dice queste cose parla contro ogni evidenza scientifica. L’India è un chiaro esempiodi come gli Omg impoveriscono i contadini e non portano benefici.
 Lei è una delle leader del movimento antiglobalizzazione. Quali sono le principali battaglie che crede che il movimento abbia vinto? Quali sfide ha davanti? Che ruolo gioca l’Italia in questo campo?
 
Le vittorie più importanti sono state a Seattle, Cancun e Honk Hong, dove abbiamo impedito alla Wto di imporre al mondo regole non eque per ill commercio. Un’altra vittoria è stata mostrare come le regole del Wto per esempio sulla proprietà intellettuale sono alla radice di povertà e fame. Le sfide principali riguardano ora le multinazionali che, stoppate nel Wto, ora usano accordi commerciali bilaterali (come quello Ue-India) per imporre la stessa agenda che volevano imporre al Wto. L’Italia è nell’Ue e quindi è coninvolta nel trattato con l’India.
Alto Adige 14-9-10
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categoria:cultura, sociale
mercoledì, 08 settembre 2010


Disabili: promossa funivia Renon

BOLZANO. Nessuna barriera architettonica e massima accessibilità per persone a mobilità ridotta e passeggini. Nella pagella sulla fruibilità della nuova funivia del Renon spicca un “ottimo”. “Questo impianto - commenta l’assessore Widmann - è un esempio di sistema di trasporto senza barriere”. “In tutti gli ambiti da noi esaminati - ha spiegato Guenther Ennemoser, responsabile del progetto “Alto Adige per tutti” di Independent L. - la funivia raggiunge cinque punti sui cinque possibili: ovvero il massimo dei voti”. Esaminate l’accessibilità del parcheggio, delle vie di accesso, della biglietteria, degli impianti sanitari nelle stazioni, e del bar.
Alto Adige 8-9-10
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venerdì, 03 settembre 2010



Esenzione ticket, ecco la nuova autocertificazione

BOLZANO. Nuova autocertificazione per l’esenzione dal ticket sanitario per motivi di reddito, da ieri al via le richieste. I moduli sono disponibili presso le farmacie, i distretti socio-sanitari, le strutture sanitarie e anche online sulla Rete Civica. Lo rende noto la Ripartizione provinciale sanità.
 Per ottenere l’esenzione dal ticket sanitario per motivi di reddito, da ieri, 1º settembre, è necessaria una nuova autocertificazione, visto che quella vigente è scaduta il 31 agosto.
 Rispetto al passato non è più possibile far valer il diritto all’esenzione tramite il modulo di indigenza (codice 99), visto che il possesso dei requisiti necessari deve essere verificato dai competenti servizi per l’assistenza economica sociale presso i singoli distretti sociali. Affinché l’autocertificazione abbia validità legale, e consenta dunque l’esenzione, è necessario consegnarla presso una farmacia, una struttura sanitaria pubblica o convenzionata, oppure presso il distretto sanitario per far apporre la data e il timbro che ne certificano la validità.
 La copia per il Comprensorio sanitario verrà trasmessa direttamente dalla farmacia o dalla struttura sanitaria, mentre al cittadino viene restituita la sua copia, che deve essere conservata con cura ed esibita per l’erogazione di farmaci o prestazioni sanitarie.
 L’autocertificazione che autorizza all’esenzione totale o parziale dalla partecipazione alla spesa sanitaria avrà validità dalla data di consegna sino al 31 agosto del prossimo anno, e dovrà essere rinnovata ogni dodici mesi. La Ripartizione provinciale sanità ricorda che una falsa autocertificazione è perseguibile penalmente: prima di consegnare l’autocertificazione si consiglia dunque di controllare attentamente il rispetto dei requisiti richiesti. (da.pa)
Alto Adige 2-9-10
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venerdì, 03 settembre 2010

  

Anche in Alto Adige i bonus anti bollette

BOLZANO. Qualche giorno fa l’Autorità per l’energia ed il gas ha fatto sapere che in Italia sono stati già attivati un milione 900 mila bonus di elettricità e gas a favore di famiglie bisognose o numerose. Si ricorda che i bonus sono cumulabili e consentono risparmi di spesa complessivi, tra gas ed elettricità, tra gli 82 e i 360 euro annui.
 Anche per la provincia di Bolzano il Centro tutela consumatori utenti (con il responsabile Walther Andreaus) ricorda alle famiglie interessate che la richiesta dei bonus va fatta sugli appositi moduli, ritirabili e consegnabili al proprio Comune di residenza o presso altro ente eventualmente delegato dallo stesso Comune come ad esempio i centri di assistenza fiscale Caf.
 Sul sito del Ctcu (www.centroconsumatori.it sotto”FAQ”) viene spiegato quali famiglie o soggetti possono richiedere ed eventualmente avere diritto al bonus, sia quello elettrico che quello del gas.
 Si ricorda che la valutazione dei limiti di reddito viene fatta a mezzo del cosiddetto indicatore Isee (indicatore di situazione economica equivalente): bisogna infatti ottenere un Isee non superiore a 7500 euro oppure avere 4 figli a carico ed un Isee non superiore a 20 mila euro. Per chi volesse, è possibile fare una simulazione di calcolo del proprio indice Isee sul sito dell’Inps all’indirizzo internet www.inps.it/servizi/isee/simulazione/SimulazioneCalcolo.asp.
 Hanno diritto al bonus elettrico anche quelle famiglie in cui vi sia un componente con problemi di salute gravi, che utilizza apparecchiature elettromedicali salvavita.
Alto Adige 1-9-10
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domenica, 29 agosto 2010



Opzioni, un dramma europeo 

MARCO RIZZA
Nel maggio 1945 all’hotel Lago di Braies trovarono accoglienza 133 prigionieri (di 17 nazioni) che a fine aprile le Ss avevano portato in Alto Adige dal campo di Dachau per scambiarli come ostaggi con gli Alleati. Una squadra della Wehrmacht li liberò dalle Ss e li trasportò all’hotel Lago di Braies, dove qualche giorno dopo furono consegnati agli americani. Dal 2007 l’albergo ospita le «ZeitgeschichtTage Pgragser Wildsee», convegni sulla storia contemporanea organizzati da ZeitgeschichtsArchiv Pragser Wildsee, Archivio provinciale, Gedenkstätte Deutscher Widerstand di Berlino e Istituto pedagogico tedesco. Quest’anno il seminario - che prenderà il via domani sera e durerà fino a martedì a pranzo - tratterà il tema delle opzioni. Tra i tanti storici che partecipano c’è anche Giorgio Mezzalira.
 Qual è lo stato dell’arte della ricerca storica sulle opzioni?
 
Si può dire che le conoscenze specifiche siano a buon punto. La ricerca storica ha prodotto studi significativi e ha scavato bene negli archivi, per cui si può dire che non si prevedono nuove scoperte eclatanti. Certo, nuovi documenti continuano ad emergere e aiutano a completare un quadro che di per sé è ben definito. Penso in particolare all’ultima pubblicazione della Fabbrica del Tempo che raccoglie una corposa serie di lettere del periodo delle opzioni, uscita dai fondi d’archivio del Ministero dell’Interno. Si tratta di corrispondenza postale, di persone comuni, che veniva aperta e controllata per ricavarne informazioni. Ne esce un interessante spaccato di come fosse percepito il dramma delle opzioni a livello per così dire popolare e di quali fossero i motivi che stavano alla base della scelta di trasferirsi in Germania. Non ultimo c’è l’interesse di leggere quale fosse l’atteggiamento della popolazione italiana nei confronti delle opzioni. Al convegno del lago di Braies ci sarà poi da seguire tra l’altro la relazione di Leopold Steurer che presenta il capitolo poco conosciuto della reazione della stampa straniera alle opzioni.
 E per quanto riguarda la collocazione del caso altoatesino nel panorama politico dell’epoca?
 
Lo si sta studiando nel contesto più ampio degli spostamenti di popolazioni in Europa nel periodo della seconda guerra mondiale: un tema come si capisce assai importante anche per le implicazioni interpretative delle opzioni in Alto Adige. Posso anticipare che di questo tema e della politica etnica seguita dai regimi nazionalsocialista e fascista sia, a guerra finita, dai governi di paesi esteuropei contro le minoranze italiane e tedesche si occuperà anche il prossimo numero in uscita della rivista «Storia e regione - Geschichte und Region».
 Quali le implicazioni interpretative?
 
Mi riferisco in particolare ad una lettura delle opzioni, peraltro ancora circolante, che le mette prevalentemente in relazione con l’obiettivo dell’Italia fascista di italianizzare la provincia di Bolzano e risolvere una volta per tutte la questione dell’Alto Adige. Che questo corrisponda nessun dubbio. Viste solo così però si rischia di non capire quali fossero gli obiettivi perseguiti dal Terzo Reich con una simile politica di trasferimento di minoranze di lingua tedesca che pure in quegli anni era in corso, si pensi per esempio a quanto successe in Lettonia ed Estonia. Il Terzo Reich aveva l’esigenza da un lato di acquisire popoli tedeschi per giustificare la politica di conquista di nuovi territori, dall’altro quella di aumentare la forza lavoro per le fabbriche e rafforzare l’esercito per la guerra. Insomma, per quanto riguarda le opzioni la resistente immagine della vittima tedesca del carnefice italiano è, almeno sul piano storico, fuorviante, senza contare che si presta ad una lettura strettamente strumentale. Per altro il trasferimento forzato di popolazioni fu un fenomeno frequente sia nell’Europa di quegli anni che nel Dopoguerra: basta pensare ai Paesi dell’est.
 A 70 anni da quei fatti restano ancora tracce nella società sudtirolese della lacerazione sociale e politica avvenuta allora?
 
Credo che sul piano dei rapporti sociali si tratti di una storia superata, non si notano nella società sudtirolese di oggi di atteggiamenti o comportamenti che siano riconducibili a quella frattura. Ci sono stati poi dei passaggi culturalmente importanti che hanno favorito il superamento ed il riconoscimento di un dramma comune. Penso alla grande mostra «Opzion Heimat Opzioni» del 1989, che va detto ha anche aperto gli occhi a tanti concittadini di lingua italiana che di quanto era successo nel 1939 intorno a loro non ne sapevano nulla. Diverso mi pare il discorso se scendiamo a considerare come possa venire letta oggi la lezione storica delle opzioni. Ma è ciò che prima si diceva a proposito del carattere strumentale che può assumere una ricostruzione parziale della storia. Il pericolo c’è e la tentazione di far sì che le tracce lasciate dalla storia abbiano un preciso numero di scarpe e portino a conciliare l’immagine identitaria prevalente è molto forte. Ma il bello degli anniversari per lo storico è anche questo: osservare in controluce come una società si vede attraverso la propria storia.
 Alla tavola rotonda di domani sera parlerete del significato delle opzioni per i tre gruppi linguistici: quale è il peso di quegli eventi per il gruppo italiano?
 
Gli italiani di allora ignorarono quanto si stava compiendo, quanto meno ne furono estranei. Certo, qualcuno di accorgeva della partenza del vicino o del compagno di scuola, ma come ricorda lo storico Carlo Romeo non vi era da parte degli italiani coscienza di quanto stava realmente accadendo, ossia il dramma e il carattere di massa che questo assumeva. E l’informazione non aiutava, il clima ufficiale dell’ottobre 1939 mentre si ultimano i preparativi della macchina per le opzioni, era quello della «serenità operosa». Era questo il titolo con cui il prefetto Mastromattei comunicava attraverso la stampa la definizione dell’accordo per il trasferimento nel Reich.
 Ci furono italiani tra gli optanti?
 
Sul numero degli italiani optanti ci sono stime molto diverse, tra i 6000, i 3000 circa e le centinaia, anche a seconda di come si sono interpretati i dati registrati nei moduli. Premesso che pure i numeri complessivi delle opzioni vanno considerati più per la tendenza che per l’esatta quantità, bisogna tenere presente che quando si parla di italiani optanti si intendono in larghissima maggioranza persone provenienti da famiglie la cui storia si legava ai territori di confine dell’Impero e alla sua mobilità interna, molti più di sentimenti tirolesi-tedeschi che italiani, e molti spinti all’opzione per la crisi economica degli anni ’30.

Pallaver: le lettere dei sudtirolesi e la «tipologia» delle scelte

Si possono rintracciare nelle scelte personali di optanti e Dableiber dei fili conduttori, degli elementi comuni, dei motivi ricorrenti? A queste domande risponde Günther Pallaver, politologo e storico di formazione, che al convegno del lago di Braies presenterà una ricerca proprio su questo argomento. Per altro Pallaver (per conto della società Gaismair) sta curando un libro sulle opzioni, con saggi di storici come Steinacher, von Hartungen, Steurer, Carlo Romeo e altri, che dovrebbe uscire per la Raetia a dicembre. Alla base del suo studio c’è l’analisi di un fondo di lettere - 230 in tutto - che Leopold Steurer ha ritrovato a Roma (erano state intercettate dall’Ovra) e messe a disposizione per questa ricerca: missive scritte da uomini e donne «comuni», che si interrogavano sulla scelta da fare, esprimevano preoccupazioni, chiedevano pareri. «Da queste lettere, ma anche da quelle pubblicate di recente dalla Fabbrica del Tempo - dice Pallaver - è possibile ricavare una tipologia». Cinque le categorie individuate da Pallaver: «non impermeabili tra loro ma anzi spesso intrecciate». «La prima è quella dell’ideologia: il nazismo per gli optanti, l’antinazismo per i Dablaiber. La seconda sono i motivi politici interni ed esterni: per esempio il giudizio sul patto Hitler-Stalin. La terza sono i motivi religiosi: i Dableiber restavano fedeli a una religione che invece in Germania veniva perseguitata. La quarta sono i motivi economici: chi cercava nuove opportunità sceglieva la Germania, chi aveva paura di perdere il proprio status economico restava. Infine i motivi sociopsicologici: chi non aveva legami familiari sceglieva la Germania, chi temeva di perdere la rete sociale in vista della vecchiaia restava».
 Un’altra tipologizzazione tra Dableiber e optanti è rintracciabile nei rispettivi atteggiamenti nei confronti del dibattito di quel periodo sul concetto di Heimat: «Anche qui - dice Pallaver - ci sono quattro categorie: Heimat come territorio, Heimat come dimensione sociale, Heimat come Kulturlandschaft e Heimat come prospettiva per il futuro. Un esempio? Per i Dableiber la Heimat era il luogo delle proprie radici, mentre gli optanti pensavano che la Vaterland fosse un territorio e un concetto più ampio. Allo stesso modo, i Dableiber identificano socialmente la Heimat con la società locale, gli optanti con l’intero popolo germanico». (m.r.)
Alto Adige 28-8-10
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domenica, 29 agosto 2010



Mussner: non ridurremo la tariffa all’ospedale

 BOLZANO. Costa troppo parcheggiare all’ospedale: la protesta è ripartita ed è trasversale. Sono arrabbiati tutti, sindacati, Ctcu, partiti in consiglio comunale, dal Pdl ai Verdi. Il Comune ha dato un segnale, ristabilendo 35 parcheggi di superficie, sia pure con sosta massima di un’ora (tariffa 0,70).
 Sul garage interrato a 1,20 euro all’ora continuano invece le proteste. Ieri la presa di posizione di Mario Tagnin (medico ospedaliero e consigliere di Pdl-Berlusconi presidente) e del segretario della Cgil Lorenzo Sola. Ma l’assessore Florian Mussner gela le speranze e rivela la sua contrarietà alla decisione del Comune: «Non trovo corretta la decisione di ristabilire alcuni parcheggi di superficie. Finché la Seab era nella società del garage, il Comune non esprimeva disagio sulla tariffa oraria, che tra l’altro era a 1,80 euro, mentre oggi è a 1,20. Non dobbiamo e non possiamo scendere. Ci si dimentica che una risposta l’abbiamo già data, visto che almeno dieci categorie di persone hanno diritto alla tariffa dimezzata». Dove invece Mussner conferma il proprio impegno è sull’introduzione della tariffa con frazione oraria, che permetterà un certo risparmio: «Presenterò la mia proposta in giunta a settembre». Le parole di Mussner confermano quanto raccontato dall’assessore comunale Judith Kofler Peintner, che ha spiegato: «Abbiamo ristabilito un po’ di parcheggi su strada, ma non tutti erano entusiasti». Ieri in commissione mobilità Judith Kofler Peintner ha ricevuto quindi i complimenti di chi, come Paolo Bertolucci (Pdl), riconosce «almeno qualcosa è stato fatto», aggiungendo però, «sono convinto che sia tecnicamente possibile portare la tariffa dei parcheggi blu da 0,70 a 0,50». In commissione è tornata la proposta di scoraggiare i proprietari di garage in cooperativa che utilizzano i parcheggi lungo le strade. La presidente della commissione Brigitte Foppa (Verdi) appoggia: «Sarebbe giusto togliere il bollino. Chi ha un garage deve parcheggiare lì, altrimenti penalizza chi non possiede un posto auto».
 Tornando all’ospedale, Sola invita a proseguire la battaglia contro la tariffa del garage interrato e propone: «La sosta su strada sia consentita per almeno due ore». Tagnin: «Ben vengano i 35 posti, anche se sono poco più che simbolici. Gli spazi andrebbero aumentati per mitigare l’esosità del garage interrato». La prossima commissione sarà dedicata al parcheggio di via Fiume.
Alto Adige 27-8-10
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domenica, 29 agosto 2010



Ospedale, posti blu a 70 centesimi l’ora

BOLZANO. Doccia fredda sui parcheggi blu in superficie davanti al San Maurizio. Il Comune ieri ha rettificato la propria precedente comunicazione: il costo orario non sarà di cinquanta centesimi all’ora, ma di settanta.
 Come recita una nota diffusa ieri dall’assessore municipale competente, «in riferimento ai parcheggi blu a pagamento (circa 35) per la sosta breve (massimo 1 ora) che saranno prossimamente allestiti in via Lorenz Boehler nei pressi dell’ospedale San Maurizio, l’assessore alla Mobilità del Comune di Bolzano Judith Peintner Kofler chiarische che la tariffa oraria applicata sarà di 0.70 euro l’ora e non 0.50 euro come erroneamente comunicato nel corso della conferenza stampa di giunta. Infatti 0.70 euro è la tariffa oraria in vigore attualmente in quella zona. Un’eventuale modifica di tale tariffa, per altro non esclusa, potrà essere adottata tramite apposita delibera del Consiglio Comunale».
 La notizia del costo orario a 50 centesimi era stata accolta positivamente, in città, e un po’ aveva mitigato la novità della reintroduzione di soli 35 posti auto contro i 106 presenti in passato, prima della apertura del parcheggio interrato. Della serie: ne verranno reintrodotti un terzo, ma almeno costeranno poco. Purtroppo, però, non sarà così. L’assessore Kofler Peintner garantisce che i posti auto verranno sistemati nel giro di pochissime settimane e che, «se la pressione politica sarà elevata, non escludo che la tariffa possa essere ritoccata al ribasso. Ma a deciderlo dovrà essere il consiglio comunale, non l’assessore competente».
 I posti auto, un tempo a spina di pesce, verranno realizzati paralleli alla lunghezza della strada, quindi saranno per forza di cose ridotti di numero rispetto al passato. Inoltre, non potranno essere utilizzati illimitatamente, bensì potranno essere occupati solo per un’ora. (da.pa)
Alto Adige 26-8-10
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domenica, 29 agosto 2010



All’ospedale tornano le strisce blu

FRANCESCA GONZATO
BOLZANO. Tornano i parcheggi blu davanti all’ospedale reclamati dagli utenti. Ma verranno ripristinati solo 32-35 posti dei 106 originari e con sosta massima di un’ora. La tariffa sarà di 50 centesimi. E’ questa la soluzione varata ieri dalla giunta comunale. Soddisfatto a metà il Ctcu.
 Le proteste contro il caro parcheggi all’ospedale sono iniziate con l’inaugurazione del garage interrato con tariffa di 1,20 euro all’ora e la cancellazione dei 106 posti blu in superficie. Incalzata dalle proteste e da una petizione arrivata a 15 mila firme, la giunta comunale ha deciso ieri di ripristinare una parte dei parcheggi blu.
 E’ spettato al vicesindaco Klaus Ladinser, che in questi giorni sostituisce il sindaco Spagnolli, dare ieri l’annuncio dopo la seduta di giunta. Proprio Ladinser, ex assessore alla mobilità, la scorsa legislatura aveva raccolto le proteste. La decisione ieri è stata presentata in giunta dall’attuale assessore alla mobilità Judith Kofler Peintner.
 Lungo via Böhler verranno ripristinati 35 parcheggi blu, o più probabilmente 32 per garantire un migliore accesso ai masi confinanti. E’ stata fissata la sosta massima di un’ora (prima era illimitata). Confermata invece la tariffa oraria di 0,50 euro.
 I 60 minuti massimi hanno sollevato subito proteste. Judith Kofler Peintner spiega: «E’ una scelta precisa. Non vogliamo attirare persone con un impegno più lungo del ritiro di un referto, o una visita veloce a un paziente».
 Aggiunge Ladinser: «Via Böhler non deve tornare ad essere un parcheggio di superficie». Kofler Peintner: «Non mi sono mancate critiche per avere deciso il ripristino delle strisce blu. C’è chi mi ha ricordato che la linea del Comune punta alla riduzione dei posti auto di superficie. Mi sono impegnata perché l’ospedale è una situazione particolare. Un chiarimento: questa marcia indietro non significa che verranno ripristinati parcheggi blu in altre zone della città».
 I posti verranno disegnati lungo via Böhler e non più a spina di pesce metà sulla strada e metà sul marciapiede. Questa soluzione viene spiegata con la necessità di lasciare libero il marciapiede per la pista ciclabile. «Per questo motivo anche il chiosco verrà trasferito sull’altro lato della strada», ancora Kofler Peintner. Nella riorganizzazione della segnaletica è prevista una corsia preferenziale per ambulanze e bus.
 Le reazioni. Maurizio Albrigo, presidente del Ctcu, si dichiara «soddisfatto a metà, hanno voluto dare un colpo al cerchio e uno alla botte». Nei giorni scorsi il Ctcu, tra i promotori della protesta, si era incontrato con l’assessore. Sentita la Provincia (proprietaria del garage), la proposta iniziale del Comune prevedeva una tariffa oraria di 70 centesimi e la sosta massima di un’ora. Albrigo: «Abbiamo chiesto di abbassare a 50 centesimi e di permettere una sosta di almeno 90 minuti, visto che un’ora è troppo poco. Contenti della riduzione di prezzo, peccato per il limite orario. Pochi anche 35 posti, ma almeno viene offerta questa opportunità». Paolo Bertolucci (Pdl) aveva ottenuto in consiglio comunale l’approvazione di un documento voto a favore del ripristino delle strisce blu: «Diciamo che è un buon inizio, ma il documento chiedeva tutti i 106 posti. Torneremo alla carica». Kofler Peintner non lascia spiragli: «Non credo che aumenteremo i posti ulteriormente. Anzi, spero che non si creino problemi di auto in doppia fila in attesa di un parcheggio libero. Se così fosse, potremo rivedere la decisione di oggi».

Gennaccaro: adesso riparlare delle tariffe del garage

 BOLZANO. Ripristinata parte dei parcheggi blu davanti all’ospedale, non finisce in archivio la protesta per la tariffa oraria da 1,20 euro al garage interrato. Così Angelo Gennaccaro (consigliere comunale Udc): «Plauso all’asssessora Peintner per avere portato a casa la partita in brevissimo tempo. Spero che adesso si riescano a trovare risposte concrete, in sintonia con la Provincia, per arginare il problema dell’alto costo del parcheggio sotterraneo dell’ospedale». Nel marciapiede davanti all’ospedale è prevista la pista ciclabile. Ieri ha partecipato alla riunione della giunta Ivan Moroder, direttore dell’ufficio mobilità. E’ stata presentata l’ipotesi di una serie di nuove rotonde per fluidificare il traffico: la discussione è solo iniziata. L’assessore Kofler Peintner anticipa: «La precedenza va ora alle piste ciclabili, tra cui soprattutto quelle previste in viale Vittorio Veneto e via Claudia Augusta».

Alto Adige 25-8-10
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mercoledì, 18 agosto 2010



La giunta approva il redditometro

BOLZANO. La giunta provinciale ieri ha approvato il regolamento sul nuovo redditometro. È stato dato il via libera al compromesso firmato dall’assessore alle politiche sociali Theiner con categorie economiche e sindacati, ma una commissione tecnica potrà apportare eventuali modifiche, in particolare per evitare di penalizzare imprenditori colpiti dalla crisi o che lavorano in zone disagiate.
 Il redditometro troverà una prima applicazione nei settori delle politiche sociali e della sanità a partire dal 2011. Successivamente toccherà ad altri settori come l’edilizia sociale, le borse di studio e altre prestazioni.
COME FUNZIONA. Il regolamento approvato ieri dalla giunta provinciale, che dà il via alla fase operativa che inizierà con l’adeguamento della banca dati a livello informatico, sostanzialmente ricalca il compromesso raggiunto da sindacati e categorie economiche.
 Per quanto riguarda le famiglie, il redditometro andrà a valutare sia il reddito sia il patrimonio dell’intero nucleo familiare (favorite le famiglie più numerose). Per i lavoratori dipendenti vale il reddito complessivo Irpef decurtato della deduzione per l’abitazione principali e degli oneri fiscalmente deducibili. I redditi da lavoro dipendenti saranno considerati soltanto al 90%. Si potranno detrarre spese mediche, interessi sul mutuo-casa, il canone di locazione dell’abitazione e gli assegni versati per il mantenimento dei figli.
 Per quanto riguarda gli imprenditori, resta l’esenzione dei beni strumentali (un albergo per chi lavora nel turismo o la stalla per un agricoltore). Per la determinazione del reddito vale quello d’impresa. E però previsto un limite minimo: l’importo dichiarato non potrà essere inferiore alla retribuzione media di un lavoratore dipendente qualificato del settore di riferimento, fissata dal contratto collettivo vigente di categoria. Proprio su questo punto è però stata apportata l’unica modifica: per non penalizzare gli imprenditori che oggettivamente guadagnano meno rispetto a un lavoratore del settore (ad esempio perché si trovano in zone particolarmente disagiate o perché colpiti dalla crisi) è stato istituita una commissione tecnica formata da esperti dell’assessorato alle politiche sociali, dei sindacati, della Camera di commercio e dell’Ipl che potrà apportare eventuali cambiamenti.
 LA POLITICA. Richard Theiner ha raggiunto il suo obiettivo: «Il nuovo sistema di rilevazione unitario contribuirà a ridurre la burocrazia e a creare maggiore equità sociale all’insegna della trasparenza». Sulla stessa linea il vicepresidente della giunta provinciale Christian Tommasini: «Il redditometro era uno dei punti fondanti del programma di giunta».
 L’ECONOMIA. Soddisfatte le categorie economiche, come spiega il direttore dell’unione commercio Werner Frick: «L’accordo tra sindacati e associazioni economiche è stato positivo, anche se entrambi abbiamo dovuto fare delle rinunce. Ora sarà importante seguire bene l’applicazione della normativa per apportare eventuali modifiche. Riteniamo fondamentale l’abbattimento della burocrazia». (mi.m.)
Alto Adige 18-8-10
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mercoledì, 18 agosto 2010



Incentivi per assunzione disabili

BOLZANO. La Giunta provinciale ha deciso di ampliare ulteriormente - con 20 nuovi posti a disposizione - il progetto “Plus +35”, dedicato all’inserimento lavorativo di persone con disabilità. Nel 2009 si era arrivati ad un totale di 45 posti (12 assegnati all’Azienda sanitaria altoatesina, 33 nei Comuni, Comunità comprensoriali e Ipab), che hanno coinvolto complessivamente - causa ricorso al part time - 65 persone diversamente abili. “Gli enti hanno dimostrato un grande interesse per il progetto - ha spiegato il vicepresidente Hans Berger - tanto che la domanda è stata notevole e tutti i posti sono stati coperti”. La Giunta prosegue su questa strada, convinta dai risultati non solo in termini numerici dell’iniziativa: l’integrazione lavorativa migliora la qualità di vita e la soddisfazione personale degli interessati e aumenta la loro auonomia economica. Pertanto l’esecutivo provinciale ha deciso di finanziare nel 2010 ulteriori 20 posti a tempo pieno, di cui 6 nell’Azienda sanitaria e 14 negli altri enti pubblici. Il progetto prevede quindi per quest’anno un totale di 65 posti a disposizione.
<Alto Adige 18-8-10
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martedì, 10 agosto 2010



La Svp: sale giochi lontano dalle scuole

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Niente sale giochi in un raggio di 300 metri da scuole e centri giovanili. È quanto prevede un disegno di legge provinciale predisposto dalla Svp dopo le ultime polemiche sul rilascio delle licenze in viale Europa. La legge mira anche ad impedire ai minorenni di entrare nei locali.
 La proposta inizierà il suo iter in commissione legislativa non appena terminate le ferie d’agosto. In pratica si modifica la normativa esistente aggiungendo un articolo che recita: «Per ragioni di tutela di determinate categorie di persone e per prevenire il vizio del gioco, l’autorizzazione per l’esercizio di sale da giochi e di attrazione non può essere concessa ove gli stessi siano ubicati in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale». Il richiedente dell’autorizzazione per le sale giochi «dovrà prestare idonee garanzie affinché sia impedito l’accesso ai minorenni». Con delibera della giunta provinciale «potranno poi essere individuati altri luoghi sensibili in cui è vietata l’attività di gioco, tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza pubblica, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico ed il disturbo della quiete pubblica». Inoltre il disegno di legge prevede il divieto - sempre nel raggio di 300 metri da scuole e centri giovanili - di «qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da giochi e di attrazione». Il compito di fare osservare la legge andrà oltre che alle forze dell’ordine anche alla polizia municipale.
 Il disegno di legge porta la firma di 7 consiglieri provinciali della Stella alpina: Dieter Steger, Elmar Pichler Rolle, Arnold Schuler, Veronika Stirner Brantsch, Josef Noggler, Georg Pardeller e Maria Hochgruber Kuenzer. «Il gioco d’azzardo è molto diffuso e comporta il rischio - da non sottovalutare - della dipendenza, tanto che negli ultimi anni tale gioco è divenuto sempre più un problema sociale», sottolineano i consiglieri provinciali. Questi ultimi vogliono assolutamente evitare il pericolo che «anche i minorenni entrino nella spirale della dipendenza, dove quando si inizia a giocare, si smette soltanto nel momento in cui non ci sono più soldi». «Oltre agli effetti negativi sui rapporti umani che spesso si basano su bugie e scuse, c’è soprattutto il peso delle difficoltà finanziarie: i debiti comportano continui conflitti coi creditori e spesso spingono anche i familiari ai limiti delle loro forze», così i consiglieri Svp.
 L’obiettivo della legge è quello di evitare il coinvolgimento di minori nella spirale del gioco. I previsti 300 metri di distanza minima dalle scuole vanno in questa direzione. Se il ddl fosse già in vigore non avrebbero ragione d’essere nemmeno la polemica nata nelle ultime settimane sull’apertura di una sala giochi in viale Europa, al civico 124. I residenti della zona sono contrari - a maggioranza - all’arrivo della sala giochi vicina alle scuole Max Valier, Ada Negri, Stifter e Pestalozzi. «Non è ammissibile che scolari e studenti debbano anche solo correre il rischio di essere attratti da una pratica pericolosa come quella del gioco d’azzardo», dicono i residenti. In primavera era scoppiata la stessa polemica. Sempre in viale Europa, ma al civico 60. Adesso basterà aspettare la nuova legge, che forse arriverà però troppo tardi per i casi in questione, ma ne eviterà altri simili.
Alto Adige 10-8-10

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sabato, 31 luglio 2010




Foto casa Ganel

La sede della Comunità Comprensoriale Oltradige Bassa Atesina

Lungodegenti - Oltradige-Bassa Atesina: nuova Consulta

LAIVES. Per la gestione del centro di lungodegenza Domus Meridiana si preannunciano importanti novità, soprattutto in merito alla possibilità per ospiti e parenti di fare sentire la propria voce. La Comunità comprensoriale Oltradige-Bassa Atesina, alla ripresa dopo le ferie, dovrebbe approvare una modifica del regolamento che introdurrà l’organismo inedito della «Consulta della casa». Sarà composta da 3 parenti e da uno degli ospiti, tutti eletti autonomamente che avranno poi il compito di confrontarsi con il comitato di gestione dove ad esempio, si decidono le graduatorie di ammissione al servizio, oppure le spese di investimento.
 Con ogni probabilità - afferma Marco Maffeis, direttore della Domus Meridiana - queste modifiche arriveranno dal consiglio del Comprensorio già a settembre, con la ripresa dell’attività. Oltre alla consulta, dove siedono direttore della casa e vari responsabili, verrà istituita anche l’assemblea generale di Domus Meridiana, che avrà il compito a sua volta di eleggere i propri rappresentanti nella consulta, oltre che quello di suggerire proposte ed idee per migliorare la qualità dei servizi. La Consulta della casa invece prevede la presenza di 3 parenti degli ospiti, che dovranno essere scelti tra di loro e anche di uno degli ospiti. Saranno loro poi ad eleggere presidente e segretario verbalizzante; il compito principale di questo nuovo organismo sarà quello di elaborare proposte e promuovere iniziative per migliorare il rapporto fra residenti e casa. È anche un ulteriore passo verso la trasparenza, perché questa nuova Consulta, offre direttamente a parenti ed ospiti la possibilità di avanzare richieste e proposte migliorative che nascono dalle esigenze di coloro che all’interno di Domus Meridiana vivono. (b.c.)
Alto Adige 31-7-10
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categoria:sociale
venerdì, 30 luglio 2010



Un nuovo opuscolo informativo sulle residenze per anziani

BOLZANO. Con una conferenza stampa ieri al centro di degenza Villa Europa, in via Milano, è stato presentato il nuovo opuscolo delle residenze per anziani dell’Alto Adige. La brochure, pubblicata dall’Associazione delle residenze per anziani dell’Alto Adige, presenta le strutture provinciali e i servizi da loro offerti per fornire alla cittadinanza e agli operatori del settore informazioni pratiche, in forma semplice e compatta. «I cittadini - ha detto Norbert Bertignoll, presidente dell’Associazione - possono poi mettersi in contatto con le singole strutture per avere informazioni più approfondite, per esempio in merito alle procedure di ammissione presso le residenze». «Quest’opuscolo rappresenta un ulteriore passo avanti verso lo sviluppo della qualità - ha commentato Martha Stocker, assessore regionale con competenza per le aziende pubbliche di servizi alla persona - e qualità significa anche poter fare un confronto fra strutture diverse e l’opuscolo dà un contributo in questo senso».
 L’Associazione delle residenze per anziani rappresenta 63 enti gestori che amministrano un totale di 77 strutture sul territorio, per un totale di 3.847 posti letto e occupano circa 3.800 collaboratrici e collaboratori. La struttura più piccola dispone di 21 posti letto, la più grande ne ha 170.
 L’opuscolo sarà disponibile prossimamente nelle comunità comprensoriali, all’Azienda servizi sociali Bolzano, nei distretti sanitari, presso l’Azienda sanitaria di Bolzano, negli ospedali, nei comuni e naturalmente nelle residenze per anziani; sarà inoltre anche sul sito internet dell’Associazione, all’indirizzo www.vds-suedtirol.it.
Alto Adige 30-7-10
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lunedì, 26 luglio 2010



L’acqua ai privati. Altoatesini contro

BOLZANO. Il Comitato provinciale acqua-bene comune di Bolzano è soddisfatto per i risultati della raccolta di firme per i tre referendum nazionali contro la privatizzazione del servizio idrico. In Alto Adige sono state raccolte 18.800 firme per ciascun referendum. «Vogliamo resistere - si legge in una nota - alla mania di privatizzazione di servizi pubblici e sociali, come l’acqua, introdotta e decisa dal governo di centrodestra di Berlusconi nell’interesse dei grandi gruppi industriali».
Alto Adige 26-7-10

COMUNICATO STAMPA:

RACCOLTE 56.453 FIRME DI PIU’ DI 18.800 CITTADINI/E IN ALTO ADIGE
ANCHE IN PROVINCIA DI BOLZANO POSSIAMO PARLARE DI UN GRANDE
SUCCESSO DELLA CAMPAGNA RACCOLTE FIRME PER I TRE REFERENDUM
NAZIONALI ABROGATIVI DELLA SOCIETA’ CIVILE CONTRO LA
PRIVATIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO (ACQUA POTABILE) IN ITALIA
Adesso, dopo la chiusura e la valutazione delle molte firme raccolte in Alto Adige dal Comitato Referendum Acqua-Bene Comune, un’iniziativa della società civile organizzata possiamo con gioia e soddisfazione comunicare all’opinione pubblica i precisi risultati raggiunti in Alto Adige-Sudtirolo. Per i tre quesiti di referendum nazionali abrogativi contro la privatizzazione del servizio dell’acqua potabile, prevista dalla fine del 2011 sono state raccolte in ca. due mesi complessivamente 56.453 firme valide e certificate dai Comuni di residenza da più di 18.800 cittadini/e ed elettori/trici dell’Alto Adige. Questa grande quantità di moduli certificati sono stati spediti al Comitato nazionale Referendum Acqua-Bene Comune di Roma e formeranno una parte
delle moltissime firme raccolte da oltre un milione di cittadini e cittadine in tutto lo Stato Italiano contro la privatizzazione dell’acqua voluta e decisa dal Governo di centro-destra Berlusconi. IL Comitato nazionale “Acqua-Bene Comune”, formato da tante Associazioni ambientaliste, sociali, sindacali e culturali presenterà oggi lunedì, 19 luglio 2010 in Piazza Navona a Roma con la presenza festosa di tanti artisti/e il “Muro di cartoni contro la privatizzazione dell’acqua” con tutta la documentazione pervenuta dai territori provinciali e regionali italiane, la quale successivamente sarà presentata alla Corte di Cassazione con la richiesta dei tre referendum
abrogativi delle norme di privatizzazione futura del servizio idrico (Acqua potabile) in tutto il paese.
In tutto lo Stato siamo riusciti a raccogliere in circa due mesi più del doppio delle firme minime necessarie per una richiesta popolare referendaria, cioè le 500.000 firme, cosa che indica una grossa sensibilità esistente nei/lle cittadini/e sul tema Acqua, come uno dei più importanti Beni Comuni per la sopravivenza umana, che non vogliamo ci sia “scippata” e consegnata alla logica di mercato e di profitto.
Questa iniziativa sembra aver trovato un piacevole “risveglio popolare” della società civile in Italia, che ci dovrebbe garantire lo svolgimento dei tre Referendum abrogativi in primavera del 2011. Servirà anche allora una forte e massiccia partecipazione referendaria della società civile, in quanto la validità sarà garantita solo se riusciremo a fare partecipare ai Referendum almeno il 50% +1 di tutti gli elettori e le elettrici di tutto il paese.
Vogliamo resistere efficacemente alla „mania“ di privatizzazioni dei servizi pubblici e sociali, come quello dell’acqua, introdotta e decisa dal Governo di centrodestra Berlusconi nell’interesse dei grandi gruppi industriali e multinazionali. Vogliamo qui esprimere un vivo ringraziamento a tutti i cittadini e le cittadine dell’alto Adige, che
davanti agli stand di raccolta hanno dovuto fare anche la coda e pazientare, ma anche dire grazie a tutti/e i/le collaboratori/trici volontarie ed ai/alle pubblici ufficiali autenticatori/trici nelle raccolte pubbliche, ma anche all’associazione ambientalista “Dachverband für Natur- und Umweltschutz“ di Bolzano, nelle persone di Griseldis Dietl e Andreas Riedl, nella quale avevamo il nostro “quartiere generale” organizzativo in provincia di Bolzano, e dal quale sono partite per Roma in varie spedizioni le oltre 56.000 firme certificate raccolte.
Come Comitato provinciale “Acqua-Bene Comune” della Provincia Autonoma di Bolzano vorremo continuare le nostre attività di informazione e sensibilizzazione almeno fino al termine referendario del 2011, per contribuire a seguire con informazioni e notizie queste campagne a difesa della ”res pubblica” anche in futuro. Per il Comitato provinciale ACQUA –Bene Comune, Bolzano:
Thomas Bracchetti, Silvia Pitscheider, Luca Bizzarri, Argante Brancalion, Max Benedikter, Thomas Viehweider, Doriana Pavanello e Christian Troger Bolzano, il 19 luglio 2010
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giovedì, 22 luglio 2010



Casucci: troppi affitti in nero

BRUNO CANALI
LAIVES. Dopo 12 anni ha chiuso «a tempo indeterminato» l’ufficio del Centro Casa in città, nella palazzina ex vigili del fuoco dietro il vecchio municipio. Vi ha sempre lavorato Antonio Casucci, che così ha seguito un pezzo di storia locale, soprattutto per quello che ha riguardato il bisogno legato alla casa. Perché il Centro Casa abbia deciso di chiudere nemmeno lui lo sa, ma probabilmente fa parte dei tagli imposti dalla crisi. Con Casucci quindi abbiamo fatto un giro di orizzonte sugli ultimi 12 anni nel settore abitazione in città.
 Come mai ha deciso, 12 anni fa, di mettersi a disposizione del Centro Casa che voleva aprire un ufficio a Laives?
 
Sono arrivato a Laives nel 1987, dopo avere lavorato nella polizia, dove ho anche avuto un ruolo di rappresentante sindacale dal 1981 al 1996. Proprio grazie a questo ruolo ho conosciuto da vicino tanti problemi sociali e il significato di “bisogno”. Così è stato del tutto naturale accettare il nuovo compito una volta arrivato alla pensione.
 Durante l’arco dei 12 anni come è cambiato il pianeta casa a Laives?
 
Direi che è cambiato il tipo di servizio al quale sono stato chiamato strada facendo. Nel 1998, quando ho iniziato, gli sfratti erano una trentina; oggi sono poche unità. Ritengo che questo sia successo anche perché, nel frattempo, la disponibilità di alloggi sul mercato è aumentata. Inoltre la crisi ha fatto sì che ci siano più appartamenti liberi e si tratta indubbiamente di un aspetto importante.
 Più facile dunque trovare un alloggio anche in affitto a Laives rispetto ad anni fa?
 
Certamente e, anzi, abbiamo avuto anche proprietari che sono venuti da noi per offrire in affitto qualche appartamento: una cosa impensabile fino a qualche anno fa.
 Altro settore strategico è quello dell’edilizia sociale, ossia le case Ipes.
 
Quando abbiamo aperto, 12 anni fa, queste pratiche erano una cinquantina di media. Oggi siamo saliti a 100-150. Non vuole necessariamente dire comunque che sia cresciuto il bisogno come tale, perché vediamo che fanno domanda all’Ipes anche famiglie e persone che non hanno i requisiti minimi per accedere alle graduatorie dell’Ipes.
 E le famiglie di extracomunitari?
 
Rispetto a qualche anno fa sono calate le richieste di aiuto da parte di questa componente sociale. Vuoi perché chi è qui da tempo piano piano è riuscito a trovare una soluzione abitativa, vuoi perché c’è anche chi, avendo maturato i requisiti, è diventato cittadino italiano a tutti gli effetti.
 Dopo gli sfratti, quale è stata l’altra «piaga» che si è trovato a dover affrontare come consulente del Centro Casa?
 
Gli affitti in nero. La gente viene e ci spiega di dovere pagare parte dell’affitto in nero al proprietario. C’è timore altrimenti di vedersi cacciare. Io ho sempre cercato invece di fare capire a tutti che è una pratica illegale, da non seguire e ho indirizzato la gente verso soluzioni chiare per entrambe le parti.
 Come sono stati i rapporti con l’amministrazione comunale?
 
Sempre ottimi e improntati alla massima collaborazione. Succedeva ad esempio che la gente si recasse presso il municipio per cercare soluzioni o risposte ai propri problemi abitativi e da lì venisse quindi indirizzata verso l’ufficio del Centro Casa, dove queste pratiche sono pane quotidiano.
 Qualche ricordo in particolare, magari di situazioni drammatiche?
 
Una di queste l’affrontammo già all’inizio, 12 anni orsono. Si trattava delle case delle Acciaierie, che l’azienda intendeva alienare. Ricordo che qualcuno degli inquilini comperò l’appartamento ma rimasero una decina di sfratti da risolvere e per raggiungere una soluzione furono innumerevoli le riunioni tra tutte le parti in causa.
 Dopo questi 12 anni cosa le rimane?
 
Prima di tutto la soddisfazione di avere contribuito a risolvere tante situazioni di disagio e di essere riusciti spesso a ricomporre dissidi tra affittuario e padrone di casa. A tutti coloro che ho avuto modo di conoscere in questi anni dico grazie, perché mi hanno anche aiutato a crescere. Io lascio con serenità, nella consapevolezza di avere fatto quello che potevo per tanta gente in difficoltà.
 Adesso che l’ufficio di Laives è chiuso, dove deve rivolgersi la gente?
 
All’ufficio che il Centro Casa ha in piazza Matteotti 1 a Bolzano.
Alto Adige 22-7-10
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lunedì, 19 luglio 2010



Busta paga alle badanti, un guaio

Cui prodest?
 Sono una pensionata, iscritta da sempre alla CGIL. Ora per un susseguirsi di disgrazie sono inabile e affaticata.
 Non godendo di alcuna sovvenzione o assistenza, sono costretta a farmi aiutare in casa da una dolce ragazza moldava, con regolare permesso di soggiorno, che chiamiamo Tania Tania viene da me pagata una volta al mese. Ho denunciato all’ INPS la sua assunzione e verso ogni mese i contributi.
 Per il rinnovo del permesso di soggiorno la Questura ora pretende da Tania, oltre che il certificato di iscrizione e i bollettini di versamento, anche la busta paga. Mi rivolgo all’INPS, che mi assicura come nel caso di Tania la busta paga non sia obbligatoria.
Per le insistenze della ragazza, non le rinnovano il permesso, mi rivolgo allora alla CGIL. Mi confermano che la busta paga è obbligatoria e che sono disposti a dare tale servizio. Il costo sarebbe di 30 euro per l’informazione che mi hanno appena dato 40 euro per l’assunzione che dovrebbero rifare, 40 euro per variazione o dimissioni.
170 euro è la spesa annuale per fornirmi la busta paga ogni mese (dodici mesi) Morale della favola per farmi fare la busta paga di Tania dovrei pagare subito 240 euro.
Io protesto: sono una iscritta CGIL! Ma non cambia niente. Questa è la tariffa del CAF CGIL che è una società privata, mi risponde il vice presidente della CGIL stessa- Una difficoltà in più per Tania, una spesa in più per una pensionata Cui prodest? A chi giova?
 Ho la vaga impressione che qualcuno ci marci, anche a spese dei pensionati e degli immigrati.
Alto Adige 19-7-10
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categoria:sociale
domenica, 11 luglio 2010



Dal luglio del 2011 un nuovo sistema di rilevazione unitario che garantisce maggiore equità sociale

BOLZANO. Più equità e minor burocrazia. Sono i principali obiettivi del Durp - la dichiarazione unificata di reddito e patrimonio - approvato a metà giugno dalle parti sociali dopo mesi di discussione che domani l’assessore Richard Theiner porta in giunta provinciale.
 Uno degli obiettivi del nuovo regolamento che entrerà in vigore a luglio 2011 è quello di abbattere la burocrazia: basterà fornire i dati una volta soltanto (possibile anche attraverso i Caaf ed i sindacati), toccherà poi ai vari uffici coordinarsi evitando ai cittadini inutili doppioni. In linea di massima il redditometro varrà per tutte le prestazioni sociali, anche se per l’accesso alle medesime possono valere regole diverse. L’amministrazione sarà autorizzata a controllare le dichiarazioni fatte, anche presso gli istituti di credito o altri intermediari finanziari.
 Le famiglie. Il redditometro andrà a valutare sia il reddito sia il patrimonio dell’intero nucleo familiare (viene considerato quello di fatto e, attraverso degli appositi coefficienti, si calcola un reddito equivalente). Per i lavoratori dipendenti vale il reddito complessivo Irpef decurtato della deduzione per l’abitazione principali e degli oneri deducibili. I redditi da lavoro dipendenti saranno considerati al 90%. Si potranno detrarre spese mediche, interessi sul mutuo-casa, il canone di locazione dell’abitazione principale e gli assegni versati per i figli.
 Gli imprenditori. Per la determinazione del reddito vale quello d’impresa. E però previsto un limite minimo: l’importo dichiarato non potrà essere inferiore alla retribuzione media di un lavoratore dipendente qualificato del settore di riferimento, fissata dal contratto vigente di categoria. Per quanto riguarda il calcolo della situazione patrimoniale, così come era stato chiesto dalle categorie economiche, non saranno considerati i fabbricati e i terreni indispensabili per l’esercizio dell’attività agricola o commerciale.
 La casa
e le azioni.

 Valgono per tutti alcune regole base. Non è considerata come patrimonio la prima casa a patto che sia abitata dal proprietario. Per ogni nucleo familiare è considerata esente una sola casa. Per quanto riguarda il patrimonio mobiliare (partecipazioni azionarie, obbligazioni o certificati di deposito), fino ad un totale di 100 mila euro non sarà necessario dichiarare nulla. Se si supera questa soglia, il patrimonio mobiliare dovrà essere dichiarato per intero.
Alto Adige 11-7-10
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sabato, 10 luglio 2010



Carfagna: no alla schedatura etnica

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. Il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, ritiene deprecabile il tentativo di schedare etnicamente i bambini italiani iscritti nelle materne tedesche e sottolinea: «Legittime le prove per l’accertamento delle conoscenze linguistiche, ma occorre calibrarle all’età e alle competenze dei bimbi».
 Il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, ha risposto per iscritto ad una interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Michaela Biancofiore concernente «la presunta schedatura etnica perpetrata a carico dei bambini italiani negli asili di lingua tedesca».
 La questione, scrive il ministro, «concernente l’iscrizione di bambini di lingua italiana nelle scuole materne di lingua tedesca - in particolar modo in quelle della città di Bolzano e dei Comuni limitrofi della Bassa Atesina - secondo quanto riferito dal commissario del Governo per la Provincia di Bolzano, viene sollevata periodicamente da alcuni esponenti della Südtiroler Volkspartei, i quali sostengono che il numero troppo elevato di bambini italiani non consentirebbe uno svolgimento compiuto delle attività didattiche».
 In particolare, Carfagna parla dell’iniziativa dell’ex capogruppo Svp in consiglio comunale, Oswald Ellecosta, di chiedere le liste dei bambini iscritti nelle scuole materne di lingua tedesca a Bolzano, «che aveva suscitato accese polemiche e che, mi preme sottolinearlo, non ha avuto seguito: aveva il deprecabile scopo di individuare la percentuale di bambini di lingua italiana iscritti in tali scuole in modo da fare pressione sulla direzione della Svp, affinché venissero modificate le norme in vigore per rendere difficoltosa l’iscrizione di bambini di lingua italiana nelle scuole materne di lingua tedesca».
 A tale proposito, il ministro segnala che le iscrizioni nelle scuole per l’infanzia di lingua tedesca vengono effettuate secondo quanto stabilito dalle vigenti disposizioni in materia, «che consentono la verifica della cognizione linguistica dei bambini al momento dell’iscrizione».
 Infatti, secondo quanto disposto dalle norme di attuazione del Pacchetto nelle scuole con lingua di insegnamento diversa dalla madre lingua dell’alunno, «l’eventuale esclusione deve essere deliberata dal Comitato della materna in cui il bambino è iscritto, previa consultazione dei genitori, e può essere effettuata soltanto qualora l’alunno di madre lingua diversa non possieda una adeguata conoscenza della lingua di insegnamento prevista per la scuola di frequenza, tale da consentirgli di seguire utilmente l’insegnamento nella classe di iscrizione». In tali casi, il diritto all’istruzione deve essere garantito attraverso la possibilità di iscrizione in una materna dell’altra lingua, anche al di fuori dei termini ordinari.
 Ciò premesso però, «secondo quanto opportunamente segnalato dall’Ufficio nazionale anitidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le pari opportunità, la verifica della cognizione linguistica dei bambini deve avvenire nel più rigoroso rispetto della normativa citata, tenendo conto che nella scuola materna “l’adeguata conoscenza della lingua” va opportunamente calibrata all’età dei bambini e alle loro competenze, evidentemente ad uno stadio ancora iniziale e velocemente implementabili proprio attraverso una precoce integrazione che consenta di proseguire il percorso formativo nella successiva scuola primaria».
Alto Adige 10-7-10
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domenica, 04 luglio 2010



Golser: Langer è stato un profeta

LUCA STICCOTTI
«Per me è stato un profeta». Non usa mezzi termini il vescovo Karl Golser nel ricordare la figura di Alex Langer. «Il compito del profeta è quello di lanciare idee; non tutte sono poi realizzabili, naturalmente. Ma è senz’altro giusto affermare che la politica dev’essere prioritaria rispetto all’economia. Oggi l’economia è globale, mentre le politiche sono sempre nazionali e vi è il rischio che l’economia sovrasti la politica, fino a sopraffarla. Bisogna correre ai ripari, ad esempio tassando le rendite finanziarie». Interpellato su Langer il vescovo Golser mostra grande familiarità con il pensiero del politico altoatesino, una vicinanza dettata dalla sua formazione di teologo moralista e la lunga frequentazione del dibattito che da decenni si svolge a livello ecumenico in merito ai temi etici più scottanti. Quella tra Langer e la chiesa fu un’attrazione vicendevole, veicolata dalla conoscenza personale tra il politico e il vescovo Egger, predecessore di Golser, e coltivata nell’ambito di incontri e rapporti epistolari. Golser in particolare ricorda in modo chiaro il percorso che portò la diocesi altoatesina a fondare l’Istituto per la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato, con sede a Bressanone, affidato da Egger proprio a colui che era destinato a succedergli alla guida della diocesi. «Nell’83 vi fu un’assemblea ecumenica mondiale a Vancouver. Lì vennero poste le basi di un lavoro comune che coniugava giustizia e la pace. Tre anni dopo il disastro di Cernobyl rese evidente la necessità di abbinare al binomio un terzo elemento: la responsabilità creato. Fu dopo la prima assemblea ecumenica di Basilea che il vescovo Egger decise di dedicare a questi argomenti l’intero impegno pastorale della diocesi ed è all’interno di un convegno che nel’89 ci ritrovammo insieme io e Langer. I nostri interventi vennero entrambi pubblicati in una rivista di teologia morale».
Proprio quel convegno portò poi alla pubblicazione della lettera pastorale del vescovo Egger “Ricordatevi dei cinque pani”, che sintetizzava il tema della responsabilità individuale nei confronti dei destini del mondo. Poi vi furono i decenni di lavoro dell’Istituto di Bressanone, le sue frequenti prese di posizione e, di recente, il cambiamento del nome in Istituto de Pace Fidei, attraverso il riferimento diretto all’omonimo testo scritto da Nicolò Cusano nel 1453.
 Il nuovo nome dell’Istituto, ha ricordato Golser, significa voler radicare ancor di più queste riflessioni nel futuro della diocesi. Ed in questo la diocesi di Bolzano Bressanone e la Fondazione Langer hanno trovato ieri una sintonia profonda nel ricordare Langer a 15 anni esatti dal suicidio e a 20 anni dal manifesto oggi definito «Tesi sull’attuabilità politica della conversione ecologica».
In una torrida mattina di sabato al Centro Pastorale di Bolzano si sono dati appuntamento amici personali di Langer, studiosi di queste tematiche, simpatizzanti, giovani che non hanno conosciuto il politico altoatesino ma che si riconoscono nelle sue idee.
Primo ad intervenire il vescovo Golser ha ripercorso le tesi della sua relazione dell’89 dedicate alla tematica dell’ambiente, lasciando poi la parola a Fabio Levi, biografo “ufficiale” di Langer. Levi ha affermato ancora una volta il principio base che sottende a tutte le iniziative promosse dalla Fondazione Langer: rifarsi all’esperienza del politico altoatesino ha senso solo “applicando” il suo pensiero all’oggi. E ha messo subito in evidenza le due questioni fondamentali presenti nelle “tesi” dell’89 ed oggi quanto mai attuali: la necessità di pensare una possibile modalità di convivenza tra natura ed esseri viventi ed il problema della responsabilità individuale. Langer ha sempre insistito sulla necessità di guardare all’insieme: l’individuo non può considerare solo il suo piccolo, altrimenti i costi della crescita vengono scaricati sui lontani, i deboli, iposteri. Insomma: non ci si può più salvare da soli e questo cambia radicalmente il rapporto tra egoismo ed altruismo. Come cambiare la situazione? Su quali gambe far camminare la possibilità del cambiamento? La via langeriana è difficile perché coniuga piani che anche oggi tendono a correre paralleli, senza incontrarsi e tendendo alla divergenza.
 Stiamo parlando di iniziative dirette da parte dei cittadini che si coalizzano, di una politica intesa come movimento, del collegamento costante tra la visione globale e la necessità di difendere ognuno il proprio pezzetto di biosfera. La mattinata di confronto, inserita nel programma di Euromediterranea 2010, si è conclusa con una relazione di Franz Tutzer, preside dell’Isituto Agrario di Ora e grande esperto del pensiero di Ivan Illich, figura che è stata affiancata a quella di Langer, soprattutto per la capacità del primo d’offrire strumenti pratici volti a ripensare le istituzioni poliche e sociali, nell’ottica di una loro ri-umanizzazione all’insegna della convivialità.
Alto Adige 4-7-10
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domenica, 04 luglio 2010



Il vescovo e la politica in crisi

SERGIO BARALDI
E ancora, collaborazione con la magistratura, cura per le preoccupazioni delle famiglie, ma senza smarrire colui che è caduto in tentazione, la pecora che si è persa. Le parole pronunciate da Golser dicono la sua sofferenza, nello stesso tempo rivelano un pastore che lotta per la sua comunità. Il pastorato cristiano ha dato luogo a un’arte del condurre, del dirigere gli uomini e le loro coscienze, che ha poi fornito un modello alla moderna arte di governare. Golser ha esercitato la sua guida in rapporto con tre cose essenziali: la legge, la verità, la salvezza. Il pastore, infatti, prescrive la legge, insegna la verità, conduce verso la salvezza. Ma nell’adempiere il suo compito, Golser ha anche trasmesso un’idea di governo della comunità che ha molto da dire in primo luogo alla politica. Innanzi tutto, il vescovo ha spiegato che il popolo dei fedeli e il suo pastore condividono lo stesso destino: è lui a provare”vergogna” per i peccati altrui. Se il pastore perde il suo gregge, non solo si perde il gregge, ma egli perde se stesso. Si salvano e si perdono insieme. Un destino comune che instaura una reciprocità morale, che ha fatto sì che nel dramma la comunità si sia stretta attorno alla sua guida. Vescovo e comunità sono così legati da responsabilità reciproche. Anche perché il vescovo ha agito per tutelare la comunità sia in quanto unità sia i suoi singoli individui, peccatori compresi. E’ il paradosso del pastore cristiano: chi dà scandalo deve essere escluso, il vescovo deve pensare all’intera comunità, nello stesso tempo la sua sollecitudine è di non dimenticare chi si è fatto corrompere. Lasciare il gregge e cercare la pecora smarrita? Il vescovo ha risposto, con gli atti, che un buon pastore deve rispondere di tutte le sue anime. Il pastore dovrà sentire come proprio il bene che accade a ogni persona. Scrisse San Girolamo:”Fare della salvezza altrui, lucrum animae suae, il beneficio della propria anima”. Per riuscirci la guida spirituale deve esporsi a rischi. Deve assumere su di sé i peccati delle anime che gli sono affidate, anche se verrà a contatto con peccati orribili. E’ l’insegnamento cristiano: il pastore è salvo se accetta di sacrificarsi per gli altri. Il vescovo non è un giudice, agisce come medico delle anime, che si fa carico della malattia di ogni anima e di tutte le anime. Laicamente possiamo tradurre: un leader deve sentire la sua carica come un servizio, che fa di lui il “servitore” della sua comunità. Il che vuol dire avere l’umiltà di mettere da parte autoreferenzialità, narcisismo, egoismi, e porre il bene comune al centro del proprio impegno. Questo ci insegna il pastore Golser con il buon esempio: che si predica il Vangelo vivendolo. Nel momento in cui il vescovo ha compiuto un’azione che ha innovato rispetto alle pratiche passate della Chiesa altoatesina, in quello stesso momento egli ha assunto la rappresentanza della tradizione ecclesiastica e della missione evangelica. Il vescovo ha affrontato le difficoltà con le armi della fede e della forza morale, ma ha saputo cambiare senza ripudiare l’eredità della Chiesa. Cattolici e laici non possono non riconoscere in questo gesto un alto magistero nel prendere per mano la collettività e orientarla. E la politica? La politica, invece, disorienta. E’ scoppiato lo scandalo Ipes, ci sono stati arresti, è stato svelato un sistema di corruzione che ha danneggiato cittadini, inquilini, impiegati onesti. Ma nessuno del consiglio di amministrazione, che avrebbe il dovere di vigilare, nessuno degli amministratori che hanno responsabilità politiche, ha compiuto un pubblico esame di coscienza. Qualcuno si è dimesso? Anzi, il presidente dell’Ipes, che è anche sindaco di Bressanone, ha ritenuto di mantenere il doppio incarico, motivando la sua scelta con la necessità di ridare fiducia. Ma si può avere fiducia in chi non si è accorto che stavano derubando inquilini e cittadini? Questi amministratori sentono come “loro” la responsabilità delle persone, dei compiti che gli sono stati affidati? A Merano il sindaco che ha vinto con il centrosinistra ha varato una giunta con pezzi di centrodestra, complice una legge elettorale che nel resto d’Italia non c’è. I Verdi, in effetti, avevano avanzato pretese squilibrate: bastava dire no. Invece, l’esito è stato di voltare le spalle agli alleati che si è scelto lui, con i quali ha vinto le elezioni, e sostituirli con quelli che stavano all’opposizione. Al Sud, dove sono maestri in simili operazioni, lo chiamano trasformismo. E il programma? Va benissimo quello varato con gli ex alleati ora scaricati. Tanto che cosa conta un programma? Leggete in questa scelta la responsabilità verso la comunità intera? Sia verso coloro che lo hanno votato come sindaco sia coloro che non lo avevano votato e che si ritrovano ad averlo come “loro” sindaco? Sindaco e deputato locale appartengono alla Svp, il partito di quel Magnago che disse: “Ho dato la mia parola di tedesco”, e la mantenne. Oggi a Merano la parola non sembra di moda, in compenso la giunta è esposta a tutti i rischi di una maggioranza fragile, e il vero sindaco diventa chi ha il voto decisivo per far passare i provvedimenti. Così la Svp si occupa del bene comune dei cittadini e rispetta il voto democratico? E i protagonisti hanno agito al servizio di Merano o del proprio, personale potere? Infine, il presidente Durnwalder deve affrontare il problema della toponomastica. Prima il nostro presidente ha rilasciato dichiarazioni bellicose; poi è diventato più prudente, ora sembra voler fare quello che avrebbe potuto fare subito: cercare una soluzione equa. Il presidente si è ricordato di essere il presidente di tutti, italiani e tedeschi? E, in quanto tale, che è suo compito istituzionale tutelare l’intera comunità? Che sua preoccupazione dovrebbe essere disinnescare le possibili tensioni etniche? Bastano questi fatti per comprendere perché la politica è malata in Alto Adige: c’è troppa autoreferenzialità, poco riguardo per la legge, che è lo Statuto, la Costituzione italiana, a loro volte inserite nella carta dell’Europa, della verità, del bene collettivo (versione laica della salvezza). Se i valori, il progetto, le scelte dei cittadini sono dimenticati, rischia di rimanere solo la tecnica del potere. Ecco perché si avverte l’assenza di leadership: nelle difficoltà la politica sembra smarrire la sua grandezza, mentre la Chiesa l’ha ritrovata.
Alto Adige 4-7-10
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sabato, 26 giugno 2010



Parking Ospedale: una visita costa 2,40 euro

ALAN CONTI






BOLZANO. Basta una semplice rilevazione di un’ora davanti alle casse del parcheggio dell’ospedale per scoprire come, tra le 11 e le 12, i pazienti sborsino in media 2,40 euro per una visita specialistica. Sono pochissimi, inoltre, gli utenti che pagano per la sosta effettiva: per pochi minuti, infatti, quasi tutti sono costretti a saldare praticamente il doppio del tempo
 Le lamentele dei pazienti contro tariffe giudicate eccessive sono ormai quotidiane, ma ad irritare di più gli utenti, in realtà, sono proprio le porzioni di ora saldate senza occupare effettivamente lo stallo. Tra le 11 e le 12, infatti, sono pochissimi gli automobilisti che pagano esattamente il tempo impiegato in ospedale, generalmente per le visite specialistiche tipiche della mattinata. «Oggi sono andato dall’ortopedico - comincia Guerrino Dell’Orca - e pago il solito euro e 20. In confronto a Bressanone ritengo sia davvero troppo». Contrariato anche Mirko Cioffi: «2,40 per una visita specialistica, francamente una cifra esagerata. Mi chiedo sempre come mai siano magicamente scomparsi i posteggi blu di superficie a 50 centesimi l’ora». «Sono qui da dieci minuti per una medicazione - riprende Rosa Schneider - e devo sborsare 1,20 euro». Alessandro Celli e Monica Sartore stanno inserendo 2 euro e 40 nella cassa per il disbrigo di una pratica amministrativa. Divergenti le opinioni: «Rispetto alle grandi città non è tanto» dichiara Alessandro, «a Bassano del Grappa, però, il parcheggio è gratuito» la replica di Monica. Claudio Altafini lancia una proposta: «Sarebbe bene si potesse fare un timbro per alleggerire la tariffa del parcheggio a chi viene per una visita. Io ho sborsato circa 30 euro di ticket per una visita ortopedica e adesso devo tirare fuori altri 2 euro e 40». Anche Walter Cavada paga 2 euro e 40 «ma non mi sembra un prezzo esagerato». Benito Gavia e Anna Salvadori fanno un paragone. «2,40 per due ore come in Centro solo che qui nessuno viene per svagarsi». «È allucinante - sentenziano Italo e Marco Egi - sborsare 3,60 euro per una visita alla spalla che è durata due ore e cinque minuti». Max Drescher al parcheggio “regala” 40 minuti: «Ho fatto un controllo di 20 minuti, ma pago 1,20 come se fossi stato un’ora intera». Bruna Visentin, invece, salda una mezz’ora in più rispetto all’occupazione dello stallo. «Sono qui da un’ora e 30 minuti per una visita. Il parking? lo pago 2 euro e 40». Chiude lo sconsolato Fabian Alegre: «Ormai il portafoglio bisogna aprirlo dappertutto». Se, tuttavia, dovete recarvi all’ospedale per meno di mezz’ora non è necessario sborsare 1 euro e 20 di tariffa per il parking interrato. Presso il vecchio parcheggio scoperto, infatti, i primi trenta minuti sono gratuiti e la tariffazione, pari a 1,20 l’ora, parte solo allo scoccare del 31esimo giro di lancette. Il guadagno economico è consistente anche per chi intende fermarsi per un’ora e venti minuti visto che pagherebbe 1,20 euro allo scoperto, mentre la tariffa del parking interrato sarebbe il doppio.
Alto Adige 26-6-10
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martedì, 22 giugno 2010



I musicisti in piazza per le Acciaierie

BOLZANO. La musica che scende in piazza, la musica che lancia messaggi alla società. Accade spesso ai massimi livelli, con i grandi raduni per l’Africa, contro il nucleare, per la Pace, ma accade anche qui, sotto casa, quando i musicisti si dimostrano più reattivi dei politici: il 3 luglio alcune centinaia di musicisti bolzanini si mobiliteranno per esprimere solidarietà ai lavoratori delle Acciaierie.
 Sabato 3 luglio, dalle 10 alle 14 e forse oltre, si ritroveranno di fronte all’ingresso della fabbrica Acciaierie Valbruna, alla zona industriale di Bolzano, per suonare e cantare. «Ma senza grandi ambizioni artistiche - ci spiega Agostino Accarrino, storico rocker locale, motore dell’iniziativa assieme al cantautore Andrea Maffei - perché lo spirito con cui nasce questa manifestazione è proprio la sensibilizzazione dei cittadini e dei politici ad un problema grave: quello della crisi dell’occupazione. I musicisti bolzanini, con in testa l’Associazione Musicisti provinciale che ha già chiesto i permessi e sta aspettando il via libera, vogliono dire chiaramente che i posti di lavoro vanno prima di tutto salvaguardati e che, nel caso di una malaugurata chiusura dell’ennesima fabbrica bolzanina, si deve pensare per tempo a soluzioni alternative, alla formazione dei lavoratori, al loro ricollocamento. Vogliamo insomma far capire che noi ci occupiamo sì di musica ma senza dimenticare la realtà in cui viviamo».
 Ma come si svolgerà l’evento?
 
«Abbiamo pensato a un palchetto, ma senza esagerare. L’obiettivo è quello di chiudere, con adeguati permessi, quella piccola fetta di strada per dare maggiore risalto e attenzione all’iniziativa. Non ci sarà una scaletta precisa: chi arriva suona, creando anche jam session. Le adesioni continuano ad arrivare attraverso facebook, perché è quello il canale che abbiamo scelto: abbiamo creato una pagina che si chiama «musicisti per gli operai delle Acciaierie» ed entrandoci si può aderire come musicisti o come semplici “fiancheggiatori” dell’iniziativa. Abbiamo scelto facebook perché ci interessa coinvolgere soprattutto i giovani, che sono i lavoratori del futuro e che devono capire come si muove il mercato che domina tutto. Insomma: non è mai troppo presto per capire che se alla base di tutto c’è sempre e soltanto il profitto non si va molto lontano».
 Si può fare qualche nome del “cast”?
 
«Premesso che il palco è aperto davvero a tutti, ci saranno nomi importanti come quello del soprano Gemma Bertagnolli e i “soliti noti” locali: Andrea Maffei, Petra Gruber, Mario Punzi, Monika Callegaro...Ma siccome dovremmo citarne trecento e forse di più, fermiamoci qui...». (f.za.)
Alto Adige 22-6-10
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lunedì, 21 giugno 2010



Vacanze low cost con scambio case e divani in uso

ROMA. Vacanze low cost in tempo di crisi e con un occhio alla sostenibilità ambientale. E’ l’imperativo dell’estate 2010. I vacanzieri scelgono sempre più spesso di viaggiare e pernottare nel modo più economico possibile, organizzandosi su internet, senza agenzie e intermediari. Col sito www.roadsharing.com si può cercare un passaggio o offrire il proprio mezzo di trasporto. Obiettivo: ottimizzare lo spazio in auto e abbattere i costi per spostarsi in Europa e nel mondo. RoadSharing è un sito internet in 4 lingue che rende attuale il vecchio autostop: chi offre un passaggio si registra, inserendo luogo di partenza e d’arrivo e resta in attesa di chi cerca il passaggio verso quella destinazione o un luogo lungo il percorso. Si può anche inserire il percorso desiderato e attendere una proposta di passaggio on line. Quando un utente trova un percorso interessante può contattare l’inserzionista, sarà poi RoadSharing a inoltrare la comunicazione stabilendo il contatto, senza costi. Daniele Nuzzo, l’ideatore, racconta: «Siamo diventati famosi nel mondo grazie all’eruzione del vulcano islandese, quando viaggiare in Europa era impossibile per il blocco degli aeroporti. Allora migliaia di viaggiatori si sono organizzati in pochi minuti col nostro sito». Per alloggiare praticamente gratis basta invece iscriversi ai siti che consentono, per un periodo di vacanza, di scambiare la propria residenza con un’altra abitazione e abbattere così i costi delle ferie. E’ possibile scambiare anche la villetta al mare, al lago o in montagna, la barca o il camper. «Negli ultimi anni abbiamo registrato un raddoppio di iscritti», spiega Cristina Pagetti, di www.scambiocasa.com, secondo la quale non è solo la motivazione economica a spingere sempre più italiani a scegliere la formula. «Il successo - dice - sta nel fatto che consente di confrontarsi con diverse culture e di fare una vacanza all’insegna del confort». «Mio marito e io siamo appena tornati da uno scambio di 3 settimane a Berlino. Abbiamo scambiato la nostra casa a San Antonio nel Texas per un superbo appartamento di 200 metri quadrati nel centro di Berlino», racconta una signora sul sito scambiocasa.com. E le inserzioni come queste non si contano. Le quote di iscrizione a questi network non superano i 120 euro l’anno. Esiste poi anche lo scambio di ospitalità con la formula del CouchSurfing, letteralmente «saltare da un divano all’altro»: in questo caso non ci sono costi di iscrizione nè scambi di abitazione. Il conto si paga con la promessa di ricambiare l’ospitalità o dando una mano nelle pulizie. «E’ è un’organizzazione internazionale no profit che mette in comunicazione i viaggiatori con gli abitanti del posto in 230 Paesi del mondo - spiegano i promotori di www.couchsuring.com - oggi più di un milione di persone che non avrebbero mai potuto entrare in contatto tra loro possono scambiarsi ospitalita».
Alto Adige 21-6-10
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domenica, 20 giugno 2010



«Una società senza progetto»

MAURO FATTOR
La fine della sperimentazione trilingue al Liceo Classico “Carducci” di Bolzano non è solo la fine di un esperimento didattico. Non c’è dubbio infatti che la scuola altoatesina in questi anni sia stata portata, talvolta costretta, a farsi carico di contraddizioni che sono invece della società altoatesina nel suo complesso. Ne abbiamo parlato con Siegfried Baur, docente di Pedagogia Interculturale alla Facoltà di Scienze della Formazione della Lub di Bolzano.
Professor Baur, prendiamo spunto da quanto accaduto al Classico di Bolzano e al palleggio di responsabilità che ne è seguito, per cercare di fare un passo avanti. Se quella sperimentazione fosse stata “strategica” non sarebbe morta. Le cose invece, come sappiamo, sono andate diversamente. Perché?
 «Il modello vincente non della scuola ma della società altoatesina, è stata fino ad oggi quello della separazione: due società parallele, una di lingua tedesca e una di lingua italiana, con significativi punti di contatto solo in ambiti molto specifici. Ora, tutti gli indicatori che abbiamo dimostrano che la semplice presenza di un altro gruppo etnico accanto a quello di appartenenza, non garantisce assolutamente nulla in termini di apprendimento della seconda lingua. I dati sulla competenza linguistica parlano chiaro: per il 30% degli studenti l’apprendimento funziona, per il restante 70% no. E, si badi bene, la riduzione delle competenze linguistiche è un problema che riguarda tanto la scuola italiana quanto la scuola tedesca».
Ma che non riguarda invece l’apprendimento dell’inglese.
 «Esatto. Lì le cose vanno molto meglio. A favore dell’inglese gioca una forte motivazione all’apprendimento per via della musica, di internet. Questa motivazione manca quasi del tutto quando si parla di seconda lingua».
Per quale motivo?
 «Per imparare una lingua servono motivazione, curiosità e servono occasioni di incontro. La realtà in cui viviamo è diversa e le possibilità di contatti seri e prolungati tra i due gruppi, parlo soprattutto a livello giovanile, molto minori di quelli che si è portati a credere. Qualcosa si muove, è vero, ma è poco. La verità è che ci siamo accomodati in un modello di società in cui il contatto con l’”altro” è limitato a brevi e fugaci incursioni. Italiani e tedeschi coesistono in società parallele, e sono realtà sostanzialmente monolingui».
È questo che determina la mancanza di motivazione?
 «Perché mai dovrei impegnare energie e tempo per imparare la lingua di un vicino che o non c’è, come accade nelle valli, o che comunque non incontro mai? Meglio studiare l’inglese, a quel punto. E infatti, semplificando, le cose più o meno stanno andando così. Guardate che la richiesta di una scuola bilingue o trilingue non è affatto una richiesta di massa, anzi è una richiesta che riguarda esclusivamente le aree urbane di Bolzano, Merano, Laives, Bressanone e Brunico. In sostanza dove ci sono comunità italiane di un certo peso. Altrove, dove l’ambiente sociale è monolingue, nessuno si sogna di mettere in discussione l’attuale modello scolastico. Può sembrare un paradosso ma mediamente, in questo nostro Alto Adige plurietnico, la spinta sociale verso il plurilinguismo, come auspicato anche dall’Unione Europea, è molto bassa».
In un certo modo, questa può essere considerata la sconfitta di un sistema sociale e culturale di convivenza tra i gruppi.
 «Dipende. Se partiamo dalla nostra Magna Charta, lo Statuto di Autonomia, e la intendiamo come percorso condiviso per arrivare a costruire insieme qualcosa di nuovo, allora sì, è una sconfitta, almeno parziale. Intendiamoci, qualcosa è stato fatto ma oggi prevale ancora l’idea di stare nel proprio recinto. Se invece consideriamo lo Statuto come un mero strumento giuridico per la tutela delle minoranze tedesca e ladina, allora no, nessuna sconfitta. E quindi, a seconda dell’osservatore, si potrà dire o che siamo di fronte a un empasse del progetto autonomistico, oppure che è perfettamente riuscito».
E lei cosa ne pensa?
 «Prima voglio precisare una cosa. Questa ambivalenza mai risolta sulla natura dell’autonomia è un dato di fatto. Faccio un esempio: Alcide Berloffa e Roland Riz, due uomini che, rispettivamente, nella Dc e nella Svp hanno giocato un ruolo importante nella costruzione dell’autonomia, da questo punto di vista parlavano due linguaggi diversi. Il primo parlava di plurilinguismo e multiculturalità, il secondo di tutela delle minoranze. Io credo che proprio questo sia il nodo da sciogliere: che cosa si intende quando si parla di progetto autonomistico. Se non si ragiona su questo tutto il resto serve a poco. Non servono i libri di storia in comune, non serve sovraccaricare la scuola di sperimentazioni. O meglio, tutto serve, ma sono cure palliative».
Il problema della scuola allora sta fuori dalla scuola, nella società.
 «Nella società e nella politica, che potrebbe fare molto. Le difficoltà della scuola riflettono la mancanza di progettualità complessiva della società altoatesina. Con un’aggravante».
Quale?
 «Che al sistema scuola, agli insegnanti, è chiesto di farsi carico e in qualche modo di supplire a contraddizioni, ambiguità e carenze che non sono della scuola. E questo è sbagliato, oltre che ingiusto».
Alto Adige 20-6-10
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domenica, 20 giugno 2010



NAZIONALISMO E TOPONIMI

LUCA FAZZI
padri fondatori hanno costituito la Comunità Europea negli anni 50 con due grandi visioni: promuovere le condizioni di vita materiali di una popolazione da poco uscita dalla devastazione della seconda guerra mondiale e superare i conflitti di un mondo distrutto dalla barbarie nazionalista.
Cinquanta anni dopo, in tutta Europa i nazionalismi sembrano ritornare in vita come spettri sinistri. Le recenti elezioni olandesi e belghe con l’ascesa dei partiti xenofobi e separatisti dimostrano come gli effetti della globalizzazione e della crisi economica stanno facendo rinascere paure ataviche che sembravano dimenticate. E scatenano lo spirito della chiusure verso l’altro e della ricerca di sicurezza nel proprio simile. In questo scenario i manipolatori di anime si scatenano nella stigmatizzazione del diverso.
I professionisti della paura nostrani non potevano mancare dalla scena. Circa quindici anni fa, il tema della toponomastica era percepito, dati alla mano, come rilevante da una assoluta minoranza della popolazione sia italiana che tedesca. Su iniziativa di un cosiddetto gruppo di lavoro composto da rappresentanti dei gruppi più oltranzisti e conservatori locali, è partita una campagna di sistematica cancellazione della toponomastica italiana. Prima i nomi italiani sono scomparsi in grande numero dai cartelli delle proloco comunali. Successivamente dalle pubblicazioni della casa editrice Athesia per arrivare alla quasi completa cancellazione della cartellonistica italiana di montagna. L’operazione è stata giustificata dall’esigenza di cancellare il torto storico perpetuato dal fascismo mezzo secolo fa. Il presidente Durnwalder è stato lo sponsor politico dell’operazione. In prima linea da anni nella battaglia contro i toponimi fascisti ha giustificato politicamente l’iniziativa dell’AVS. La ragione dell’operazione di rimozione della toponomastica italiana ha per ogni cittadino democratico un sapore tristemente revanscista. La minoranza tedesca gode di un benessere diffuso che non ha pari in nessun altra parte d’Europa. E lo statuto di autonomia che viene considerato internazionalmente l’accordo sottoscritto dalle parti con cui si cancella il torto storico del fascismo sancisce l’obbligo di bilinguismo della toponomastica. Pacta sunt servanda. Giuridicamente non c’è scampo. Le distinzioni tra macro e mirco toponomastica non sono contemplate. La litania del presidente e dei suoi sodali è che non è giusto continuare a chiamare con nomi italiani, i prati e i masi di montagna e sono i nazionalisti italiani con la loro ostinazione nella difesa del bilinguismo della toponomastica i veri responsabili della situazione attuale. Peccato che nell’uso quotidiano non esista probabilmente un solo italiano da anni che si sognerebbe di chiamare con il nome italiano, un maso, un prato o una sorgente. E che a essere stati cancellati sono non solo i micro toponimi, ma anche quelli macro.
Quando il ministro Fitto invia al presidente Durnwalder una lettera per reclamare il ripristino del bilinguismo dei cartelli di montagna la risposta è che il rappresentante del governo ha sbagliato indirizzo. In verità, l’indirizzo è quello giusto. Perché Durnwalder è il presidente della provincia e il responsabile ultimo sul piano politico (e morale se la parola in politica conta ancora qualcosa) della concessione di un pubblico servizio a un associazione che ha violato i principi dello statuto. Il problema che si pone oggi sono le conseguenze di una strategia politica che rischia di gettare benzina sul fuoco mai spento delle paure di due minoranze (quella italiana a livello provinciale e quella tedesca a livello nazionale) in uno scenario di crisi globale che è entrato ormai anche all’interno dei sacri confini della Heimat. La prima risposta di Durnwalder al ministro Fitto dimostra come il presidente sia ormai incapace di innovare le sue routine comportamentali: rispondere a muso dura con la minaccia della riattivazione del conflitto etnico è uno schema politico sperimentato per anni dalle elites politiche locali. Solo che il contesto in cui rischia di prendere forma questo schema è profondamente cambiato. Per un governo alle prese con il declino economico di una nazione e il rischio della decapitazione giudiziaria delle sue elites politiche i ricatti di una minoranza rischiano di essere un arma spuntata. Naturalmente dopo anni di richiami inascoltati per il ritorno alle semplice legalità il governo ha tutte le ragioni per richiamare i responsabili all’ordine. Ma come spesso accade a chi non conosce la realtà locale, lo fa in un modo che si profila molto pericoloso. Lo slogan che la provincia di Bolzano è Italia è musica per le orecchie del partito di raccolta in fase di emorragia cronica di voti a favore delle destre sudtirolesi. “Propaganda nazionalista contro il Sudtirolo” sarà lo slogan ricorrente che accompagnerà la discussione politica dei prossimi giorni. Senza aggiungere che la provincia di Bolzano se proprio deve essere qualcosa, è Europa più che Italia. Il rischio di questo scontro istituzionale è che qualcuno stavolta si faccia davvero del male. In parte per inettitudine, per errore di calcolo o ignoranza, i protagonisti del braccio di ferro sembrano essere inadatti a governare la partita. E allora anche i risultati di cinquanta anni di faticosa convivenza possono essere messi a dura prova. In qualsiasi ipotesi dallo scontro attuale rischian di uscire solo vinti e vincitori. Noi e loro. Gli amici e i nemici. Il mondo sempre diviso in due. Come da troppo tempo i cittadini di questa provincia sono stati costretti a pensare. Se vincerà Durnwalder una parte ampia di italiani si sentirà un corpo ancora più estraneo rispetto all’autonomia provinciale. Se si imporrà il governo il sentimento antiitaliano sempre latente in fasce non marginali di popolazione tedesca avrà ossigeno per rifiatare. In entrambi i casi la metastasi del nazionalismo si diffonderà.
In questo scenario l’unica via di uscita è togliere la polvere da sparo agli apprendisti stregoni. Siccome lo statuto di autonomia ha un ancoraggio internazionale sia la comunità internazionale a decidere chi ha torto e chi ha ragione. Chi ha violato le regole e chi le ha rispettate. Sia qualche organo terzo sopra le parti a decidere. Il governo sollevi il caso alle autorità internazionali. Dando finalmente valore definitivo all’ancoraggio internazionale del sistema di tutela dell’autonomia provinciale e togliendo le armi a chi non aspetta altro che rinfocolare le paure nei confronti di un potere nazionale sempre pronto a cancellare l’autonomia della popolazione locale. Chi ha torto dovrà accettare le decisioni prese e tirare le conseguenze del caso. Se saranno i sostenitori della toponomastica monolingue, si proceda alla eliminazione dei nomi italiani sgraditi e gli italiani accettino il ritorno alla situazione del periodo precedente al fascismo. Se sarà Durnwalder a perdere, che ne sappia trarre le logiche conclusioni. I cambi di epoca in fondo hanno sempre avuto bisogno di nuovi leader.
Alto Adige 20-6-10
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domenica, 20 giugno 2010



NOMI E SCUOLA L’SVP NON DICA SOLTANTO NO

SERGIO BARALDI
Dopo la morte di Magnago, il presidente Durnwalder e il segretario politico della Svp, Theiner, intervistati dal nostro giornale, fecero delle considerazioni importanti sulla necessità di aprire una nuova stagione della convivenza. L’emozione per la morte del costruttore dell’autonomia li aveva spinti a riflettere sul fatto che l’apertura di una fase nuova fosse il modo migliore per ricordare Magnago e riconoscergli i suoi meriti storici. Non è passato molto tempo, e siamo qui a chiederci se quelle parole siano state dimenticate. Alcune vicende, differenti tra loro, ma legate dalla funzione che svolgono nell’immaginare la società di domani, che poi è oggi, vale a dire la storia dei toponimi e della sperimentazione nella scuola, registrano più il ritorno di vecchi fantasmi che l’avvento di una nuova mentalità che, pure, Durnwalder e Theiner avevano riconosciuto come indispensabile in Alto Adige. E’ vero che occorrono gesti concreti da parte di tutti, anche dagli italiani, per iniziare una nuova stagione. Tuttavia, la Svp è il partito maggiore, di conseguenza è quello che ha maggiori responsabilità. E un rischio, la Svp lo corre, se lascia troppo spazio ai suoi istinti e al suo tatticismo: quello di diventare il partito dei no. Il partito cioè che, di fronte ai problemi, si chiude in una politica identitaria che, a sua volta, spinge verso una posizione di resistenza, di difesa.
Una scelta che postula l’idea di una società tedesca che si percepisce come minoranza che ha bisogno di tutela, e non invece come una componente maggioritaria e dinamica che aspira a giocare un ruolo moderno. Una simile politica, forse, risponde alla convinzione che conservare è il modo migliore per riaggregare un consenso che si è logorato, ma che impedisce di vedere il nuovo campo della politica oggi in Alto Adige. Prendiamo i toponimi. Una forzatura comporta il pericolo di innescare un conflitto “nazionalista”, suscitando sentimenti anti tedeschi nel mondo italiano, sentimenti anti italiani nel mondo tedesco. Come osserva nel suo interessante articolo di oggi il prof. Fazzi, rischiamo di rimettere in circolo la politica della paura, utilizzando i toponomi come simboli nazionalisti. In un importante libro del’92, “Il nuovo disordine mondiale”, lo storico Anderson aveva prefigurato i pericoli di comunità che si aggrappano alle proprie identità, che ripescano nella propria memoria un esclusivo e aggressivo senso di appartenenza. C’è bisogno di tornare a queste tensioni in Alto Adige? E’ comprensibile che il governo italiano faccia presente alla Provincia la necessità di rispettare il bilinguismo anche nelle indicazioni stradali, in una terra che, come ricordava ieri Campostrini, è plurilingue. Ma forse più che un approccio “nazionalista”, più che di un confronto muscolare tra autorità, sarebbe utile un confronto che consenta di far prevalere le ragioni dell’integrazione e del reciproco rispetto. Il governo italiano dovrebbe comprendere che su questo terreno delicato non si può procedere per ultimatum, mentre servirebbe una maggiore intelligenza della situazione locale. D’altra parte, la Svp non può pretendere di far valere la “sua” interpretazione delle norme dello Statuto, che i giuristi smentiscono, e che prefigura una sorta di diritto parallelo. La conseguenza è che la Svp finisce per alimentare l’antico sospetto che punti a un’assimiliazione, non a un’integrazione. Questo sarebbe il momento giusto per il pragmatismo di Durnwalder, sempre che l’interessato ne pratichi ancora le virtù.
 Un problema simile è quello della scuola. La scuola italiana ha avviato una sperimentazione trilingue con l’inglese che ora non riesce a proseguire. E’ un problema “solo” italiano? O invece chi governa dovrebbe riflettere sul fatto che si tratta di un’eccellenza che interessa tutte le scuole, tutta la comunità, senza distinzione di gruppo linguistico? In questa prospettiva, quel progetto potrebbe diventare un simbolo della qualificazione del territorio, come spiega bene il prof. Palermo nel suo articolo. Allora ha senso unire le forze e allargare i confini della sperimentazione: la proposta del vicepresidente Tommasini meriterebbe un ascolto più attento. Del resto, se l’università, giustamente, si struttura per essere un’università trilingue, non si devono preparare gli studenti per questo sbocco? E non si tratta di un interesse sia delle famiglie tedesche sia di quelle italiane o mistilingue? Qui affiora il punto decisivo. Se continuiamo a leggere le sfide che si presentano in termini d’identità etnica, di paura, vincerà l’immobilismo. Resteremo prigionieri delle categorie del Novecento, a cominciare dalla separazione. Chi pensa di resistere perché nulla cambi, in una versione tirolese del Gattopardo, forse s’illude, perché le cose cambiano anche senza di noi. Se invece decifriamo le sfide secondo una diversa visione, quella della libertà e dei diritti, allora una nuova stagione si potrà aprire per tutti. Ciò che è in questione in Alto Adige, dunque, è la capacità di rappresentare in termini nuovi i rapporti tra gruppi linguistici, vale a dire in termini di con-vivenza, e di organizzare un pensiero e una strategia che sostituisca all’etnia (alla paura) la libertà (la fiducia) in una società plurale. E’ questo il nuovo campo della politica dopo Magnago. La società ne sembra più consapevole dei suoi rappresentanti. I cittadini domandano un cambiamento nell’equilibrio. I no del passato non preparano il futuro.
Alto Adige 20-6-10
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categoria:cultura, sociale
domenica, 20 giugno 2010



Lei è islamica, ragazzo di Laives non può sposarla

MASSIMILIANO BONA
LAIVES. Il consolato del Marocco prima e il Comune di Laives poi hanno negato ad una giovane coppia - un 30enne italiano e una 26enne nordafricana - la possibilità di sposarsi. I due fidanzati, per coronare il loro sogno, si sono rivolti al giudice.
 I due ragazzi, che vivono a Laives da alcuni anni (la giovane donna è in Italia dal 1998), non hanno ottenuto il nulla osta dal consolato marocchino perchè - per la legge del Paese africano - una donna non può sposare un uomo di fede diversa da quella musulmana. «Sotto il profilo giuridico - spiega l’avvocato trentino Nicola Degaudenz, che assiste la coppia - viene considerato un impedimento alla celebrazione del matrimonio. L’ostacolo si può superare, secondo le norme in vigore, se l’aspirante marito si converte e abbraccia la religione islamica».
 Il trentenne di Laives non ha ritenuto opportuno cambiare fede e nei giorni scorsi si è presentato in Comune per le pubblicazioni di rito. «Gli impiegati, però, - continua Degaudenz - in mancanza del nulla osta del consolato marocchino hanno opposto il diniego. Ma questa, per certi versi, è stata la fortuna della coppia, perché mi ha consentito di presentare ricorso al Tribunale di Bolzano». Il Comune di Laives, in realtà, si è comportato correttamente. In base all’articolo 116 del Codice Civile, che disciplina il matrimonio di uno straniero nel nostro Paese, un cittadino non italiano «che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale di stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio Paese (in questo caso il consolato), dalla quale risulti che in base alle leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio».
 Il diniego opposto dal Comune era pertanto più che giustificato. Degaudenz, a quel punto, ha deciso di imboccare la stessa strada seguita a Trento alcuni anni fa. In quel caso a rivolgersi a lui è stata una coppia di Cles: lui è un imprenditore agricolo e lei una coetanea tunisina (ma con cittadinanza italiana), bloccati sempre per motivi burocratici. Nel ricorso l’avvocato Degaudenz ha sostenuto che il rifiuto del Comune è contrario all’articolo 19 della Costituzione italiana che sancisce la libertà religiosa. In quel caso il Tribunale ha scelto una via ancora più diretta per consentire alla coppia di sposarsi: ha dichiarato, infatti, contrario all’ordine pubblico italiano il divieto per una donna musulmana di contrarre matrimonio con un non musulmano. Non si tratta di una legge, ma di un “impedimento“, alla stessa stregua della minore età o dei legami di parentela tra i futuri coniugi. La differenza religiosa non viene nemmeno menzionata. Secondo i giudici «con tale omissione è probabile che il legislatore intendesse abrogare il principio sciaritico. La giurisprudenza ha tuttavia continuato a considerare proibito il matrimonio di una musulmana con un non musulmano». Nel caso della coppia di Laives il Tribunale di Bolzano ha fissato la prima udienza per il primo ottobre 2010.
Alto Adige 20-6-10

Nozze negate: la coppia di Laives aspetta ottobre

LAIVES. Ha fatto discutere in tutta Italia la vicenda, raccontata ieri dal nostro giornale della coppia di Laives, una 26enne marocchina in Italia dal 1998 e un italiano di 30 anni, alla quale il Comune - seguendo in questo la legge - ha negato in prima battuta il matrimonio perché il consolato marocchino non ha dato il nulla osta: per il Paese nordafricano infatti una donna non può sposare un uomo di fede diversa da quella musulmana. Al Municipio di Laives si sono visti negare le pubblicazioni e quindi si sono rivolti a un legale, l’avvocato Degaudenz, che a sua volta ha presentato ricorso in tribunale. Questo però non significa che il lieto fine - nella speranza che arrivi - sia dietro l’angolo: la giovane coppia dovrà attendere almeno tutta l’estate visto che l’udienza del tribunale è stata fissata il primo ottobre. Una vicenda simile è accaduta anche in Trentino con una coppia di Cles, che però fu più fortunata di quella altoatesina: in quel caso infatti il tribunale non fissò un’udienza ma si riunì subito in camera di consiglio e diede subito al Comune l’autorizzazione alle pubblicazioni.
Alto Adige 21-6-10
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categoria:sociale
giovedì, 17 giugno 2010



Via libera al nuovo redditometro

ANTONELLA MATTIOLI
BOLZANO. Più equità e minor burocrazia. Sono i principali obiettivi del Durp, la dichiarazione unificata di reddito e patrimonio, approvato ieri dalle parti sociali dopo mesi di discussione. Sia i sindacati che i rappresentanti delle categorie sono soddisfatti, perché dal 1º luglio del 2011 (prima di quella data non sono disponibili le dichiarazioni dei redditi del 2010) si introduce un sistema di rilevazione unitario che prende in considerazione sia il reddito che il patrimonio del nucleo familiare: un’unica dichiarazione, fatta una volta all’anno, sarà sufficiente per richiedere tutte le prestazioni provinciali (sociale, sanità, assistenza, scuola, casa). I contenuti dell’accordo sono quelli da noi anticipati ieri. Non mancano però anche i rilievi dei sindacati sul compromesso. Riguardano in particolare l’esclusione dalla valutazione di reddito e patrimonio dei beni immobili strumentali (l’albergo, il magazzino) e di quelli mobili fino ad un massimo di 100 mila euro. Regista dell’operazione l’assessore provinciale Richard Theiner che commenta così: «Con il redditometro parte un progetto fondamentale sul piano sociale: lo scopo è quello di promuovere ulteriormente l’equità sociale, riducendo la burocrazia».
 Dipendenti. Per i lavoratori dipendenti vale il reddito complessivo Irpef decurtato della deduzione per l’abitazione principale e degli oneri fiscalmente deducibili. I redditi da lavoro dipendenti saranno considerati soltanto al 90%. Si potranno detrarre spese mediche, interessi sul mutuo-casa, il canone di locazione dell’abitazione principale e gli assegni per il mantenimento dei figli.
 Autonomi. Per i lavoratori autonomi il reddito minimo non potrà essere inferiore alla retribuzione media di un lavoratore dipendente qualificato del settore di riferimento, fissata dal contratto di categoria. Se il reddito effettivo è al di sotto di tale soglia, deve essere dimostrato.
 Contadini. Per i redditi da agricoltura verrà applicato un valore standard per ogni unità di bovino adulta oppure per ogni ettaro produttivo nel settore della frutticoltura, della viticoltura e della silvicoltura.
 Prima casa. Non è considerata patrimonio la prima casa. Non verranno conteggiati neppure i depositi fino a 100 mila euro.
 Controlli. Una commissione tecnica accompagnerà l’attuazione del sistema e proporrà eventuali correzioni. Sono previsti inoltre controlli a campione su circa un 6% delle dichiarazioni.
 Critiche. Seppur con sfumature diverse Lorenzo Sola (Cgil), Michele Buonerba (Cisl) e Toni Serafini (Uil) contestano il fatto che dalla dichiarazione unificata di reddito e patrimonio siano esclusi i beni immobili strumentali e i depositi bancari superiori ai 100 mila euro. Sono «due iniquità» che Buonerba spera di riuscire ad eliminare. «La cosa migliore al fine della trasparenza più che della valutazione effettiva della capacità economica - dice Sola - è quella di dichiarare tutti i depositi. Poi si deciderà in che misura calcolarli». Le perplessità su questi aspetti rimangono anche per Serafini, ma per il segretario della Uil la priorità è partire.
Alto Adige 17-6-10
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mercoledì, 16 giugno 2010



Redditometro: c’è il compromesso

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. L’accordo sul redditometro è ormai a un passo. Questa mattina l’assessore alle politiche sociali Richard Theiner riunirà attorno a un tavolo categorie economiche e sindacati, con ogni probabilità per licenziare definitivamente la bozza di compromesso elaborata in questi mesi di trattative. Gli imprenditori l’hanno spuntata sull’esenzione dei beni strumentali, ma hanno dovuto cedere su altri aspetti, come quello relativo al reddito minimo. I sindacati invece portano a casa esenzioni importanti per le famiglie (la prima casa non sarà conteggiata nel patrimonio, mentre il reddito sarà depurato dall’affitto, dagli interessi per il mutuo e dall’eventuale assegno di mantenimento versato ai figli).
 Aspetti normativi. Il redditometro entrerà in vigore a luglio 2011, appena disponibili le dichiarazioni dei redditi riferite al 2010. Uno degli obiettivi del nuovo regolamento è quello di abbattere la burocrazia: basterà fornire i dati una volta soltanto (possibile anche attraverso i Caaf dei sindacati), toccherà poi ai vari uffici coordinarsi evitando ai cittadini inutili doppioni. In linea di massima il redditometro varrà per tutte le prestazioni sociali, anche se per l’accesso alle medesime possono valere regole diverse. L’amministrazione sarà autorizzata a controllare le dichiarazioni fatte, anche presso gli istituti di credito o altri intermediari finanziari.
 Le famiglie. Il redditometro andrà a valutare sia il reddito sia il patrimonio dell’intero nucleo familiare (viene considerato quello di fatto e, attraverso degli appositi coefficienti, si calcola un reddito equivalente). Per i lavoratori dipendenti vale il reddito complessivo Irpef decurtato della deduzione per l’abitazione principali e degli oneri fiscalmente deducibili. I redditi da lavoro dipendenti saranno considerati soltanto al 90%. Si potranno detrarre spese mediche, interessi sul mutuo-casa, il canone di locazione dell’abitazione principale e gli assegni versati per il mantenimento dei figli.
 Gli imprenditori. Per la determinazione del reddito vale quello d’impresa. È però previsto un limite minimo: l’importo dichiarato non potrà essere inferiore alla retribuzione media di un lavoratore dipendente qualificato del settore di riferimento, fissata dal contratto collettivo vigente di categoria.
 Per quanto riguarda il calcolo della situazione patrimoniale, così come era stato chiesto dalle categorie economiche, non saranno considerati i fabbricati e i terreni impiegati e indispensabili per l’esercizio dell’attività agricola o commerciale.
 Prima casa e azioni. Valgono per tutti alcune regole base. Non è considerata come patrimonio la prima casa (compresa una pertinenza), a patto che sia abitata dal proprietario. Per ogni nucleo familiare è considerata esente una sola casa (va quindi calcolato il valore patrimoniale di un eventuale appartamento intestato ad esempio al figlio a carico).
 Per quanto riguarda il patrimonio mobiliare (partecipazioni azionarie, obbligazioni o certificati di deposito), fino a un totale di 100 mila euro non sarà necessario dichiarare nulla. Se però si supera questa soglia, il patrimonio mobiliare dovrà essere dichiarato per intero.
Alto Adige 16-6-10
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venerdì, 11 giugno 2010



La manovra fiscale costerà all’Alto Adige 140 milioni di euro


BOLZANO. La manovra fiscale costerà all’Alto Adige 140 milioni di euro. A dirlo è la Cgil in una conferenza stampa tenuta nella sala “Guastalli” di viale Trieste per presentare le azioni di protesta contro le ultime scelte del governo. «Dallo Stato alla Provincia - le parole del segretario provinciale Lorenzo Sola - verranno traseriti 80 milioni di euro in meno e a questi vanno aggiunti 60 milioni di mancato introito fiscale. Tutto questo, ovviamente, significa un taglio deciso alla spesa sociale, meno risorse per lo sviluppo e più costi per le fasce deboli». L’opposizione del sindacato, comunque, si allarga anche alle altre misure della manovra, a partire dal congelamento dei salari pubblici fino al 2013 all’interno della pubblica amministrazione e della scuola. «A questo, logicamente, si aggiunge il taglio del 50% della spesa 2009 dello Stato per il personale a tempo determinato e per i co.co.co che provocherà gravi ripercussioni sul funzionamento dei prossimi anni scolastici. Il congelamento del turn-over e il licenziamento di metà dei precari sono logiche conseguenze di un sistema che danneggerà in particolare i giovani e le donne». Male anche le pensioni «con lo slittamento di un anno per chi ha maturato il diritto, riducendo la salvaguardia della mobilità». Fa molto discutere il taglio degli enti inutili. «Il 40% degli enti pubblici - continua Sola - di ricerca verrà chiuso, soffriranno gli istituti previdenziali e si riducono del 50% i finanziamenti alle fondazioni culturali e musicali. Soffriranno anche le nostre associazioni». Tempi difficili anche per le concessioni delle pensioni di invalidità «erogate solo a chi avrà una percentuale dell’80% e non più del 74% come prima. In una terra come la nostra si tratta di una misura eccessiva visto che le truffe allo Stato non sono di certo all’ordine del giorno». A completare il quadro un nuovo condono edilizio denominato “sanatoria catastale”. «Entro il 31 dicembre i titolari di fabbricati non censiti, individuati attraverso la mappatura fotografica del territorio, hanno l’obbligo di denunciare l’immobile e farlo accatastare pagando un terzo della rendita. Dopo la regolarizzazione all’edificio verrà attribuita una rendita presunta». Critica tagliente anche sulla quota chiesta ai parlamentari e l’annunciata lotta all’evasione. «La cifra che sarà decurtata agli onorevoli è solo simbolica. Giusto, invece, reintrodurre la tracciabilità dei pagamenti in contanti, ma nel concreto della lotta al sommerso si fa poco». Il giudizio complessivo, quindi, non può che essere negativo: «Si colpiscono solo i lavoratori, i precari e i pensionati, categorie di certo non responsabili di questo stato di sofferenza».
 Dopo l’analisi critica pronta anche una controproposta: «Bene il principio di chiamare tutti i cittadini a partecipare al risanamento - conclude Scola - ma ci vuole il rispetto di una progressione in base al redditto». (a.c.)
Alto Adige 11-6-10
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sabato, 29 maggio 2010


La malattia delle slot-machines

È risaputo che molte, moltissime persone giocano da sempre ai “videopoker” installati nei bar, in vari tabacchini e alla stazione. È sorprendente come questa gente arrivi a perdere gran parte delo stipendio o quasi tutta la pensione, giocando a questi giochi assurdi che fanno vincere solo i proprietari di queste macchinette o i gestori dei bar. Più essi giocano e più si accaniscono. Ho visto giovani scagliarsi contro le macchinette prendendole a calci perché non li facevano vincere, e ancor di più, uomini che arrivavano a bestemmiare per lo stesso motivo; e ciò mia ha veramente colpito.
 Ma il dato più curioso è che anche in caso di vincita più o meno consistente, ogni tanto capita, queste persone rigiocano poi la stessa, perdendo tutto. Si dice che ci siano macchinette truccate che fanno perdere il denaro, altre fanno vincere più facilmente. Le “slot machine” le conosco tutte, perché sono anch’io un ex giocatrice, ma ora me ne guardo bene dall’introdurvi un solo Euro. È una malattia purtroppo, che molti hanno, una gioco-dipendenza, dalla quale è difficile uscire. È così anche per i “gratta e vinci” che si gratta e si gratta e non si vince niente, solo di tanto in tanto qualche biglietto fortunato esce. Esiste però un Centro dove curano questi tipi di malattia da dipendenza dal gioco. Basta volerlo e si è guariti per sempre.
 Perché non pensare a quei bimbi che muoiono di fame nel Terzo Mondo e che vanno aiutati a sopravvivere? Io ho pensato alla mia bambina che ho adottato in Brasile e così ho smesso di buttare via soldi inutili, ma utili per altre necessità. Pensiamoci!
Alto Adige 29-5-10
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sabato, 29 maggio 2010


Asili: a Bolzano le tariffe più care

BOLZANO. Ventidue euro di retta mensile come minimo, settantatre come massimo. E’ la forbice entro la quale si collocano i costi per il servizio di scuola materna offerto nei vari Comuni dell’Alto Adige. Le rette più convenienti sono state segnalate a Castelbello, quelle più care a Bronzolo. E’ quanto rileva uno studio statistico effettuato dall’Astat provinciale.
 Tra i Comuni più cari nella prestazione figurano tutti quelli di maggiori dimensioni ma c’è un dato positivo che emerge: le amministrazioni comunali hanno stretto i denti e, nella stragrande maggioranza dei casi, sono riuscite a non variare le tariffe rispetto all’anno precedente. Chi è stato costretto a farlo ha comunque contenuto gli aumenti in tre euro al mese. C’è anche qualche eccezione.
 In effetti l’incremento di tariffa più consistente in valore assoluto è stato registrato a Monguelfo - Tesido che ha innalzato la tariffa di ben 14 ero. Lo studio dell’Astat rileva comunque che la scuola materna in Alto Adige è un servizio offerto da tutti i Comuni con tariffa media di 49,91 euro al mese.
 Lo studio dell’Astat, che è stato raccolto in una pubblicazione telematica, prende in considerazione anche il servizio di asilo nido che attualmente viene offerto solamente dalle prime quattro città provinciali per ordine di abitanti.
 Standardizzando le tariffe per venti giornate mensili di otto ore l’una e prendendo in considerazione la giornata normale, risulta che tra i quattro Comuni non emergono sostanziali differenze di prezzo. Bolzano è il Comune che risulta più caro per quanto riguarda gli asili nido con una tariffa di ben 307 euro. Su un gradino più in basso si attesta Bressanone (con 300 euro). Merano è al terzo posto (con 290 euro). La tariffa meno elevata si registra a Laives con 287 euro. Gli ultimi dati forniti dall’Astat riguardano le cosiddette microstrutture per l’assistenza ai bambini sin o ai 3 anni. Le amministrazioni comunali di Bolzano, Merano e Bronzolo sono gli unici che hanno deciso di mantenere il tetto massimo di spesa previsto lo scorso anno, fissato in 400 euro mensili per bimbo. Già a Laives il limite è stato sforato con 410 euro al mese.
Alto Adige 29-5-10
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sabato, 29 maggio 2010


L'arcivescovo di Milano  Tettamanzi: gli immigrati fanno paura perché stranieri

E’ tutta incentrata sul tema dell’ ospitalità - un argomento non solo attuale ma che spesso ha provocato dibattito anche politico - la lectio magistralis che l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamnzi, ha tenuto ieri sera nella cattedrale di Vicenza. “Vi è un’icona singolarmente evocativa da cui vorrei partire per questa mia riflessione sull’ospitalità. Un’icona - ha osservato l’alto prelato - che illustra bene anche l’ etimologia del nostro vocabolo ospite, che deriva da due radici delle lingue indoeuropee: la radice hos/host ovvero’pellegrino, forestiero’ e la radice pa-/pati cioè’sostenere, proteggere’. L’ospite sarebbe dunque’colui che sostiene o da’ da mangiare ai pellegrini, ai forestierì”. Dopo aver citato Abramo e ampiamente la Bibbia, il cardinale ha ribadito la sua posizione sull’accoglienza degli stranieri: “Sono consapevole - ha detto - della vastità e della complessità del fenomeno dell’immigrazione oggi, che comprensibilmente genera non pochi problemi di ordine pubblico, di risorse, di integrazione. Mi domando: sta davvero qui il cuore della questione? Per la nostra società gli immigrati sono un problema solo perché sono troppi? Oppure ci fanno paura in quanto’stranieri’? Confessiamolo: quanti italiani teniamo ai margini perchè in qualche modo’stranieri’, diversi da noi? Penso ai malati gravi - e tra loro a quelli che soffrono patologie psichiche -, ai carcerati, ai barboni, ai portatori di handicap, agli anziani. Circa queste persone la Bibbia ha una parola preziosa e ci aiuta ad andare alla radice: l’immigrato è per noi un problema perchè è uno’straniero’”. “Anche l’Italia, guardando alla storia degli ultimi anni, fino a poco tempo fa - ha proseguito l’arcivescovo - accoglieva gli stranieri più da visitatori che da immigranti. La diversità destava stupore e permetteva di imparare qualcosa di nuovo. Incontrare un cinese o un indiano risvegliava curiosità più che diffidenza. Era un atteggiamento comune tra la nostra gente, parte della nostra cultura, che non fu quasi per niente intaccato dal breve periodo di colonialismo italiano (’Italiani, brava gente!’) e da quello ancor più breve e meno condiviso del razzismo fascista”. “Oggi gli immigranti giungono per mare su imbarcazioni che sono praticamente relitti. Tuttavia, vengono sempre meno percepiti come viaggiatori e sempre più - ha detto Tettamanzi - come invasori”.
Alto Adige 29-5-10
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martedì, 25 maggio 2010


Vacanza formativa: i giovani impegnati in assistenza sociale

BOLZANO. Si intitola “Alla ricerca di nuove esperienze”, e già lascia intendere quelle che sono le sue principali finalità: è infatti un progetto che ne allinea diverse, di nuove esperienze, tutte pensate per i giovani e tutte indirizzate all’altruismo e all’aiuto del prossimo, dunque in grado di concretizzarsi in attività di alto valore formativo. Si tratta di proposte di volontariato estivo per giovani tra i 15 e 18 anni, che possono scegliere tra dieci progetti in otto associazioni aderenti alla Federazione provinciale delle associazioni sociali, che è poi l’ente che ha ideato e portato avanti l’iniziativa.
 Dunque ecco che si potrà trascorrere del tempo libero con ragazzi disabili, fare una passeggiata con persone anziane o che vivono un disagio psichico, giocare insieme con bambini disabili e non, organizzare una festa per profughi: sono alcune delle attività di volontariato che otto associazioni sociali propongono ai giovani tra i 15 e 18 anni nei mesi estivi. La Federazione delle associazioni sociali ha pensato a questa iniziativa in vista dell’Anno europeo del volontariato, nel 2011, e a proporre i progetti e curare i contatti con i giovani sono poi le stesse associazioni aderenti alla Federazione. I progetti di coinvolgimento nel volontariato rivolti ai giovani nei mesi estivi offrono l’opportunità di conoscere le attività delle associazioni e nuove possibilità di impegno per gli altri. Al termine dei progetti è previsto il rilascio di un documento di riconoscimento dei crediti formativi.
 «I giovani che intendono partecipare all’iniziativa possono trovare l’elenco dei progetti sul sito www.social-bz.net, sul quale vorremmo poi anche pubblicare le esperienze che i giovani vorranno raccontare», spiega Simonetta Terzariol del Servizio per il volontariato sociale della Federazione associazioni sociali. «Basterà solo che i giovani contattino direttamente l’associazione che hanno scelto, fissare un colloquio, e rispettare gli accordi presi con l’associazione. I giovani potranno così sperimentare quanta gioia c’è nel donarsi agli altri e nel fare un’esperienza di gruppo».
 Le associazioni che propongono progetti di volontariato nei mesi estivi sono diverse: senza citarle tutte ma prendendone alcune come indicative, si va dall’Aias che si occupa di attività con ragazzi disabili all’Anteas che propone l’accompagnamento di persone anziane durante i servizi di trasporto, dall’Associazione amici degli handicappati dove i ragazzi si occuperanno del tempo libero di persone disabili, all’Associazione parenti e amici dei malati psichici per impegnarsi anche qui nel tempo libero con persone che vivono un disagio psichico; ancora, l’Associazione Parkinson che tratterà l’ accompagnamento di persone con difficoltà motorie o Volontarius che affiderà l’organizzazione di attività con i profughi e organizzazione di eventi, e ancora l’Auser che si occuperà del tempo libero e sostegno alle persone anziane in piccole commissioni.
 Ma c’è anche dell’altro: l’elenco dei progetti è sul sito www.social-bz.net.
Alto Adige 25-5-10
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lunedì, 03 maggio 2010


Democrazia più diretta

FRANCESCO PALERMO
Ora i promotori dell’iniziativa presentano (intanto alle forze politiche, poi se non ci sarà un seguito si raccoglieranno le firme) un nuovo testo più attento agli equilibri tra i gruppi, per dissipare i timori che in molti avevano paventato alla vigilia della consultazione d’autunno. Ossia che la democrazia diretta possa essere utilizzata dalla maggioranza come strumento di prevaricazione nei confronti delle minoranze. La questione è delicata. Il ricordo del referendum sul nome di Piazza Vittoria è fresco e le polemiche si trascinano ancora. In una terra che si regge su complessi e delicati equilibri, la democrazia diretta è uno strumento troppo drastico, che può portare all’oppressione dei più deboli? La questione fondamentale è se e in che misura occorra leggere in chiave etnica uno strumento che serve ad altro. Questo è un rischio sempre presente in un sistema politico che, come il nostro, è eccessivamente condizionato dal fattore etnico. Nonostante la buona volontà dei promotori - che prima avevano predisposto un testo poco attento ai rischi della strumentalizzazione etnica ed ora forse enfatizzano troppo questi pericoli - lo strumento indubbiamente si presta a possibili manipolazioni. Il punto è chiedersi se le maggioranze debbano formarsi necessariamente lungo linee etniche o meno. Perché è chiaro che se questo accade, il rischio di esacerbare conflitti etnici - anche attraverso la democrazia diretta - c’è sempre, anche rimettendo a un gruppo di saggi la decisione, come fa la nuova proposta. Infatti anche la stessa decisione dei saggi potrebbe essere interpretata in chiave etnica: ci sarebbe probabilmente una maggioranza di “saggi” di lingua tedesca e saremmo daccapo. Naturalmente, lo stesso rischio di strumentalizzazione etnica c’è con le decisioni assunte a maggioranza dalle assemblee elettive, anche se in questo caso lo statuto prevede alcuni freni d’emergenza che la democrazia diretta non può avere (veto, voto separato per gruppi linguistici, ricorso diretto alla Corte costituzionale). In definitiva, lo spazio per strumentalizzare una decisione in chiave etnica c’è sempre e comunque.
 Un certo rischio c’è sempre. Ma siamo sicuri che la società sia così immatura da voler etnicizzare tutto? Ci sono diversi esempi di contesti multietnici che dimostrano come l’utilizzo in chiave”etnica” della democrazia diretta è, per quanto sempre possibile, assolutamente raro. In Svizzera, su centinaia di referenda negli ultimi decenni, meno di una manciata hanno avuto chiare “connotazioni” etniche. Anche se il recente referendum in tema di minareti ha dimostrato che lo strumento può essere utilizzato per discriminare le minoranze.
 In definitiva, la domanda non è se il referendum, in un contesto multietnico, possa essere utilizzato da una maggioranza contro una minoranza. Perché questo, in un modo o nell’altro, può sempre accadere. Le vere domande da porsi sono piuttosto altre: la società è sufficientemente matura per evitare di abusare del referendum come strumento di oppressione delle minoranze territoriali?
 Esistono strumenti che impediscano un facile abuso a tal fine del voto popolare diretto? Il rischio di qualche possibile forzatura etnica è compensato dal beneficio che il referendum può portare alla trasparenza del processo decisionale? Vogliamo una governance più partecipata pur con qualche rischio o un sistema paludato ma più sicuro? Questa è la scelta di fondo. Stanti tutte le garanzie possibili (e la nuova proposta indubbiamente ne prevede), è come fare un investimento: vogliamo un profilo più prudente (meno guadagni ma meno rischi) o uno più esposto a rischi ma con potenziali maggiori benefici?
Lo spazio che il nostro statuto (e l’intero sistema costituzionale) assegnano alla democrazia diretta è uno spazio variabile. Una piena equiparazione della democrazia diretta a quella rappresentativa non è ammessa, perché la scelta di fondo dell’ordinamento è per un sistema essenzialmente rappresentativo. Ma può essere uno spazio molto maggiore di quello attuale. L’importante è porsi le domande giuste, e darsi le risposte che si ritengono più appropriate. Non possiamo dimenticare la delicatezza dei rapporti tra i gruppi linguistici in questa Provincia, ma sarebbe un errore provincializzare il dibattito sulla democrazia diretta spostandolo da ciò che è (un contrappeso nel complessivo sistema decisionale) a quello che non può e non deve essere (uno strumento di regolazione dei rapporti tra i gruppi). Nulla è perfetto, tantomeno la democrazia diretta. Ma giudichiamone vantaggi e svantaggi in un’ottica complessiva e senza i paraocchi di una realtà troppo spesso ossessionata da se stessa e dai suoi fantasmi.
Alto  Adige 3-5-10
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lunedì, 03 maggio 2010


L’AUTONOMIA CHE NEGA I DIRITTI

LUCA FAZZI
Si avvicinano le elezioni comunali in provincia di Bolzano. Un amico di nazionalità italiana mi ha pochi giorni fa ricordato che le elezioni sono il momento massimo della democrazia. Essendosi da circa un anno trasferito in provincia di Bolzano e avendo preso qui la residenza ha purtroppo scoperto di non avere diritto di voto. Il motivo era al funzionario che ha risposto alla domanda di chiarimenti sconosciuto. Allora si è rivolto presso il Comune di residenza.
Voleva verificare se avrebbe potuto esercitare il diritto di voto in quella sede. La risposta è stata ancora una volta negativa. Non avendo più la residenza nel comune di origine, l’esercizio di voto non era richiesto. Nel 2010, in piena Europa la provincia di Bolzano brilla non solo nella classifica dei redditi procapite, ma anche in quella meno lusinghiera dei diritti civili negati. Alle ultime elezioni comunali 2005 alcuni cittadini si sono candidati senza presentare la dichiarazione di appartenenza linguistica. Il risultato è stato l’esclusione dalla competizione elettorale. Nel 2010 non sono state previsti cambiamenti alla normativa vigente. Anche il sistema scolastico rimane rigidamente separato. Un sistema di scuole miste da affiancare ai modelli delle scuole separate per garantire una possibilità di educazione adeguata per tutti viene considerato un attentato alla pace sociale. Bolzano rimane una città ostaggio delle decisioni provinciali con un Sindaco e una Giunta eterodiretti sulla base di interessi in larga parte alieni al territorio. Il timore dell’italianizzazione continua a rimanere uno spauracchio agitato a uso e consumo della tutela dei poteri forti. Sulle vie di montagna in aperto contrasto con la normativa statutaria imperano la toponomastica e le segnalazioni nella sola lingua tedesca. L’apertura di un inchiesta da risvolti iprevedibili non sembra fermare la sicumera di chi è convinto di essere sempre dalla parte della ragione.
 Perché tutto questo? Quaranta anni fa c’erano delle buone ragioni per richiedere una seconda Autonomia. I Magnago, i Benedikter, persino i terroristi di prima generazione - quelli prima dell’escalation della violenza - erano legittimi combattenti della libertà. Con l’approvazione del secondo Statuto di Autonomia e l’ancoraggio internazionale della tutela della minoranza tedescofona si è siglato un accordo che prevedeva la costruzione di una nuova base di convivenza. Questo accordo non ripiana i torti dell’annessione né le angherie del periodo fascista. Semplicemente si propone di guardare avanti e di costruire una società capace di dimenticare il passato. La seconda generazione dei politici SVP si è impegnata a ampliare le tutele del gruppo tedesco contribuendo a costruire una società di diffuso benessere. Nel corso del tempo, però il sistema delle tutele è diventato uno strumento di costruzione del consenso a uso e consumo di gruppi ristretti di potenti. Il presidente della provincia Durnwalder guida la Giunta provinciale da un tempo record di venticinque anni. Il suo stipendio è più alto di quello di Barak Obama. La giustificazione è che ha grandi responsabilità e che si sveglia presto al mattino e va a dormire tardi alla sera. Che le responsabilità sia più grandi di quelle del presidente americano fa sorridere. Che non siano banali invece è vero. Sarebbe sua responsabilità e responsabilità dell’attuale leadership del partito di raccolta traghettare la società locale verso un modello più aperto e rispettoso dei diritti dei singoli, un modello di società dove le persone non sono etichette sulla base della lingua con cui parlano ma delle proprie idee.
Nell’assenza completa di rappresentanti politici di lingua italiana, di Durnwalder e della leadership della SVP è la responsabilità di dimostrare che l’Europa è una terra dove i confini non esistono più. Scoprire che nel 2010 continua a sussistere restrizioni dei diritti di elettorato passivo, che esistono persone che non possono votare, che i percorsi scolastici sono pensati per creare distanza invece che comunicazione fa capire che la seconda generazione dei politici Svp rischia di essere arrivata al termine del proprio compito. Vedere che all’ordine del giorno dell’agenda di molti politici c’è il ripristino della toponomastica monolingue dà il senso dell’inarrestabile declino. Eppure nel mondo tedesco le istanze democratiche sono molto più vive che in quello italiano. Sarebbe opportuno che quanti all’interno di quel mondo hanno a cuore il futuro di questa terra facciano i primi passi per liberarsi delle vecchie eredità.
Invictus (tradotto con “Invincibile” nella versione italiana e “Unbezwungen” - indomito - in quella tedesca) è un bellissimo film da poco uscito nelle sale cinematografiche che sarebbe da proporre in tutte le scuole di ogni ordine e grado della provincia. Racconta della storia di Nelson Mandela della appena eletto presidente del Sudafrica. Lo sport più conosciuto nel paese era al tempo il rugby. La nazionale di rugby gli Springbooks era formata da soli bianchi (escluso un nero) e rappresentava l’orgoglio della popolazione boera. Il partito di Mandela un giorno decise di abolire il nome e la bandiera degli Springbooks che rappresentavano l’odiato passato separatista. Ma Mandela si oppose a questa decisione e con un discorso solitario all’assise del proprio partito ottenne con una risicata maggioranza di voti di mantenere il nome e il vessillo della squadra. La segretaria personale che in macchina gli chiedeva se le ragioni del suo gesto, incomprensibile alla maggior parte dei neri, fossero state politiche, Mandela rispose con queste parole: no è una questione umana. Per costruire una società nuova non si può vendicarsi del passato, Bisogna guardare al futuro. Nel 1995 la squadra degli Springbooks, assunta a simbolo dell’unità nazionale, vinse i mondiali di rugby, con il Presidente Mandela in tribuna con addosso la maglietta del capitano della squadra mentre neri e bianchi festeggiavano insieme sugli spalti dello stadio. In apertura di gara gli Springbooks avevano cantato l’inno del Sudafrica pre-apartheid. Anche se alcuni politici locali dedicano il loro tempo al lavoro e per questo motivo si considerano equamente remunerati, il consiglio è di andare a vedere questo film. Parla della Provincia di Bolzano. Così come non è. Così come potrebbe essere.
Alto Adige 1-5-10



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categoria:sociale, provincia di bolzano
lunedì, 03 maggio 2010


Servizi sociali: 265 euro a testa

BOLZANO. Cambia il sistema di finanziamento dei servizi sociali: lunedì l’assessore Richard Theiner porterà in giunta provinciale la delibera che contiene il nuovo sistema di finanziamento e quella che fissa i livelli essenziali delle prestazioni sociali. Temi questi che, nei mesi scorsi, sono stati oggetto di frizioni tra Provincia e Comune. Bolzano, in quanto sede di servizi multizonali, ovvero utilizzati anche da cittadini che non abitano nel capoluogo, ha rivendicato maggiori finanziamenti per la gestione e il funzionamento. Una settimana fa l’assessore Patrizia Trincanato ha ottenuto l’assicurazione che la Provincia ne terrà conto nella ripartizione delle risorse.
 Risultato: a fronte di un finanziamento medio annuo per i servizi sociali di 220 euro ad abitante, un comune come Bolzano - dove c’è un maggior fabbisogno di prestazioni sociali - ne riceverà 265. La spesa complessiva per i servizi sociali che include i distretti (assistenza domiciliare, assistenza economica, servizio sociopedagogico), i servizi per minori, i disabili, il disagio psichico, le dipendenze, l’emarginazione sociale e l’immigrazione, ammonta a 135 milioni di euro annui. Circa 110 milioni vengono finanziati dalla Provincia tramite il fondo sociale provinciale, il resto proviene dai Comuni e dalle tariffe pagate dagli utenti.
 Dal 1991 le sette comunità comprensoriali e il Comune di Bolzano (tramite l’Assb) sono i più importanti erogatori di servizi sociali in Alto Adige. Le strutture e i servizi sono circa 300, più di 2 mila i collaboratori e circa 50 mila le persone assistite annualmente.
 Per questi servizi verrà introdotto a partire da quest’anno un nuovo sistema di finanziamento, basato essenzialmente su una quota pro capite ponderata. Il sistema è stato elaborato dalla ripartizione politiche sociali in collaborazione con gli enti gestori e verrà presentato in giunta lunedì da Theiner.
 Finora i finanziamenti venivano concessi sulla base di un fabbisogno annualmente comunicato dagli enti gestori alla Provincia. «Negli anni - spiega Karl Tragust, direttore della ripartizione politiche sociali - si era sviluppata una certa tendenza a basare i finanziamenti sulla “spesa storica”, con stanziamenti che in tal modo avevano finito col distanziarsi dalle reali necessità».
 Col nuovo sistema cosa cambia? «I finanziamenti sono basati su indicatori oggettivi: ogni comunità comprensoriale sarà finanziata in base ai bisogni sociali del territorio. Territori con maggiori fabbisogni e situazioni di necessità (per esempio Bolzano e Merano) avranno una quota pro capite superiore rispetto a territori dove i bisogni sono inferiori».
Alto Adige 1-5-10
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categoria:salute, sociale

venerdì, 30 aprile 2010

L’acqua è un bene di tutti

Tanti sono disinformati, ma l’acqua è stata dichiarata dal governo bene economico, ciò prevede chiaramente la privatizzazione dell’acqua, merce di scambio! La possibilità stessa della vita, dalle forme più elementari alle forme più complesse, passando per l’intero mondo animale e vegetale è condizionata dall’acqua. La materia vivente è in buona parte acqua, di cui è indispensabile un costante e regolare rifornimento. Nel cristianesimo, il battesimo esprime una sintesi particolarmente intensa di quanto la Bibbia intera esprime nel simbolo dell’acqua, annunciando il giudizio e la grazia da parte di Dio. Oggi, la concorrenza per potere accaparrarsi la preziosa risorsa idrica crea tensioni forti fra diversi potenziali utenti: agricoltori, industriali e popolazione civile cercano tutti di avere acqua, senza curarsi delle esigenze altrui. L’accesso all’acqua potabile è ancora precluso ad un quarto dell’umanità, circa un miliardo e mezzo di persone mancano di acqua. L’acqua non è merce ma bene comune, non bisogno ma diritto. E’ necessario che l’accesso all’acqua dolce sia riconosciuto un fondamentale diritto umano, che l’acqua dolce necessaria per vivere costituisca un bene pubblico globale e non debba essere privatizzata. Le Nazioni Unite dovrebbero considerare le tensioni crescenti sulla disponibilità di acqua dolce come un problema critico per la pace e la sicurezza umana e dovrebbero agire per prevenire ulteriori ostilità in aree come quelle palestinesi, con una chiara strategia di costruzione della pace che risponda al bisogno di acqua di tutti. La pace si costruisce nella giustizia. L’acqua accompagna la storia del popolo eletto, assicurare l’acqua ad ogni essere umano è un comandamento! “Date da bere agli assetati!”
Alto Adige 30-4-10
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venerdì, 30 aprile 2010

IL 1º MAGGIO TRA SACRO E PROFANO

PAOLO CAMPOSTRINI
Il tempo libero sta diventando il primo settore economico dell’Alto Adige. Il guaio è che nessuno vuole lavorarci, tutti vorrebbero semplicemente viverselo. Al fondo della polemica sul Primo maggio aperto o chiuso ci sta forse questa nuova percezione della realtà. Che racconta di noi più di tante ricerche Astat: siamo, in fondo, una piccola repubblica fondata sul riposo.
 Oltre 12mila dipendenti provinciali hanno ridisegnato l’immaginario territoriale più dei mutamenti climatici: questa immanente visione da impiego pubblico dell’economia sta trascinando con sè una spiccata attenzione agli orari d’ufficio più che alla produzione del pil. E lo studio dei ponti festivi, le vacanze di ripartizione, i santi patroni da festeggiare anche se retrocessi dal calendario canonico, sono diventati un gioco di società.
 Vogliamo santificare le feste: ma durante le ricorrenze le chiese sono sempre più vuote mentre gli impianti di risalita ed il Garda sempre più pieni.
E così, capita a molti di noi di guardare ai nostri confinanti, siano essi veneto-lombardi o bavaresi (che invece il pil devono produrselo in casa), come a poveri cristi che ingolfano le autostrade per rimpolpare le partite Iva, dilatano gli orari di apertura dei negozi, propongono saldi fluttuanti per non riempire i magazzini di invenduto, resistono al mercato con i centri commerciali e si sporcano le mani nelle trincee della riconversione selvaggia. Insomma: tentano di sopravvivere alla crisi con le proprie gambe. Spesso private. Noi, al contrario, chiediamo al pubblico di continuare a proteggerci, come una coperta di Linus. Ma sarà sempre più complicato perchè il modello Alto Adige sta deviando: così come lo abbiamo trovato (rispetto del territorio, economia di vicinato per non spopolare le montagne, verde possibilmente non consumistico, turismo compatibile, bellezze incontaminate dalla speculazione) è stato frutto di interventi in profondità. Di scelte che hanno condizionato interi settori economici. Ma era compatibile con un meccanismo di erogazione di risorse oggi fuori parametro. Andrebbe conservato nei suoi valori di riferimento ma senza continuare a pensare che i costi della crisi costituiscano una variabile non inseribile nel nostro dibattito interno. Pensiamo al commercio. Per non adeguare il sistema al mercato, accettiamo che i nostri prezzi salgano molto più di quelli italiani: freniamo i megastore ma chiediamo ai consumatori di accollarsi i costi economici del sostegno alle piccole aziende di vicinato. Così salviamo la cornice del modello ma costringiamo la gente a pagare il doppio ogni acquisto, dal caffè al monolocale. Fino a quando il sistema potrà compensare questa inflazione dilatata con i contributi casa, i mutui agevolati, il sostegno ad interi settori? Il problema non è lavorare o no il Primo maggio. Il nodo è che, fino a poco fa, in Alto Adige si dibatteva se aprire i negozi le domeniche di dicembre e, ancora, se chiudere il sabato pomeriggio. L’idea del commercio come servizio pubblico (tenere aperto quando le altre categorie non lavorano e vicerversa) è ancora un traguardo da conquistare. E, infatti, Bolzano stenta a decollare come città turistica perchè l’unico portone aperto che trovano gli ospiti nel weekend è quello di Ötzi. Nelle nostre vertenze di lavoro tendiamo a mettere in mezzo, più che i prezzi di mercato, i valori della religione e della famiglia. Ma sarà difficile vivere la prima e mantenere la seconda se non aggiungeremo più flessibilità alle nostre rigidità rivendicativo-identitarie. L’Alto Adige resterà ancora a lungo un modello di riferimento, l’integrità del suo territorio una risorsa da non disperdere, neppure a fronte di altre esperienze territoriali apparentemente più dinamiche. Ma questo modello costa, oggi più di ieri. E per mantenerlo occorrerà innovare. Anche gli orari.
Alto Adige 30-4-10
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giovedì, 29 aprile 2010

Parla mamma coraggio: «Non mi pento perché così ho salvato il mio ragazzo»

GIANFRANCO PICCOLI
 BOLZANO. «E’ stata una scelta difficile, ma non mi pento. Spero che questo momento di grande sofferenza, per me e per lui, serva per dare una svolta alla vita di mio figlio». La mamma del diciassettenne arrestato per spaccio è una maschera di dolore. Il suo ragazzo è stato arrestato per spaccio dopo che la donna aveva chiesto aiuto alla polizia.
Ieri mattina il ragazzo, difeso dall’avvocato Domenico Laratta, è stato sentito dal Gip nell’interrogatorio di convalida dell’arresto. Non potrà tornare a casa, non ora: il giudice ha deciso per un affidamento ad una struttura per minori.
 La madre dell’adolescente ha deciso di parlare con l’Alto Adige per chiarire alcuni punti di una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica. Dietro a questo arresto c’è una storia di «ordinario» disagio giovanile. Con un finale diverso da tanti altri: una mamma che ha deciso di mettere in gioco tutto il suo amore, scontrandosi con la paura di perdere affettivamente un figlio, litigando con i sensi di colpa che affiorano.
 E’ vero che ha denunciato suo figlio?
 «No, non è vero e questo lo ha spiegato anche il giudice ieri a mio figlio durante l’interrogatorio. E’ accaduto che, ad un certo punto, preoccupata per il suo stile di vita, per certi suoi comportamenti e frequentazioni, mi sono rivolta alla polizia per chiedere aiuto e consigli, per capire a quali conseguenze sarebbe potuto andare incontro. Ma la verità è che il nome di mio figlio era già noto alle forze dell’ordine: non l’ho denunciato, non sono stata io a chiedere che lo arrestassero. Anche perché io su di lui avevo sospetti, ma nessuna certezza. Ci tengo a chiarire un’altra cosa».
 Prego.
 «E’ circolata la voce che ho fatto i nomi di presunti complici di mio figlio: nulla di più falso. Mai fatto il nome di nessuno».
 Perché è andata in questura?
 «Innanzitutto per proteggere mio figlio. Poi per tutelare la famiglia».
 Non deve’essere stata una scelta facile.
 «Ma secondo lei quale genitore vorrebbe vedere proprio figlio in carcere? Sto soffrendo tremendamente, non so neppure quando potrò rivederlo di nuovo. La speranza è che tutto questo possa portare ad un radicale cambiamento nel mio ragazzo».
 Suo figlio sapeva che si era rivolta alla polizia?
 «Lo sapeva. E anche per questo aveva del risentimento nei miei confronti. Ed ora pensa che sia stato io a denunciarlo...».
 Se è andata in questura, evidentemente era esasperata...
 «Da tempo vedevo che la sua vita era fuori dai binari. Avevo dovuto ritirarlo da scuola, nonostante i voti fossero buoni, ma le sue assenze crescevano sempre più. Ha cominciato a non rispettare le regole».
 A quell’età è abbastanza normale avere moti di ribellione nei confronti dell’autorità, delle regole.
 «Era una situazione che andava avanti da parecchio tempo e i miei interventi educativi continuavano a cadere nel vuoto. Lui ha continuato a promettere di rimettersi in riga, ma non lo ha mai fatto. Non sapevo più come comportarmi: a volte tornavo a casa e mi chiedevo: “E adesso che cosa faccio?. Si concede sempre un po’ di fiducia...».
 Fino a quando è arrivata la polizia a casa.
 «Un momento terribile per tutti: sono arrivati gli uomini in divisa e lo hanno portato via».
 Signora, ora si pente di quello che ha fatto?
 «E’ da tre giorni che piango e lui non mi vuole parlare. Ma, no, non mi pento. Era giusto che mio figlio sapesse che quando lo riprendevo non stavo scherzando. Spero che la mia scelta sia d’esempio per altri genitori nella stessa situazione: quando si entra in questa spirale, non si riesce ad uscirne da soli, bisogna chiedere aiuto. Anche alla polizia».
 Adesso suo figlio si trova in una struttura per minori.
 «Spero con tutto il mio cuore che per lui sia un momento di svolta. A casa non voleva più rispettare le regole, adesso sarà costretto a farlo. Ma soprattutto mi auguro che nasca in lui una nuova coscienza».

GIUSEPPE MAIOLO

Perché di coraggio ce ne vuole per arrivare a compiere questo gesto. Ci sarà stata anche la forza della disperazione, quella che spinge un genitore a cercare di uscire da un incubo e tentare di salvare il proprio figlio chiedendo aiuto alla Polizia. Ma non c’è dubbio che in un tempo in cui prevale il buonismo genitoriale e la tendenza a giustificare i comportamenti dei figli, magari attribuendo le colpe sempre a qualcun altro, un gesto del genere se non è unico è certamente raro. E’ qui che si impone una riflessione.
 Chiedere aiuto denunciando il figlio rimane un gesto importante, dettato anche dall’amore del genitore oltre che dall’angoscia. Però mi chiedo se comunque a questo gesto non si debba ascrivere anche le dimensione del fallimento educativo. Ovvero: come educatori siamo riusciti a far passare al minore l’attrezzatura necessaria a riconoscer il pericolo, a evitare il rischio? Come genitori siamo stati capaci di porre dei limiti e, caso mai, in grado di negoziare con i figli le loro richieste o contenere le naturali forze oppositive? In altre parole perché la situazione è degenerata al punto tale che dobbiamo richiedere l’intervento delle forze dell’ordine per salvaguardare, addirittura col carcere, l’esistenza dei un figlio.
 Con ciò non penso minimamente a un atto di accusa specifico nei confronti di madre-coraggio. Però temo che oggi ci sia spesso un nesso tra i nostri atteggiamenti educativi improntati più al permissivismo e alla minimizzazione delle responsabilità e le azioni compiute dai minori che con il tempo finiscono col diventare comportamenti disfunzionali o addirittura deviati. Fino a quando non la smetteremo di rimanere silenziosi se un bambino non rispetta le minime regole di convivenza, di sorridere se compie gesti di prevaricazione già all’asilo, o liquidare con il termine “bravata” la derisione, l’offesa, il furtarello, l’inganno ma anche ogni apparente “stupidaggine” che invece dovrebbe essere considerate come trasgressione da rilevare e sanzionare, rischieremo implicitamente di autorizzare ogni tipo di comportamento e fare sì che l’adolescente non sia in grado di valutare le conseguenze delle sue azioni. Questa madre con la sua denuncia che ha portato all’arresto del figlio, certamente si è riappropriata delle sue funzioni educative, ma forse un po’ in ritardo perché come dice Livia Pomodoro, già presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, “Il carcere non serve: li dobbiamo prima di tutto educare!”
Alto Adige 29-4-10

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martedì, 27 aprile 2010

Badanti e famiglie con Assist si incontrano domanda e offerta

 BOLZANO. Quasi un centinaio di famiglie in un anno e mezzo si sono rivolte alla cooperativa Assist per trovare una badante. E’ l’effetto dell’approvazione della legge sul fondo per non autosufficienti.
 La cooperativa (che non prende contributi pubblici e vive grazie agli aiuti di altre cooperative e al finanziamento della banca Ugf) è nata per creare un punto di contatto fra domanda ed offerta: «Molte famiglie hanno bisogno di una badante, ma non sanno come orientarsi, pensiamo solo al contratto di lavoro», ha spiegato Alberto Stenico, presidente di Assist e Legacoop.
 Sono ormai moltissime le badanti - 350 - che si rivolgono ad Assist per trovare un’occupazione. «L’attività della cooperativa è una strada per far emergere il lavoro nero - ha aggiunto Stenico - anche se, e lo ritengo un errore, per ora non è necessario giustificare la spesa sostenuta con gli assegni del fondo per non autosufficienti». Si calcola che in Alto Adige ci siano 13 mila non autosufficienti, un terzo dei quali è assistito in strutture. Le badanti, invece, sono circa 3.000.
Alto Adige 27-4-10
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martedì, 27 aprile 2010

Acqua, già 100mila firme contro la privatizzazione

ROMA. Partenza straordinaria per la raccolta firme del referendum per l’acqua pubblica. Più che raddoppiato l’obiettivo che il Comitato promotore si era dato alla vigilia del lancio. Sono infatti oltre centomila le firme raccolte nel fine settimana della Liberazione in centinaia di piazze italiane. Una mobilitazione impressionante che ha visto lunghe file ai banchetti di tutte le città e dei paesi. Un folla consapevole e determinata, che in alcuni casi ha fatto anche diversi chilometri per trovare il banchetto più vicino a casa (l’elenco completo è su www.acquabenecomune.org). Oltre 12mila firme in un solo giorno in Puglia, 10mila a Roma, 4mila firme a Torino città, 3500 a Bologna, 2500 a Milano. Dati impressionanti dalle piccole città: 4200 firme a Savona e provincia, 2mila firme a Latina e Modena. Dati sorprendenti sui paesi: 1300 firme ad Altamura, 850 a Lamezia. Molti sindaci e amministratori hanno firmato in piazza.
 Il comitato promotore esprime soddisfazione per il successo delle iniziative. “Siamo di fronte ad risveglio civile - dice -, un risveglio che parte da associazioni e da cittadini liberi, un risveglio che parte dall’acqua”.
Alto Adige 27-4-10
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lunedì, 26 aprile 2010


Parcheggi fuori dall’ospedale Il Ctcu chiede quelli a disco orario

BOLZANO. Nei giorni scorsi rappresentanti del “Comitato contro la speculazione sul nuovo parcheggio dell’ospedale di Bolzano” e del Centro tutela consumatori utenti si sono incontrati con l’assessore Klaus Ladinser, il quale - si legge in una nota del Ctcu - ha smentito la notizia che la reintroduzione delle cosiddette «zone di sosta blu» presso l’ospedale fosse cosa già decisa. Nonostante lo stesso si dichiari contrario al ripristino dei parcheggi, la Commissione traffico, competente in materia, riesaminerà la questione.
 «I dubbi dell’Assessore - scrivono Ctcu e Comitato - riguardano soprattutto il flusso del traffico nei pressi dell’ospedale, nonché, più in generale, la mobilità. Quale assessore competente si dimostrerà comunque disponibile a considerare gli argomenti portati in campo. E di questi argomenti ce ne sono davvero tanti. Non è infatti accettabile che un servizio accessorio di una struttura destinata a tutelare il diritto fondamentale alla salute, dove nessuno si reca per “scopi ludici o ricreativi”, venga sfruttato da chiunque per generare allettanti guadagni aggiuntivi. I consiglieri comunali di Bolzano non dovrebbero approvare e sostenere in alcun modo un tale sistema, in quanto l’Ospedale di Bolzano è sicuramente fra i luoghi più frequentati del capoluogo».
 «In tempi di “magra” - prosegue ancora il documento - alle già magre casse delle famiglie si imponga questo odioso balzello aggiuntivo. Nessuno si meravigli se poi il “motore dell’economia” tarda a ripartire».
 I rappresentanti del Comitato e del Ctcu vogliono ricordare ai consiglieri comunali «che quasi 15.000 cittadini hanno firmato una petizione nella quale veniva chiesto di fissare un tetto massimo della tariffa a 0,50 euro l’ora, il conteggio della tariffa a minuti dopo la prima ora, il ripristino dei parcheggi di superficie a disco orario per soste brevi, il potenziamento dei trasporti pubblici da e per l’ospedale nonché posti gratuiti per i dipendenti in base alle esigenze di servizio».
Alto Adige 26-4-10

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domenica, 25 aprile 2010
25 APRILE "Festa della riunificazione d'Italia"


Napolitano celebra la Liberazione

Il discorso del presidente della Repubblica alla Scala di Milano: parallelo tra Resistenza e Risorgimento. Commozione nel ricordo di Sandro Pertini. E cita Berlusconi un anno fa a Onna
MILANO - "Il 25 aprile è non solo festa della Liberazione: è festa della riunificazione d'Italia". Nel 65° anniversario della Liberazione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano traccia un'ideale linea di collegamento tra Risorgimento e Resistenza e liquida come "sghangherate battute" le polemiche sull'anniversario, il prossimo anno, dell'Unità d'Italia. "Quella unità", sottolinea il capo dello Stato nel suo discorso al teatro alla Scala di Milano, "rappresenta oggi, guardando al futuro, una conquista e un ancoraggio irrinunciabili".

La Repubblica
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domenica, 25 aprile 2010

La Provincia riconosce le coppie di fatto sull’esenzione per i ticket sanitari

L’autocertificazione per l’ottenimento dell’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, in provincia di Bolzano, prevede alla casella 99 che una persona appartenente ad un nucleo familiare che raggiunga il valore della situazione economica di 1,5 (in base ai parametri) benefici di tale agevolazione. Per la determinazione di tale reddito occorre osservare la disposizione prevista dall’articolo 9: l’esenzione dal ticket sanitario è inquadrato tra le prestazioni di assistenza economica sociale e considera il nucleo familiare quello di “fatto”.
 Il medesimo oltre a considerare la normale famiglia composta di genitori e figli comprende anche i partner conviventi. È strano che la legislazione italiana da anni è impegnata a riconoscere le coppie di fatto attraverso proposte di legge mai riuscite ad entrare nelle porte parlamentari per essere legiferate mentre la Provincia di Bolzano con la sua autonomia è riuscita a determinare una propria regolamentazione. A seguito di tali premesse è frequente trovare coppie conviventi in cui solo uno dei conviventi ricopre la figura di genitore mentre l’altra si trova a convivere senza avere un legame effettivo di sangue. A questa famiglia “di fatto” è preclusa la possibilità da parte del convivente di detrarre fiscalmente i figli a carico oppure di detrarre le spese sanitarie per l’altro convivente o dei figli del convivente oppure di non poter ereditare il patrimonio del convivente in caso di morte o di non essere riconosciuto il diritto a percepire la pensione del defunto convivente, etc etc. In sostanza sempre per legge la coppia è riconosciuta solo attraverso il matrimonio. È qui che scatta l’assurdo perché queste famiglie magari costituite da pochi mesi all’anagrafe comunale si trovano di colpo a dover affrontare l’obbligo di pagare il ticket sanitario che fino ad un momento prima magari ne beneficiava.
 La conseguenza è che il convivente qualora il suo partner non sia in grado di affrontare le spese che fino a prima non erano dovute si trasforma in sostituto della Provincia e pagatore dei ticket sanitari del proprio convivente per la sola ragione di condividere un tetto e di possedere un reddito che oltrepassa i parametri previsti per l’esenzione. La stessa cosa vale anche per le coppie di fatto gay che con questa regolamentazione la Provincia riconosce a pieno titolo. È strano anche che esista l’articolo 10 della stessa legge che inquadra il nucleo familiare ristretto per la valutazione economica ai fini del pagamento delle tariffe dei servizi composto anche qui dai partner conviventi ma solamente qualora siano tutti e due genitori dei figli. La conclusione è che nel “diritto” in provincia di Bolzano la coppia di fatto non esiste ma nei “doveri” sì. Insomma per la legge italiana e per la chiesa le “coppie di fatto” non esistono ma per la Provincia di Bolzano tutto questo è già realtà.
Alto Adige 25-4-10
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domenica, 25 aprile 2010

Pensioni di reversibilità parte anche in Alto Adige una class action

 BOLZANO. Parte anche in Trentino Alto Adige la class action del Codacons per consentire ai pensionati ante 1994 che avevano ricevuto anche la pensione di reversibilità del coniuge deceduto, di ricevere l’indennità integrativa speciale per intero e non dimezzata. La Corte dei Conti, infatti, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, ha sancito il diritto dei pensionati ad avere per intero tale indennità. Attraverso questa class action l’associazione chiede al Governo di emanare direttive che obblighino l’Inpdap ad erogare circa 2 miliardi di euro di arretrati.
 Tutti i pensionati pubblici del Trentino Alto Adige iscritti all’Inpdap possono aderire gratuitamente alla class action. Gli interessati - spiega l’associazione - devono mandare una raccomandata all’Inpdap utilizzando il modulo pubblicato sul sito www.codacons.it, al fine di interrompere la prescrizione. Il Codacons ha inoltre istituito un numero verde gratuito (800 121 444 attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 18.00).
Alto Adige 25-4-10
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domenica, 25 aprile 2010

Democrazia diretta, presentato un disegno di legge di riforma

BOLZANO. E’ stato presentato ieri da Iniziativa per più democrazia, un disegno di legge di riforma che punta a migliorare la legge attualmente in vigore sulla democrazia diretta. «La proposta è stata formulata sulla base dell’esperienza fatta in occasione del referendum di ottobre - spiega Raffaella Zito, neo-vicepresidente di Iniziativa - abbiamo preso sul serio i timori espressi dalle minoranze linguistiche provinciali di essere fagocitati dalla maggioranza, ed ora proponiamo un rimedio».
 Tra i quattro punti che Iniziativa per più democrazia ritiene indispensabile introdurre, c’è la clausola di tutela dei gruppi linguistici in caso di quesiti giudicati «etnicamente sensibili». La Commissione dei giudici, che attualmente decide sull’ammissibilità dei quesiti referendari, avrà il compito di valutare se un quesito è delicato per un particolare gruppo linguistico. In quel caso il referendum dovrà ottenere una doppia maggioranza: quella complessiva a livello provinciale e quella dei Comuni la cui popolazione appartenga per la maggioranza a quel gruppo linguistico.
 «Se un quesito fosse giudicato sensibile per il gruppo italiano - spiega ancora Zito - passerebbe solo se ottenesse la maggioranza sul territorio provinciale ma anche nei Comuni di Bolzano, Laives, Vadena, Bronzolo, Salorno. Se mancherà una delle due maggioranze il referendum non passerà».
 Gli altri tre punti di riforma previsti dal disegno di legge sono: l’abbassamento del quorum di partecipazione al 15%: l’attuale quorum al 40% porta ad adottare strategie non democratiche come l’astensionismo, che invalidano il risultato del referendum; l’assicurazione di un’informazione istituzionale obiettiva e neutrale, poiché nel primo referendum provinciale si è riscontrata una mancanza di informazione; l’introduzione del referendum confermativo su determinate decisioni della Giunta provinciale.
Alto Adige 25-4-10
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sabato, 24 aprile 2010





Acqua, oggi le firme contro la privatizzazione a LAIVES

 Oggi, dalle 9 alle 12, davanti al municipio di Laives sarà possibile firmare per un referendum contro la privatizzazione dell’acqua potabile, una campagna che si svolge contemporaneamente anche in altre numerosissime città italiane, sempre a cura dei Verdi. (b.c.)
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venerdì, 23 aprile 2010

Comincia la battaglia per l’acqua

ROMA. La grande battaglia dell’acqua sta per iniziare. Da sabato il Forum italiano dei movimenti per l’acqua inizia la raccolta di firme per abrogare le norme del decreto Ronchi che prevedono la liberalizzazione dei servizi idrici. Qualche giorno dopo, il primo di maggio, inizierà una seconda raccolta di firme contro il decreto, a opera del partito di Antonio Di Pietro. Infine è di ieri l’annuncio da parte del leader del Pd Pier Luigi Bersani di una petizione contro la «privatizzazione» dell’acqua che punta a raccogliere un milione di firme. «Simpatizziamo con i referendari - ha detto - ma sappiamo bene che da 15 anni a questa parte i referendum falliscono». Meglio quindi tentare la via parlamentare con l’obiettivo di cambiare la legge. Tante iniziative che vanno nello stesso senso, dunque, ma che sono anche lo specchio delle divisioni tra i partiti, i movimenti e le associazioni del centrosinistra.
 In sostanza le nuove norme del decreto Ronchi prevedono, salvo casi eccezionali, che gli enti locali affidino la gestione dei servizi idrici tramite gara e comunque senza che le aziende pubbliche eventualmente coinvolte abbiano un ruolo prominente. «Questa è la privatizzazione dell’acqua», la «mercificazione» di un bene fondamentale, «il via libera all’aumento delle tariffe», hanno tuonato le associazioni riunite nel Forum dei movimenti. «Questa è una bugia, uno slogan bugiardo», ha risposto il ministro delle Politiche europee Andrea Ronchi, «le nuove norme portano trasparenza, invocano investimenti per una situazione non più sostenibile. Dove si è attuata la liberalizzazione, come in Francia, i prezzi sono diminuiti a favore dei cittadini».
 I numeri dell’acqua ci dicono che il consumo medio italiano si attesta intorno a circa 250 litri al giorno pro-capite. La regione che consuma più acqua potabile è la Lombardia con 1.452 milioni di metri cubi, seguita dal Lazio (1.140), Campania (872), Veneto (730), Sicilia (626), Piemonte (594), Emilia-Romagna (517), la Toscana (460), Sardegna (298), Abruzzo (291), Friuli Venezia-Giulia (224), Trentino Alto-Adige (214), fanalino di coda la Valle d’Aosta (40).(a.co.)

Bene pubblico in appalto

ROMA. Nel novembre dello scorso anno le Camere hanno approvato il cosiddettto decreto Ronchi che, tra l’altro, contiene le nuove norme sulla gestione dell’acqua. Il decreto, che ribadisce come la proprietà dell’acqua resti pubblica, prevede che la gestione dei servizi pubblici sia conferita dagli enti locali in via ordinaria attraverso gare pubbliche mentre gli affidamenti diretti (quindi senza gara) siano permessi solo in casi straordinari. Nel primo caso le società possono essere o private o miste pubblico-privato. Nel secondo, previa autorizzazione, l’ente locale può affidare la gestione a una società (senza gara) su cui esercita però un controllo molto stretto.
 I tre referendum promossi dal Forum italiano dei movimenti si propongono di abrogare le norme del decreto Ronchi e altre precedenti che, secondo i promotori, porteranno alla privatizzazione e alla mercificazione dell’acqua. In caso di vittoria si tornerebbe all’affidamento del servizio a enti di diritto pubblico (azienda speciale, azienda speciale consortile, consorzi tra comuni) che qualificherebbero il servizio come privo di rilevanza economica.(a.g.)
Alto Adige 23-4-10
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categoria:ambiente, sociale
giovedì, 22 aprile 2010

«Iniziativa per più democrazia» torna sulla scena politica

BOLZANO. Dopo i referendum falliti dello scorso anno - anche se il quorum era stato sfiorato - per un po’ di tempo erano scomparsi dalla circolazione, adesso però tornano in campo con volti nuovi e un nuovo progetto politico. Loro sono quelli di «Iniziativa per più democrazia», e domani si presenteranno ufficialmente in pubblico per la prima volta.
 A far naufragare il progetto referendario nel 2009 era stato, di fatto, il fortissimo astensionismo da parte degli elettori altoatesini di lingua italiana e di molti partiti che avevano visto nel ricorso alla democrazia diretta il rischio di una sorta di dittatura della maggioranza, con gli italiani costretti perennemente in minoranza. E questo anche su temi etnicamente sensibili.
 Da qui gli aggiustamento decisi in questa fase di riassetto attraverso due misure: riequilibrio etnico all’interno di «Iniziativa» e una serie di modifiche dell’attuale normativa provinciale sulla democrazia diretta e i referendum. Direttivo: prima era di 7 elementi, due dei quali di lingua italiana, ora passa a 9, quattro dei quali di lingua italiana. Si tratta di Cornelia Dell’Eva, un volto noto della scena sociale altoatesina, di Claudio Campedelli, Raffaella Zito e Marco Tavernar. A loro si aggiungono i cinque componenti di lingua tedesca ovvero: Otto von Aufschnaiter - confermato alla presidenza - Karl Berger, Erwin Demichiel, Marlene Stein e Berndt Karner.
Per quanto riguarda la normativa invece, lunedì verrà depositata presso la Ripartizione Servizi Centrali della Provincia, un disegno di legge di riforma della legge del 2005 sulla democrazia diretta per il quale inizierà quanto prima la raccolta delel firme. A quel punto entro due mesi l’apposita commissione dovrà pronunciarsi sulla legittimità del quesito referendario. A meno che, ovviamente, nel frattempo il consiglio provinciale non faccia proprie le istanze di modifica contenute dalla proposta di «Iniziativa per più Democrazia». Il gioco quindi è tutto qui, quello di stimolare la politica ad occuparsi del problema in tempi brevi. Vediamo ora quali sono i contenuti del disegno di riforma. In sostanza si tratta di 4 punti: la riduzione del quorum dal 40% attuale al 15% (in modo da spuntare l’arma dell’invito all’estensionismo, che risulterebbe folle con una soglia così bassa); l’introduzione di una clausola di garanzia in caso di quesiti etnicamente sensibili, con obbligo di doppia o tripla maggioranza a tutela delle minoranze linguistiche della provincia (un po’ come accade col voto separato per gruppi etnici nella democrazia rappresentativa ordinaria); il voto referendario su atti amministrativi e non solo legislativi (che toccherebbe quindi grandi opere, piani di settore e via dicendo) e infine la garanzia di un’informazione istituzionale neutra e oggettiva sui quesiti da parte dell’ente pubblico (a differenza di quanto accaduto l’ultima volta). (m.f.)
Alto Adige 22-4-10
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categoria:sociale
domenica, 18 aprile 2010


Referendum per l'acqua: si parte!

Come era stato annunciato dalla lettera di Padre Alex Zanottelli, parte la raccolta di firme a livello nazionale per il referendum contro la privatizzazione dell'acqua.
I motivi che si possono elencare contro il provvedimento che impone la privatizzazione dell'acqua sono numerosi e tutti validi, ma basterebbe soltanto verificare come questa privatizzazione è stata gestita lì dove è stata già applicata da alcuni anni.
Non dobbiamo illuderci, come potete leggere di seguito nella nostra provincia, soprattutto nei comuni più grandi, il rischio che si debba applicare entro il 2011 la legge nazionale che prevede la privatizzazione dei servizi pubblici essenziali è molto concreto. Quindi privatizzazione dell'acqua , ma non solo, anche della raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani, ecc.
Sulla scorta dell'azione nazionale anche nella Provincia di Bolzano si è costituito un Comitato referendario Acqua bene Comune - Provincia di Bolzano, che aprirà la raccolta firme il giorno 24 aprile dalle 9 alle 13 in piazza Municipio a Bolzano. Seguiranno numerosi altri banchetti  e punti di raccolta per le firme in tutta la provincia.
Non possiamo nasconderci che la soglia di quorum per il referendum a livello nazionale è decisamente alta, il 50%. Ma questo non ci scoraggia e sicuramente non invalida quelle che sono le motivazioni contrarie alla privatizzazione dell'acqua.
Ambiente e Salute sostiene questa iniziativa referendaria e invita tutti a firmare per il referendum. Vi terremo informati su dove  e quando sarà possibile depositare la propria firma.
Molto volentieri intanto pubblichiamo l'appello lanciato dal Comitato referendario Acqua bene Comune - Provincia di Bolzano.


Paola Dispoto

Appello alle associazioni, ai cittadini e cittadine (folgt in deutscher Sprache)

Si sta costituendo il Comitato referendario Acqua bene Comune - Provincia di Bolzano.
Come nelle altre Regioni italiane il comitato avrà il compito di informare i cittadini sul concreto rischio di privatizzazione della gestione dell'acqua potabile, causato dall'ultimo decreto legislativo del Governo (l'art. 23 bis L. 133/08 così come modificato dall'art. 15 L. 166/09, detto decreto Ronchi), che è stato approvato arrogantemente con la fiducia sottraendosi a qualsiasi discussione parlamentare. Purtroppo il Governo ha voluto intrecciare la normativa sulla gestione dei servizi pubblici essenziali (energia, acqua, nettezza urbana, ecc.) con il rispetto delle leggi Europee alla libera concorrenza. Tale forzatura politica mette a rischio anche la nostra Autonomia Provinciale, che si era dotata di una buona legge sulla gestione dei servizi pubblici essenziali. Anche se necessarie, a poco serviranno le integrazioni agli statuti comunali che ridefiniscono l'acqua come bene non a rilevanza economica (come fatto a Merano). Inoltre, quasi tutte le forze politiche in Alto Adige hanno affermato di essere contrarie alla imposizione forzata di privatizzare il servizio di gestione dell'acqua potabile, ma questo non garantisce il diritto all'acqua pubblica dei cittadini italiani e sudtirolesi. La nuova normativa obbliga le aziende pubbliche che gestiscono l'acqua potabile in Sudtirolo entro il 31 dicembre 2011 alla vendita forzata del 40% del capitale. Non possiamo concedere agli interessi privati di pochi nemmeno uno spiraglio legislativo, che ci possa privare del diritto all'acqua pubblica. Per questo il Forum Italiano dei Movimento per l'acqua (www.acquabenecomune.org) ha promosso la campagna referendaria con tre quesiti abrogativi. Tre mesi di raccolta firme con inizio il 24 aprile 2010. Obbiettivo minimo: 500.000 firme.

Anche noi in Alto Adige dobbiamo fare la nostra parte!

Vi chiediamo:
*    Aderire ufficialmente come ente/associazione/sindacato/partito alla campagna referendaria
*    Motivare i propri iscritti a contribuire nelle azioni di raccolta firme
*    Se tra i propri iscritti ci sono pubblici ufficiali invitarli a presenziare i tavoli
*    Inviare ai propri iscritti l'invito di andare a firmare nel proprio comune di appartenenza
*    Di informarci sulle vostre iniziative e feste in cui prevedere la raccolta firme
*    Attenzione alle feste del 25 aprile e del 1° maggio!

Vi offriamo
*    Invio e ritiro dei moduli referendari a tutti i comuni del Sudtirolo
*    Moduli di raccolta firme ufficiali della campagna referendaria nazionale nella sede del Dachverband (Piazza del Grano 10, Bolzano).
*    Materiale informativo bilingue per i banchetti (almeno in formato elettronico).
*    Coordinamento pubblici ufficiali (Dachverband area Bolzano)

Prossimi appuntamenti:

Sabato 24 aprile alle ore 9-13 in piazza Municipio a Bolzano, primo banchetto referendario con mobilitazione popolare e conferenza stampa.
È in definizione un incontro con l'Assessore Laimer per ottenere una adesione da parte del Consiglio Provinciale alla campagna referendaria.
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domenica, 18 aprile 2010

Maxi-stangata su acqua e rifiuti

VINDICE LECIS
ROMA. Tariffe per i rifiuti solidi urbani cresciute del 29,1% e quelle dell’acqua del 31,8%. Postali rincarate del 13%, ferroviarie del 26% e marittime del 38%. Negli ultimi cinque anni è stata una stangata continua per le famiglie: le tariffe pubbliche sono aumentate del 15%, con un salto di cinque punti oltre l’inflazione, mentre quelle locali hanno spiccato un volo del 21,8%. Sono i dati elaborati dall’Osservatorio «prezzi e mercati» di Unioncamere riferiti al quinquennio 2005-2009.
 Il colpo maggiore ai consumatori è arrivato dalle tariffe locali che nel 2009 hanno registrato aumenti del 4,5% (4,5% i rifiuti urbani e 7,6% l’acqua potabile) rispetto a un’inflazione dello 0,8%. «Tali aumenti - spiega Unioncamere - sono da ascrivere alla convergenza delle tariffe verso livelli compatibili con la totale copertura dei costi del servizio, secondo un processo di ristrutturazione che implica per il settore rifiuti il passaggio dalla tassa (Tarsu) alla tariffa (Tia) e, per quello dell’idrico, il passaggio al Metodo normalizzato previsto dalla legge Galli».
 Unioncamere conferma che sono messi a dura prova i bilanci familiari e delle imprese e sollecita dunque «maggior moderazione». Chiede invece un intervento deciso al governo il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, che denuncia l’assenza in Italia «di freni ai prezzi e alle tariffe» che hanno avuto «aumenti abnormi», unici in Europa. Il Codacons propone al governo di studiare «meccanismi di contenimento bloccando quelle essenziali per i nuclei familiari».
 Anche il fronte delle assicurazioni resta bollente. Lo conferma il ministero dell’Economia secondo il quale dal 1996 al 2009 i prezzi di Rc auto e altri prodotti assicurativi sono lievitati sino al 131,3% contro il +35,3% della zona euro. L’Italia ha il primo posto dei rincari davanti a Regno Unito (+78,6%), Spagna e Germania. Secondo uno studio del Dipartimento del Tesoro, tra le voci che maggiormente incidono sull’economia delle famiglie, oltre ad assicurazione e servizi finanziari figurano gli affitti, l’acqua potabile, i rifiuti. Ma anche l’abbigliamento, calzature, libri e mobili. Si conferma inoltre il boom dei prezzi dei servizi finanziari (+89%) largamente superiori a quelli della media europea.
 Proprio su banche e assicurazioni intervengono le associazioni dei consumatori per chiedere conto al governo di una promessa disattesa: il blocco delle tariffe. «Le assicurazioni auto insieme alle banche - sostengono Adusbef e Federconsumatori - continuano a porre gravi problemi per le tasche dei cittadini ed è grave il fatto che nel 2010 si stia andando verso aumenti del 15%». Le due organizzazioni spiegano come negli ultimi 15 anni le tariffe obbligatorie Rc auto siano passate da 391 euro del 2004 ai 995 dello scorso anno. E nel 2010 si arriverà al 170% di aumento sul 1974 di 734 euro.
Alto Adige 18-4-10
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venerdì, 16 aprile 2010

Incentivi statali confusione nei negozi per ottenere lo sconto

BOLZANO. Sono iniziati ieri gli incentivi statali, ma l’intasamento che ci si poteva aspettare nei reparti di elettrodomestici si trasferisce sulle linee telefoniche. Nessuna ressa, quindi, nei settori cucina di “Euronics” e “Trony”. In molti, infatti, avevano già scelto il modello nei giorni precedenti e attendevano solamente il via libera dal Ministero.
 «L’organizzazione - dichiara il responsabile di “Euronics” in Corso Libertà Fabrizio Fogado - è complessa e macchinosa. Lo sconto sui prodotti viene fatto direttamente alla cassa, ma prima deve essere autorizzato dal Ministero attraverso un codice. La detrazione del 20% è accessibile fino a un monte totale di 50 milioni per tutto il Paese. Non solo, una volta ottenuto il nullaosta statale dobbiamo copiare un codice, compilare delle carte e andare in posta per il rimborso al negozio, il tutto dopo l’operazione di registrazione avvenuta nei giorni scorsi. Risultato? Una grande confusione e in tutta la mattinata siamo riusciti ad autorizzare appena cinque vendite con l’incentivo». Lo sconto del 20%, comunque, è valido per le lavastoviglie fino a un massimo di 130 euro, forni elettrici e piani cottura fino a 80 euro, cucine a gas fino a 100 euro e cappe climatizzate fino a 500 euro. «Senza dimenticare - precisa il responsabile di “Trony” Luca Vennere - la dichiarazione di smaltimento del vecchio modello che va presentata. Le linee verso il Ministero, comunque, sono intasate e ottenere la linea è un’impresa al limite dell’impossibile». Gianna Bisca, impiegata all’interno del negozio di via Grappoli, conferma: «Ci proviamo, ma è difficilissimo, pur tenendo conto che il giovedì, solitamente, è una giornata tranquilla. Per la maggiore, comunque, vanno le lavastoviglie, anche perché di solito si tratta dell’ultimo elettrodomestico che una famiglia si compra». I commessi Massimo Bazzanella e Daniela Conte, intanto, scuotono la testa: «L’interesse da parte dei clienti è stato forte già nei giorni scorsi, ma non riusciamo a ottenere il via libera. Non solo, i telefoni del negozio sono bollenti perché tutti vogliono informazioni».
 I clienti apprezzano le agevolazioni. I coniugi Sergio e Annamaria Padoan hanno appena concluso l’acquisto di un forno e di un piano cottura. «Un risparmio significativo - dicono - che ci ha permesso di cambiare i vecchi elettrodomestici evitando un bagno di sangue economico. In tempo di crisi un bel sollievo». Mahjuba Bouboluuza si aggira nel reparto frigo di “Euronics”: «Gli sconti piacciono a tutti, sarebbe un peccato non cercare un’occasione». Francesco Vescio, invece, non è così convinto: «Dovevano ampliare il paniere dei prodotti. Io, per esempio, sono un pensionato e avrei bisogno di uno scaldabagno, ma purtroppo dovrò pagarmelo a prezzo pieno». Maria Dorlig è a “caccia” di un congelatore: «Uno sfizio che avrei voglia di togliermi. Questa mi sembra un’occasione d’oro». (a.c.)
Alto Adige 16-4-10
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giovedì, 15 aprile 2010


Sui bus guardie giurate e telecamere

ANTONELLA MATTIOLI



BOLZANO. Una guardia giurata sulla linea 2 e 30 nuove telecamere sugli autobus. È la risposta di Sasa ai problemi di ordine pubblico, ovvero teppisti, vandali, taccheggiatori. «Non potevamo più lasciare solo l’autista a fronteggiare gruppi di adolescenti terribili. Non abbiamo avuto alternative - spiega Felix Rampelotto, direttore della società di trasporto pubblico - sull’autobus che parte da piazza Stazione alle 23.55 e va verso Bronzolo abbiamo dovuto mettere una guardia giurata. Serve da deterrente contro le intemperanze di ragazzi di 13-15 anni che salgono ubriachi e ne combinano di tutti i colori. È capitato che una sera la madre di una ragazzina di 14 anni, trovata in preda ai fumi dell’alcol sempre sul bus della linea 2, rispondesse a chi le chiedeva di andare a prenderla: tenetela voi, non so più cosa fare».  Per aumentare la sicurezza, Sasa ha deciso di installare nel corso dell’anno altre 30 telecamere (5 ci sono già, ndr) su altrettanti mezzi: 25 autobus a Bolzano, 5 a Merano e dintorni. L’impegno è stato confermato solo pochi giorni fa in occasione dell’approvazione del bilancio 2009 che ammonta a 24 milioni di euro, più o meno lo stesso importo dell’anno precedente.  Sasa deve fare i conti con le minori risorse, messe a disposizioni dalla Provincia, per gli investimenti: «Questo - dice Rampelotto - si spiega col fatto che la Provincia ha deciso di puntare sulla ferrovia. Il risultato è che i nostri mezzi, fiore all’occhiello dell’azienda, diventano sempre più vecchi».  Attualmente Sasa ha 150 mezzi, di cui 72 a metano: vetustà media 8,2 anni ciascuno, uno in più rispetto al 2008, visto che lo scorso anno non ci sono stati acquisti. Si tratta di medie comunque inferiori al livello nazionale (10 anni), ma è una magra consolazione. «Anche perché assieme all’età degli autobus aumentano le spese di manutenzione: 680 mila euro nel 2008, 835 lo scorso anno».  Non si rinnova dunque il parco auto, ma in prospettiva cambia l’alimentazione: Sasa rientra nel progetto sperimentale, siglato con A22, che punta sull’idrogeno o più realisticamente su una miscela idrogeno-metano. Il passaggio dal gasolio o dal metano non comporterebbe per Sasa alcun risparmio, a beneficiarne però sarebbe l’ambiente.  Ciò che non cambia è la velocità (17,6 all’ora) dei mezzi che non dipende ovviamente dal carburante, ma dalle corsie preferenziali. «Putroppo - dice il direttore Rampelotto - i chilometri sono sempre gli stessi se si escludono i 400 metri in più, tra ponte Druso e piazza Verdi. Certo, sempre meglio di niente, ma si tratta di ben poca cosa».  Nonostante l’autobus rimanga imbottigliato nel traffico e quindi non sia competitivo rispetto alla macchina, aumenta il numero dei passeggeri da 18 milioni e mezzo nel 2008 a 21 milioni e 800 a Bolzano. A fronte di un aumento dei viaggiatori, calano (-21% dal 2008 al 2009) i ricavi per la vendita di biglietti e abbonamenti. Una diminuzione che si spiega con il fatto che gli studenti e gli over 70 oggi viaggiano gratis con l’abbonamento Abo plus e Abo over 70, mentre Abo over 60 costa 100 euro l’anno. Alla fine i passeggeri che pagano sono una piccola percentuale.



Alto Adige 15-4-10
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giovedì, 15 aprile 2010


Da oggi partono gli incentivi Previsti 1,15 milioni di acquisti ROMA.



Incentivi al via. Da oggi sarà possibile acquistare con lo sconto ciclomotori, cucine, elettrodomestici, abbonamenti a internet veloce, motori marini e una serie di prodotti industriali come rimorchi, gru per l’edilizia, inverter e motori elettrici industriali, tutti a basso impatto ambientale. Ma per gli interessati sarà una lotta contro il tempo: gli incentivi andranno infatti avanti fino all’esaurimento del fondo da 300 milioni varato con il decreto del governo, e comunque non oltre il 31 dicembre. Il governo calcola già che gli acquisti saranno circa un milione e 150 mila. Un numero che, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, «contribuirà a rilanciare i consumi». L’ottimismo del governo non è però del tutto condiviso dagli industriali che anzi chiedono un allargamento dei settori interessati: «I mezzi a disposizione sono pochi - ha denunciato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia - e soprattutto sono rimasti fuori alcuni settori fondamentali della nostra economia come il mobile-arredo».  Ecco, in sintesi, gli incentivi a disposizione.  Motocicli: 12 milioni per il 10% del costo (20% per elettrici e ibridi), fino a 750 euro (1.500 per elettrici e ibridi). Cucine componibili: 60 milioni per il 10% del costo e fino a 1.000 euro. Elettrodomestici: 50 milioni per il 20% del costo fino a 130 euro per le lavastoviglie, fino a 80 euro per forni elettrici e piani cottura, fino a 100 euro per cucine a gas, fino a 500 euro per cappe climatizzate, fino a 400 euro per pompe di calore per acqua calda. Banda larga: 20 milioni di euro per 50 euro per nuove attivazioni ai giovani tra i 18 e i 30 anni. Macchine agricole e movimento terra: 20 milioni di euro per 10% costo di listino. Nautica: 20 milioni di euro.

BOLZANO.
L’assessore provinciale all’ambiente Michl Laimer saluta, «pur con qualche distinguo», il decreto con cui il governo prevede contributi per l’acquisto di motocicli e elettrodomestici ecocompatibili, cucine componibili con dispositivi ad alta efficienza o per immobili ad alta efficenza energetica. Come afferma Laimer, gli interventi di sostegno costituiscono un segnale importante per gli investimenti nel settore ambientale, che finora erano stati trattati non certo con un occhio di riguardo dal governo italiano. L’assessore invece critica l’aver fissato un budget massimo per i comparti che non terrebbe conto dell’effettivo fabbisogno.



Alto Adige 15-4-10
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sabato, 10 aprile 2010




Oggi porte aperte negli asili nido







 Oggi, dalle 9 alle 12, porte aperte presso i nidi gestiti dalla cooperativa Casa Bimbo-Tagesmutter: quello in zona industriale a Laives, Bronzolo e San Giacomo, sopra la farmacia.
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categoria:sociale, comune di laives
giovedì, 08 aprile 2010



Porte aperte nei «nidi» sabato prossimo

 Giornata delle porte aperte sabato 10 alle 9-13 negli asili di Laives (zona industriale), San Giacomo e Bronzolo
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giovedì, 01 aprile 2010



Ora, il Comune è contrario alla privatizzazione dell’acqua

ORA. Approvata in consiglio comunale, su proposta del vicesindaco Claudio Mutinelli, una delibera contro la privatizzazione dell’acqua. «Il Comune - spiega Mutinelli - si è impegnato ad agire in ogni sede e con ogni mezzo per scongiurare la privatizzazione dell’acqua e della sua distribuzione e a migliorare sempre di più la gestione, tenendo sempre ben presente l’interesse della popolazione e dell’ambiente. L’obiettivo di fondo è che non possa mai essere messa in discussione da nessuno la convenienza a lasciare la gestione idrica in mani pubbliche». Il Comune intende quindi promuovere a livello provinciale un’azione congiunta che coinvolga enti locali, soggetti pubblici e società civile. «L’intento è anche quello di sostenere campagne di sensibilizzazione». È stata prevista, contestualmente, la modifica dello Statuto comunale. «Abbiamo introdotto - prosegue Mutinelli - un punto “ad hoc“ nel quale l’acqua viene definita bene pubblico e patrimonio dell’umanità e di tutte le specie viventi. L’accesso all’acqua potabile deve continuare ad essere un diritto fondamentale e pertanto la disponibilità delle risorse idriche non deve essere assoggettata a norme di mercato».
 La proprietà e la gestione del servizio idrico - si legge nella delibera approvata dal Comune - devono essere pubbliche e improntante a criteri di equità, solidarietà (anche tenendo conto dei bisogni delle generazioni future), risparmio e rispetto degli equilibri ecologici. Il servizio idrico integrato è un servizio pubblico essenziale, di interesse generale, privo di rilevanza economica, e come tale non soggetto alla disciplina della concorrenza.
Alto Adige 1-4-10
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giovedì, 01 aprile 2010


Allarme disoccupazione giovanile: vola al 28,2%

Il dato preoccupante di febbraio riguarda i ragazzi dai 15 ai 24 anni ed è il peggiore dal 1998
ROMA. Il tasso di disoccupazione in Italia resta stabile a febbraio all’8,5%, confermandosi comunque come il dato peggiore almeno degli ultimi sei anni. Ma tra i giovani, tra i 15 e i 24 anni, sale vorticosamente sino a raggiungere il 28,2%, anche in questo caso il valore più alto almeno da gennaio 2004. E di gran lunga superiore rispetto al tasso di disoccupazione giovanile registrato, sempre a febbraio, nella Ue-27, dove si è attestato al 20,6%: lo stacco è di 7,6 punti percentuali. Differenza che raggiunge gli 8,2 punti nel confronto con il relativo tasso nella zona dell’euro, al 20%.
 Ma l’area dell’Ue-16 non si esime da un altrettanto negativo record: il tasso di disoccupazione totale ha infatti raggiunto il 10%, contro il 9,9% di gennaio. Il picco per i 16 paesi della moneta unica dall’agosto del 1998. I dati, resi noti da Istat ed Eurostat, sono da più parti definiti preoccupanti e sollevano un allarme giovani, oltre a indicare un aumento dei senza lavoro tra gli uomini. Per il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, «la disoccupazione giovanile è certamente figlia della crisi internazionale, ma anche di un atteggiamento tutto italiano»; per questo ritiene «giusto», in questa fase successiva all’emergenza della crisi, «preoccuparsi ancor di più di come garantire accesso all’occupazione e stabilità a coloro che dovranno affrontare il peso di un sistema sociale di cui hanno beneficiato le generazioni precedenti».
 Il tasso di disoccupazione giovanile italiano passa al 28,2% di febbraio dal 27,4% di gennaio, registrando un aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4 punti rispetto a febbraio 2009 (24,2%), con un andamento crescente. Il numero delle persone in cerca di occupazione risulta pari, a febbraio, a 2 milioni e 127 mila unità, in crescita dello 0,2% (+4.000) rispetto al mese precedente e del 16,2% (+297.000) rispetto a febbraio 2009. A crescere è la componente dei senza lavoro maschile, nonostante il tasso di disoccupazione resti comunque più alto tra le donne (9,7%) rispetto agli uomini (7,7%). Rispetto a gennaio, ad aumentare sono soltanto i disoccupati uomini (+1,5%, cioè 16 mila unità in più, contro un -1,3% per le donne).
Alto Adige 1-4-10

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giovedì, 01 aprile 2010


SCANDALO PEDOFILIA - IL SILENZIO TRA I SOSPETTI

MASSIMO MERY
Tempo addietro era frequente trovare tra le lettere una rivista religiosa dal titolo:”Svegliati!”. Ritengo che questa esortazione possa essere rivolta agli abitanti di un comune della Val d’Isarco dove, negli ultimi tempi sono accaduti episodi sui quali si deve riflettere.
Due persone al di sopra di ogni sospetto denunciate per condotte pedofile e un sedicente guaritore che tenta di vendere energia positiva a soli cinque euro. Visto da fuori il comune in questione sembrerebbe un paese dell’alto medioevo, dove insieme alla stregoneria si scopre che tra i vicini di banco in chiesa siedono anche degli eretici peccatori. Ma questo è anche l’Alto Adige dove turismo, denaro, repressione psicologica vanno a braccetto. E forse è solo l’inizio. Quello che fa meraviglia è ancora la sorpresa di chi, venendo a sapere di certi fatti, si mostra incredulo e indignato, gridando”al rogo il pedofilo”. Il tempo dei lumi e della razionalità ha lasciato il posto all’oscuro medioevo. Un, invidiato da molti, attivissimo nel campo del volontariato; come ha potuto macchiarsi di un così atroce misfatto abusando di bambini? Ma quando mai i pedofili hanno facce da depravati e condotte riprovevoli? Ma allora di chi possiamo fidarci, sarà l’ingenua domanda di molti?
 Viviamo in una cultura in cui l’apparenza è ciò che conta e un ragazzo che si occupa di volontariato e di chierichetti, nutre la piena fiducia degli altri. Basterebbe però chedersi: perchè un ragazzo anzichè occuparsi di chierici non corre dietro alle sottane (che non esistono più) delle coetanee? Se si tratta di vocazione allora uno può scegliere la via del sacerdozio, altrimenti qualcosa non funziona. Un sano sviluppo psicofisico porta l’individuo che cresce ad occuparsi dell’altro sesso, o del proprio sesso se è omosessuale. Ma comunque l’interesse dev’essere orientato al mondo dei coetanei, degli adulti, non a quello dei bambini. E nessuno si era mai posto questa domandina semplice semplice? Certo, in una cultura da maso chiuso turistico, il quadro di riferimento è ancora molto condizionato dal mito dell’apparenza ipocrita e oscurantista. Pedofili non si nasce, ma si diventa. Quando la crescita viene bloccata a un certo stadio e non le si permette di seguire la via naturale, si favorisce lo sviluppo di individui patologici, i quali attraverso una vita apparentemente ammirevole cercano di conciliare le richieste di una società perbenista e le proprie pulsioni sessuali deviate. Un ragazzo”sano” di vent’anni non deve occuparso di chierichetti. Questo lo devono fare i preti, che hanno fatto una scelta precisa e sappiamo quanto sia difficile vivere con coerenza e rigore morale. Quando sento un genitore affermare “mio figlio non ha capricci per la testa, sta sempre in casa e pensa solo a studiare o a lavorare” non c’è da star tranquilli. Purtroppo, penso, prima o poi scoppierà. Perchè mai un ragazzo invece di andare in vacanza con la morosa e/o con gli amici, decide di accompagnare sempre dei ragazzini in vacanza? E’ lavoro, volontariato e qualcosa d’altro? Forse gli organizzatori dovrebbero prestare più attenzione a selezionare gli animatori e accompagnatori di bambini. Francamente ammiro molto il vescovo Golser che, coraggiosamente e responsabilmente, ha esortato chiunque abbia subito molestie sessuali in ambito religioso, di farsi avanti. Purtroppo, come qualcuno ha già affermato, questa non è la fine, ma solo l’inizio. Ma la chiesa locale ha davanti a sè un’altra grande sfida, a cui finora nessuno ha osato avvicinarsi: il problema dei rapporti incestuosi, tipici di certe realta isolate socialmente e favorite dall’altra piaga locale: l’alcolismo.
 Un consiglio ironico e un pò perfido agli sbigottiti abitanti del comune della val d’Isarco: convocate il guaritore con la messa in piega e gli occhi magnetici per far andare via l’energia negativa che aleggia sul borgo, forse il suo silenzio vi aiuterà. Ma forse è proprio questo il problema: troppo silenzio per troppo tempo.
Alto Adige 1-4-10
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domenica, 28 marzo 2010



Riapre l’asilo aziendale in zona industriale a Laives

LAIVES. Dopo mesi di polemiche è stato siglato l’accordo per la riapertura del nido aziendale in zona industriale a Laives. La Röchling Automotive ha incaricato, infatti, Casa Bimbo di gestire la struttura, che riaprirà pertanto i battenti il 6 aprile. Si è conclusa, dunque, nel migliore dei modi la lunga vicenda relativa alla gestione della struttura per l’infanzia, costretta a chiudere nel febbraio scorso.
 Dopo la sospensione dell’attività causata dal basso numero di bimbi iscritti nei giorni scorsi si sono concluse le trattative per la riapertura del nido, che potrà essere fruito dai lavoratori dell’azienda, ma anche dai dipendenti di altre aziende della zona e di residenti dei comuni limitrofi iscritti in graduatoria. Nella ricerca delle condizioni necessarie per la riattivazione del servizio, importante è stato il ruolo propulsivo della Provincia, che con l’impegno dei funzionari dell’assessorato al Lavoro, innovazione e cooperazione e con l’interessamento dell’Assessore Bizzo, è riuscita a mettere attorno al tavolo anche le amministrazioni comunali di Bronzolo, Laives e Ora, per favorire il raggiungimento dei numeri di utenti necessari per la prosecuzione delle attività di assistenza all’infanzia. La partecipazione dei tre comuni consentirà di inserire nella struttura anche propri residenti iscritti nelle graduatorie dei rispettivi comuni. Una formula questa di importante sinergia per un servizio legato ai bisogni del territorio, che ha trovato sensibilità e lungimiranza nei responsabili politico amministrativi comunali.
 Dopo un serrato confronto con diverse realtà operanti sul territorio, è stata la cooperativa Casa Bimbo Tagesmutter a presentare la proposta più attenta alle esigenze emerse, con un progetto che ha convinto - per qualità e competitività - i responsabili aziendali e i politici dei comuni interessati, conseguendo quindi la gestione del servizio “nido” alla Röchling.
 Grande soddisfazione anche per le dirigenti della Cooperativa, che avevano curato a suo tempo la iniziale configurazione della struttura, prima che venisse assegnata ad altra organizzazione; si tratta quindi di un recupero di “un pezzo della storia della nostra cooperativa sociale”, dichiara la presidente Stefania Badalotti. Soddisfazione è stata anche espressa da parte dei vertici Röchling certi di aver così trovato buone prospettive per la continuità della proprio nido aziendale.
 Il servizio, che riguarderà venti bambini, verrà riattivato martedì 6 aprile e ne seguirà, a breve, cerimonia di inaugurazione, a cui parteciperanno tra gli altri l’assessore provinciale Bizzo, e gli amministratori dei tre comuni interessati.
Alto Adige 28-3-10
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giovedì, 25 marzo 2010


Disoccupazione record in Alto Adige: sale al 4,1%

BOLZANO. Nell’ultimo trimestre del 2009, il tasso di disoccupazione in Alto Adige è salito al 4,1%, il valore più alto degli ultimi anni. Lo afferma l’Istat, che ieri ha diffuso i dati relativi all’occupazione. Artigiani e sindacati confermano il momento di difficoltà. Dalla Provincia, ufficio del lavoro e Astat confermano un deciso aumento della disoccupazione rispetto al 2008, ma sottolineano anche che il tasso di disoccupazione “reale” è quello medio registrato nel corso dell’anno, pari al 2,9%.
 Su un dato tutti concordano. In Alto Adige sono diecimila le persone in cerca di lavoro. Nel primo trimestre del 2009 erano la metà. Gli occupati sono invece passati a 235 mila, con il terziario che rappresenta di gran lunga il settore con più dipendenti.
 Se i diecimila disoccupati sono un dato che nessuno contesta, è guerra di cifre sul tasso di disoccupazione. L’Istat nei dati diffusi in mattinata certificava un aumento al 4,1% nell’ultimo trimestre dell’anno dopo che i primi tre avevano registrato un tasso di disoccupazione compreso tra il 2,1% e il 2,9%.
 Nel pomeriggio arriva invece il comunicato stampa dell’Astat, l’ufficio di statistica provinciale. «Il tasso di disoccupazione è salito al 2,9% rispetto al 2,4% del 2008. L’aumento è riconducibile al numero delle persone in cerca di occupazione che dopo molti anni ha raggiunto per la prima volta quota 10.000».
 L’Astat spiega che quello dell’Istat è un dato “di picco”, e che il valore “reale” è quello del 2,9%. A Helmuth Sinn, capo dell’ufficio lavoro provinciale, interessa soprattutto la tendenza: «È evidente che nel quarto trimeste gli effetti della crisi si sono fatti sentire in maniera molto forte sul mercato occupazionale. Nel complesso però l’Alto Adige ha tenuto, come conferma l’aumento del numero di occupati».
 Secondo i sindacati, è l’Istat a dare la fotografia esatta. «Forse il 4,1% è esagerato, ma più che il tasso sono i diecimila in cerca di lavoro a preoccuparci», afferma Toni Serafini della Uil. «Stanno entrando in difficoltà anche settori che prima non soffrivano. È da tempo che denunciamo la crisi del mercato occupazionale, i dati che ci fanno storcere il naso sono quelli che nei mesi scorsi segnalavano che la crisi era ormai superata», aggiunge Lorenzo Sola della Cgil. Michele Buonerba della Cisl spiega che «il dato che viene preso in considerazione anche a livello europeo è quello dell’Istat: il 4,1% non solo è reale, ma temiamo che nei prossimi mesi salirà ancora perché stanno entrando in crisi anche le Pmi». Un’affermazione che trova conferma anche nelle parole di Claudio Corrarati, presidente della Cna: «Se all’inizio del 2009 soffrivano soprattutto le grandi imprese, ora anche quelle piccole sono state costrette a ricorrere a cassa integrazione o mobilità». Il presidente dell’Apa Walter Pichler però non vede il problema tanto a livello occupazionale, quanto nei margini di guadagno delle aziende: «Sono sempre più bassi», denuncia.

Tra i senza posto sono più le donne

BOLZANO. Per l’Istat il tasso di disoccupazione a Bolzano nel quarto trimestre 2009 è salito al 4,1%: leggermente sotto per i maschi (4,0%), leggermente sopra per le donne (4,2%). Il tasso di disoccupazione maschile medio del 2009 è stato pari al 2,5%, mentre quello di disoccupazione femminile è pari al 3,4%.
 A livello nazionale, il tasso di disoccupazione è invece salito all’8,6%.
Alto Adige 25-3-10
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martedì, 23 marzo 2010


Alcol, i messaggi sbagliati

GIUSEPPE MAIOLO
Ubriacarsi: segno dei tempi e di una società che tende ad omologare i valori e ad abbassare sempre di più la percezione del pericolo. Così capita che dei ragazzini alla disperata ricerca di un’identità, trovino come soluzione la tentazione dell’eccesso e il piacere di provare forti emozioni. L’alcol dà ebbrezza, porta “fuori”, dalla famiglia. E ancora fuori dal consueto, dalla routine quotidiana, e fa sentire “dentro”, nel gruppo. Parte di esso.
In effetti molti ragazzi si ubriacano in genere solo in compagnia, durante le feste o in discoteca. Spesso si tratta di un rito collettivo. La “balla”, che non di rado serve a sconfiggere la noia facendo qualcosa di diverso o risolvere difficoltà relazionali, rappresenta un modo per essere accettati e non sentirsi diversi dagli altri, per avere riconoscimento e conferma, per socializzare ed evadere. Ma non è estraneo a questo fenomeno nemmeno il desiderio di rivalsa nei confronti di una famiglia oggi iperprottettiva e ansiosa. Ma che spesso, per il quieto vivere, azzera più del dovuto il conflitto. Una famiglia così, sul piano educativo, finisce con l’essere contraddittoria perché afferma un principio e poi si auto-smentisce, vieta e silenziosamente tollera l’uso dell’alcol che in fondo, ancora oggi, si ritiene faccia “buon sangue”. In quanto poi ad ambivalenza non vi è solo la famiglia ad averne, ma anche tutta la comunità. Questa infatti ne condanna l’abuso promuovendo campagne, parzialmente utili, per scoraggiare l’uso dell’alcol, e dall’altra manda un messaggio opposto quando ad ogni evento collettivo mette al centro della festa il brindisi, il buon bicchiere di vino o il giro allegro dei boccali di birra. E’ da questi messaggi incoerenti che nasce la confusione di un giovane adolescente il quale, senza ancora un pensiero critico capace di autolimitare il proprio comportamento, finisce con l’abbassare la guardia e non riconoscere il rischio. Serve, allora, con urgenza uscire dall’ambiguità, se vogliamo veramente non solo salvare i ragazzi dal pericolo di un abuso che porta dritto al coma etilico, ma anche aiutarli a capire per tempo i danni possibili sia di ordine fisico che psichico. Forse dobbiamo partire dal cosiddetto “buon esempio” se ci poniamo l’obiettivo di favorire un consumo moderato dell’alcol. E poi certamente è necessario un progetto educativo che inizi precocemente informando i bambini sui pericoli, ma anche che attrezzi gli adolescenti allo sviluppo di quel pensiero critico tanto invocato ogni qualvolta, e oggi sempre più spesso, suona l’allarme.

Ora, il sindaco vuole premiare chi fa festa senza vendere alcolici

MASSIMILIANO BONA
ORA. Un regolamento comunale per combattere l’eccessivo consumo di alcol fra i più giovani: questa è la ricetta della giunta di Ora dopo il party - con 7 ragazzi in coma etilico - tenutosi lo scorso fine settimana in zona Rio Nero.
 È già stata elaborata una bozza, che sarà discussa con le associazioni, ma che difficilmente sarà possibile approvare entro la fine della legislatura. «Uno dei problemi principali da risolvere - sottolinea il sindaco Roland Pichler - è l’abuso di alcol, soprattutto da parte dei giovanissimi, dai 12/13 anni in poi, nelle aree limitrofe alle feste. Gli adolescenti, con cui ho provato a parlare in più occasioni, spesso non riescono nemmeno a entrare, ma portano con sé bottiglie e si ubriacano all’esterno di tendoni, pub e locali. Questo modo di intendere il divertimento non funziona: dobbiamo iniziare ad andare nelle scuole e far capire cosa significa bere in modo responsabile».
 Molte associazioni, di recente, hanno impedito l’ingresso alle feste ai ragazzi sotto i 16 anni. «Ma è stato inutile, perchè i teenager hanno scelto di far baldoria all’esterno». Nella bozza del regolamento comunale si fa cenno anche alla possibilità di premiare le associazioni virtuose. «Chi promuoverà eventi senza alcol, o ne venderà un quantitativo modesto, potrebbe ottenere maggiori contributi».
 Il party in zona Rio Nero ha attirato 1.500-2000 persone da tutta la Provincia. «Sono arrivati in treno - spiega Pichler - e so per certo che molti giovani sono stati respinti all’ingresso perchè già ubriachi. È una situazione limite, della quale dobbiamo prendere atto, senza addossare la colpa solo sugli organizzatori. In quest’occasione l’Hockey Club aveva adottato una serie di precauzioni, compresi i braccialetti a tutti i ragazzi con più di sedici anni, ma non è bastato». Per il Comune di Ora, tra l’altro, si tratta della terza festa finita male nel giro di tre mesi. A Capodanno un gruppo di giovani del posto ha preso in affitto la Casa delle Associazioni. Complice l’abuso di alcol i muri sono stati imbratttati, i portasapone divelti, termosifoni e frigoriferi danneggiati. Ai primi di marzo, invece, è stata denunciata la barista del Petra’s Pub per la presunta somministrazione di superalcolici a giovanissimi.
Alto Adige 23-3-10
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lunedì, 22 marzo 2010



Ora, sette giovani in coma etilico

MASSIMILIANO BONA




ORA. Sette ragazzi tra i 16 e i 20 in coma etilico (di cui uno ricoverato in rianimazione) e un centinaio di sanzioni per ubriachezza: questo è il bilancio della «Lackelefest» svoltasi venerdì e sabato sera in zona Rio Nero.
 Si è conclusa nel peggiore dei modi la due giorni di festa organizzata come ogni anno nella zona sportiva Rio Nero per la fine della stagione sciistica e che ha attirato dai 1.500 ai 2000 giovani. Nonostante un imponente servizio d’ordine - c’erano i carabinieri del radiomobile, della compagnia di Egna e delle stazioni di Cortaccia, Ora e Termeno - e le istruzioni impartite alla quarantina di volontari dell’associazione organizzatrice (l’Hockey Club Ora) c’è chi ha esagerato. Venerdì sera tutto è filato liscio, mentre sabato parecchi giovani sono giunti sul posto già alticci ed hanno continuato a bere. Visto che la situazione stava degenerando si è deciso di vietare la somministrazione di alcol a mezzanotte e mezza, un’ora e mezza prima del previsto. Le forze dell’ordine sono state costrette a chiamare 5 ambulanze e il medico d’urgenza per soccorrere i ragazzi più gravi. Come hanno confermato ieri i carabinieri di Ora sono 7 i giovani trasportati al San Maurizio in coma etilico, di cui 6 della Bassa Atesina (tra cui una ragazza) e 1 di San Genesio. Il più grave, un ventenne di Ora, è stato ricoverato in rianimazione, ma non è in pericolo di vita. I carabinieri hanno allontanato dalla festa decine di minorenni ubriachi e hanno rintracciato telefonicamente i genitori, che sono venuti a prenderli nel cuore della notte. I militari dell’Arma hanno portato via parecchie bottiglie di alcolici ed elevato un centinaio di sanzioni amministrative (103 euro) per ubriachezza. I carabinieri stanno vagliando in queste ore la posizione di uno dei volontari dell’associazione che avrebbe somministrato alcol a persone già ubriache e potrebbe essere pertanto denunciato. «Abbiamo trovato diversi ragazzi - racconta un carabiniere - sdraiati a terra accanto al tendone. Alcuni di loro erano incoscienti, tanto da rendere necessario l’intervento di ambulanze e medico d’urgenza. Molti dei genitori che abbiamo svegliato chiedendo di venirsi a prendere i figli ubriachi ci hanno ringraziato».

Alto Adige 22-3-10
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venerdì, 19 marzo 2010



Contributi per cambiare cucina

ROMA. Fino a 1.000 euro per chi acquista una cucina nuova e fino a 1.500 per chi compra una due-ruote elettrica e ne rottama una inquinante. Sono alcune delle misure in arrivo oggi al Consiglio dei Ministri nel cosiddetto pacchetto incentivi. In tutto è prevista una spesa di 300 milioni di euro e visto che i fondi sono limitati è previsto un meccanismo a semaforo: finite le risorse si blocca lo sconto. Il decreto sarà leggero: 5 articoli in tutto, compreso l’ultimo che stabilisce l’entrata in vigore. Il grosso è costituito da norme sull’evasione fiscale che porteranno 200 milioni in dote al Fondo.
 Ecco tutti gli sconti previsti nel decreto attuativo che disciplina i contributi.
 CUCINA NUOVA, FINO A 1.000 EURO SCONTO. E’ previsto un contributo, sotto forma di riduzione, “per il 10% del costo e nel limite massimo di singolo contributo pari a 1.000 euro, per la sostituzione dei mobili per cucina in uso con cucine componibili ed elettrodomestici da incasso ad alta efficienza”.
 DA 750 A 1500 EURO PER MOTOCICLI. Se si cambia il vecchio due-ruote (euro 0 o euro 1) con “un motociclo fino a 400 cc di cilindrata ovvero con potenza non superiore a 70 kw nuovo di categoria euro 3” si potrà avere uno sconto “per il 10% del costo e nel limite massimo di singolo contributo pari a 750 euro”. Lo sconto raddoppia se si acquista un motociclo dotato di alimentazione elettrica doppia o esclusiva: vale il 20% sino ad un massimo di 1.500 euro.
 7.000 EURO PER ECO-CASA. Fino a 7.000 euro per l’acquisto di eco-case, che consentono un risparmio consistente di energia. La norma prevede un contributo pari a 83 euro per metro quadrato di superficie utile (con un massimo di 5.000 euro) per immobili che garantiscono un risparmio di energia del 30% rispetto ad alcuni valori standard identificati in un decreto del 2005. Lo sconto sale a 116 euro al metro quadrato e ad un tetto di 7.000 euro se i consumi energetici migliorano del 50%.
Lo sconto viaggerà sul web e una sorta di semaforo bloccherà gli incentivi non appena finiranno le risorse individuate dal decreto attuativo: così per chi arriva tardi potrebbe non scattare l’aiuto. E’ questo il meccanismo previsto dal decreto attuativo degli incentivi predisposto dal ministero dello Sviluppo Economico. In pratica il venditore dovrà collegarsi ad un apposito sito internet e fornire i dati identificativi e quelli dell’acquisto. Successivamente dovrà fornire le fotocopie dei documenti di identità e copie degli scontrini emessi. L’operazione sarà però “automaticamente inibita in caso di esaurimento delle disponibilità del fondo”. - SCONTI PER LAVASTOVIGLIE E FORNI. Se invece di cambiare la cucina si opterà per la sostituzione di un singolo elettrodomestico, è prevista una serie differenziata di sconti. La condizione è che si tratti di acquisti di elettrodomestici ad alta efficienza energetica e dotati delle più aggiornate misure di sicurezza. Per le lavastoviglie lo sconto è del 20% fino ad un massimo di 130 euro, per i forni elettrici e i piani cottura il 20% fino a 80 euro, per la cappa elettrica si arriva ad un tetto di 500 euro, sempre con il 20% di sconto.
DAI TRATTORI AI FUORIBORDO. Previsti anche aiuto per le gru nell’edilizia e i rimorchi.

Alto Adige 19-3-10
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giovedì, 18 marzo 2010



Invito conferenza ACQUA venerdì

/Invito a partecipare – Giornata mondiale dell’acqua ONU///





Operation Daywork, OEW e Centro Pace del Comune di Bolzano organizzano per *venerdì 19 marzo alle ore 18.30* nella sala delle rappresentanze del comune di Bolzano una conferenza con ospiti dal Salvador ed esperti locali sul tema *“Acqua – diritto o bene economico?”
La speranza dei ragazzi che compongono l’associazione Operation Daywork (www.operationdaywork.org) è che durante la discussione pubblica di venerdì si possa *costituire anche a Bolzano un comitato locale trasversale* fra tutti gli attori impegnati nel sociale o nel politico per la raccolta delle firme per la presentazione dei quesiti referendari volti alla abrogazione delle norma del Governo che potrebbe privatizzare l’acqua con l’obiettivo di ribadire una questione di giustizia sostanziale: l’acqua è un bene comune non monetizzabile. La raccolta delle firme da parte di cittadini consapevoli, affinché questi quesiti referendari vengano approvati, è un momento di democrazia partecipativa cui anche la realtà locale non può sottrarsi.
Se non ci fossero Padre Alex Zanotelli e gli studenti di Operation Daywork a ricordarci l’universalità del diritto all’acqua, il 22 marzo passerebbe quasi inosservato. Eppure a questa data corrisponde la giornata mondiale per l’acqua, che fu uno dei risultati più produttivi della prima conferenza mondiale dei capi di stato sull'ambiente a Rio de Janeiro nel 1992. Le logiche di privatizzazione dei beni essenziali avanzano inesorabilmente e anche nella nostra terra bisogna costruire un percorso virtuale, culturale e politico, per evitare derive privatistiche come sta accadendo altri contesti nazionali.
Per questo motivo Operation Daywork ha deciso di aprire un confronto il più possibilmente aperto e trasparente sulle prospettive che si aprono su questo terreno nel futuro della nostra terra, raccogliendo anche le esperienze di lotta aperte nel sud del mondo come quelle che verranno raccontate da due attivisti del Salvador, Carlos Enrique Escobar e José Mercedes Guillén che sono in questi giorni in  Alto Adige proprio per raccontare agli studenti altoatesini che cosa significa l'acqua nell'assetato sud del mondo. Il dibattito si terrà venerdì 19 marzo alle ore 18,30 nella sala di rappresentanza del Comune e coinvolgerà Provincia, Comune, sindacati e servizi che lavorano sulla gestione e distribuzione dell'acqua. Un'occasione per un confronto di idee e una lettura politica, sociale, economica e giuridica su un tema diventato  uno dei temi prorompenti della nostra civiltà. Parleranno Elfried Rauter dell’ufficio provinciale acque pubbliche Luca Martinelli del Forum italiano movimenti per l'acqua  Patrick Kofler del OEW e Andreas Riedl del Dachverband für Natur- und Umweltschutz.
Spesso i movimenti sociali sono descritti sui media come meri utopisti, se non addirittura fanatici con inclinazioni alla violenza. Ma nel settore acqua a partire dal primo social forum europeo di Firenze dietro lo slogan “un altro mondo è possibile” si è costruito caparbiamente un grande movimento civile in difesa della gestione pubblica dei beni essenziali, primi fra tutti l’acqua. Nel 2007 il forum dei movimenti per l’acqua ottiene un risultato politico storico raccogliendo più di 400.000 firma a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela, il governo e la gestione pubblica dell’acqua. Mentre la proposta di legge d’iniziativa popolare giace nei cassetti delle commissioni parlamentari, l’attuale Governo ha impresso un’accelerazione, approvando, nonostante l’opposizione di gran parte degli amministratori comunali sia di destra che di sinistra, leggi che consegnano l’acqua ai privati e alle multinazionali (art. 23bis, integrato dall’ art. 15-decreto Ronchi). Il forum dei movimenti per l’acqua ha pertanto indetto per il 20 marzo una manifestazione nazionale a Roma per la ripubblicizzazione dell’acqua, per la tutela di beni comuni, biodiversità e clima, per la democrazia partecipativa. In occasione della manifestazione popolare verranno promossi nuovamente da parte del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua i contenuti dei tre quesiti referendari volti alla abrogazione delle norma che potrebbero privatizzare l’acqua con l’obiettivo di ribadire una questione di giustizia sostanziale: l’acqua è un bene comune non monetizzabile. La raccolta delle firme da parte di cittadini consapevoli, affinché questi quesiti referendari vengano approvati, è un momento di democrazie partecipativa cui anche la realtà locale non può sottrarsi.
La speranza dei ragazzi di Operation Daywork è che durante la discussione pubblica si possa formare anche a Bolzano un comitato locale trasversale per la raccolta delle firme composto da organizzazioni sociali e cittadini.

Operation Daywork


Partecipano:
Luca Martinelli – Forum italiano dei movimenti per l’acquaCarlos Enrique Recinos Escobar – Präsident der ONG“ADEL” aus El Salvador (Agencia de Desarrollo Económico Local de Chalatenango) José Mercedes Sánchez Guillén – Sekretär der ONG“REDES” aus El Salvador (Fundación Salvadoreña para la Reconstrucción y el Desarrollo) Wilfried Rauter – Vertreter des Assesorats für Umwelt und Energie der Provinz Bozen Patrick Kofler – Vorsitzender der OEW Andreas Riedl – Dachverband für Natur- und Umweltschutz Piero Pelleschi – Vertreter der italienischen ONG „COSPE“ aus Florenz




Mitglieder von Operation Daywork



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mercoledì, 17 marzo 2010





Asili nido: servizio pubblico da difendere

Non sorprende affatto la notizia che la Provincia nella persona del’assessore Theiner intenda equiparare gli asili nido alle strutture private. E’ da tempo che la logica economicistica sta imponendosi nelle scelte della Provincia. A partire dall’assegno di cura che ha scaricato sulle famiglie i costi di cura delle persone anziane o invalide, ogni scelta, sostenuta dalla Giunta Provinciale, ha come cardine l’interesse economico.
 Non ci sono priorità che tengano, diritti costituzionali, garanzie legittime, tutto passa attraverso il tritacarne dell’interesse economico. Anche la scelta di consentire ai medici specialisti ospedalieri di usare le strutture pubbliche per interessi privati va in questa direzione. Chi ha urgenza e denaro potrà godere di una visita in tempi strettissimi mentre gli altri si arrangino pure e aspettino, prima o poi la visita arriverà. Addirittura si arriveranno a pagare 220 euro per una visita privata in una struttura pubblica cioè pagata dai cittadini. A questo punto varrà la pena di andare direttamente da uno specialista privato. Tutto questo accade in un periodo di crisi economica, poi però tante chiacchiere e convegni sulla famiglia, sui valori ecc. “ valorizzare la famiglia come punto di riferimento prezioso nel Comune” si scrive nella presentazione dell’ennesimo convegno organizzato dal Dipartimento famiglia, sanità ed affari sociali della Provincia. E nel frattempo sulle famiglie vengono fatte ricadere le conseguenze delle scelte della politica provinciale. Adesso è la volta degli asili nido, che tra l’altro già ora incidono parecchio in fatto di rette sui bilanci delle famiglie. La Giunta con la sua politica costringerà, ancora una volta, le donne che lavorano a rimanere a casa, perché non potranno più contare su di un sistema di asili nido pubblici oppure dovranno affidare i loro figli ad una miriade di privati che, senza garantire alcuna professionalità, magari al nero, custodiranno i bambini durante l’orario di lavoro delle mamme. Rifondazione Comunista difende con forza il servizio pubblico soprattutto quando si tratta di servizi alla persona, che devono prescindere dalle logiche di profitto.

Alto Adige 17-3-10
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martedì, 16 marzo 2010

A Laives per le comunali sono in lizza sette candidati a sindaco e dodici liste            

BRUNO CANALI

 LAIVES. Dopo le ultime presentazioni ufficiali di liste e candidati sindaci, il quadro politico in vista delle comunali di maggio diventa più chiaro. In lizza vi saranno certamente 7 candidati sindaci e una rosa di 12 liste. Un quadro frammentato, che comunque non si discosta di molto da quello di 5 anni orsono, quando i candidati sindaci furono anche sette.
 Questa volta, rispetto a 5 anni fa, solamente 2 però si ripresenteranno come candidato sindaco e si tratta di Raimondo Pusateri (Indipendenti Democratici) e Georg Forti, attuale vicesindaco Svp. Gli altri invece sono alla prima esperienza. Si tratta di Christian Bianchi, che guida una coalizione di centrodestra composta da Pdl e Lega Nord; Liliana Di Fede, alla testa della coalizione formata da Pd, Italia dei Valori, Verdi e La civica (nata dal comitato di Pineta), Marco Delli Zotti, sostenuto dalle liste Laives-Pro Leifers e Lista Civica Laives Futura, e Markus Larcher con i Freiheitlichen. Non del tutto ufficializzata infine la candidatura a sindaco per l’Udc di Reinhard Christanell, già vice sindaco Svp a Laives.
Affollato anche il panorama di liste e partiti, con nomi inediti che si affacciano per la prima volta vicino a sigle collaudate. C’è la Svp, che corre da sola al primo turno; quindi la coalizione composta da Pd, Verdi, Idv e La Civica. Da soli correranno anche Udc e Freiheitlichen, mentre insieme saranno su un unico simbolo Pdl e Lega Nord. Insieme anche Laives Pro Leifers e Laives Futura, mentre gli Indipendenti Democratici correranno autonomamente. Rosario Grasso infine, fin qui rappresentate di Rifondazione comunista, ha preannunciato il cambio di denominazione: si presenterà con Rifondalaives-l’alternativa. Nel 2005, il più votato fu Giovanni Polonioli che ricevette 3.919 preferenze, il 43,5 per cento dei voti, 4.499 (74,3%) al ballottaggio con Georg Forti (1.556 voti).

Alto Adige 16-3-10
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martedì, 16 marzo 2010



Il silenzio sugli innocenti

GIUSEPPE MAIOLO /
A leggere le cronache degli abusi sessuali sui minori, vien da dire che il fenomeno, di gran lunga ancora sommerso, comincia ad emergere. E lo fa grazie anche al lavoro dei media i quali danno, finalmente, uno spazio sempre più ampio a questo tema. Tuttavia preme sottolineare una sorta di strana ambivalenza che stiamo vivendo: da una parte se ne parla con dovizia di particolari e dall’altra si assiste ad un ritardo impressionante nel segnalare gli eventi.

Questo ultimo aspetto è pure sotto gli occhi di tutti. Nella squallida vicenda di Bressanone ad esempio, ci sono voluti un paio di anni prima che emergesse cosa stava accadendo a una decina di ragazzini.
 E’ l’omertà che ci dovrebbe indignare. E’ il silenzio preoccupante della maggioranza che vede e sente, ma non dice nulla, non segnala e non denuncia, che spaventa. Il “si sa, ma non si dice” non è un fenomeno nuovo. C’è sempre stato e ha permesso che molte delle molestie e dei maltrattamenti, degli abusi e della violenza sessuale continuassero per anni. Una possibile spiegazione del fenomeno è il fatto che di fronte a questi eventi di solito si attiva una massiccia rimozione collettiva. O più ancora una negazione profonda dei crimini cui assistiamo. E’ un meccanismo psicologico potente che ci rende ciechi e sordi. Ma non è una giustificazione. Al contrario è il segno di un cortocircuito della psiche che però, nel tentativo di proteggersi, ci rende complici dei misfatti. Questo è allora il punto: uscire dal silenzio equivale all’essere tutti coscienti di quanto sia fondamentale non solo vedere ma soprattutto osservare, non solo sentire ma ascoltare. E poi denunciare. Le vittime fanno fatica a parlare, costrette in un angolo dalla paura e dalla vergogna, non hanno le parole per dire ciò che sta capitando. Lo si vede dalle prime segnalazioni che stanno emergendo e sollecitate dalla Curia di Bolzano: chi ha subito abusi di qualsiasi natura, riesce a parlarne solo dopo molti anni. Se riesce. Il silenzio non seppellisce i crimini, viceversa congela la sofferenza provata e condanna le vittime a un dolore continuo. Aiutarle a parlare e a denunciare può essere un atto liberatorio, ma soprattutto è il primo gesto che possiamo fare tutti noi per condividere il male e non, in maniera ipocrita, riparare dietro l’illusione che non ci appartiene. Se un minore, un debole, una donna subiscono violenza siamo tutti responsabili.
 Risvegliare la coscienza individuale e quella di una comunità educante assopita o decisamente assente, che finge di non vedere i tanti atti di sopraffazione, di bullismo e di mobbing quotidiano, è il primo modo che abbiamo per combattere fin sul nascere la prepotenza e l’abuso, ma anche contrastare quella strisciante normalizzazione della violenza e dell’illegalità che sembra contagiare tutti. E’ la sfida che ci attende.

Alto Adige 16-3-10
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domenica, 14 marzo 2010



Allargare i contesti culturali per creare nei più giovani le giuste sensibilità affettive




Il tema della pedofilia continua a fare notizia e ad invitarci a una drammatica riflessione, per via delle tante sfaccettature del problema. Si innesta in questo periodo, straordinariamente, con una diffusa attenzione al maltrattamento verso i bambini e nella provincia a un invito anche del Vescovo a porre attenzione e allarme al problema.
 Con il diffondersi di una nuova sensibilità non dobbiamo dimenticare come lo statuto di diritto intorno al corpo dei bambini varia sensibilmente e in ragione del periodo storico e della cultura. Si può cogliere sempre questo drammatico divario nei racconti dell’infanzia di ciascuno di noi, in grado di giustificare ogni umiliazione, mortificazione, violenza ricevuta e proprio sulle pagine dell’Alto Adige dell’11 marzo in riferimento alle accuse di violenza fisica e psicologica rivolte da Luis Benedikter al Prefetto del convitto dell’Abbazia di Novacella, che ne era stato direttore tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Anche in questo caso si noterà la diversa espressione nei ricordi ora di lucida accusa ora di accettazione e giustificazione. Ma ormai conosciamo e proprio grazie ad autori di cultura tedesca come funzionano le cose, si pensi all’identificazione con l’aggressore, difesa e strategia nei bambini che sopportano violenze dagli adulti, meccanismo descritto da. O la straordinarie osservazioni condotte da molti ricercatori per mostrarci le distorsioni a volte incomprensibili e nascoste prodotte dalla violenza degli adulti sui bambini. Tutto questo mostra come culturalmente siamo spinti a interiorizzare nuove sensibilità nella cura, nel rispetto, nell’allarme verso i bambini, ma anche come ci sia sempre una inerzia, una vischiosità sociale che non permette periodicamente di cogliere le nuove trasformazioni della violenza.
 Questi cambiamenti sono amplificati dalla presenza sulla nostra scena sociale di altre culture. E proprio verso bambini e ragazzini extra-comunitari si è rivolta l’attenzione pedofilica dei quattro adulti brissinesi arrestati in questi giorni. L’atto pedofilico con bambini e ragazzini extra-comunitari, che risulterà ancora meno dotato di valore e maggiormente degradato per gli adulti occidentali, una sorta di giustificazione “coloniale” del nostro tempo, uno scambio da disperata piccola Haiti nella provincia dell’Alto-Adige, magari con la giustificazione che si sono aiutati economicamente i ragazzini e le loro famiglie.
 Se non prestiamo continua attenzione a questo fiume carsico che si alimenta di situazioni traumatiche e non agiamo contro le provocazioni ambigue e confuse nei rapporti familiari e nel contesto culturale generale non daremo alle nuove generazioni la possibilità di avere spinta ed energia per le proprie esperienze affettive e rinnovata sensibilità per i bambini e gli adolescenti.

Alto Adige 14-3-10
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venerdì, 12 marzo 2010



IL DIRITTO ALL’ACQUA  



S’intitola “Terra d’acqua - La lotta per la vita in Uruguay”, con film e testimonianze de “Il Filorosso”, la serata organizzata dal Centro per la pace e in programma oggi dalle ore 20.30 nella sala incontri di Casa Altmann in piazza Gries 18. E’ una serata di riflessione sul “diritto all’acqua” e sulla triste realtà delle politiche di privatizzazione dei beni essenziali che provocano un impoverimento delle comunità in tanti stati del sud del mondo. Parteciperanno Carlos Enrique Recinos Escobar e Josè Mercedes Guillen, attivisti del Salvador contro la privatizzazione dell’acqua.
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venerdì, 12 marzo 2010




Case di riposo, rette care per il Comune «Paghino i parenti fino al quarto grado»



BRUNO CANALI

LAIVES. È un conto sempre più salato, quello che il Comune deve pagare per i propri anziani ospiti nelle case di riposo. Laddove l’anziano o i suoi parenti di primo grado non siano in grado di contribuire con mezzi propri, deve intervenire il Comune. Le cifre rese note in consiglio comunale come risposta ad una interrogazione parlano chiaro: nel 2006, il Comune di Laives ha speso 237 mila euro per 32 persone ricoverate in case di riposo e non solo in quella cittadina di via dante, ma anche in altre, e in qualche caso fuori provincia. Nel 2007, per 37 anziani la spesa è stata pari a 292.117 euro. Nel 2008 si sale a 322.666 euro a fronte di 39 anziani in case di riposo, per finire con il 2009, dove si sono avuti 38 anziani in case di riposo, con una spesa per l’amministrazione comunale, pari a 313.038 euro.
 Sono cifre notevoli, che, come detto, il Comune deve pagare laddove gli anziani o i loro parenti più prossimi, non siano in grado di farlo. Il Comune ha cercato da tempo di sottrarsi a questo meccanismo disposto dalla Provincia, puntando alla possibilità che perlomeno si possa rivalersi, per l’integrazione della quota in casa di riposo, sui parenti fino al quarto grado.
 «Questo prevederebbe del resto il Codice civile - dice il sindaco Giovanni Polonioli - mentre parlare di primo grado, come ha stabilito la Provincia, significa guardare solo ad eventuali fratelli dell’anziano in casa di riposo, il che è troppo stretto e molte volte addirittura i fratelli verso i quali eventualmente rivalersi non ci sono più. Così tocca alle casse comunali intervenire come impone la Provincia e per il Comune è un salasso, con cifre sempre più elevate a carico della collettività. Rimane il fatto che anche gli altri Comuni altoatesini seguono le disposizioni provinciali, nonostante l’ ampio dibattito sul tema».
 Con una società che sta sempre più invecchiando, la prospettiva sembra quindi essere quella di un continuo incremento di spesa per le quote di soggiorno in case di riposo e questo scenario preoccupa molto le amministrazioni comunali, le quali a loro volta dispongono di risorse finanziarie sempre più risicate. Per quanto riguarda Laives e il suo circondario, a tutto questo si aggiunge anche la presenza del centro di lungodegenza e anche in questo caso, laddove un ospite non sia in grado di pagarsi la quota di degenza, deve intervenire la mano pubblica. Il Comune di Laives, da solo, non può affrontare questo problema, che invece toccherebbe al Consorzio dei Comuni, posto che altre realtà della nostra provincia si debbono misurare con situazioni analoghe, a fronte di una ristrettezza economica sempre più vincolante per tutti.

Alto Adige 12-3-10
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categoria:sociale, comune di laives
venerdì, 12 marzo 2010



Preso a pugni per divertimento





 BOLZANO. Ancora un episodio di bullismo violento tra i giovanissimi e ancora una volta è coinvolto il mondo della scuola. L’allarme in città, dopo gli ultimi episodi, è cresciuto. Lo sottolineano anche i dirigenti delle forze dell’ordine costrette sempre più spesso a fare i conti con la protervia e l’arroganza violenta di minorenni insensibili alle norme più semplici della convivenza civile. L’ultimo episodio è avvenuto davanti alla scuola media «Alfieri» di via Parma. Un ragazzo di 15 anni ha subìto un’aggressione da parte di altri giovani mentre, nel tardo pomeriggio, stava camminando verso casa dopo qualche ora trascorsa nella palestra della scuola.
 I motivi dell’aggressione sembrano legati proprio a forme di bullismo fine a se stesso. «Fermo, vigili urbani!» si è sentito urlare la vittima dell’aggressione che stava camminando verso casa in compagnia di due coetanei.
 Secondo la denuncia sporta in Questura il quindicenne sarebbe stato colpito ripetutamente all’occhio sinistro senza un motivo plausibile. Il ragazzo, che si è visto affrontare da un gruppetto di tre giovani, è stato dunque preso a pugni senza un perchè: probabilmente a scopo di «divertimento». Ad agire è stato solo un ragazzo. Si tratta di giovane di 16 anni che non avrebbe avuto alcuna remora a colpire con un primo pugno in faccia il malcapitato quindicenne.
 Quest’ultimo, colpito come si diceva all’occhio sinistro, è caduto a terra stordito e frastornato. Ha avuto solo il tempo di rimettersi in piedi che è stato raggiunto da un secondo pugno, più violento del primo, che ha rischiato di metterlo ko. Vista la situazione, il quindicenne e i due coetanei che erano con lui sono scappati verso via Bari. Il ragazzo picchiato, accompagnato dalla madre, ha già sporto denuncia. L’aggressore che ha materialmente agito è stato identificato e denunciato per lesioni personali. (ma.be.)

Vicenza
Parte da un comune del vicentino, Arzignano, la sperimentazione in Italia dei vigili urbani anti-bulli. Per la prima volta, in forza di un ordinanza del sindaco, la polizia municipale potrà entrare anche nelle scuole - su richiesta degli insegnanti - per multare i ragazzini responsabili di atti violenti e discriminatori. I vigili potranno accedere non solo in aula, ma anche nei bus scolastici e nei parchi giochi, i luoghi dove maggiormente si consumano i fenomeni di bullismo. Se La responsabilità del bullo sarà accertata, scatterà una multa di 100 euro, che verrà recapitata ai genitori degli studenti discoli.
 Mamma e papà potranno però chiedere la «derubricazione» della sanzione, pagando solo 25 euro ed accettando che il figlio venga inserito in un programma di lavori rieducativi: pulire i cortili della scuola, distribuire pasti agli anziani; le cosiddette attività socialmente utili.


Alto Adige 12-3-10
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giovedì, 11 marzo 2010



Puniti i bulli delle «Schweitzer»




DAVIDE PASQUALI

BOLZANO. «Il problema del bullismo - spiega l’intendente scolastico Peter Höllrigl - ci preoccupa molto e interessa l’intera provincia, ma gli episodi gravi come quello accaduto alle scuole medie Schweitzer sono per fortuna rari. Occorre prevenire, e sfruttare tutte le opportunità di mettere in rete le realtà che si occupano di giovani. Quando però si travalicano i confini, come in viale Europa, dobbiamo chiamare le forze dell’ordine». E alle Schweitzer, intanto, la preside ha preso provvedimenti.
 Paura e tensione, nei giorni scorsi, davanti alle medie di lingua tedesca Albert Schweitzer di viale Europa. Un gruppo di nomadi minorenni, capeggiati però da una ragazzina di lingua italiana di 13 anni, ha organizzato l’ennesima aggressione (a fini di estorsione) davanti alla scuola, in occasione dell’uscita dei ragazzi a fine lezioni. Non era la prima volta che accadeva e proprio per questo la preside, fortemente preoccupata, aveva segnalato qualche giorno prima la situazione alla polizia, chiedendo una serie di controlli in occasione degli orari di fine lezione. Il pattugliamento è stato organizzato, ma l’emergenza pare non sia rientrata: la banda di ragazzini terribili è infatti composta unicamente da ragazzini minori di 14 anni, e dunque non perseguibili penalmente.
 «La dirigente della scuola - spiega ora l’intendente tedesco Höllrigl - ha già preso i provvedimenti del caso nei confronti degli studenti coinvolti, provvedimenti riguardo ai quali il sottoscritto non ha competenza, vista l’autonomia degli istituti». Certo è, prosegue, «che il fenomeno del bullismo, o come lo chiamiamo noi nelle scuole tedesche, del mobbing, è piuttosto frequente, e in tutta la provincia. Le Schweitzer non sono certo le uniche al centro del fenomeno. Per fortuna, però, gli episodi gravi come quello accaduto in viale Europa sono assai rari». C’è da notare, continua, «che la sensibilità al riguardo da parte degli adulti, genitori e insegnanti, è più elevata di 10, 15 o 20 anni fa. Non voglio dire che si sia ipersensibili, solo che si sta più attenti, e giustamente. A tale proposito, presso la nostra intendenza è stato attivato un apposito servizio, che si occupa di coordinare le attività di prevenzione dei vari enti». Purtroppo, «a volte non basta, e a quel punto occorre che se ne occupino le forze dell’ordine. Perché questo genere di violenze non deve essere tollerato. Il problema è sostenere le scuole, perché gestire questo genere di episodi è terribilmente complesso e occorre l’aiuto di tutte le istituzioni».

Alto Adige 11-3-10
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mercoledì, 10 marzo 2010



Percorso educativo per genitori con un figlio disabile





 BOLZANO. Si dice spesso che il “lavoro” del genitore è il più difficile del mondo, e non v’è dubbio che, quanto meno, sia fra i più impegnativi. A questo proposito, analizzando la realtà educativa, è interessante l’approfondimento che si terrà sul tema “In presenza di un figlio disabile, come comportarci con i nostri figli non disabili?”, ovvero il workshop che si terrà al Centro ciechi St. Raphael, in vicolo Bersaglio 36, domenica 14 marzo. Si tratta evidentemente di un approfondimento pensato innanzitutto per i genitori di bambini disabili, perchè la presenza di un bambino con disabilità ha un profondo effetto sugli altri bambini della famiglia, che si devono infatti adattare ad un fratello “speciale” che molto probabilmente prenderà la maggior parte del tempo e delle attenzioni dei propri genitori. E’ però molto importante che i genitori sostengano sia il rapporto tra fratelli sia l’individualità di ogni figlio. E questa tematica verrà analizzata nel workshop con la dottoressa Carolina Amelio, psicologa specializzata in famiglie con bambini disabili. L’incontro di approfondimento inizierà alle ore 9 e terminerà alle ore 18; per ulteriori informazioni e iscrizioni telefonare al numero 0471 - 442324.


Alto Adige 10-3-10
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lunedì, 08 marzo 2010

Golser, un anno per la convivenza





Scelto per orientare la propria azione: “Cristo nostra pace”. “Mi collego - ha detto in un’intervista al mensile paolino Jesus - al motto del mio predecessore, il vescovo Egger,’syn’ (insieme), e lo allargo a tutte le dimensioni delle società, la giustizia, l’ecologia, i problemi sociali, le nuove sfide. Puntando su Cristo, sul nostro Battesimo. Partiamo da un’identità chiara anche per affrontare la sfida della convivenza e ell’accoglienza,
tra italiani, tedeschi, ladini e immigrati”. Ecco la prima colonna dell’azione di Golser: la promozione di una convivenza autentica non solo tra i tre tradizionali gruppi linguistici dell’Alto Adige, ma anche con le altre espressioni culturali e religiose che trovano casa nella Terra tra i monti, dopo qualche decennio di immigrazione dal resto del mondo. Non per nulla il vescovo è stato recentemente eletto Presidente della Commissione Regionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso per le Diocesi del Triveneto.
Da anni questi temi sono oggetto delle sue azioni e riflessioni. Subito dopo la sua ordinazione episcopale il vescovo diocesano ha incontrato i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane presenti in Alto Adige.
Quest’anno, inoltre, ha partecipato a un incontro interreligioso nel Giardino delle religioni e alla celebrazione
liturgica in occasione della conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. A nessuno può
sfuggire l’attualità, diremmo quasi l’urgenza di stabilire tra le comunità religiose relazioni positive di dialogo.
Una seconda caratteristica importante del vescovo Golser è la sua professione di teologo. A chi gli chiede come
egli viva questo doppio ruolo, vescovo e teologo, egli risponde: “I teologi devono accogliere il Magistero e collaborare con i vescovi. Ma possono anche essere avanti, come profeti che aprono piste che poi il Magistero percorre. A volte abbiamo troppa presenza del Magistero, dichiarazioni un po’ precipitose dei vescovi su argomenti che richiederebbero prima un dibattito più approfondito tra i teologi. Occorrerebbe avere degli spazi in cui le cose potessero maturare serenamente, per poi giungere a un pronunciamento del Magistero.
In una società mediatica c’è forte pressione a fare esprimere i pastori. Ora dovrò anche considerare la collegialità con gli altri vescovi. E sarà interessante vedere le cose da quest’altro versante”.
Golser è certamente fedele a questi suoi propositi. La sua competenza, in particolare nel campo dell’etica, gli
consente di affrontare senza complessi di inferiorità gli argomenti controversi legati, ad esempio, alla tutela dell’ambiente e alla bioetica. La sua formazione gli dà anche una libertà, non scontata per un uomo di chiesa, nell’incontrare settori della società i quali non sono necessariamente in sintonia con le parole dei suoi confratelli: dai politici, ai giornalisti, ai medici e, ultimamente, agli artisti. Il rispetto della coscienza del
singolo - che per il cristiano va formata alla luce del messaggio evangelico - diviene appello alla comune responsabilità. Emblematica la figura del martire antinazista bolzanino Josef Mayr-Nusser cui il vescovo ha dedicato quest’anno 2010 in attesa che forse, chissà, sia lo stesso papa Benedetto XVI, ospite a Bressanone,
a riproporla con forza all’attenzione degli altoatesini. Il messaggio del vescovo Golser in quest’anno è duplice:
per chi si riconosce come membro della comunità cristiana è un appello a riscoprire le radici evangeliche del
proprio impegno nella società (cioè al servizio della pace e degli ultimi). Per tutti gli altri è un invito
al dialogo, al rispetto reciproco, alla pace, alla comune responsabilità che deriva dal vivere insieme in questa terra di scontri e di incontri.

Paolo Valente

CONVIVENZA Ma gli italiani sono ancora troppo discriminati

 Sono un altoatesino di lingua italiana, nato in provincia da genitori nati a Lajon (Bolzano) ed ivi residente, ma che ogni giorno si sente offeso ed umiliato da questa politica didattoriale, dallo strapotere Svp e dai politici che pur di avere una poltrona farebbero di tutto. Cerco di spiegare, anche se si sa, il perché gli italiani non si sentono e non possono sentirsi a casa loro in questa provincia: 1) chiedo cortesemente che qualsiasi politico di questa terra mi spieghi quanto segue: i miei genitori nati qui - io nato qui (da genitore a figlio sono passati 90 anni) ebbene, quando potrò avere il diritto di sentirmi “sudtirolese” alla pari dei sudtirolesi di lingua tedesca - senza differenza di diritti in ogni campo e categoria e senza l’odiata proporzionale? 2) Perché nonostante vi sia un accordo De Gasperi-Gruber, in materia di toponomastica, molto chiaro ed inequivocabile, ogni giorno sulla stampa locale vi sono chiari abusi e prepotenze atte a togliere più possibile ciò che sa di italiano (vedi Barbiano, Caldaro ed altri) con l’accondiscendenza dei politici e l’accettazione di tavole rotonde per la sopracitata materia, che assolutamente non va posta in discussione né con micro né con macro. Io spero nella Magistratura e nelle Forze dell’ordine in modo da evitare abusi e prepotenze in materia. 3) Perché nonostante vi siano le condizioni o quasi, si faccia di tutto per evitare che in qualche comune ad alta presenza di italiani, che un italiano diventi vice sindaco? (vedi Merano ed altri) incarico che in tali casi sarebbe puramente simbolico, ma per i tedeschi sarebbe inammissibile. Cosa fanno i politici per dare un senso di convivenza? Nulla! 4) Perché presidenti di enti privati e pubblici sono prevalentemente di lingua tedesca? Sono forse più intelligenti? E agli italiani è sufficiente il grado di vice. 5) Ed oltre, altre decine di cose sono a favore dei tedeschi (che non mi dilungo a spiegare), chiedo perché per imparare la seconda lingua, cosa unica per la convivenza, bisogna inventare asili privati misti e cose strane anche contro le prescrizioni dettate dal Pacchetto? Com’è possibile in un’Europa unita, separare scuole italiane e tedesche con vetrate o peggio muri in cemento armato, ed in mancanza di questi fare le ricreazioni in orari differenti in modo da non incontrarsi mai? Chi non vede e capisce ciò per me sono ottusi. Ecco, chiedo cortesemente, che questa mia abbia delle risposte che se positive o ponderate aiuterebbero sicuramente a migliorare la convivenza e ad alleggerire (mi si perdoni) l’attuale dittatura e strapotere della Svp a favore della tanto menzionata convivenza che a mio avviso di questo passo non si avrà mai.
Ernesto Guadagnini BOLZANO



La lezione del vescovo Golser


A un anno dall’ordinazione, le parole del vescovo diocesano Karl Golser risuonano come monito per la nostra comunità. La politica locale ha solo da imparare dal primo pastore della Chiesa locale. Se la diocesi s’impegna nell’informarsi sulle problematiche inerenti la convivenza, se la stessa cerca di promuovere gesti e iniziative che contribuiscano a far sì che questa non rimanga solo una teoria, ma si realizzi concretamente, come enunciato dallo stesso Vescovo, è inevitabile che le forze politiche si mostrino più collaborative e creino i presupposti perché realmente si possano fare dei passi in avanti verso una vera convivenza tra tutti i gruppi linguistici, che certamente non sono solamente i tre maggiormente presenti nella nostra Heimat. Tempora mutantur, una realtà con cui bisogna confrontarsi con profilo etico, a prescindere da ogni confessione religiosa. La tolleranza è un principio cardine nella nostra tradizione, cristiani oppure no. Abbiamo la fortuna di vivere a Bolzano dove potrebbero esprimersi persone provenienti da tutto il mondo. Il Vescovo ci indica una chiara prospettiva; ora spetta a noi confrontarci, meditare e creare quelle sinergie necessarie perchè non si continui a spendere inutili parole.
I giovani sono i figli di tutti e tutti siamo corresponsabili del loro futuro. Il creato non è inesauribile, come giustamente lo stesso Vescovo più volte ha sottolineato. Educare non si riduce alla parola detta, ma all’esempio dato. I posteri, cioè i giovani d’oggi, troveranno quello che abbiamo costruito oppure devastato in seguito alle nostre azioni. L’ingegno del Vescovo nel ricorrere alla “Bioarchitettura” ci è altresì da esempio; l’amministrazione comunale di Bolzano in considerazione dei vari deficit ambientali legati alla città potrà cogliere il buon esempio.

Alto Adige 8-3-10



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sabato, 06 marzo 2010



Periferia: la marginalità italiana





Viste le ultime note vicende accadute a livello di politica regionale e provinciale (ricambio di sindaci, mandati limitati nel tempo, e sostituzione di incarichi provinciali), dove il partito di maggioranza, si trova a dover cambiare buona parte dei sindaci e degli amministratori locali, e viste le note vicende di surroga che conducono a retrocedere assessori e consiglieri a cariche provinciali, e viste anche le questioni all’interno dei vari schieramenti politici, si può senz’altro affermare che il rapporto politico con la base (con la “P” maiuscola), ovvero con l’elettorato sul territorio, si è deteriorato e che la gente si sente scoraggiata.
 I rappresentanti pubblici dovrebbero essere scelti per dare risposte concrete e dovrebbero lavorare in favore della comunità e per la pacifica convivenza fra i di versi gruppi linguistici.
 Si fa pertanto appello affinchè in breve tempo venga creato un clima positivo, in cui si lavori per convincere gli elettori dei programmi e, soprattutto, per favorire la convinzione dell’importanza sostanziale del diritto - dovere di esprimere il proprio voto, richiamando a questo concetto fondamentale gli “astensionisti”, che sono un innegabile problema di disaffezione democratica. Tutto ciò deve avvenire affinché l’espressione del voto si svolga nel modo più sereno e obbiettivo in tutta la comunità, periferia e valli comprese (non esiste solo Bolzano!), giacchè proprio nelle valli si percepisce la marginalità del proprio ruolo, con conseguente scarsa affezione.
 Negli ambienti di pensiero indipendente, non condizionato e libero di agire nell’interesse di tutte le comunità, esistono persone disponibili e sensibili (gente nuova, aria nuova), da sempre sul territorio e con molteplici esperienze: uno di loro, con passate cariche politiche (consigliere comunale a San Candido), attivista sindacale (responsabile provinciale), bilingue, nato e cresciuto a Brunico, completamente integrato e conoscitore della mentalità locale (italiana, tedesca e ladina) della Pusteria, potrebbe decidere di candidarsi a livello comunale?
 In tal caso, si auspica una fattiva collaborazione anche per l’elezione del sindaco di Bolzano.
 Noi proponiamo questo pusterese che, come molti responsabili politici provenienti da quella valle, è perfettamente bilingue e riesce persino a comunicare nell’idioma locale “italtirolese” ottenendo così un eccellente rapporto non solo personale, ma anche linguistico con l’elettorato e, di conseguenza, un’intesa ottimale a favore di tutte le comunità altoatesine. Si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai...


Alto Adige 6-3-10
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venerdì, 05 marzo 2010



Volontariato sociale: migliorare si può



Con riferimento alla lettera pubblicata sull’Alto Adige del 23 febbraio e intitolata “Servizio sociale volontario, in tanti aspettano una risposta”, va specificato che alla base delle osservazioni c’è un malinteso sul funzionamento del servizio sociale e sul ruolo che l’Ufficio competente della Provincia ricopre in materia. Le persone interessate a svolgere questo servizio possono fare domanda durante tutto l’anno per l’iscrizione in una specifica lista, che non prevede graduatorie.
 La domanda rimane valida finché la persona non ha avuto la possibilità di svolgere il servizio sociale volontario. Con l’iscrizione nella lista l’interessato non viene però automaticamente assegnato ad un servizio, in quanto è l’associazione che deve scegliere il candidato e fare domanda per quel nominativo. Enti ed associazioni possono richiedere una/un volontaria/o solo due volte all’anno, entro il 31 gennaio e il 31 luglio Le liste sono quindi uno strumento di consultazione a disposizione di enti e associazioni. Sono pertanto le associazioni e gli enti a contattare direttamente le persone iscritte nella lista dell’Ufficio provinciale e a valutare quale sia la persona più adatta alle loro esigenze, in base alle informazioni riportate nella lista.
 Essendo escluso dal processo di selezione, l’Ufficio provinciale non è in grado di dare notizie concrete in merito. Solitamente enti e associazioni prendono contatto con le persone iscritte nella lista solo poco prima delle scadenze delle domande, in tempo utile per compilare la domanda con la persona prescelta (quindi dicembre e giugno). L’Ufficio funge da mediatore, ma non mette a disposizione posti concreti. Dall’avvio del servizio nel 2007, 16 persone iscritte in lista sono poi state assunte, molte altre hanno potuto regolarizzare un’opera di volontariato che svolgevano già da anni. Non si può di certo negare che molti attendono ancora di prendere servizio, bisogna considerare però che l’istituzione di questo servizio è relativamente nuova e che ci sono ancora ampi margini di sviluppo.

Alto Adige 5-3-10
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mercoledì, 03 marzo 2010



Il regista serbo Emir Kusturica, per la prima volta in Alto Adige, sarà al Cristallo il 22 marzo


Il grande regista serbo Emir Kusturica viene per la volta a Bolzano. E ci viene non per presentare un film, non per partecipare ad una rassegna cinematografica. Viene a parlare di pace, di amore e di guerra. Come altri grandi protagonisti della cultura a livello internazionale, da Kapuscinski a Sepulveda, Kusturica ha accettato l’invito del Centro per la pace con la curiosità di conoscere un territorio di confine come l’Alto Adige.
L’incontro si terrà lunedì 22 marzo a partire dalle ore 20 al teatro Cristallo. Verrà proiettato dapprima il film «Blue Gipsy», girato nel 2005 come cortometraggio all’interno di un progetto collettivo commissionato dall’Unicef a registi di fama internazionale sul tema dei bambini invisibili. Sandro Tarter, filosofo e critico cinematografico introdurrà l’immaginario visivo di Kusturica. A seguire l’intervento del regista solleticato dalle domande di giornalisti attivi nello scenario balcanico. Da qualche anno l’artista è impegnato a costruire un villaggio dei sogni in un paradiso naturale sulle montagne della Serbia centrale. Si chiama Küstendorf ed è nato dopo una battaglia ambientalista per strappare il territorio ad una multinazionale inglese del nichel. Il regista ha pensato a questo luogo, dove ha girato il film «La vita è un miracolo», come ad un ambiente virtuoso per la formazione di giovani cineasti. Ha acquistato il terreno, ha costruito alcune casette biocompatibili con l’acqua che arriva direttamente dalla sorgente.. La sua idea è di convocare in quel luogo alcuni fra i più grandi registi e attori del mondo per insegnare ai giovani l’arte dei cinema e del teatro. Da due anni si tiene un festival con la proiezione di film e retrospettive a grandi protagonisti del cinema (quest’ anno ci sarà anche un omaggio a Johnny Depp).
Emir Kusturica è per tanti versi un artista di rottura. È amato e criticato. Adora le contraddizioni così come la vita le riverbera continuamente. I suoi film piacciono o non piacciono. Sono visioni, sono caos, sono l’esasperazione di uno schietto realismo. Si vedono le spose volanti alla Chagall e le lune di Fellini, la guerra entra spietatamente in campo come la pace strozzata mille volte ma altre mille invocata. Il capolavoro rimane Underground, un grande affresco della ex Jugoslavia dalla seconda guerra mondiale in avanti, fino alla disgregazione. La guerra è compagna di viaggio, ma sottoterra si animano amori, passioni, vendette, illusioni, speranze e sconfitte. La vita scorre sotto le bombe, l’amore balla con i piedi del tango mentre tutto intorno il mondo sembra franare. I critici dicono che il Kusturica migliore sia quello precedente al successo di Underground. Splendido è «Il tempo dei gitani», belle le pellicole «Ti ricordi Dolly Bell» e «Papà è in viaggio d’affari» che gli permette di aggiudicarsi la palma d’oro a Cannes. Ma Kusturica ha fatto un po’ di tutto. L’anno scorso a Cannes ha presentato un documentario su Maradona. Il calcio e il cinema, ma anche la musica. Kusturica è musicista. Suona la chitarra, canta nella No Smocking Orchestra, gruppo nato a Sarajevo nel 1980. A Bolzano però non si parlerà soltanto di cinema e di arte. Kusturica è un testimone del nostro tempo e l’interpretazione di alcuni snodi della politica e della cultura mediterranea ed europea lo stimolano molto, sia sul versante della situazione nei Balcani per capire cosa è stata la guerra e cosa è il dopo guerra, sia sul versante della caduta del muro di Berlino, sia infine sul versante della pace e della convivenza fra la diversità tanto indagata e tanto raccontata nei suoi film. Insomma, Kusturica non è affatto un uomo univoco, unilaterale. In una intervista rilasciata a Paolo Rumiz nel 1999 disse di sé e della guerra: «In troppi pretendono che io sia ideologicamente contro qualcuno e qualche cosa. Ma io mi rifiuto di essere unilaterale. Non sono contro nessuno; nemmeno contro l’America che ha bombardato il mio Paese. Io dò risposte complesse, perché questa guerra, se si vuole essere onesti, è complessa».
L’incontro con Kusturica è gratuito ma è obbligatoria la prenotazione inviando una mail al centro per la pace (centropace comune.bolzano.it). Aderiscono l’Osservatorio sui Balcani di Trento e la Fondazione Langer oltrechè l’associazione culturale Cristallo. (m.f.)

Alto Adige 3-3-10
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mercoledì, 03 marzo 2010



Bolzano si conferma la più cara d’Italia. Baratta: «Dati preoccupanti»



VALERIA FRANGIPANE

BOLZANO. Non c’è pace per le tasche dei bolzanini: i prezzi in città continuano a crescere. In un anno sono aumentati del 2,3%, un punto in percentuale in più rispetto al resto d’Italia (1,3%).
 Le assicurazioni su auto e scooter segnano un 13% in più.
 Le spese condominiali in un solo anno sono cresciute del 10%. Ristoranti e pizzerie sono più cari del 3,7%, le bevande alcoliche ed i tabacchi del 3,5%. Crescono del 4,5% i costi dell’istruzione e del 3,7% quelli per i trasporti.
 Unico capitolo di spesa invariato rispetto a febbraio dell’anno scorso è quello delle Comunicazioni. In discesa solo gli alimentari e le bevande analcoliche (-0,9%).
 L’assessore comunale alla statistica Silvano Baratta commenta con un «davvero preoccupanti» i dati appena diffusi dal Comune. Solo ad aprile dell’anno scorso Bolzano aveva fatto registrare per la prima volta un tasso d’inflazione più basso della media nazionale e l’assessore spiegava - nello scetticismo generale - che si trattava di un gran bel segnale e che i prezzi in pochi mesi avrebbero iniziato finalmente a scendere. «Sì è vero l’ho detto ma mi sbagliavo. Il valore dell’inflazione tendenziale (cioè su base annua) registrato a marzo 2009 era stato il più basso in città dal 1968 ed era pari al 1,1% mentre il resto d’Italia si attestava all’1,2%. E quel dato mi aveva fatto ben sperare. Adesso però, purtroppo, l’inflazione ha ripreso a correre ed io sono davvero preoccupato».
 Baratta tiene in mano i dati e li scorre uno ad uno: «Qui cresce tutto, scendono solo i generi alimentari e gli analcolici». Assessore, ma perché da decenni i bolzanini devono pagare questo scotto? Cos’è che da noi costa di più e perché? «Sinceramente non ho più una risposta. Per anni ci hanno spiegato che tutto era più caro per colpa degli affitti dei negozi alle stelle ma adesso questa storia non regge più visto il numero di negozi sfitti e vista l’alta percentuale di proprietari disposti a scendere pur di incassare. Ci hanno spiegato anche che da noi il personale costa di più, cosa alla quale oggi non credo perché la gente ha bisogno di lavorare e lo fa anche se lo stipendio non è proprio allettante. A questo punto credo che Bolzano sia più cara del resto d’Italia e basta».
 E adesso il dettaglio.
 Il capitolo Ristorazione registra una crescita del 3,7%. «I ristoranti e le pizzerie nel corso dell’ultimo anno hanno aumentato i prezzi del 3,7% col risultato che la sera - fatte salvo le debite eccezioni - sono quasi sempre vuoti. La maggiorparte si riempie a mezzogiorno e campa con i “buoni pasto”. La crisi delle pizzerie è palese anche dal numero sempre più alto di licenze in vendita».
 Crescono del 4,5% i costi dell’Istruzione (asili +8,6%, istruzione primaria +8,1 e secondaria +8,2%). «I genitori se ne sono accorti. Eccome. Crescono le rette, crescono i prezzi delle cartelle, ci sono i vocabolari». Per non parlare di quello che mamma e papà si trovano a pagare quando arriva la gita scolastica. Altra batosta per la benzina (+15%), il treno (+14%), l’autostrada (+7%), la posta (+11%). Un capitolo a parte merita la voce “spese condominiali” che vanta un aumento del 10% che troppe famiglie non riescono a fronteggiare. Marco Lombardozzi, presidente della locale Anaci (amministratori) che controlla tremila edifici in tutta la provincia (1.500 solo a Bolzano), dice che negli ultimi mesi sono aumentati del 20% gli inquilini che hanno pagato in ritardo o che non hanno pagato per nulla le spese di condominio: «E in qualche caso ci siamo visti costretti anche a pignorare l’immobile».
 Il capitolo Beni e servizi segna un +4,7. Per Baratta all’interno di questa voce la più preoccupante è quella che ha visto crescere del 13% il prezzo dell’assicurazione per auto, scooter, furgone. «Sapevo che le tariffe erano aumentate, non pensavo ad un ritocco così pesante». L’assessore parla di un momento difficile che è sotto gli occhi di tutti. «Siamo a marzo e i negozi vanno avanti ancora con le svendite perché non sono riusciti a smaltire la merce. E poi in giro è tutta un’offerta speciale. I supermercati abbassano o vendono merce “sottocosto” (o almeno così spiegano) e fanno prezzacci anche i negozi che vendono articoli per la casa o elettrodomestici che rateizzano il rateizzabile. E questo non è un buon segno». Perché a rata si somma rata ed a fine mese si fanno i conti: spesso in rosso.

Alto Adige 3-3-10
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martedì, 02 marzo 2010

Gli immigrati in piazza Mostra: 24 ore senza di noi



MICHELA PERINI


BOLZANO. Tante bandiere appese in via della Mostra, volti sorridenti di immigrati tra musica e balli, e alle loro spalle la scritta «Nessuno è straniero». Già, nessuno dovrebbe essere straniero.
 Ieri è andata in scena in via della Mostra un’iniziativa mutuata dall’esperienza francese: «24h senza di noi - una giornata senza immigrati». La manifestazione è stata organizzata da un comitato che ha raccolto una vasta adesione: dalla Rete dei diritti dei senza voce alla Caritas, dalla Cgil all’Anpi solo per citare alcuni soggetti.
 Amir Saideghi, ingegnere iraniano da quindici anni in Italia, Nuris Isabel Mendoza Obregòn e Fernando Biague hanno invitato gli immigrati a prendersi un giorno libero dal lavoro «per far vedere qual è il peso che hanno in questa provincia. Chi non potrà farlo, è stato invitato ad indossare una fascia gialla o esporla, ad esempio nei negozi o nelle case dove lavorano le badanti».
 E così dalle 11 fino al tardo pomeriggio molti extracomunitari hanno affollato il centro, organizzato stand informativi, concerti di gruppi musicali locali, attività teatrali e giochi per bambini.
 «Il nostro intento è quello di coinvolgere gli altoatesini - spiega Artan Mullaymeri presidente della Consulta immigrati - vogliamo far sentire che ci siamo, non solo come forza lavoro ma anche come esseri umani. Vogliamo trasmettere la nostra ricchezza culturale, perché abbiamo tanto da offrire».
 «Vogliamo far sentire la nostra voce e far capire che in Italia ci siamo anche noi - dice Isabel Mendoza, latino-americana - sui giornali la gente legge sempre cose negative, qui vogliamo invece trasmettere qualcosa di positivo e far vedere le cose importanti della nostra cultura». Il colore predominante della manifestazione è stato il giallo: gialli i palloncini liberati nel cielo alle 18.30 e sempre giallo il nastro legato attorno al braccio di tutti i partecipanti.
 Come mai questa scelta?
 «Perché è un colore che da visibilità», riprende Saideghi. Un colore forte che contrasta con le storie cupe di tanti immigrati, come quella di Elisabeth Caczmarek, polacca, da 17 anni in Italia. «Sono una badante, e vivo a Bolzano da quattro anni esatti - racconta - nel mio Paese ero un architetto. Fare la badante non è facile, è un lavoro pesante e la solitudine non aiuta». Dello stesso parere anche Fatima, marocchina in Italia da anni «spesso ci sentiamo isolati e lasciati soli - dice - anche trovare lavoro non è semplice, mi hanno sbattuto parecchie porte in faccia solo perché sono extracomunitaria».
 «Vivo in Italia da quando ho quindici anni e lavoro in un negozio qui in città - racconta Angelica Siguenas, peruviana - credo che i problemi da superare siano soprattutto due: la mancata integrazione e l’indifferenza».
 Presenti alla manifestazione anche alcuni altoatesini.
 «Credo che questa sia un’iniziativa intelligente - dice Sabrina Carli, bolzanina - perché riguarda tutti, noi e loro».

Alto Adige 2-3-10
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martedì, 02 marzo 2010

Asilo nido, 40 bambini in attesa

BRUNO CANALI



 LAIVES. Il servizio di asilo nido rimane uno dei più «gettonati» tra quelli comunali e lo dimostrano la quarantina di domande in lista di attesa. Il 31 maggio chiuderà il periodo per fare domanda di ammissione.
  In giugno vedrà quindi la luce la nuova graduatoria, mentre all’Ufficio servizi continuano ad arrivare richieste, qualcuna anche con carattere di urgenza, che però non possono essere soddisfatte: cosa che a volte crea tensioni tra le famiglie e l’amministrazione. «Le nuove ammissioni al nido comunale di via Sauro potranno essere esaudite solo a settembre - afferma l’assessora competente, Liliana Di Fede -. Da questo punto di vista il nido funziona come la scuola: a settembre riempiremo nuovamente le sezioni disponibili».
 Nominalmente il nido comunale di Laives dispone di 60 posti (più due per eventuali rotazioni) e, come detto, scorrendo la lista delle richieste in attesa si capisce che ne servirebbero altrettanti. «Certo la domanda è sempre considerevole - continua Di Fede - ma tra queste richieste abbiamo anche quelle di famiglie residenti fuori dal territorio comunale, domande che ben difficilmente potremmo accogliere. Quanto alle richieste urgenti, posso solo raccomandare di parlarcene direttamente perché confrontandoci con le famiglie potremo capire il genere di bisogno e individuare eventuali soluzioni se ci sono, vedi ad esempio le Tagesmutter. Il Comune ha una convenzione con “Kitas” e in base a questa, ad esempio, attualmente abbiamo un bambino alla nuova struttura di Vadena e uno a Egna. Grazie proprio alla convenzione, noi possiamo garantire alle rispettive famiglie un contributo a sostegno delle spese di frequenza. A Vadena o a Egna le mamme portano il proprio bambino perché lavorando in loco sono più comode». Non è invece possibile fare altrettanto con il nido aziendale che la Röchling ha realizzato in zona industriale (e che è stato a rischio chiusura per scarsità di richieste). Quello, spiega Di Fede, «è un nido aziendale e non convenzionato con il Comune; segue sue logiche organizzative e finanziarie e quindi le famiglie che vogliono utilizzarlo, purtroppo si devono arrangiare autonomamente».

Alto Adige 2-3-10
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lunedì, 01 marzo 2010

 culture del mondo




Inizia la rassegna organizzata da distretto sociale e «Le Formiche»

LAIVES. Inizia questa settima la rassegna «Mondi in viaggio» organizzata dal gruppo tematico «Multiculturalità» del distretto sociale Laives-Bronzolo-Vadena e dalla cooperativ sociale «Le Formiche», in collaborazione con il centro Don Bosco. L’iniziativa si pone l’obiettivo di trasmettere messaggi di valore sociale e culturale attraverso la visione di film e di uno spettacolo teatrale, seguiti da alcuni interventi di persone che cercheranno di coniugare quanto visto, con la propria esperienza personale. Nelle serate sono in programma, oltre al cinema, assaggi di cibo per esplorare mondi e culture gastronomiche in cui i sapori del commercio equo e solidale si intrecciano con i saperi delle produzioni biologiche locali. Il ciclo di serate è legato alla tematica del viaggio, al percorso migratorio che le persone compiono verso l’Occidente e alle cause che spingono ad abbandonare la propria terra, con uno sguardo alle aspettative che portano con sè. Gli appuntamenti sono presso il teatro del Don Bosco. Si parte questo mercoledì: alle 20 stuzzichini dal mondo, alle 20.30 proiezione del film «Welcome».

Alto Adige 1-3-10
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lunedì, 01 marzo 2010


Testamento biologico, pochi lo fanno




BOLZANO. Il tema del testamento biologico è stato al centro di un’iniziativa dall’Associazione delle residenze per anziani dell’Alto Adige. Alla giornata informativa sono intervenuti il presidente del Comitato etico provinciale, il primario Herbert Heidegger, e Maria Vittoria Habicher dell’Ufficio per la formazione del personale sanitario. «Più del 50% delle persone che muoiono mentre sono sotto trattamento medico intensivo non sono in grado di prendere decisioni in merito al proprio trattamento», ha spiegato il primario Heidegger. «Spesso anche i parenti non sono a conoscenza delle preferenze del proprio caro. In questo senso, le direttive anticipate di trattamento sono una chiave, uno strumento per fare sì che il volere dell’interessato venga tenuto in considerazione e rispettato in una situazione estremamente delicata come la fase finale della vita. Ricerche dimostrano che le direttive anticipate contribuiscono ad aumentare il senso di fiducia dei pazienti verso i medici e ad alleviare il peso emotivo a cui sono sottoposte le persone care».
 Sulle direttive anticipate il Comitato etico provinciale ha elaborato un concetto e ha recentemente dato inizio alla fase di realizzazione. «Offriremo consulenze ai pazienti e ai cittadini e faremo formazione al personale dell’azienda sanitaria e delle residenze per anziani. Prossimamente pubblicheremo un libretto informativo, che sarà presentato al pubblico e distribuito nei prossimi mesi», afferma Maria Vittoria Habicher. L’Associazione delle Residenze per Anziani inoltre è membro del gruppo di lavoro sul Testamento biologico, iniziato dal Comitato etico provinciale.
 Attualmente in Alto Adige solo il 5% delle persone hanno depositato le proprie direttive anticipate di trattamento. Inoltre, la situazione normativa in Italia su questo tema è controversa, soprattutto dopo il caso Englaro. «Tuttavia, questo è un tema importante, soprattutto nella terza età. Le direttive anticipate sono una componente importante di una più generale pianificazione preventiva dei trattamenti sanitari. L’Alto Adige potrebbe avere un ruolo guida, a livello non solo italiano», sottolinea Norbert Bertignoll, presidente dell’Associazione delle residenze per anziani.

Alto Adige 1-3-10
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sabato, 27 febbraio 2010

Lunedì lo «sciopero» degli immigrati




BOLZANO. Lunedì primo marzo andrà in scena un’iniziativa mutuata dall’esperienza francese: si chiama «24h senza di noi - una giornata senza immigrati». La manifestazione è stata organizzata da un comitato che ha raccolto una vasta adesione: dalla Rete dei diritti dei senza voce alla Caritas, dalla Cgil all’Anpi solo per citare alcuni soggetti.
 A presentare l’iniziativa ieri, al Caffè Plural, sono stati Amir Saideghi, ingegnere iraniano da 15 anni in Italia, Nuris Isabel Mendoza Obregòn e Fernando Biague. «In Francia l’iniziativa è nata sotto forma di sciopero - spiega Amir Saideghi - non è quello che proponiamo noi. Invitiamo tutti gli immigrati a prendersi un giorno libero dal lavoro, per far vedere qual è il peso che hanno in questa provincia. Chi non potrà farlo, è invitato ad indossare una fascia gialla o esporla, ad esempio nei negozi o nelle case dove lavorano le badanti». «Oltre il 9,7% del Pil in Italia - prosegue l’ingegnere iraniano - arriva dal lavoro degli immigrati che, tuttavia, non hanno la stessa visibilità politica e sociale: dobbiamo colmare questo vuoto di rappresentanza. Vogliamo combattere l’insicurezza e le tensioni sociali attraverso l’integrazione politica».
 L’appuntamento è in Piazza della Mostra, il primo marzo, a partire dalle ore 11.00 per tutta la giornata alternando musica, teatro, informazione, testimonianze e tanto altro ancora.

Alto Adige 27-2-10
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sabato, 27 febbraio 2010

Case per il ceto medio: si parte da Laives Alla Toggenburg 30 alloggi da 65 metri

 

  BRUNO CANALI


 LAIVES. Il nuovo Piano urbanistico comunale sarà abbastanza «avaro» di nuove aree d’espansione. «Dovremo prevedere comunque gli spazi necessari per l’edilizia sociale e agevolata - anticipa il vicesindaco Georg Forti - perché già oggi le aree Toggenburg 1 e Toggenburg 2 a Pineta sono complete e l’ultima cooperativa formatasi prima di settembre ancora non ha uno spazio certo a disposizione». Si tratta di una cooperativa formata da cittadini di San Giacomo, per i quali bisognerà trovare lo spazio nel nuovo Puc la cui elaborazione è in corso da parte di uno studio veneto. «Complessivamente a tutt’oggi abbiamo la disponibilità di spazi liberi per realizzare 160 mila metri cubi, 85 mila dei quali sono le zone Toggenburg 1 e 2 - dice Forti - e vanno sfruttati al meglio».
 Nel frattempo decolla l’edilizia per il ceto medio anche a Laives con l’approvazione dei primi lotti da parte della Provincia. La progettazione sarà affidata all’Ipes e già è stabilito che si costruirà in zona Toggenburg 1. Lì l’Ipes ha a disposizione metà circa del terreno e su quello realizzerà anche gli alloggi da riservare al ceto medio. In questo senso l’Istituto costruirà una palazzina di tre piani, con una trentina di alloggi con metratura standard di 65 metri quadrati, per un volume complessivo di 8.000 metri cubi. «Laives è il primo comune ad imboccare questa strada - afferma il vicepresidente della giunta provinciale Christian Tommasini - e nelle prossime settimane, dopo che avremo stabilito i criteri per rientrare nel “ceto medio”, faremo la convenzione con il Comune il quale stabilirà anche il tipo di target cui assegnare gli alloggi». L’investimento è di 6 milioni di euro e saranno edifici con standard Casa clima B. L’Ipes sta già predisponendo il bando di gara e il progetto sarà pronto per l’autunno, in modo che nel corso del 2012 questi alloggi potranno essere consegnati.

Alto Adige 27-2-10
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domenica, 21 febbraio 2010


Crescono i precari ormai sono 5 mila Età media 43 anni




ALAN CONTI


BOLZANO. In due anni sono 12.000 i lavoratori in Alto Adige che hanno sottoscritto complessivamente più di 18.000 contratti a progetto, con una durata media di appena 16 mesi. Nel 2009 il lavoro a progetto ha superato la soglia dei 4.800 occupati, includendo tutte le tipologie di contratti subordinati. Un fenomeno in forte crescita.
 I dati vengono snocciolati durante il congresso del sindacato Cgil-Nidil, formatosi appositamente per le nuove identità lavorative, tenutosi ieri alla Cgil di via Roma. E’ stata proprio la categoria dei più precari, quindi, a inaugurare il calendario dei congressi del sindacato che si chiuderà l’11 e il 12 marzo con l’assemblea generale e l’intervento del segretario nazionale Guglielmo Epifani. Rieletta, intanto, Silvia Grinzato alla carica di coordinatrice provinciale dopo una relazione focalizzata anche sugli effetti della crisi sui lavoratori a progetto.
 I dati, ricavati dalla Ripartizione Lavoro della Provincia, portano alla luce altri interessanti fenomeni del mondo del precariato altoatesino.
 L’età media dei contratti a progetto, per esempio, non è propriamente quella giovanile dato che si attesta sui 43 anni, addirittura più alta del lavoratore dipendente, mentre tra i parasubordinati è forte la presenza di ultrasessantenni. Non solo, mediamente gli uomini riescono a spuntare collaborazioni di un anno e cinque mesi contro l’anno delle donne. Il settore più investito dal fenomeno è senz’altro quello pubblico con il 52% di lavoratori, di cui addirittura il 36% da ascrivere all’istruzione. A condizionare la statistica, infatti, concorrono i docenti e ricercatori occupati nell’ateneo, nella scuola e negli enti privati. L’11% dei precari lo troviamo nell’amministrazione pubblica, più che altro nei settori dell’assistenza all’infanzia e ai disabili, mentre il 9% nel commercio tra venditori e agenti di commercio. Una tendenza che sta lentamente soppiantando il lavoro fisso dato che il 4% dei nuovi contratti hanno occupato il posto di rapporti precedentemente a tempo indeterminato. «Un mondo atomizzato e variegato - spiega Silvia Grinzato - che mette in discussione la sopravvivenza stessa del sindacato come lo conosciamo adesso. La crisi ha letteralmente stravolto il settore dei contratti a progetto perché la contrazione dell’occupazione ha portato a scadenza le collaborazioni, senza alcun rinnovo da parte dei datori di lavoro. Si tratta di una massa di persone che, non ricevendo ammortizzatori sociali, non vengono nemmeno conteggiati tra i licenziamenti». Diverse, quindi, le sfide che il sindacato dovrà affrontare: «Aprire negoziati prima di tutto con ateneo e sanità, ma anche controllare che la ripresa non comporti un aumento massiccio di queste forme lavorative».
 Christine Pichler della sezione agricoltura della Cgil amplia lo spettro: «Anche nel nostro mondo si tratta di un rapporto di lavoro diffuso che rende i dipendenti ricattabili e con pochissime garanzie».

Alto Adige 21-2-10
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sabato, 20 febbraio 2010


Röchling: ordini fino a marzo


Soffrono le ditte artigiane legate all’edilizia. In zona industriale diversi capannoni vuoti


BRUNO CANALI


LAIVES. Diverse aziende della zona industriale continuano a risentire degli effetti della crisi. Non mancano nemmeno capannoni vuoti o abbandonati. La congiuntura economica non risparmia nemmeno le realtà maggiori. La Röchling ha commesse fino a marzo. «Soffre anche l’artigianato - sottolinea il sindacalista della Cisl Maurizio Albrigo - in particolare quello che tradizionalmente è legato al mercato dell’edilizia».
 «La Roechling Automotive è la più importante azienda industriale alla zona di Laives - spiega Albrigo - e le informazioni che attualmente abbiamo a disposizione ci confermano che, per fortuna, in questi primi mesi dell’anno il mercato dell’auto si è rimesso in moto. Per l’azienda che produce componentistica il lavoro è garantito fino a marzo. Ciò ha fatto sì che tutti gli operai cassaintegrati - 140 circa - siano stati richiamati al lavoro. Rimangono invece in cassa integrazione solo alcuni impiegati».
 Per quanto attiene la ripresa del settore auto Albrigo ha una spiegazione ben precisa. «Non sembra trattarsi di una ripresa del mercato auto vero e proprio - dice - ma della decisione delle principali case automobilistiche di riempire nuovamente i magazzini dei ricambi dopo che sono stati integralmente svuotati negli ultimi mesi dello scorso anno. Come detto, questo fa sì che alla Roechling Automotive ci sia garanzia di commesse almeno fino a marzo. Un tempo si potevano azzardare previsioni quadriennali ma in questa fase congiunturale bisogna usare massima cautela e si “naviga a vista”, quasi mese per mese”».
 Tornando alla cassa integrazione, Albrigo sostiene che venga utilizzata proprio per questo, per affrontare in maniera più flessibile gli alti e bassi del mercato: quando calano le commesse, si ricorre alla cassa integrazione, vero e proprio “parcheggio” per i dipendenti e poi, quando il lavoro dà segnali di ripresa, come nell’ultimo periodo, si richiamano in azienda.
 «Col passare degli anni poi - continua Albrigo - la zona industriale di Laives ha via via perduto sempre più quel carattere prettamente industriale garantito dalle grandi aziende e ad esempio, la Gasser, con i camion, ha chiuso a Laives per spostarsi a Bolzano. Questi trasferimenti di fatto depotenziano la grande industria a Laives, mentre rimane comunque l’artigianato e anche questo in qualche caso denuncia attualmente sofferenza, tanto da dover ricorrere alla cassa integrazione. Lo fa tutta quella parte di aziende legate a filo doppio all’edilizia. Anche ditte di discrete dimensioni, come la Pan stanno attraversando fasi alterne».
 Un altro segnale che i tempi sono difficili per tutti è dato dalle aziende che se ne sono andate o hanno definitivamente chiuso, con i capannoni ancora vuoti e abbandonati che si possono vedere facendo un giro in zona industriale. Il Comune di Laives, da tempo lavora all’ampliamento dell’area produttiva a sud della città ma proprio di recente, quando sembrava cosa fatta, si è trovato con un numero di richieste troppo modesto per iniziare e così per ora è si è preferito temporeggiare e attendere tempi migliori. Bronzolo a sua volta, per l’ampliamento della propria zona artigianale, ha dovuto penare a lungo. Alla fine, proprio come per Laives, non resta che la speranza che almeno la Bls - l’agenzia provinciale che si occupa di aree produttive - riesca a dirottare su quei terreni accanto alla zona industriale qualche ditta in cerca di spazio e in grado di assicurare al contempo posti di lavoro qualificati. Infine, da qualche anno ormai, buona parte dei 7,5 ettari di area produttiva provinciale alla Vurza, attendono di essere riempiti. All’inizio di marzo inizierà a costuire la Cna.


Alto Adige 20-2-10
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sabato, 20 febbraio 2010


Cittadinanzattiva: asili nido, liste d’attesa lunghe




 BOLZANO. Un terzo dei bambini iscritti agli asili nido comunali dell’Alto Adige rimane in lista d’attesa. Lo sostiene uno studio di Cittadinanzattiva, che mette a confronto Trento e Bolzano. Un dato che, tuttavia, non tiene in considerazione tutto il sistema destinato all’età 0-3 anni, che in provincia di Bolzano è costituito solo in parte dagli asili comunali (9 in totale nel capoluogo, 13 in provincia): sono moltissime, infatti, le famiglie che ricorrono alle microstrutture piuttosto che alle Tagesmütter. «A giorni presenteranno a Roma un’indagine sulla nostra offerta 0-3 anni, che tiene in considerazione anche i servizi integrativi - spiega Eugenio Bizzotto, dirigente dell’ufficio famiglia e gioventù della Provincia - la cosa stupefacente è che gli autori dello studio ci attribuiscono una potenzialità superiore a quanto stimato da noi stessi». Morale? «Difficile valutare questi studi: proprio Cittadinanzattiva, presentando uno studio sulle tariffe, attribuiva all’Alto Adige sempre la retta massima, non considerando che nella realtà la retta media è molto più bassa».

Alto Adige 20-2-10
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venerdì, 19 febbraio 2010


I vescovi: «Le elezioni un momento importante di giustizia sociale»




 CITTA’ DEL VATICANO. I vescovi italiani auspicano che le prossime elezioni amministrative in Italia «siano un’occasione importante perché i temi della giustizia sociale e dell’integrazione tornino al centro dei programmi e delle politiche locali, evitando che la tematica dell’immigrazione sia usata per scopi elettorali». La conferenza episcopale ribadisce anche che è «inappropriata e falsa ogni criminalizzazione pregiudiziale degli immigrati».
 Continuano poi le scintille sul tema del rapporto tra immigrazione e criminalità: il comitato Episcopale per le migrazioni (Cemi) e la Fondazione Migrantes ribadiscono che non esiste coincidenza tra immigrazione e criminalità: estrapolando le denunce contro autori noti ed equiparando le classi di età tra italiani e il numero effettivo di immigrati - si evince un uguale tasso di criminalità.(a.g.)


Alto Adige 19-2-10
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mercoledì, 17 febbraio 2010


La tragedia del food last minute



NIETTA SALTUARI DONDIO


Non esiste soltanto il travel last minute, esiste anche il food last minute. Iniziato in Inghilterra ha raggiunto Bologna e conquistato altre 40 città italiane. Mi spiego:
 Si calcola che europei e statunitensi, di cui esistono le statistiche, gettino annualmente nella spazzatura del 30 al 50% del cibo acquistato (soprattutto carne e latticini) e un inglese, sdegnato da tanto spreco ha deciso di invitare 5000 persone “ a pranzo” a Trafalgar Square, pranzo gratuito a base di cibo rifiutato. Ovviamente il cibo era igienicamente valido, preparato con cura e il successo ha permesso di toccare con mano il problema degli sprechi e della fame nel mondo, delle derrate accantonate, del riutilizzo del cibo in scadenza, anche per gli animali.
E questo a prescindere dai guadagni squilibrati che si creano nei passaggi dal produttore al consumatore.
 Nel nostro Paese ben 250.000 tonn di cibo per un miliardo di valore che potrebbe sfamare almeno 600.000 persone, ricuperabile, va buttato, almeno fosse utilizzato per gli animali..
La prospettiva del riutilizzo appare poco appetibile, ma una valutazione oculata della situazione generale fa si che anche il nostro frigorifero sia coinvolto nello spreco per una conservazione sbagliata, per valuta-zioni in eccesso delle quantità del cibo da utilizzare.
 Un detto sintetizza i nostri consumi con «C’e chi mangia per vivere e chi vive per mangiare». E purtroppo l’obesità sta anche in Europa oltre che oltre Oceano, a fronte di chi ancora muore di fame. Viviamo in un mondo globalizzato, spesso pietista, ma incapace di essere veramente solidale.

Alto Adige 17-2-10


 

Il 10 % dei gas serra per produrre cibo che poi finisce nella spazzatura

"Il 10 % delle emissioni di gas serra dei Paesi sviluppati deriva dalla produzione di cibo che viene giornalmente gettato" . Lo ha detto il professor Andrea Segrè, preside della Facolta' di Agraria dell'Universita' di Bologna e ideatore di Last Minute Market, intervenendo oggi a Copenaghen al Klimaforum. "Se il modello Last Minute Market venisse implementato sull'intero territorio italiano secondo i nostri studi sull'impatto ambientale, da tutto il settore distributivo dall'ingrosso al dettaglio, si potrebbero recuperare all'anno ben 244.252 tonnellate di cibo per un valore complessivo di 928.157.600 euro. Sarebbe inoltre possibile fornire tre pasti al giorno a 636.600 persone e risparmiare 291.393 tonnellate di CO2 che sono invece attualmente prodotte a causa dello smaltimento del cibo come rifiuto. Per neutralizzare tutta questa Co2 sarebbero necessari 586.205.532 m2 di area boschiva equivalenti a 58.620 Ha o a 117.200 campi da calcio."
Affermazioni pesanti ma perfettamente in linea con i dati raccolti in questo ultimo periodo sull'impatto ambientale dell'industria alimentare e sugli sprechi di cibo dei cosiddetti Paesi industrializzati. La relazione del prof. Segrè ("Change waste for climate. The Last Minute Market experience") è servita per raccontare l'esperienza del Last Minute Market, alla "società civile" raccolta nel forum alternative al summit dell'Onu. Una platea di esperti, ricercatori e rappresentanti delle ong che cerca di fare il capire e mettere a punto strategie "dal basso". La tematica dello spreco, soprattutto in campo agroalimentare può essere affrontata con gli strumenti classici del recupero, una via sostenibile non solo da un punto di vista economico e sociale ma anche e soprattutto ambientale.
"I Paesi Europei, ha concluso Segre', hanno cibo a disposizione in quantita' 3 volte maggiore di quello di cui avrebbero bisogno, eppure in Europa - e non in Africa - ancora 43 milioni di persone sono a rischio di sicurezza alimentare. Con il cibo gettato a livello mondiale non solo si potrebbero nutrire 3 miliardi di persone, ma recuperandolo, e dunque prevenendo la formazione dei rifiuti, si potrebbe dare un grande contributo alla lotta contro il riscaldamento globale".
" E' da qui che i Grandi del mondo devono partire", ha concluso Segrè.

Il cibo che gettiamo e la fame nel mondo
10% della spesa alimentare finisce nella spazzatura


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mercoledì, 17 febbraio 2010



Redditometro, posizioni ancora distanti



GIANFRANCO PICCOLI


 BOLZANO. Diciamo la verità. Sino a quando la vacca era molto grassa, nessuno si è davvero posto il problema. Ora la crisi economica tocca con un effetto domino anche le finanze pubbliche altoatesine: un minimo di selezione nell’erogazione dei servizi si renderà necessaria in un futuro non molto lontano. Recentemente lo ha ribadito anche l’assessore provinciale Christian Tommasini. La risposta si chiama redditometro, uno strumento adottato da anni nel resto del Paese e anche nel vicino Trentino: la provincia di Bolzano da questo punto di vista rappresenta un’anomalia in Italia.
 Il redditometro - già in fase di elaborazione - dovrebbe portare un po’ di chiarezza anche nella selva di parametri che i diversi istituti pubblici (Ipes piuttosto che Assb) utilizzano per calcolare il patrimonio dei cittadini e definire quindi l’erogazione di un servizio. Con il redditometro ci sarà un indicatore unico che varrà per tutto e per tutti.
 Questo significa che se fino ad oggi tutti indistintamente hanno goduto di certi benefici, con l’introduzione del redditometro ci sarà un filtro. Le cui maglie, però, non sono ancora state decise e sono oggetto di un vivace dibattito che vede in prima linea soprattutto il mondo imprenditoriale. Per i lavoratori dipendenti, infatti, non ci sarà molto da discutere: figurerà il reddito e l’eventuale seconda casa (la prima è esclusa). Sui patrimoni mobiliari si è arenata la prima parte della discussione: c’è chi vorrebbe introdurre una franchigia di 100 mila euro a persona. Ma è sui beni strumentali che si rischia lo scontro. I sindacati vogliono che tutti i beni finiscano nel calderone: su eventuali “sconti” si discuterà in un secondo momento. Il mondo imprenditoriale non è d’accordo: i beni strumentali, come terreni agricoli o alberghi, a loro avviso vanno esclusi a priori. Sotto ospitiamo l’intervento di Lorenzo Sola, segretario generale della Cgil, e Leo Tiefenthaler, presidente del Bauernbund.

La Provincia media e tratta

Redditometro, la Provincia vuole introdurlo per il calcolo degli aiuti sociali e i sindacati si dicono d’accordo.
  Per superare la crisi economica, la giunta provinciale ha di recente chiesto a Roma la proroga di un anno degli ammortizzatori sociali e in vista della concessione di sconti e agevolazioni sta mettendo a punto il cosiddetto redditometro, realizzato sulla base delle reali capacità economiche del richiedente.
 Si tratta di uno strumento che valuta reddito, patrimonio immobiliare (prima casa esclusa), eventuali partecipazioni in società, depositi bancari e tutto quanto contribuisce a creare ricchezza. I sindacati sono d’accordo, ricordano anzi di averlo chiesto ancora svariati anni fa.
 «Il redditometro - spiega il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini - è uno strumento che punta a garantire l’equità. Fa parte delle richieste del patto di coalizione. È uno strumento complesso che si sta mettendo a punto, ma ormai siamo in dirittura d’arrivo».
 Si dice soddisfatto il segretario della Uil Toni Serafini: «Sono anni che chiediamo il redditometro, per avere finalmente un quadro reale della capacità economica dei singoli e sulla base di questo intervenire. A livello nazionale è stato introdotto nel 2001 e si chiama Isee, ma da tempo si discute sulla necessità di apportarvi dei correttivi. Decisamente migliore quello introdotto a Trento». (da.pa)


«Un dipendente non può essere trattato come un professionista»


BOLZANO. Lorenzo Sola, segretario generale della Cgil, non fa sconti: nel “redditometro” deve esserci tutto, dal reddito ai beni strumentali. Ma, soprattutto, il sindacalista si augura che il governo provinciale vari al più presto l’indicatore: «Per le correzioni, il tempo non mancherà».
 Sola, l’Alto Adige è l’unica provincia italiana a non essersi dotata di redditometro.
 «Una parola che non mi piace, perché può sembrare quasi uno strumento coercitivo».
 Invece?
 «E’ uno strumento di equità che serve per rilevare la reale situazione economica e patrimoniale di un contribuente. Uno strumento ormai bi-partisan, all’occorrenza flessibile, usato, ci tengo ad aggiungere, soprattutto nelle regioni governate dal centro-destra, come il Veneto o la Lombardia».
 Il Trentino si è dotato da anni di questo strumento. Perché da noi c’è questo ritardo?
 «Il sistema di protezione sociale e assistenziale in Alto Adige da sempre cerca di coprire tutto. Si è creato un equilibrio che è difficile disarticolare, ogni volta che qualcuno ci prova viene visto male».
 Si può parlare di privilegi?
 «Non so se si può usare questo termine: diciamo che fino ad oggi i benefici hanno toccato tutta la popolazione, senza distinguo».
 Ma anche le ricche casse provinciali cominciano ad avere qualche problema. In futuro, qualcosa dovrà cambiare.
 «Da anni noi diciamo che servono dei paletti, dei filtri: ad esempio, i contributi non possono essere dati a tutti, ma a chi garantisce, ad esempio, una crescita occupazionale. Solo da qualche mese, sotto la spinta della crisi, alcuni settori dell’economia cominciano a rendersi conto: serve una razionalizzazione della spesa che passa da una selezione dei soggetti che possono beneficiare degli aiuti pubblici, in tutti i settori».
 Sulle voci da inserire nel redditometro c’è una distanza abissale tra sindacati e mondo imprenditoriale.
 «Una discussione che davvero non riesco a capire. Nel redditometro mettiamo tutto, fino all’ultimo centesimo, in un secondo momento parliamo di esenzioni o franchigie. E’ su questo che si gioca la partita».
 Uno dei punti chiave riguarda i beni strumentali. Lei è favorevole ad inserirli.
 «Con tutti i dovuti distinguo: è chiaro, ad esempio, che se su un immobile grava un mutuo, il calcolo avrà un certo peso. Ma in linea generale direi di sì: qualcuno mi deve spiegare, altrimenti, per quale motivo un lavoratore dipendente che dichiara 30 mila euro ha lo stesso peso di un libero professionista che dichiara la stessa cifra ma è proprietario di un albergo».
 Lei ha detto: i sindacati non trattano con gli imprenditori, è la politica che deve decidere.
 «E’ Theiner che deve prendere una decisione. Se non ci piace, faremo le nostre battaglie, ma non posso accettare confusione di ruoli». (g.f.p.)


«Sulle viti non crescono i soldi sulla campagna noi investiamo»


BOLZANO. Dipendenti che dichiarano a fine anno più dei datori di lavoro, albergatori affermati o contadini che hanno redditi poco sopra la soglia di sopravvivenza e poi girano con automobili di lusso. Il mondo imprenditoriale, quando si spulciano i redditi, finisce sempre nel mirino e una delle critiche principali che vengono mosse (da chi imprenditore non è) è che nel calcolo delle ricchezze di queste persone non si tiene conto dei beni strumentali. Un dibattito che ha ripreso vigore ora che si parla di redditometro.
 Leo Tiefenthaler, agricoltore e presidente del Bauernbund, prende di petto il problema.
 Tiefenthaler, si parla di redditometro e il mondo imprenditoriale è in fibrillazione. Dall’altra parte c’è chi teme un trattamento di favore per chi già è benestante.
 «Francamente io non sono preoccupato per il redditometro. Il punto è un altro: a cosa serve e come viene applicato. Ecco, quando mi spiegheranno queste due cose con precisione, allora potrò esprimere un giudizio».
 Per essere chiari. Un lavoratore dipendente con 30 mila euro di reddito, un agricoltore che guadagna la stessa cifra ma è proprietario di tre ettari di terreno. E’ giusto che abbiano lo stesso trattamento quando si parla di erogazione di servizi o contributi da parte dell’ente pubblico?
 «Non si può affrontare la questione da questo punto di vista. E’ indiscutibile che il valore degli immobili in Alto Adige è enorme, ma noi con i terreni non facciamo speculazione, non sono denaro liquido che possiamo spendere. Un agricoltore, ma lo stesso vale per l’albergatore, per far rendere i terreni o l’albergo deve investire molto denaro. E non è detto che ci siano sempre i risultati. Un anno può andare bene, per due anni non si riesce neppure a coprire le spese. E’ successo, succederà ancora nei prossimi anni».
 Gli agricoltori non sono così ricchi come comunemente si pensa, dunque?
 «Guardi, il Bauernbund ha 21 mila iscritti, 18 mila sono contadini: il 70% di questi ha un secondo lavoro perché non può permettersi di fare solo l’agricoltore. In Alto Adige i viticoltori, hanno in media una proprietà di 0,8 ettari, i frutticoltori 2 ettari e le aziende zootecniche 5 ettari. Restando in agricoltura, per mantenere una famiglia di cinque persone servono non meno di 4 ettari, ma con la crisi dei prezzi delle mele anche di più. Fate un po’ i conti».
 Non tutte rose e fiori, insomma. Ma non si può negare che nei prossimi anni le finanze pubbliche non saranno così generose.
 «Siamo consapevoli che il futuro sarà tutt’altro che semplice, anche se l’Alto Adige ha una struttura economica fatta di piccole e medie imprese: a mio parere un vantaggio».
 Patrimonio mobiliare. Giusto inserirlo nel redditometro o bisogna fissare una franchigia?
 «Se uno guadagna e investe, è giusto che questo risulti», conclude Tiefenthaler. (g.f.p.)



Alto Adige 17-2-10

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lunedì, 15 febbraio 2010


Inaugurata la sede di “Alimentiamo la solidarietà”



Con una semplice, ma affollata cerimonia è stata inaugurata e benedetta la nuova sede di “Alimentiamo la solidarietà”, l'iniziativa del gruppo missionario che, in collaborazione con il Comune di Laives e il Distretto sociale, garantisce un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà.
Il presidente del gruppo missionario, Enzo Guderzo, ha ricordato che sono circa 65 le famiglie che ricevono aiuti alimentari: per accedere al servizio è necessario “registrarsi” presso il distretto sociale.
La nuova sede, aperta già da qualche settimana, si trova nella palazzina della Croce rossa, in via Innerhofer: è aperta tre volte alla settimana: il lunedì dalle 15 alle 17, il mercoledì dalle 9 alle 11 e il venerdì dalle 15 alle 17.
Oltre a inaugurare la nuova sede, è stata anche benedetta la nuova autovettura che i volontari utilizzano per raccogliere il cibo donato da negozi e supermercati.
 Comune di Laives , COMUNICATI del 14.02.2010
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lunedì, 15 febbraio 2010


Convivenza oltre gli slogan



ANDREA DI MICHELE /

A quasi un anno dall’insediamento a vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone, Karl Golser ha rilasciato una bella intervista a questo giornale. Al centro delle sue parole due messaggi: da una parte il richiamo agli abitanti di questa terra a non dividersi lungo il crinale etnico, a non perseguire “percorsi di vita separata”, dall’altra l’incitamento a vivere la presenza di nuove comunità linguistiche e religiose “come ricchezza e non come minaccia per la propria identità”.
Sono messaggi importanti, prontamente commentati dal mondo politico locale, per la verità più interessato al primo che al secondo. I primi commenti, infatti, sono stati di approvazione e condivisione e hanno insistito soprattutto sulla necessità di proseguire sulla strada della convivenza tra i due maggiori gruppi linguistici. Del resto, nell’anno di grazia 2010 diventa fortunatamente sempre più difficile sentire qualcuno pronunciarsi pubblicamente contro un orizzonte di maggiore convivenza tra tedeschi e italiani. Persino le destre sembrano avere abbandonato certi argomenti. Sia in quella tedesca che in quella italiana risuonano meno frequentemente di qualche tempo fa i toni più accesamente nazionalistici. Ce la si prende meno rispettivamente contro gli italiani e contro i tedeschi; adesso, secondo qualcuno, è arrivato il momento di fare fronte comune contro un nuovo pericolo, gli stranieri.
 Più o meno nelle stesse settimane in cui Golser succedeva a Wilhelm Egger sul soglio vescovile, i leghisti locali progettavano di portare un maiale sul luogo destinato a un centro culturale islamico. Quell’animale, considerato impuro dall’Islam, sarebbe servito a profanare il terreno prescelto, rendendolo non più adatto a ospitare un edificio da adibirsi anche a funzioni religiose. Un proposito che Remo Cacitti, studioso di storia del Cristianesimo, intervistato da Mauro Fattor su questo giornale non esitò a definire “osceno”, un’“idea sozza”. Elena Artioli invitava all’evento Freiheitlichen e Schützen, in nome della difesa della comune “civiltà”, mentre Paolo Bassani rilanciava, deplorando come tra italiani e tedeschi “ci scontriamo per questioni ataviche e superate come quella del Monumento mentre dovremmo trovare l’unità contro queste insidie che sono vere ed attuali”. A sua volta, poche settimane fa Pius Leitner ha sostenuto che gli italiani ormai di casa in Sudtirolo non sono più il nemico, ma che i problemi vengono dalla nuova immigrazione; un’apertura interessante, gli ha fatto eco Donato Seppi.
 Il messaggio del vescovo cade in un contesto come questo, in cui tutti sono a favore della convivenza tra i gruppi “storici” dell’Alto Adige, ma per alcuni tale convivenza dovrebbe assumere le vesti di una “union sacrée” dei locali contro l’“invasore islamico”. E ciò con la pretesa di rappresentare i valori cristiani e la cultura occidentale, che sarebbero minacciati anche solo dalla creazione di un luogo di preghiera per chi professa un’altra fede. In questo senso paradigmatico è il percorso di Elena Artioli, “scesa in campo” come paladina dei diritti dei mistilingue, punta avanzata di chi chiedeva maggiore integrazione tra i gruppi, il superamento di vecchie chiusure, l’apertura alle scuole bilingui e approdata alla Lega, che della crociata anti islamica sta facendo il proprio elettoralmente redditizio cavallo di battaglia. Insomma, integrazione tra italiani e tedeschi da un lato e razzistica chiusura verso gli immigrati dall’altro non sono antitetici, ma vanno benissimo a braccetto. Tra coloro che auspicano il passaggio dall’autonomia etnica a quella territoriale vi è anche chi lo fa in nome di un territorio che si chiude a riccio, di un progetto di nuova autonomia razzista. C’è insomma da sperare che il messaggio del vescovo Golser sia accolto per intero dal suo gregge “distratto”, come lui stesso definisce la comunità dei fedeli in Alto Adige, e che lo slogan della convivenza venga fatto proprio con maggiore coerenza.


Alto Adige 15-2-10
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domenica, 14 febbraio 2010


Crescono i nuovi poveri a Laives, Bronzolo e Vadena: sono 65 le famiglie costrette a chiedere aiuto



BRUNO CANALI


LAIVES. «Alimentiamo la solidarietà», prezioso servizio garantito dal gruppo missionari in collaborazione con il Banco alimentare di Trento, da ieri ha una nuova sede. Si trova in via Innerhofer, al primo piano della palazzina che ospita anche la Croce Rossa e la biblioteca interscolastica. Oltre ai locali (sono comunali) ha ricevuto un furgoncino dalla Cassa di Risparmio, inaugurato ieri mattina. È salito nel frattempo a 65 il numero di famiglie bisognose, a cui vengono forniti cibo e beni di primi necessità.
 «Alimentiamo la solidarietà» sta distribuendo derrate alimentari alle famiglie in difficoltà a Laives, Bronzolo e Vadena. «Sono più di 65 le famiglie che necessitano di aiuto - ha spiegato Enzo Guderzo, presidente del gruppo missionario - e a loro, una volta alla settimana o ogni 15 giorni, destiniamo cibo e tutto ciò che riusciamo a raccogliere. Un ringraziamento in questo senso va prima di tutto ai nostri volontari, che ogni giorno raccolgono il “fresco” per poi distribuirlo alle famiglie. Quindi a Luca Rapaggi del Banco alimentare e a tutti i negozi, anche di Laives, che aderiscono all’iniziativa e ci mettono gratuitamente a disposizione i beni che poi diamo alle famiglie». Una cosa è sintomatica del difficile periodo che stiamo attraversando: «In effetti - continua Guderzo - non sono solo famiglie di extracomunitari che bussano alla nostra porta. Stiamo registrando un crescendo di richieste, anche da famiglie in cui l’unica persona che aveva un lavoro stabile lo ha perso o essendo in cassa integrazione non riesce a garantire nemmeno il mimino vitale. Queste situazioni sono in aumento, il che è preoccupante». Un elogio ai volontari lo ha fatto anche l’assessore Liliana Di Fede, mentre don Jaco, il parroco, nel benedire la nuova sede, ha raccomandato a coloro che ricevono aiuto, di offrirlo a loro volta quando possono. Quella del bisogno e dell’indigenza è una realtà nascosta, che riguarda da vicino anche Laives. La nuova sede è aperta il lunedì dalle 15 alle 17, il mercoledì dalle 9 alle 11 e il venerdì dalle 15 alle 17. Le richieste per accedere al servizio vanno fatte al distretto.


 LAIVES. Ovilio Gasparini ha trascorso una vita ad aiutare il prossimo. La sua, ieri, era una presenza discreta, ma tutti sanno chi è Ovilio e cosa fa per i bisognosi «Nulla di speciale, ma conosco la sofferenza per averla vissuta sulla mia pelle».
 Come ha iniziato ad aiutare le persone in difficoltà?
 
«Quando sono arrivati alla Vives di Bolzano i profughi fuggiti dalla guerra nell’ex Jugoslavia. Non avevano più nulla, nemmeno le scarpe per i bambini. Una miseria inenarrabile. Così con Tommaso Tornatore abbiamo iniziato i viaggi portando di tutto: dal cibo ai mobili».
 Cosa le è rimasto di quella esperienza?
 
«Ricordi commoventi: ancora oggi, quei bambini che nel frattempo sono diventati adulti, quando mi incontrano si ricordano di me e mi chiamano Emilio, il soprannome che mi diedero allora. Erano bambini e ricordano ancora quando facevo fare loro qualche giro nel campo profughi a bordo del mio vecchio motocarro».
 E oggi?
 
«Continuo a raccogliere tutto quanto possa essere riutilizzato, dai mobili agli elettrodomestici fino ai vestiti, per poi redistribuirlo tra coloro che ne hanno bisogno. L’intenzione è quella di andare avanti fino a che avrò la forza di farlo».


Alto Adige 14-2-10
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domenica, 14 febbraio 2010


CONVIVENZA IN ALTO ADIGE



Numeri e storie per capire la nostra realtà

BOLZANO. Quella che pubblichiamo oggi è la seconda di tre puntate che il sociologo bolzanino Luca Fazzi ha realizzato per l’Alto Adige. Un focus, pensato con il rigore dell’occhio scientifico, sulla stato sociale e demografico del capoluogo. Fazzi, docente di politica sociale presso l’università di Trento, è stato autore (insieme all’ex preside di Sociologia, Antonio Scaglia) del piano sociale per il Comune di Bolzano nel 1999 e nel 2004. Proprio nel 2004 i risultati della ricerca scatenarono una feroce polemica: Fazzi fu accusato di aver offerto una visione troppo pessimistica della vita nei quartieri di Bolzano e in particolare gli contestarono le valutazioni sulle politiche urbanistiche, che lui definì «etniche». Uno scontro che portò al «siluramento» del sociologo.
 «Quello che desidero fare - ha detto Luca Fazzi - è offrire un’analisi della città di Bolzano sulla base di numeri e storie, al di là delle retoriche offerte dagli studi de “Il Sole 24 Ore” e “Italia Oggi”. Spesso si parla di qualità della vita nella provincia di Bolzano, nessuno però vuole affrontare i punti dolenti: il disagio degli italiani e degli stranieri nel capoluogo».


Bolzano, i giovani non pensano più ai monumenti

LUCA FAZZI

Novembre 2008: Piazza Walther a Bolzano è assiepata da tremila cappelli piumati che stanno per iniziare la Marcia su Bolzano. Nell’epoca del millantato disgelo etnico i dignitari del partito di raccolta presenziano all’evento. Assessori comunali della Giunta Spagnolli sono schierati a benedire la parata. L’Obmann Pichler Rolle e il falco Ellecosta con Klaus Ladinser e Greti Rottensteiner, da un lato, assessori e consiglieri provinciali inviati direttamente dal presidente Durnwalder dall’altro. La meta finale della marcia è Piazza del Tribunale in cui si trovano i bassorilievi del duce per protestare contro i relitti fascisti che ancora turbano così a fondo le coscienze e gli animi della popolazione sudtirolese. Il suono lugubre dei tamburi accompagna la parata. Alla testa il comandante Bacher che nel millennio della globalizzazione e dell’emergenza ambientale va a lottare per la libertà contro l’oppressione fascista. Dietro, tra gli Schützen, i patrioti Leitner e Stocker dei Freiheitlichen, Klotz e Knoll della Südtiroler Freiheit e Pöder dell’Union.

Alla parata non può mancare nessuno perché in provincia di Bolzano - si sa - amor di patria e politica vanno sempre a braccetto. Primavera 2009: vengono realizzate 260 interviste in profondità. Si tratta di un campione stratificato di cittadini residenti a Bolzano di lingua italiana e tedesca.
 L’obiettivo è quello di indagare il tema dei rapporti tra gruppi etnici. Le interviste durano ciascuna oltre un’ora e mezza e permettono di fotografare il tema dei rapporti tra i gruppi etnici tra gli abitanti del capoluogo come non era mai stato fatto prima. Una delle domande riguarda la conoscenza dei luoghi dove sono situati i relitti fascisti: un tema tornato all’ordine del giorno nell’anno delle commemorazioni hoferiane.
 Viene chiesto agli intervistati se conoscono quali simboli fascisti ritrovano in piazza Tribunale. Tra gli intervistati di madre lingua tedesca il 43% risponde in modo corretto alla domanda. Tra gli italiani la percentuale crolla al 22 per cento.
 I giovani sono in entrambi i gruppi i più ignoranti in materia. I giovani tedeschi quasi quanto i giovani italiani.
 Alla domanda se per gli abitanti del capoluogo la presenza di relitti fascisti costituisce un disturbo per la vita quotidiana, risponde negativamente l’86% dei tedeschi e il 93 per cento degli italiani. La grande maggioranza dei cittadini del capoluogo sembra dunque avere opinioni e preoccupazioni diverse rispetto a quelle dei politici. Forse qualcuno è più avanti degli altri.
 Bolzano è una città di mondi separati. Separate sono le scuole, separate le associazioni che gestiscono i centri sportivi, separati i quartieri, separate le feste, separate le rappresentanze politiche. Separata rimane, dopo ottanta anni di cosiddetta convivenza, anche larga parte della struttura delle relazioni sociali degli abitanti.
 Le persone che dichiarano di avere rapporti famigliari e parentali di primo grado (cugini, zii, nuore, suoceri, eccetera) con l’altro gruppo linguistico sono circa il 34 per cento del campione degli intervistati.
 Il 28 per cento dichiara di intrattenere rapporti amicali significativi (e quindi non occasionali o superficiali) con membri dell’altro gruppo. Quasi la metà del campione vive invece in ambienti sociali linguisticamente più omogenei.
 Il 59 per cento dichiara di frequentare nel tempo libero esclusivamente persone appartenenti al proprio gruppo linguistico. Le persone che frequentano di più l’altro gruppo sono risultati gli intervistati di madre lingua tedesca.


Tante firme per l’appello di Golser


 BOLZANO. E’ passato quasi un anno dal suo insediamento e il vescovo Karl Golser ha invitato ad impegnarsi di più sul tema della convivenza. Lo ha fatto con un’intervista al nostro giornale pubblicata due settimane fa. «Non penso - ha detto - a percorsi di vita separata. Se fosse così, ci priveremmo di una grande ricchezza, di imparare gli uni dagli altri. I due gruppi etnici sono come i due polmoni che danno forza». Un appello alla convivenza fatto proprio dalle forze politiche, dal mondo dell’economia, dai giovani e dalla società nel suo complesso. Sul sito internet dell’Alto Adige si può firmare a favore dell’appello e commentare le parole del presule. Oltre 120 le firme per la convivenza.
 «Io sono del parere che le persone singole non hanno problemi né con la seconda lingua, né con il gruppo linguistico che non è il loro, ma che il vero problema sono purtroppo i nostri politici, specialmente quelli fanatici», afferma una lettrice. «Il problema linguistico è forse la causa principale della mancata integrazione. Bisognerebbe essere più coraggiosi e permettere quella mescolanza che aiuterebbe a conoscersi. Ma c’è una storia passata con cui non ci si è ancora riconciliati», sono le parole di un altro lettore. «La convivenza? Un falso problema, questa contrapposizione è fomentata da chi, su questa, ha fatto le proprie fortune in politica», è un altro commento. «Giuste le parole del vescovo. Peccato che in questa terra però esistano troppi estremisti che vedono nell’odio nei confronti dell’altro la unica ragione di esistere», ancora un lettore. «Sono d’accordo col vescovo sul fatto di auspicare il dialogo tra la popolazione tedesca e quella italiana. A tal fine egli potrebbe iniziare a celebrare, qualche volta, messe per tedeschi e italiani “insieme”. A prescindere dalla lingua che si parla», spiega un internauta.

Solo il 30% dei giovani italiani sa conversare in tedesco

Al contrario il 94 per cento della popolazione di lingua tedesca si esprime in modo soddisfacente nella lingua di Dante


BOLZANO. Gli italiani costituiscono invece nel loro insieme un gruppo sociale più chiuso. Le persone con i minori contatti con l’altro gruppo sono coloro che hanno le più ridotte competenze linguistiche, di età o anziana o giovane, e residenti nei quartieri etnicamente più omogenei di Don Bosco e Europa dove politiche urbanistiche poco lungimiranti hanno confinato la maggioranza degli abitanti italiani di Bolzano.
 Il dato che forse più impressiona è quello dei giovani che in un modello di convivenza post etnica reclamizzato ogni dove da politici sapienti del mischiare le carte dovrebbe indicare un incremento di relazioni tra i membri dei diversi gruppi. In realtà la classe di età che presenta l’indice più basso di frequentazione dell’altro gruppo è quella degli under 25. Dopo questa età le persone si frequentano di più.
 Il motivo principale è la politica scolastica della separazione che ha dominato negli ultimi trenta anni e i cui risultati si raccolgono oggi. Invece di conoscersi di più, le nuove generazioni sembrano trovare la propria collocazione sociale in due spazi paralleli che entrano in contatto solo più tardi quando le persone fanno il loro ingresso in un mondo del lavoro che il potere politico fatica di più a controllare. Pensare di comprendersi meglio rimanendo più separati era l’architrave culturale della politica di separazione etnica degli anni ’70: allora si poteva ancora capire, oggi l’esito rischia di essere un perpetuarsi di incomprensioni e indifferenze reciproche di cui molti farebbero volentieri a meno.
 L’integrazione si realizza attraverso la conoscenza e il rispetto reciproco. Gli intervistati che dichiarano di riuscire a sostenere una conversazione nella seconda lingua costituiscono il 70% del campione. Tra le persone di madre lingua tedesca il 94% sa conversare in italiano; tra gli italiani meno del 40% è in grado di sostenere una conversazione in tedesco. Gli italiani che conoscono meno il tedesco sono in maggioranza gli anziani (tra gli over 65 solo il 16% dichiara di sapere comunicare in tedesco), i giovani (il 30% tra gli under 25) e coloro che vivono nei quartieri linguisticamente più omogenei della città: Europa e Don Bosco (il 27%). I recenti risultati dei test per il superamento degli esami di bilinguismo 2009 confermano come il principale strumento di integrazione - ossia la conoscenza linguistica - costituisca un problema molto rilevante proprio per i giovani. Il desiderio di fare conoscere ai propri figli la seconda lingua è più forte tra i genitori più giovani, i tedeschi, le persone più istruite e che frequentano persone dell’altro gruppo. Tra gli italiani la scelta che si pone è una scuola italiana incapace di motivare l’apprendimento di competenze linguistiche minimali e una scuola tedesca difficilmente accessibile a genitori che conoscono solo l’italiano.
 In una domanda successiva si è cercato di capire quanto i problemi economici, sociali e politici di un gruppo fossero importanti per l’altro.
Tra gli intervistati di lingua tedesca circa il 72% risponde che i problemi degli italiani sono eguali a quelli dei tedeschi. Tra gli italiani solo il 44% arriva alla stessa conclusione. Per la maggioranza degli italiani i problemi del proprio gruppo linguistico risultano diversi da quelli dei membri dell’altro gruppo. La percezione di una diversità di condizioni di vita è dunque molto più presente tra le persone di lingua italiana che tra i tedeschi. Tra gli italiani di istruzione più elevata - che vivono a Centro Piani e Gries San Quirino, dichiarano di non avere o avere pochi problemi economici e sono in grado di sostenere una conversazione nell’altra lingua - i tassi di risposta sono abbastanza simili a quelli dei tedeschi.
 Il quadro che emerge è che a Bolzano il clima favorevole a un disgelo etnico oppure anche alla semplice riduzione dell’indifferenza tra i gruppi non è ancora arrivato, con buona pace di chi continua a sostenere il contrario. Una parte della popolazione vive ancora oggi come un corpo sociale a se stante, chiuso dentro i confini ristretti di una semi enclave che i richiami all’esigenza di considerare Bolzano come parte di un’area vasta non riescono a allargare. Al contempo, i reali problemi delle persone cha fanno parte di questo corpo sociale sono poco conosciuti e considerati. La scarsa integrazione è considerata dunque una responsabilità individuale, di singole persone che non imparano il tedesco, si chiudono nel proprio gruppo, votavano in massa prima Alleanza nazionale e ora il Partito delle libertà o Unitalia. In realtà chi esprime il proprio disagio in un voto etnico italiano, oppure sceglie la strada del crescente astensionismo che ho caratterizzato le ultime tornate elettorali, è probabilmente chi avrebbe meno necessità di vedere le proprie debolezze strumentalizzate a uso e consumo di un ceto politico che si riproduce agitando i fantasmi del conflitto etnico permanente.
 A Bolzano ci sono alcuni che pensano questi problemi possano essere affrontati con la politica delle pacche sulle spalle. Altri pensano invece sarebbe meglio se arrivasse un forte vento a pulire la cappa di aria sporca che sovrasta la città.



Il sociologo che ha firmato il piano sociale


 Luca Fazzi, 43 anni, è nato e cresciuto a Bolzano. Laureato in sociologia, oggi è docente di politica sociale presso l’Università di Trento: è titolare di un corso nella facoltà di Sociologia e in quella di Economia. Sposato (una coppia mistilingue), Luca Fazzi è stato autore dei piani sociali di Bolzano nel 1999 e nel 2004.

Alto Adige 14-2-10



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sabato, 13 febbraio 2010



Contro gli eccessi alcolici solo un quarto dei Comuni si è dato un regolamento




 BOLZANO. Dopo gli eccessi alcolici del giovedì grasso e le polemiche seguite al mancato divieto da parte del sindaco dell’iniziativa del bar Haidi che offriva la birra a un euro, l’assessore provinciale Richard Theiner ricorda che solo un quarto dei Comuni altoatesini ha finora adottato un regolamento che recepisce la legge provinciale sulla somministrazione di bevande alcoliche ai giovani e sulla loro commercializzazione. La normativa consente ai Comuni di intervenire con propri regolamenti a sanzionare le azioni di promozione nella vendita di alcol ai giovani. Tra quelli che non si sono dotati un regolamento c’è anche il Comune di Bolzano: questo spiega perché Spagnolli non ha potuto bloccare l’iniziativa del locale di via Renon. Sul preoccupante aumento del consumo di alcolici tra i giovanissimi prende posizione Enrico Lillo, presidente del quartiere Don Bosco, proponendo una “battaglia senza riserve che coinvolga famiglie, scuola, associazioni e punti alla prevenzione”. Il vicepresidente del consiglio di quartiere Oltrisarco Giovanni Barborini e il consigliere comunale Guido Margheri (Sel) chiedono al Comune di fare di più sul fronte delle politiche giovanili. Per Margheri poi, pur in assenza di un regolamento ad hoc, le norme in materia di pubblica sicurezza e ordine pubblico, avrebbero consentito comunque di intervenire in modo adeguato. «Ben altro zelo - dice - è stato dedicato al problema dei pub fracassoni. È opportuno che le commissioni consiliari affrontino il problema».

Alto Adige 13-2-10
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sabato, 13 febbraio 2010


I giovani tedeschi: «Più convivenza»



Gli studenti: vogliamo nuove occasioni di incontro con i coetanei italiani


ALAN CONTI


BOLZANO. I giovani tedeschi danno un calcio ai pregiudizi etnici. Se il vescovo Golser richiama tutti alla convivenza e qualche parroco individua proprio nei ragazzi la spinta decisiva, si può dire che gli studenti delle scuole superiori in lingua tedesca rispondono positivamente all’appello. L’entusiasmo, però, non basta e sono proprio loro che chiedono aiuto alle istituzioni per slegare l’apprendimento della lingua di Dante dal solo fattore ambientale o familiare, concedendo un’opportunità anche a chi non è attorniato dalla realtà italiana.
 «Amici italiani? Davvero pochi, ma non è questione di volontà», dice Thomas Gallina del liceo classico Walther von der Vogelweide.
 «In alcuni paesi - gli fanno eco Thomas Wiedenhofer e Marc Stampfer - non è facile avere un contatto con la vostra realtà, pur cercandola». Concetto rafforzato da Katia Vettori: «A Terlano, per esempio, le famiglie italiane sono poche. In città è più facile provare a frequentarsi».
 «Sì, ci si vede - replica Chiara Stuflesser - anche se capita di andare negli stessi locali la sera e poi rimanere comunque in gruppi separati. Non essendo amici dalla scuola, le fusioni a freddo sono sempre difficili». Sophia Weifner esprime il desiderio “di trovare il modo di parlare l’italiano anche al di fuori del contesto scolastico, dove ci insegnano a comprenderlo, ma meno a produrlo attivamente”. Lena Obkircher sottolinea un paradosso: «Parlo più la vostra lingua quando vado al mare che in Alto Adige. C’è da riflettere su questo». Anja Mirkovic, invece, ha trovato amicizie italiane ad Appiano: «Parlando ci si accorge come migliorare le proprie conoscenze e le differenze culturali. Gli italiani sono più aperti e in cerca di divertimento: un pregio e un difetto secondo le circostanze». Claudia Schmuck evidenzia come “Bolzano offra molte più opportunità dei paesi, dove abita la maggior parte di noi”, mentre Katharina Sölva pone l’accento su un fenomeno molto diffuso: «Noi tedeschi abbiamo il vantaggio che nelle relazioni mistilingui l’idioma scelto è sempre l’italiano».Claudia Devall vede “nei locali del centro la vera opportunità”, mentre l’amica Linda Schwarz frequenta “il centro giovanile “Pippo”, dove veramente si riesce ad avere un rapporto stretto di convivenza”. Chi il problema di imparare la seconda lingua non ce l’ha è Manuel Tait, incontrato al cancello dell’Itc “Kuntner” in compagnia della fidanzata Lea Thaler. «Tutto dipende dalle circostanze. Io abito a Salorno con genitori mistilingui e di conseguenza passo senza problemi da una lingua all’altra, ma chi abita verso Sarentino, per esempio, non ha questa opportunità». Lea conferma: «Io sono di Sarentino e davvero le possibilità di imparare l’italiano sono minime». Qualcuno, a taccuino chiuso, suggerisce la scuola bilingue. Spunti interessanti, inoltre, arrivano dalle insegnanti dell’istituto di via Guncina. Monica Ludescher, professoressa mistilingue di educazione fisica, ripropone la questione della zona di provenienza. «Non solo alcuni paesi sono svantaggiati, ma anche determinate zone di Bolzano, come la Gries storica, non consentono di fare pratica con l’italiano. Europa-Novacella, invece, rappresenta un bel mix stimolante». Giovanna Berloffa, infine, insegna italiano: «I ragazzi vanno avvicinati dal punto di vista culturale ed ecco perché leggo i quotidiani italiani in classe, consiglio programmi televisivi e supporto “Bus Stop”, uno spettacolo teatrale creato con il liceo scientifico Torricelli. È vero infine che la lingua di Dante è quella più usata nei rapporti misti, ma i problemi di produzione attiva della lingua rimangono sempre tanti».


Alto Adige 13-2-10


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sabato, 13 febbraio 2010


CONVIVENZA: Il ritardo della politica




PAOLO CAMPOSTRINI


Sono sessant’anni che in Alto Adige la convivenza è uno scoglio su cui andiamo a sbattere ad ogni onda di marea. Piero Agostini in un suo libro profetico, «La convivenza rinviata», definiva la nostra una nevrosi da confine. Era il 1986 e la domanda era questa: come poteva una terra tagliata a fette per decenni da Hitler e Mussolini, Magnago e Degasperi, Scelba e Klotz, Moro e Almirante decidere di camminare insieme senza uno straccio di progetto politico comune, senza che la politica si dedicasse a fornire una cornice dentro cui costruire occasioni di incontro? Quasi trent’anni dopo siamo ancora qui a misurare la distanza tra una coabitazione forzata (lo Statuto, l’autonomia che divide le risorse secondo proporzione etnica) e una convivenza possibile; tra un incontro a cui siamo stati costretti (due guerre, le dittature, i confini ridisegnati) e lo stare insieme come opportunità di crescita. E con la politica che cammina con passo stanco dentro sentieri battuti e polverosi.
Che guarda al passato e ai suoi tanti altari simbolici (il Monumento, Hofer) più che ad un presente che mostra chiari segni di insofferenza. Perchè, in realtà, rispetto al 1986, non sarà cambiata la politica ma noi sì. Sentite i ragazzi tedeschi cosa chiedono alla loro scuola e poi ascoltate quelli italiani: hanno le stesse esigenze di allargare il raggio delle loro amicizie interetniche, il medesimo bisogno di strumenti di interconnessione culturale, vogliono più bilinguismo, una più spiccata elasticità nelle relazioni interscolastiche.
 La stessa distanza tra i bisogni reali di una società in movimento e una rappresentanza politica che spende le sue risorse nel coprirsi sul fronte dei richiami identitari la si percepisce quando si entra nel mondo del lavoro: dove si chiede di conoscere e non di giudicare, si pretendono strumenti per affrontare la competizione, di maneggiare anche l’inglese, non solo l’italiano e il tedesco. A fronte di questa non più sopprimibile domanda, la politica risponde a suo modo: no all’immersione linguistica, no alla scuola bilingue, no al merito e sì allo schema etnico in una società in cui, al contrario, è sempre più difficile riconoscere «a naso» un sudtirolese da un altoatesino, invasi come siamo da famiglie mistilingui che «shakerano» nomi tedeschi a cognomi italiani e viceversa, dove gli immigrati dalle vecchie province partecipano ai concorsi pubblici accanto a quelli dei nuovi Stati emergenti in un melting pot linguistico-culturale in cui a restare fermi dove siamo rischiamo di essere superati da poli tecnologici che riverseranno su di noi uomini e prodotti a basso prezzo e ad altissima competitività.
 Perchè, a guardar bene, l’autentica svolta innovativa l’abbiamo a portata di mano ed è legata al coraggio di «liberare» le forze interne della società. Una svolta quasi gratis. Nessun investimento produttivo, scarso incremento della spesa pubblica. Basterebbe togliere i vincoli alla scuola, far crescere le occasioni di confronto tra i gruppi, le «sinergie etniche» e non le divisioni, aumentare la penetrazione «laica» dell’Università nelle strutture pubbliche e nelle imprese. Basterebbe una Provincia che assumesse sempre più un ruolo «terzo» rispetto alla capacità di autoregolamentazione dei gruppi, alla loro intrinseca esigenza di interconnettersi. Ne nascerebbe un Alto Adige naturalmente predisposto all’innovazione, con una scuola che altrove neppure si sognerebbero, con classi dirigenti perfettamente bilingui e allenate al dialogo interculturale.
 Invece no. Invece siamo ancora qui a leccarci le ferite dell’anno hoferiano, pronti a ricevere in regalo dalla politica un nuovo disegno di legge sulla toponomastica, disposti ad accettare gente che costruisce le sue carriere politiche sulle vecchie bandiere delle divisioni identitarie.
 Addirittura con qualche problema in più rispetto agli anni de «La convivenza rinviata». Perchè le difficoltà di dialogo non riguardano più solo i rapporti tra i gruppi ma i gruppi stessi al loro interno.
 Già veniamo da una storia difficile a questo riguardo. L’Svp, in uno storico congresso, si spaccò in due sullo Statuto, in sostanza sul patto politico che sanciva la convivenza forzata tra italiani e tedeschi in questa terra. Restò unita solo per la paura di un possibile innalzamento dello scontro in una provincia che si apprestava ad assaporare una nuova ricchezza. In sostanza lo Statuto in cambio del denaro dell’autonomia.
 Gli italiani, a loro volta, sulla necessità politica di convivere paritariamente con i tedeschi si spaccarano invece sul serio, con quel colossale riversamento di voti moderati che passò d’improvviso dalla Dc al Msi nei primi anni dello Statuto dispiegato. Ora le fenditura si fa più profonda. Perchè è ancora sul modello di convivenza e di condivisione del potere tra i gruppi che la stessa destra italiana sta avviandosi al suicidio politico. Non è solo odio personale quello che divide Biancofiore-Urzì da Holzmann ma risiede nell’incapacità strategica di eleborare uno schema per far fuoriuscire la maggioranza degli italiani dal classico schema noi-loro. Appena qualcuno ci prova (in questo caso Holzmann) viene subito riproposto il vecchio vocabolario della contrapposizione identitaria («I nemici storici» di Gatterer): tradimento, collusione, il compromesso come assoluta nefandezza, la morale etnica che soffoca l’agire politico.
 Naturalmente esistono settori importanti della società in cui è ancora complesso far transitare elementi di reale convivenza ma il dato che emerge è che la politica, con strenua determinazione, insiste nell’appoggiarsi a questi settori sempre più marginali per tentare di ricostruire le sue fortune. Si inibisce in sostanza qualsiasi tentativo di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di farsi apripista di quella vasta area di altoastesini-sudtirolesi che invece aspetterebbero un segnale di coraggio.
 Quelli stessi altoatesini che ormai comprendono come i settori più tradizionalisti dell’Svp e la destra italiana non fanno altro che supportarsi a vicenda nel tentativo, sempre meno mascherato, di lasciare le cose come stanno, per non far emergere la loro sostanziale incapacità di dotarsi di nuovi strumenti per interprtare una società in cammino. Partiti che invece continuano a chiamare a raccolta intorno alle vecchie trincee dei simboli contrapposti.
 Viviamo come dentro una rappresentazione teatrale che non cambia copione da quarant’anni e in cui gli attori sul palcoscenico non si sono accorti che il pubblico in sala è quasi sparito. E sono sempre più quelli che, fuori, nel foyer, aspettano che cambi la scena. E che con gli attori, cambi magari anche il regista.


Alto Adige 13-2-10
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venerdì, 12 febbraio 2010


La convivenza, non solo a parole




PAOLO VALENTE


Mons. Golser è stato molto chiaro e sufficientemente concreto.”Non penso - ha detto - che si possa parlare di percorsi di vita separata. Se fosse così, ci priveremmo di una grande ricchezza, cioè di imparare gli uni dagli altri, di godere di questa grande opportunità di poterci agganciare a due culture. I due grandi gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra”.
 Non c’è dubbio, come è stato già detto, che la Chiesa abbia avuto un ruolo importante nel mantenere la questione altoatesina sui binari del confronto civile. Fin dall’800 la Chiesa locale si è impegnata - istituzionalmente o ad opera di singoli personaggi - su due versanti: quello della tutela dei gruppi minoritari o delle minoranze oppresse e quello della lotta ai nazionalismi di qualunque segno essi fossero. Certo che ci sono state e ci sono voci fuori dal coro. La comunità cristiana non è immune dalle debolezze pratiche e ideologiche della società in cui si incarna. E se si scava negli archivi salta sempre fuori un parroco, un cappellano o un vicario che non esiteremmo a definire nazionalista e perciò in contraddizione col messaggio evangelico. Ma vescovi come Endrici, Gargitter ed Egger hanno saputo dare, prima di Golser, indicazioni chiare anche in tempi non facili. E pure personaggi più discussi come de Ferrari e Geisler non hanno mai dimenticato di essere pastori di un popolo plurilingue. Ma come traduce in realtà la stessa Chiesa, al suo interno, questi appelli alla convivenza? In certe parrocchie la messa bilingue è quasi una prassi, in altre i due gruppi si ignorano o addirittura si guardano con ostilità. La situazione più comune è quella di una fredda, a volte tiepida cordialità. La questione di fondo è sempre quella sollevata dai giovani qualche decennio fa: siamo prima cristiani o siamo prima tedeschi e italiani? Per quei ragazzi dalla voce profetica la risposta era evidente: prima siamo cristiani. Ma nella pratica ciò che distingue spesso prevale su ciò che unisce. Anche nella Chiesa si sono fatti passi in aventi. Tuttavia chiunque conosca la comunità dal suo interno non può continuare a vedere come sussistano “percorsi di vita separata”. Però anche questo deriva da una saggezza - magari inconsapevole - che porta ad enunciare un principio (camminare insieme) ma poi ad evitare di imporre norme e comportamenti vincolanti per tutti. Per così dire: non si può essere costretti “d’ufficio” a volersi bene. Perciò è ragionevole dare ad ogni singola realtà il tempo di assimilare determinati valori. Resta però essenziale che, ognuno coi suoi ritmi, d’accordo, tutti si proceda nella direzione della pacifica convivenza e del rifiuto delle sopraffazioni e dei nazionalismi. La Chiesa può e deve dare l’esempio risolvendo al suo interno le contraddizioni: la difficoltà di fare sintesi delle diverse culture, una condivisione di responsabilità a volte solo di facciata, la mancanza della convinzione che si è, malgrado le lingue, un’unica comunità e perciò tutti responsabili di tutti. Grande consenso per la convivenza, allora. Certo che se la classe dirigente fosse davvero convinta che “i due grandi gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra”, molte situazioni cambierebbero. Attendiamo, dopo le parole, la conferma dei fatti.
 C’è però un’altra questione, sollevata incidentalmente dal vescovo che mette alla prova la buona fede di chi oggi applaude, soprattutto se si professa cristiano. Dice mons. Golser nella sua intervista: “Abbiamo ora in Alto Adige non soltanto il problema della convivenza dei tre gruppi etnici storici, ma sempre di più il confronto con culture non europee e con religioni differenti dal cristianesimo. Per questo occorre ancora più lavorare per crescere nella propria identità culturale e religiosa, per stabilire contatti esenti da paure”. Consolidare la propria identità non significa impedire agli altri, perché d’altra religione, di coltivare la propria. Oggi quei giovani profeti ci direbbero: siamo tedeschi, italiani, ladini, siamo cristiani, ebrei, musulmani, siamo però in primo luogo donne e uomini, custodi gli uni degli altri. Ma forse sarà meglio riparlarne lontano dalle elezioni.

Alto Adige 12-2-10
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giovedì, 11 febbraio 2010


Sacerdoti con Golser: «Sì alla convivenza»




ALAN CONTI


BOLZANO. Per la convivenza il vescovo Karl Golser si espone sui giornali, ma alle sue spalle può contare sul sostegno di chi porta quotidianamente il messaggio cristiano tra i fedeli. I parroci, dunque, promuovono a pieni voti le direttive del primo anno di episcopato del Vescovo, capace di inserirsi nella scia delle grandi tematiche dei predecessori Egger e Gargitter, pur mantenendo un profilo personale nel guidare la chiesa provinciale.
 Convivenza, dunque, è la pietra angolare degli ultimi anni: un cammino che molte parrocchie hanno già intrapreso. «Da noi - spiega don Giacomo Milani di “Cristo Re” - si tratta di un discorso ben avviato con una trama di rapporti quotidiani che invita i fedeli al costante rispetto della diversità. Capita molto spesso, per esempio, di fare feste nell’altra lingua». Don Giacomo ne fa anche una questione generazionale: «I giovani sono molto più liberi degli adulti dai preconcetti. L’università in un’altra lingua, per esempio, sta diventando una piacevole abitudine». Benno Malfèr, Abate dell’elegante convento dei Benedettini in Piazza Gries individua il nocciolo del problema. «Le occasioni per convivere nella società non mancano di certo: compito della chiesa è di favorire l’atteggiamento individuale. Il cuore della questione, infatti, è la conoscenza della lingua: è inutile far finta di non considerare il bilinguismo come la base indispensabile per avvicinarsi all’altra cultura. Una bella idea potrebbe essere quella di andare con la famiglia a vedere spettacoli teatrali nell’altra lingua».
 Malfèr, quindi, insiste sulla partecipazione e propone la Chiesa altoatesina come esempio: «In questa terra, al di là delle associazioni economiche e di imprenditori, non esiste un’organizzazione culturale che abbia raggiunto il grado di convivenza che esiste nella Chiesa».
 La parrocchia di Gries, invece, vive quotidianamente la realtà bilingue del quartiere e non a caso due sono i parroci: Paolo Rizzi per la comunità italiana e Robert Gamper per quella tedesca. «Siamo perfettamente d’accordo con l’indirizzo dato dal Vescovo ed è quello che, giorno per giorno, cerchiamo di trasmettere ai fedeli. Nei due gruppi linguistici, per la verità, la voglia di conoscersi e venirsi incontro è tangibile». Qualche distinguo sulla Chiesa come esempio di convivenza, però, lo fanno entrambi. «Siamo ancora lontani dalla perfezione poichè continuano ad esistere due diverse pastorali. Certo che stiamo progredendo sempre di più». Più secca, invece, la dichiarazione di Don Jimmi della Chiesa “Tre Santi”: «Il vescovo ripropone quello che stiamo facendo da anni. Qui le funzioni in entrambe le lingue sono la prassi e la comunità si sente unica, senza distinzioni di identità linguistiche».
 «Quello che dice il vescovo va bene - spiega don Olivo Ghizzo, parroco di Regina Pacis - soprattutto perchè traccia un orizzonte culturale che è esattamente quello su cui si deve muovere la chiesa altoatesina. L’insistenza nell’individuare una ricchezza nell’alterità e il disinnesco dei pericoli che si porta dietro il concetto di identità sono pratiche quotidiane che siamo chiamati ad affrontare. Golser, in tutto questo, è molto presente e mi ha stupito molto quando, in occasione della Festa dei Popoli, rimase da noi per tutto il giorno, senza limitarsi al compitino. Tutto questo, infatti, non vale solo per la dicotomia italiani-tedeschi, ma è allargabile anche nei confronti delle altre fedi. Dio è il padre di tutti: solo questo insegnamento dovrebbe bastare».
 Don Olivo, comunque, ha speso una vita in parrocchia e ha conosciuto bene anche Monsignor Egger: «Si tende molto a inserire Golser nella scia del suo predecessore. Tutto vero nella missione pastorale, ma come tecniche comunicative sono agli antipodi: Egger era un biblista eccellente, interpretava la cronaca con le scritture, Golser ha fatto studi morali e guarda più all’aspetto della coscienza comportamentale. Il primo era più teorico, il secondo più pratico». Un modo per avvicinare anche i giovani? «Può essere, anche se la sbandierata crisi di vocazioni può avere una lettura positiva: oggi abbiamo solo giovani sacerdoti completamente motivati e, uscendo da Bressanone, perfettamente bilingui».
 Chiude il vicario della diocesi, don Giuseppe Rizzi: «Il messaggio di Golser interpreta il desiderio più forte della nostra comunità. A volte questa convivenza diventa piacevole realtà, altre è solo un sogno. La Chiesa, in tutto questo, può giocare un ruolo centrale».

Alto Adige 11-2-10
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lunedì, 08 febbraio 2010


Più convivenza, tutti col vescovo



DAVIDE PASQUALI


BOLZANO. «Italiani e tedeschi, attenti a non dividervi». L’appello lanciato dal vescovo Karl Golser è stato accolto positivamente dalla società civile: sindacalisti, imprenditori, professionisti, artigiani sono completamente d’accordo: «Nel mondo economico la convivenza esiste già, non così in politica».
 Nell’intervista pubblicata ieri sulle colonne del nostro giornale, il vescovo Karl Golser ha lanciato un appello a favore della convivenza fra altoatesini di lingua italiana e tedesca. Ha chiesto in primo luogo di «considerare la presenza di altre lingue e culture come ricchezza e non come minaccia per la propria identità. Per farlo è necessario essere sicuri della propria identità». Golser ha parlato di italiani e tedeschi come dei «due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra». Due gruppi che oltre a convivere dovrebbero lavorare per riuscire a vivere in simbiosi, anche con le nuove culture, giunte a seguito dell’ondata immigratoria.
 «Sono assolutamente d’accordo con le parole del vescovo», dichiara il segretario provinciale della Cgil, Lorenzo Sola. «Sono necessari soprattutto passi avanti e passi indietro da parte della politica. Bisogna che si accantonino le forzature. C’è bisogno di lavorare concretamente, proprio come sta facendo il vescovo. Ovviamente Golser deve limitarsi agli appelli, a noi sta raccoglierli. Si deve costruire un’alternativa politica, che parta dalla base e si muova secondo logiche diverse. Non rimettiamo in campo l’ennesimo inutile partito degli italiani, impostando l’ennesima campagna elettorale sul monumento alla Vittoria. Pensiamo invece ad intese differenti, fra italiani, tedeschi, mistilingui e immigrati, unendoci sui temi sociali: scuola veramente bilingue, nuove povertà».
 D’accordo col vescovo è anche Enrico Valentinelli, ex presidente dell’Associazione industriali. «Un appello indispensabile in questo momento, con il recente tentativo per la doppia cittadinanza. Un’azione di disturbo che non facilita la convivenza. Non imponiamo nuove clausole. A livello imprenditoriale le barriere sono state rimosse da tempo, anche perché la contrapposizione non conviene. A livello della società civile, però, forse c’è bisogno di questo genere di richiami. Questo vescovo si sta impegnando su molti fronti, lavora concretamente. Un uomo coraggioso e innovativo». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Vittorio Repetto, vicepresidente del Collegio costruttori edili. «Il mondo economico è completamente aperto. Si è dovuto aprire anche in Alto Adige. Non solo all’Austria e all’Italia, ma verso l’intero mondo. Tutti dobbiamo cambiare mentalità, sempre di più».
 «Non si può che essere d’accordo con Golser», commenta invece Arrigo Simoni della Cna. «All’interno della nostra associazione la convivenza è realtà, non così nella politica. Probabilmente, ogni tanto, un appello del genere è necessario, e dovrebbe essere raccolto in primo luogo dai politici, spesso troppo lontani dal mondo reale».
 Il vescovo ha perfettamente ragione anche secondo l’avvocato Gerhard Brandstätter, presidente della Fondazione Cassa di risparmio: «La convivenza nella nostra terra è fondamentale, e in molte realtà esiste. Si pensi agli avvocati: siamo metà italiani, metà tedeschi. Le singole identità devono essere mantenute, ma la politica non deve esasperare le differenze. Per fortuna i tentativi di strappo sono da ascrivere solo ad alcuni, singoli politici. Ma noi dobbiamo lavorare comunque per limitare ancora di più le tensioni».

Alto Adige 8-2-10
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domenica, 07 febbraio 2010


L’appello del vescovo: italiani e tedeschi attenti a non dividervi




FRANCESCA GONZATO


BOLZANO. L’8 marzo il vescovo Karl Golser celebrerà il primo anno di insediamento (la nomina del Papa era avvenuta il 5 dicembre). E’ stato un vescovo assai presente da subito, con parole chiare sui temi più importanti, convivenza, valore dei simboli religiosi, capacità di accoglienza degli stranieri, che tornano in questa intervista.
 Golser è un teologo affermato nei temi legati alla bioetica e alla difesa dell’ambiente, tanto da dirigere l’Istituto per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. Hanno lasciato il segno alcune sue prese di posizione, come l’auspicio di un riconoscimento per le copie di fatto.
 Il suo curriculum, che ha intrecciato attività pastorale, incarichi di alto livello nella vita ecclesiastica e insegnamento di teologia, lo ha portato il 5 dicembre del 2008 a diventare il nuovo vescovo di Bolzano-Bressanone, nella difficile scelta per la successione a Wilhelm Egger, morto improvvisamente il 16 agosto. Conosciuto per la ricchezza delle sue riflessioni, Golser in questi primi mesi come vescovo sembra non avere modificato radicalmente impostazione, pur nella diversità del ruolo. Non ha fatto mancare parole nette sui temi della convivenza, sulla necessità di riscoprire i valori della fede nella vita quotidiana, di sapere accogliere chi arriva da altri Paesi. Sollecitazioni che possono emergere all’assemblea annuale di Assoimprenditori come a un incontro con gli stranieri.
 Così il vescovo in una intervista al nostro giornale.
E’ passato un anno dal suo insediamento: come descriverebbe la comunità altoatesina, se dovesse usare pochissime parole: preoccupata, felice, distratta, arrabbiata?
 «In parte distratta e concentrata sui propri problemi, ma ci sono tanti segni di speranza, se si pensa al volontariato così diffuso, ai tanti giovani che vogliono impegnarsi, che sono aperti alle grandi prospettive, direi che è una comunità in cammino».
 Anno hoferiano: lei e gli altri vescovi avete chiesto di farne una occasione di apertura, non di ulteriori divisioni. Ritiene che sia andata effettivamente così?
 «Naturalmente non posso permettermi un giudizio complessivo. Dai tanti contatti che ho avuto l’anno scorso, mi sono convinto che il nostro messaggio è stato accolto positivamente. In particolar modo quando abbiamo scritto che “bisogna prendere in considerazione la situazione globale del ventunesimo secolo con il faticoso sforzo dei popoli dell’Europa di unirsi gradualmente insieme e di abbattere le varie barriere. La collocazione della nostra regione ci chiama ad essere ancora più impegnati nella costruzione dell’unità europea a beneficio del mondo intero. Inoltre, non possiamo scordare l’avvento della globalizzazione economica, che è attraversata in questo periodo da una grave crisi che fa aumentare il divario tra i pochi che possono essere considerati ricchi e i molti che vivono in povertà, e questo a livello mondiale ma anche nei nostri paesi sviluppati. La politica è a servizio della giustizia sociale, della pace e della tutela dell’ambiente anche per le generazioni future”. Ed anche per quel che riguarda il problema dell’immigrazione, vorrei ricordare un passaggio della lettera dei quattro vescovi: “Il concetto di Heimat (patria) è molto importante, è collegato con la nostra identità e la nostra cultura ed entra nel profondo dei nostri sentimenti. Nel nostro mondo pluralistico questo concetto ha subito una trasformazione e assume un significato diverso a seconda delle epoche storiche e dell’età delle persone. Dobbiamo fare in modo che anche persone di lingua e cultura differenti possano sentirsi a casa in questa nostra terra e dobbiamo pure essere grati che essi desiderino impegnarsi per la nostra terra”. Proprio la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che ho potuto celebrare il 17 gennaio scorso nella parrocchia di Regina Pacis di Bolzano con una messa multilingue ed un successivo spettacolo al Teatro Cristallo, mi ha convinto che siamo sulla buona strada»
 La comunità italiana è sempre più concentrata a Bolzano e in pochi grandi centri: per i gruppi etnici più che di convivenza si dovrà parlare di percorsi di vita separati?
 
«Speriamo di no. Anche se è innegabile che c’è una distribuzione disuguale della popolazione che non facilita i contatti alla base, dobbiamo però anche considerare la grande mobilità e l’interconnessione attraverso i massmedia. Per questo non penso che si possa parlare di percorsi di vita separata. Se fosse così, ci priveremmo di una grande ricchezza, cioè di imparare gli uni dagli altri, di godere di questa grande opportunità di poterci agganciare a due culture. I due grandi gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra».
 Lei ricorda spesso che la Chiesa altoatesina ha lavorato profondamente sulla convivenza. Quali sono i suoi indirizzi su questo tema?
 
«Ricordo con estrema gratitudine l’impegno dei miei predecessori Josef Gargitter e Wilhelm Egger. Il mio operato come vescovo si muove in continuità con loro, e questo lo indica già il mio motto episcopale “Cristo è la nostra pace”. Per considerare la presenza di altre lingue e culture come ricchezza e non come minaccia per la propria identità è necessario essere sicuri della propria identità. Così siamo in grado di dialogare con l’altro. Abbiamo ora in Alto Adige non soltanto il problema della convivenza dei tre gruppi etnici storici, ma sempre di più il confronto con culture non europee e con religioni differenti dal cristianesimo. Per questo occorre ancora più lavorare per crescere nella propria identità culturale e religiosa, per stabilire contatti esenti da paure. Naturalmente anche per coloro che sono immigrati è necessario conoscere e rispettare i nostri principi costituzionali ed imparare anche le lingue del territorio per facilitare l’integrazione».


Alto Adige 7-2-10

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martedì, 02 febbraio 2010

ritorna lo spielgruppe, il pre-asilo dell'Elki


Laives - Anche quest'anno torna lo "Spielgruppe" dell'Elki, rivolto ai bambini che l'anno prossimo frequenteranno la scuola materna. Lo Spielgruppe ha lo scopo di aiutare il bambino a staccarsi gradualmente dalla mamma; per abituarsi a iniziare la scuola materna. Un distacco soft, realizzato in modo ludico e solo per un paio d'ore alla settimana, quindi con un "impatto" decisamènte più leggero rispetto ai ritmi della scuola dell'infanzia.
Il progetto, rivolto a bambini di entrambi i gruppi linguistici, viene portato avanti da diversi anni e ha dato risultati molto positivi. Lo Spielgruppe si terra al giovedì dalle 9 alle 11.30.

Per informazioni e iscrizioni: 0471953166 o 347 7849136.

fonte:  Quì Bassa Atesina n.2 -28-1-2010
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lunedì, 01 febbraio 2010


«Chiude l’asilo in zona produttiva a Laives»




LAIVES. «La Casa Bimbo in zona produttiva a Laives chiuderà il 7 febbraio». A lanciare l’allarme è stato ieri Maurizio Albrigo della Cisl, che invita la Provincia a trovare una soluzione alternativa per non mettere in crisi diverse famiglie che si appoggiano al nido aziendale. «La cooperativa che gestisce la struttura - spiega Albrigo - ha comunicato di non riuscire a coprire i costi. In un primo tempo aveva assicurato di essere disposta ad andare avanti fino a fine febbraio sebbene la convenzione fosse scaduta a fine dicembre. Dispiace anche perchè si tratta della prima struttura di questo tipo in Alto Adige. Con 6 o 7 bambini ché con 6/7 bimbi, la cooperativa non è in grado di coprire le spese mensili».
 Per Albrigo la situazione è precipitata da quando è stata aperta una struttura dello stesso tipo a Vadena. «Alcune famiglie hanno lasciato Laives per iscrivere i loro figli a Vadena. La concorrenza ha nuociuto. Contavamo sull’interessamento dell’assessore Repetto, che aveva a cuore il problema, ma la situazione è precipitata negli ultimi giorni. La conseguenza di questo stato di cose è che sette mamme, dalla prossima settimana, non potranno andare al lavoro per accudire i loro figli. Spiace che altre aziende della zona produttiva di Laives, pur sollecitate da Assoimprenditori, abbiano dimostrato assoluto disinteresse per l’utilizzo della preziosa struttura». Per il servizio si pagano attualmente 7,50 euro l’ora, di cui 2,50 a carico del lavoratore, 2,50 a carico dell’azienda e 2,50 a carico della Provincia. «Il problema va risolto a brevissimo termine - sottolinea Albrigo - e con l’impegno di tutte le parti coinvolte. La Röchling ha assicurato piena disponibilità».

Alto Adige 1-2-10
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venerdì, 29 gennaio 2010



Il Pd chiede agli elettori di suggerire soluzioni per il futuro della città



BRUNO CANALI


LAIVES. Ascoltare le proposte e raccogliere le istanze dei cittadini: questo sarà l’open space day che il Pd ha organizzato per l’intera giornata di domani presso il Black Box, in zona Galizia. L’iniziativa (una novità nel suo genere per quanto riguarda il Pd) è stata presentata ieri a Bolzano dagli organizzatori, presente anche il segretario provinciale Antonio Frena. Una giornata nella quale chiunque potrà proporre idee e argomenti di discussione, che verranno raccolti e riassunti poi alla fine in una serie di punti che faranno da base per il programma amministrativo che il Pd locale predisporrà ad iniziare già dalla settimana successiva con un’ assemblea ristretta.
 «L’idea dell’open space day è nata dall’esperienza di vita e professionale sul territorio - ha spiegato Liliana Di Fede, assessore comunale alle politiche sociali - perché ogni volta che ci siamo confrontati direttamente con le persone, ci siamo resi conto che i cittadini sono i veri esperti della situazione. La manifestazione di sabato proporrà quindi un dialogo e un confronto, anche tra punti di vista molto diversi tra loro, e proprio per questo chiunque sarà il benvenuto, a prescindere dal credo politico».
 La parola chiave, risuonata anche durante al presentazione dell’open space day è “partecipazione”, che nella volontà degli organizzatori dovrà significare confronto con passione e senso di responsabilità, con la voglia di mettersi in gioco, che - ha sottolineato ancora Liliana Di Fede - «non significa fare chiacchiere da bar, bensì creare un ambiente utile per il dialogo e per trovare proposte da parte di tutti coloro che riterranno di avere qualccosa da dire».
 Antonio Frena a sua volta ha parlato di «radicamento sul territorio mediante iniziative di questo tipo, dove sono i cittadini stessi a creare le basi per il programma amministrativo comunale».
 Dino Gagliardini, coordinatore comunale del Pd, ha sottolineato come questo metodo di ascolto delle istanze della gente, «dovrà diventare un metodo da adottare rispetto a finte consultazioni, come quella delle lettere alle famiglie con i nomi di alcuni possibili candidati sindaci».
 Domani al Black Box, non saranno gli esponenti del Pd a portare proposte, bensì la gente, ed è questo che ci si aspetta dall’iniziativa. Così nessun accenno è stato fatto in sede di presentazione, a ciò che il partito conta di programmare per le prossime comunali, perché queste indicazioni faranno parte di una fase successiva.
 Ovviamente un accenno è stato fatto anche sul candidato sindaco e qui Frena ha solo dichiarato che per Giovanni Polonioli da parte del Pd non vi sono riserve, perché ha lavorato bene in questi anni. «Polonioli deve solo fare le ultime valutazioni personali - ha aggiunto Frena - e quindi illustrerà definitivamente la sua scelta».
 Domani il Black Box in zona Galizia aprirà i battenti già alle 8.30 per l’avvio dei lavori, che andranno avanti fino alle 17.30, con diversi intervalli. Per i bambini babysitting e intrattenimento.

Alto Adige 29-1-10
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venerdì, 29 gennaio 2010


Ospedale, 106 parcheggi a 50 cent


I posti auto erano stati cancellati a fine 2008 e da allora non erano mai cessate le proteste dei cittadini


 BOLZANO. La decisione è presa. Entro marzo torneranno davanti al San Maurizio i 106 posti auto a 0,50 centesimi l’ora che erano stati cancellati con l’apertura del megagarage interrato. L’altra sera in consiglio comunale, a margine dell’approvazione del Piano urbano di mobilità, è passato infatti un documento-voto di Paolo Bertolucci (Pdl) che punta a ripristinarli. L’assessore al traffico Klaus Ladinser conferma: «Avevamo troppe proteste, il Comune doveva dare una risposta concreta».
 Proteste furiose scattate pochi giorni dopo l’apertura del megagarage quando i cittadini - increduli - si erano visti appioppare multe da 74 euro, sottrarre tutti i parcheggi in superficie a 0,50 centesimi l’ora (sia quelli di via Böhler, davanti all’ospedale, che quelli di fronte alla Claudiana) e si erano visti pure costretti a pagare 1,20 euro all’ora.
 E oggi Ladinser, che era sceso in campo per bloccare le multe, dice che il Comune vuole fare la sua parte: «La tariffa è indubbiamente alta e credo che sia importante dare respiro ai cittadini ed offrire loro una valida alternativa».
 In parole povere chi vorrà pagare 1,20 euro l’ora dovrà scendere in garage ma tutti gli altri potranno comunque scegliere. L’unica perplessità è che l’annuncio resti carta straccia. «No, riprende Ladinser, l’intenzione è quella di andare avanti e come sapete quando dico una cosa la faccio. Il calendario prevede un incontro con le parti sociali e quindi un passaggio in commissione comunale. Penso che a marzo i posti potrebbero già tornare com’erano».
 Umberto Tait, direttore del San Maurizio, esprime tutta la sua soddisfazione: «Mi sembra che il Comune abbia fatto un passo importante e dato una risposta giusta alla città».
 Walther Andreaus direttore dei Consumatori che insieme a Cgil, Cisl, Uil, Asgb, Kvw e Nursing up, porta avanti una petizione che ha raccolto in pochi mesi 15 mila firme per chiedere a Durnwalder, Theiner e Spagnolli di abbassare il prezzo del park da 1,20 a 0,50 l’ora, tira un sospiro di sollievo: «Il Comune ha fatto bene a muoversi e sono felicissimo che abbia accolto una delle nostre istanze che chiedeva, appunto, il ripristino de parcheggi in superficie. Credo che i cittadini tra poco avranno libertà di scelta». Soddisfatto anche Toni Serafini (Uil) che da sempre si batte contro il caro-parcheggio dell’ospedale.
 Paolo Bertolucci parla di una decisione importante: «Il Comune non poteva tirarsi più indietro». E soddisfazione esprime anche Maria Teresa Tomada (Lega): «Mi auguro solo che questa non sia una promessa preelettorale».


I Consumatori: «Il maxigarage è troppo caro»


 BOLZANO. Il parcheggio nel maxigarage interrato continua a costare 1,20 euro all’ora e gli automobilisti continuano a parlare di «salasso vergognoso». Walther Andreaus - direttore del Centro consumatori - spiega che i cittadini continuano a ritenere la tariffa oraria troppo cara per un ospedale. La Provincia, che ha acquistato da poco la Hospital Parking, ha deciso di venire incontro almeno in parte a sindacati e consumatori. La tariffa piena per le soste che superano l’ora da alcuni giorni non scatta più immediatamente ma solo una volta superati i 30 minuti successivi.
 Dunque, chi sosta per un’ora e mezza paga 1,80 euro, e solo una volta superati i 90 minuti paga per la tariffa piena, pari a 2,4 euro, anche per la seconda ora.


Alto Adige 29-1-10
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mercoledì, 27 gennaio 2010


Giornata della Memoria i graffiti della libertà e una via per don Longhi




BOLZANO. Oggi, 27 gennaio, anniversario della liberazione del campo di Auschwitz, è intenso il programma in tutto l’Alto Adige per la «Giornata della memoria». Da segnalare innanzi tutto la performance di alcuni giovani artisti, specializzati in graffiti, che avrà luogo questa mattina a Bolzano. Nell’ambito della mostra collettiva di Street Art “Oltre il muro 1989-2009” dedicata alla caduta del Muro di Berlino dalla Galleria Civica, a partire dalle ore 9.30, in importanti luoghi del capoluogo, altrettanti artisti del graffito si cimenteranno “live” sul tema della libertà. Nel dettaglio: appuntamento in piazza Municipio con l’arte di “Kayone”, in Galleria Civica con “Senso”, in piazza Mazzini con “Flycat”, in piazza Vittoria con “Raptuz”, in piazza Matteotti con “Mambo”, in piazzetta Europa con “Sea creative”. Per quanto riguarda le commemorazioni ufficiali, Bolzano partecipa a questo anniversario con cerimonie in diversi punti della città. Oltre alla deposizione di corone in luoghi altamente simbolici, da segnalare alcuni appuntamenti particolarmente significativi: ore 10.00 intitolazione a Don Daniele Longhi (deportato nel Lager di Bolzano e protagonista di instancabile di attività di aiuto e solidarietà ai reclusi) del collegamento stradale tra via Rovigo e via Bergamo e quindi a seguire a “Passaggio della Memoria” della via che corre lungo il muro del Lager di via Resia; ore 11, deposizione di una corona al Muro del Lager, in memoria dei deportati, in via Resia 80; ore 11.30, deposizione di una corona al Monumento dedicato agli Ebrei, nel Cimitero Ebraico di Oltrisarco. Preghiera della Presidente della Comunità Ebraica; ore 12, deposizione di una corona al Monumento di Manlio Longon presso il Cimitero. Un invito a partecipare alle iniziative arriva anche dai partiti. Per il consigliere provinciale del Pdl Urzì “questa data rinnova l’impegno a difendere la conquista della libertà come bene irrinunciabile”. Per il segretario dei Ds Frena «ricordare non è solo un dovere civile, ma anche un impegno concreto». Per il presidente della Provincia Durnwalder «aiuta i giovani a scindere il bene dal male». Di seguito le altre iniziative in Alto Adige.

Alto Adige 27-1-10
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mercoledì, 27 gennaio 2010


L’Asl: fate il testamento biologico



Invito agli altoatesini a lasciare indicazioni scritte sul trattamento di fine vita

VALERIA FRANGIPANE

BOLZANO. Scegliere come chiudere la vita quando non ci sono più speranze è una questione di civiltà.
 «Si parla di vita, mai di morte perché fa paura - dice l’assessore alla sanità Richard Theiner - ma poi succede che in più del 95% dei casi chi muore in ospedale in Alto Adige non lasci nulla di scritto e nessuna disposizione sul trattamento che avrebbe desiderato avere alla fine della vita». Con i medici che restano soli a decidere.
 L’assessore apre con queste parole un’audizione in consiglio provinciale e sottolinea l’assoluta necessità di stilare una “dichiarazione anticipata” sulla volontà di trattamento, in parole povere un testamento biologico.
 «Attenzione però - precisa - perché non possiamo disciplinare il settore a livello provinciale, visto che rientra nelle competenze dello Stato, ma credo che l’Alto Adige possa aspirare ad un ruolo esemplare ed elaborare tra i primi in Italia ed Europa con l’aiuto del Comitato etico un piano preventivo per l’assistenza al paziente in fase terminale stilando appunto delle “direttive anticipate”».
 Ma cosa sono queste “direttive anticipate”? Di fatto raccolgono le disposizioni di una persona sulla sua volontà di sottoporsi o non sottoporsi a determinati trattamenti sanitari in caso di malattia grave o terminale, coma vegetativo o quando non sia più in grado di intendere e volere. Diciamo che sottoscrivendole si forniscono utili indicazioni ai familiari e ai medici su come si desidera essere trattati in questi casi. Per gli addetti ai lavori sono importanti poiché consentono di adeguare le cure sanitarie future alle volontà del malato, riducono il rischio di trattamenti in difetto o in eccesso, riducono il peso emotivo delle decisioni per i familiari e possono prevenire conflitti tra familiari e medici. «Noi - riprende Theiner - vogliamo fare informazione, offrire consulenza e formare il personale. I pazienti devono poterci riflettere, discutere ma alla fine devono poter scegliere». Per questo è in fase di preparazione un libretto esplicativo che verrà consegnato agli altoatesini che conterrà anche un foglio da compilare su cui annotare le proprie decisioni. Per Massimo Bernardo, geriatra, fondatore e responsabile delle Cure palliative del San Maurizio è necessaria una dichiarazione che sia espressione dell’autonomia della persona. Oswald Mayr, direttore sanitario dell’Asl unica, spiega che oggi a fare paura non è il prolungamento della vita, ma quello della morte: «Credo che sia nell’interesse di tutti garantire dignità ed autonomia ai pazienti che sono arrivati alla fine della vita. In molti ce lo chiedono». Una questione, appunto, di civiltà.

Alto Adige 27-1-10
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martedì, 26 gennaio 2010


Una piazza virtuale dentro il Municipio per non dimenticare




ALAN CONTI


 BOLZANO. Per ora si tratta di una piazza virtuale, ma a breve potrebbe diventare un reale patrimonio dell’odonomastica cittadina. Inaugurata ieri, in occasione della prima giornata della Settimana della Memoria, la piazzetta della Memoria che altro non è che il foyer del municipio trasformato, per l’occasione, in un allestimento per i reperti sul lager cittadino dell’Archivio storico e alcuni disegni realizzati dagli studenti. Tutta la cerimonia inaugurale, infatti, ha rappresentato un ipotetico ponte tra il dovere di non dimenticare quanto successo e la necessità di coniugare questa coscienza con la realtà che ci circonda. Ecco quindi che in vicolo Gumer sono arrivate le delegazioni di alcune scuole cittadine per assistere all’inizio ufficiale di questo percorso e conoscere i rappresentanti delle associazioni che raggruppano chi fu colpito dalle leggi razziali.
 Cerimoniere è stato l’assessore comunale alla cultura, Primo Schönsberg, che ha gettato il primo ponte storico: «Non dobbiamo mai dimenticare che anche l’Italia ha avuto un ruolo in quanto accaduto: le leggi razziali vennero promulgate pure qui e diventa fondamentale, quindi, ricordare ai giovani questo triste passato e contestualizzarlo al meglio».
 Il sindaco Luigi Spagnolli si rivolge direttamente agli studenti: «Studiate la storia perché la memoria della collettività è importante e tutti sono tenuti a conoscerla».
 Dalla piazzetta in municipio, dunque, partono i primi messaggi dell’iniziativa, ma la voglia di intitolare ufficialmente uno spazio alla Memoria è tangibile. «E’ possibile - rivela Schönsberg - che si possa trovare un luogo, magari vicino al muro del lager, da dedicare esclusivamente alla commemorazione di questo tragico passato».
 Presente alla cerimonia anche l’assessore di Laives, Renzo Gerolimon: «Siamo contenti di aver avviato una sinergia così stretta tra i due Comuni. Ogni iniziativa che possa ampliare il significato di queste celebrazioni va salutata con gioia».
 Dopo lo svelamento della targa, comincia un piccolo concerto di musica zingara. Sottofondo perfetto per le dichiarazioni di Radames Gabrielli, presidente dell’associazione Nevo Drom: «Lo sterminio di sinti e rom è stato orribile e noi abbiamo il dovere di ricordarlo».
 Poco più in là una bambina si fa pitturare la faccia (foto in alto a destra) dall’artista bolzanina Celestina Avanzini, impegnata in un progetto di coinvolgimento dei giovani. «I ragazzi capiscono la dimensione di questo orrore - spiega il dirigente della scuola Dante, Giulio Clamer - e noi, fin dalle medie, cerchiamo di stimolare la loro riflessione portandoli ai campi di concentramento e costruendo percorsi appositi. Sappiamo che la scuola, nella prevenzione, gioca un ruolo determinante».
 Proprio la scuola, con famiglia e società, è chiamata in causa dalla presidente della comunità ebraica di Merano, Elisabetta Rossi Innerhofer, e dall’officiante, Simeone Bordon Chazan: «Le derive revisioniste ci spaventano e ci spingono a domandarci dove dobbiamo migliorare per essere più incisivi. Cerchiamo sempre di essere una comunità aperta al dialogo e di tramandare i racconti terribili che hanno vissuto le nostre famiglie. In tutto questo, però, abbiamo bisogno della mano della scuola e dei genitori, gli unici in grado di cogliere in tempo i segnali allarmanti di questa deriva».


Alto Adige 26-1-10
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martedì, 26 gennaio 2010


È in arrivo il nuovo redditometro I sindacati: lo chiediamo da anni



ANTONELLA MATTIOLI


BOLZANO. «La crisi non è ancora finita», ha ripetuto anche ieri il presidente della Provincia Luis Durnwalder. Per questo la giunta ha deciso di muoversi su due fronti: richiesta a Roma di proroga di un anno degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e mobilità) in deroga e riduzione delle tariffe di alcuni servizi pubblici, come energia, acqua, immondizie, per determinate categorie tra cui gli anziani. In entrambi i casi si tratta di richieste dei sindacati.
 L’idea di fondo però è quella di concedere sconti e agevolazioni sulla base delle reali capacità economiche del richiedente. Per questo si sta lavorando alla messa a punto del redditometro, ovvero di uno strumento che valuti reddito, patrimonio immobiliare (prima casa esclusa), eventuali partecipazioni in società, depositi bancari e tutto quanto contribuisca a creare ricchezza. «Il redditometro - spiega il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini - è uno strumento che punta a garantire l’equità. Fa parte delle richieste del patto di coalizione. È uno strumento complesso che si sta mettendo a punto, ma ormai siamo in dirittura d’arrivo». Soddisfatto il segretario della Uil Toni Serafini: «Sono anni che chiediamo il redditometro, per avere finalmente un quadro reale della capacità economica dei singoli e sulla base di questo intervenire. A livello nazionale è stato introdotto nel 2001 e si chiama Isee, ma da tempo si discute sulla necessità di apportarvi dei correttivi. Decisamente migliore quello introdotto a Trento».
 Il redditometro viene chiesto ormai da anni, se non è ancora stato introdotto è anche perché avrà un effetto rivoluzionario in una provincia dove ci sono molti contadini e albergatori che, spesso e volentieri, risultano avere redditi molto bassi. «Basti dire che - ricorda Serafini - alcuni anni fa da un’indagine Astat era emerso che la valle più povera era la Val Gardena. Viene da ridere solo a pensarci. Per questo l’introduzione del redditometro avrà un effetto rivoluzionario». Al lavoro da mesi sulla messa a punto del nuovo strumento c’è Karl Tragust, capo della ripartizione politiche sociali della Provincia.
 Per valutare la reale capacità economica del cittadino cosa si prenderà in considerazione? «Oltre al reddito, il patrimonio immobiliare esclusa la prima casa, depositi bancari, eventuali partecipazioni in società. Ma già oggi in linea di massima per la concessione delle agevolazioni non si guarda solo il reddito, ma viene preso in considerazione anche il patrimonio immobiliare. Le novità sono altre». Quali? «Verranno uniformati i criteri di valutazione di reddito e patrimonio. Oggi variano a seconda che ci si rivolga all’Ipes, all’assistenza sociale, alla sanità. Inoltre ci sarà una semplificazione della burocrazia, in quanto si vuole creare una banca dati. In questo modo il cittadino presenterà tutta la documentazione una sola volta. Mentre adesso ogni volta che si chiede un contributo, un’agevolazione, un alloggio sociale bisogna presentare una montagna di carte».
 I tempi. Tragust ha fretta di rendere operativo il nuovo sistema: «Entro fine mese le consultazioni con le parti sociali, a fine marzo i regolamenti. Poi messa a punto della banca informatica. Il redditometro realisticamente potrebbe entrare in vigore entro il prossimo anno. Verrà applicato prima a servizi sociali e sanità, poi ad assistenza scolastica ed edilizia sociale». In attesa dell’entrata in vigore del nuovo sistema, i Comuni potrebbero concedere fin da ora agevolazioni agli anziani: «Prevedendo - ha detto Durnwalder - categorie differenziate per le tariffe di acqua e rifiuti, purché il minor introito non venga fatto pesare su altre categorie».


Alto Adige 26-1-10
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sabato, 23 gennaio 2010



Giornata della Memoria 2010: il progetto di Piero Cavagna e Matteo Rensi SHORT MEMORY MESSAGE 



http://www.giornalesentire.it/2010/gennaio/1628/aushwitzigiovanilamemoria.html


Il Papa ha visitato la comunità ebraica e mette fine alle polemiche di un anno fa. Lottare contro il razzismo e meditare la tragedia della Shoah significa anche rifiutare che degli immigrati vengano caricati su un autobus per essere concentrati in posti "altri" per non dare fastidio a un paese come accaduto a Rosarno. Se l'italiano come lingua ha ancora un senso questa azione va - nel nostro vocabolario - sotto il nome di deportazione: vale a dire de-portazione, cioè l'azione di chi porta "da"  "a". La Shoah serva in questo 2010 anche agli italiani, a meditare sui razzismi striscianti che pervadono il nostro paese
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sabato, 23 gennaio 2010


Bolzano
Kulturpass 2009-2011



Iniziativa in favore del volontariato


Scopo di quest'iniziativa, curata dalla Ripartizione Cultura italiana in collaborazione con la Ripartizione Cultura tedesca della Provincia autonoma di Bolzano, è premiare l'attività dei numerosi volontari che operano nel settore culturale ed educativo, motivandoli a proseguire nel loro impegno e, nel contempo, convincere anche altri ad unirsi in questa preziosa collaborazione nel mondo dell'associazionismo culturale. Le associazioni partner indicate nella tessera Kulturpass concedono una riduzione del 50% sul prezzo del biglietto di ingresso a singole manifestazioni culturali.
Chi può utilizzare il Kulturpass?
La tessera Kulturpass, di durata biennale, può essere utilizzata dai collaboratori volontari dell’associazione, esclusi i collaboratori regolarmente retribuiti.
Come si usa la tessera?
La tessera può essere utilizzata da una sola persona per ogni spettacolo. La riduzione non è praticata per abbonamenti, visite guidate e non è cumulativa con altri tipi di sconto (es. anziani, bambini, studenti, famiglie, gruppi, ecc.).
Prenotazione biglietti
All’atto della prenotazione è necessario comunicare il numero della tessera Kulturpass. In particolari casi i posti a riduzione possono essere limitati (vedesi nota accanto all’indicazione dell’associazione partner).
Il rappresentante legale dell’associazione è responsabile del corretto utilizzo della tessera da parte dei collaboratori volontari.
In caso di illecito utilizzo, le associazioni partner sono autorizzate a ritirare la tessera e a restituirla alla Ripartizione Cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano.
In caso di smarrimento, la tessera non viene restituita.
Validità della tessera Kulturpass
La tessera Kulturpass è valida due anni dal 1 settembre 2009 al 31 agosto 2011.
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Ripartizione “Cultura italiana” della Provincia autonoma di Bolzano, via del Ronco 2, 39100 Bolzano – tel. 0471 / 41 12 02 – fax 0471 / 41 12 09
E-Mail: aldo.boninsegna@provincia.bz.it   

I Partner li potrai trovare nel link:- www.provincia.bz.it/cultura

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sabato, 23 gennaio 2010


Rifondazione: «Asporto rifiuti, stop all’Iva»




 LAIVES. Rimborsare ai cittadini l’Iva (10%) pagata per il servizio di asporto rifiuti. È quanto chiede con una mozione il consigliere Rosario Grasso (Prc) citando una sentenza della Corte costituzionale che equiparerebbe la tariffa rifiuti a un tributo. «Non vi è nessuna legge che assoggetti il pagamento del servizio asporto rifiuti all’Iva - spiega Grasso - e anche le norme europee collocano questa tariffa fra quei diritti, canoni e contributi percepiti dagli enti pubblici per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità».
 Grasso ribadisce perciò che, a suo giudizio, sarebbe stabilita la non applicabilità dell’Iva sulla tariffa rifiuti e che perciò quella richiesta sarebbe del tutto illegittima e corrisposta dai contribuenti anche se non dovuta. «Le associazioni dei consumatori si sono attivate per informare i cittadini - continua Grasso - in particolare sulla possibilità di richiedere il rimborso dell’Iva pagata negli ultimi 10 anni e relativi interessi. Molti cittadini si appresterebbero a farlo, sostenuti dalle associazioni e quindi il Comune dovrebbe provvedere senza indugio ai rimborsi, ad esempio scalandoli dalle prossime bollette». (b.c.)


Alto Adige 23-1-10


MOZIONE


Oggetto: Rimborsi IVA 10% sulla tassa rifiuti

Premesso che
  1. la Corte Costituzionale con sentenza n. 238/2009 ha stabilito, che la tariffa rifiuti è da considerasi un tributo a tutti gli effetti;
  2. non vi è nessuna legge che assoggetti i pagamenti del servizio smaltimento rifiuti all’IVA;
  3. anche le norme europee collocano questa tariffa fra quei “diritti, canoni e contributi percepiti dagli enti pubblici per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità” (direttiva n. 2006/112/EG, confermata con sentenza della Corte di giustizia CE nella causa C-288/07);
  4. è stabilita inequivocabilmente l’inapplicabilità dell’IVA a questa tassa o tariffa;
  5. ne consegue che l’IVA addebitata nel corso degli anni è illegittima ed è stata pertanto corrisposta anche se non dovuta.
Tenuto inoltre conto che
  1. le associazioni dei consumatori si sono fatte parte attiva nell’informare i cittadini e le amministrazioni della nuova situazione venutasi a creare e del diritto dei cittadini a vedersi restituita l’IVA non dovuta negli ultimi dieci anni compresi gli interessi legali maturati dall’emissione delle fatture;
  2. molti cittadini, sostenuti dalle loro associazioni, si apprestano a richiedere entro il 24 luglio 2011 quanto legittimamente dovuto;
  3. appare inutile costringere i cittadini a richiedere individualmente la restituzione di quanto indebitamente versato anche perché proprio tra le categorie più deboli molti potrebbero non far ricorso all’opportunità aperta dalla sentenza della Corte Costituzionale;
  4. molte amministrazioni si sono attivate per restituire automaticamente gli importi non dovuti scalandoli, ad esempio, dalle successive bollette,
il Consiglio comunale impegna la Giunta
  1. ad informare tutti i cittadini con articoli sulla stampa locale, sul bollettino comunale e sul periodico “Qui Bassa Atesina” del loro diritto a vedersi restituite le somme indebitamente versate;
  2. a predisporre in tempi rapidi le modalità di restituzione automatica delle somme non dovute concordandole eventualmente con Seab per il periodo in cui  il servizio gli è stato affidato;
  3. a dare disposizioni affinchè da subito nelle fatture non venga più conteggiata l’IVA.  
                                                                       Il Consigliere comunale
                                                                       Rosario Grasso

Laives, li  20 gennaio 2010

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venerdì, 22 gennaio 2010


Altoatesini vittime della Rete. Vacanze, lavoro e auto: i rischi sono ovunque




GIANFRANCO PICCOLI


 BOLZANO. Le uniche cose vere che troverete nelle storie che vi stiamo per raccontare sono i soldi spillati alle vittime. Il resto è falso. O meglio, virtuale. Sono centinaia gli altoatesini che nel 2009 hanno segnalato al Centro europeo consumatori truffe on-line.
 Il videoregistratore con il mattone o il gioco delle tre carte, trucchetti per abbindolare passati alla storia, impallidiscono di fronte alle tecniche che i truffatori della rete hanno affinato.
 Ogni giorno al Centro europeo consumatori di via Brennero - spiega Barbara Klotzner, una delle consulenti - arrivano 20 segnalazioni o richieste di informazioni. 4.405 interventi nel 2009, centinaia legati a truffe on-line.
 In alcuni casi di mezzo c’è un’ingenuità imbarazzante, altre volte le trappole hanno meccanismi così sofisticati da mettere in difficoltà anche i più maliziosi. Le truffe on-line hanno un denominatore comune: le cifre spillate sono modeste. E il motivo è semplice: pochi soldi, pochi sospetti. Ma ad interessare i truffatori non sono solo i soldi. La rete pullula di ladri d’identità: mai inviare copia dei propri documenti. Presentare una denuncia alla polizia postale è opportuno, anche se le indagini sono molto complesse, poiché i raggiri di norma partono dall’estero e c’è la necessità di una rogatoria internazionale.
 Ecco, dunque, alcuni esempi di truffe on-line.
 Vacanze fantasma. Due i casi nel 2009. Altoatesini che, prima via Internet, e poi con conferma telefonica, hanno affittato (con pagamento anticipato) un appartamento a Parigi e a Londra. Quando si sono presentati agli indirizzi indicati, hanno trovato i proprietari degli appartamenti, più stupiti dei turisti: «Mai affittato casa mia», hanno detto per poi chiudere la porta in faccia ai malcapitati.
 Au-pair a Liverpool. Voleva imparare l’inglese, offrendosi come ragazza au-pair. Un’esperienza che accomuna migliaia di ragazze italiane. E’ andata sul sito www.findaupair.com e la giovane, appena maggiorenne, è stata contattata telefonicamente da una famiglia di Liverpool. Sembrava tutto ok: orari, alloggio, riposi e stipendio. Poi la prima richiesta: 420 euro per le pratiche migratorie. Peccato che con il trattato di Schengen da anni le frontiere sono aperte a tutti i cittadini Ue. Successivamente la «famiglia» le ha chiesto altri 557 euro (versati) per l’iscrizione alla fantomatica British Labour Association. Per la pratica ha dovuto inviare tutti i dati personali, foto compresa. Ad una terza richiesta di denaro dalla «dogana» inglese, la ragazza si è finalmente accorta che qualcosa non andava.
 Lotteria spagnola. Impazza in questi mesi e ogni giorno al Cec arrivano fino a cinque segnalazioni. Via mail o nella cassetta delle lettere trovate la comunicazione - in tedesco o inglese - che avete vinto un milione di euro. Senza aver neppure partecipato. Chiamate il numero stampato e vi risponde una persona gentilissima, che dopo avervi fatto i complimenti vuole 500 euro per il notaio. Poi altri 1.500 per il pagamento delle imposte. Una bufala colossale: «Ma spesso - dicono al Cec - è difficile farlo capire, soprattutto agli stranieri».


Alto Adige 22-1-10

Vendere l’auto in Internet, attenti ai ladri d’identità


BOLZANO. Autoscout è il più importante sito europeo per la compravendita di automobile. E’ lo stesso sito ad avvertire di avere la massima prudenza, ma i rischi ci sono, comunque, per chi compra e per chi vende, soprattutto se una delle controparti vive (anche virtualmente) all’estero.
 Un caso classico: ricevete per la vostra automobile un assegno con un importo superiore a quel pattuito. Un errore, si potrebbe pensare. L’acquirente vi chiede con cortesia di restituirgli la differenza (in genere un migliaio di euro), cosa che farete. Un paio di settimane più tardi la vostra banca vi avviserà che l’assegno ricevuto è scoperto. Quello che avete spedito voi per «restituire» la differenza era ovviamente buono.
 Attenti anche ai ladri di identità: i truffatori vi inviano una copia della loro carta d’identità («Per dimostrare la mia buona fede», scrivono) e chiedono copia scannerizzata della vostra: se la mandate, sono guai. Non di rado le false identità utilizzate dai truffatori sono segnalate in alcuni blog: fate sempre una verifica digitando il nome in un motore di ricerca.

Alto Adige 22-1-10


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giovedì, 21 gennaio 2010


«Bisogna accettare di scontrarsi con i propri figli»





MICHELA PERINI


Il tema dell’identità sarà al centro dell’incontro organizzato dal «Centro il Germoglio» stasera alle ore 20.30 presso l’aula magna della scuola Heinrich Kunter, in via Guncina 1 a Bolzano. Relatore della terza lezione del progetto «Genitori in forma(zione)» sarà lo psicologo Dario Ianes. Laureato in psicologia e specializzato nell’approccio cognitivo-comportamentale Dario Ianes è professionalmente interessato al comportamento delle disabilità intellettive nei contesti scolastici ed extrascolastici. Attualmente insegna Pedagogia speciale 2, Didattica speciale 1 e 2 e Handicap Uditivo alla Lub All’incontro organizzato dal Germoglio Dario Ianes sarà accompagnato dalla ricercatrice Heidrun Demo. Alla lezione potranno partecipare i soli iscritti. Per partecipare alla Scuola Genitori è necessario iscriversi presso la Segreteria del Germoglio 0471-061400.
Chi sono io? Educare i figli all’identità» ci può spiegare meglio?
 «L’identità è una dimensione psicologica base che risponde alla domanda io chi sono? Questa domanda, di tipo esistenziale, sarà al centro della lezione. Uno degli aspetti che caratterizza l’identità è l’autonomia. L’identità deve essere staccata e diversa da quella dei genitori. In passato i genitori plasmavano l’identità dei figli, i quali seguivano inevitabilmente le tracce dei genitori. Lo spazio per lo sviluppo di un’identità autonoma era soffocato e minimo. Adesso, invece, la società è molto più fluida ed è possibile sviluppare un’identità più autonoma».
Com’è cambiato nel tempo il compito del genitore a riguardo?
 «Nella società attuale le certezze sono meno e il genitore ha un compito più difficile. Deve essere in grado di fornire al figlio gli strumenti di giudizio, di valutazione e critici, per fare la propria scelta esistenziale. Non è facile: molti figli adulti restano in casa proprio perchè sono in crisi d’identità; se avessero un’identità forte negherebbero il ruolo di figlio per affermarsi autonomamente nella vita».
Un genitore deve accompagnare il figlio nelle scelte o lasciare completa libertà? «Certamente uno dei ruoli del genitore è quello accompagnare le scelte di autonomia del figlio. Nelle scelte i genitori dovrebbero assumere un atteggiamento che valorizzi l’identità del figlio. È inoltre importante accettare lo scontro. Il figlio talvolta deve opporsi per costruire la propria identità».
Se un bambino sviluppa un’identità fragile quali problemi può avere?
 «Un’identità particolarmente fragile è esposta al rischio di invasione da parte di altri. Se non si sviluppa una forte identità gli altri la riempiranno».
Quali consigli può dare ai genitori?
 «Importante è coltivare il passato, perchè noi siamo anche quello che siamo stati. Il genitore dovrebbe sempre ricordare le cose ai figli, fare memoria di ciò che è passato. Coltivare anche il futuro, perchè noi siamo quello che vorremo essere, i nostri progetti, i nostri obiettivi. E poi, certamente, essere attenti alle responsabilità del presente, far assumere ai propri figli responsabilità».

Alto Adige 21-1-10
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mercoledì, 20 gennaio 2010


Salute, anziani e famiglia: confronto con la città


 LAIVES. Nell’ambito del progetto “Distretti in cammino”, torna lunedì 25 gennaio l’assemblea dei cittadini, alle 19.30 in aula magna, e sarà anche un’occasione speciale perché coinciderà con i 10 anni di vita del progetto stesso. Sarà quindi un appuntamento dove verrà tracciato il bilancio relativo al lavoro svolto in questo decennio dai tanti volontari che danno vita ai gruppi di lavoro tematici, gruppi che si occupano di anziani, volontariato, salute, diversamente abili, multiculturalità, famiglia e minori.
 L’obiettivo generale del progetto lanciato dieci anni orsono è sempre stato quello di migliorare la qualità di vita dei cittadini, promuovendo la collaborazione tra le risorse del territorio attraverso l’analisi delle esigenze e la progettazione di adeguati interventi. In questi anni, iniziative in tal senso ce ne sono state tantissime, sia per i giovani che per gli anziani, oltre che per le categorie più svantaggiate. Quanto ai gruppi di lavoro, composti da decine di volontari, hanno svolto e svolgono, il prezioso ruolo di “ascolto” dei bisogni espressi dalla collettività per poi elaborare interventi concreti tramite il supporto delle strutture del Distretto che ha sede in via Innerhofer e dipende dalla Comunità di Valle Oltradige Bassa Atesina.
 Per quanto riguarderà l’assemblea dei cittadini, oltre alle tradizionali relazioni da parte di ognuno dei rappresentanti dei gruppi di lavoro, è in programma una proiezione sulla realtà delle donne migranti a cura di Valeria Vanni (mediatrice culturale a Laives) ed Elisa Paone. Il testo teatrale racconta le esperienze e le aspettative di queste donne ed è un richiamo anche alla memoria dell’emigrazione italiana, spesso dimenticata.
 Una riflessione sul futuro invece la proporrà Matteo Robiglio, vicepresidente di “Avventura urbana” a Torino ed esperto di progettazione partecipata e gestione creativa delle politiche pubbliche. Con lui si parlerà di rilancio in proiezione futura dell’attività. La parte musicale della serata sarà affidata al gruppo “Bakiba” e l’assemblea ovviamente sarà aperta anche ad eventuali contributi che vorrà dare il pubblico al dibattito in sala. (b.c.)

Alto Adige 20-1-10
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lunedì, 18 gennaio 2010


Il vescovo: più aiuti agli immigrati



Golser sprona politica e società. La Cgil: afghani al freddo, inaccettabile

ANTONELLA MATTIOLI


BOLZANO. «Ero forestiero e mi avete ospitato». In occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, celebrata ieri in una chiesa di Regina Pacis gremita di famiglie immigrate di fede cattolica (assenti le badanti ucraine che festeggiavano una propria ricorrenza, ndr), il vescovo Karl Golser cita il passaggio del Vangelo e lancia un appello alla società altoatesina: «Non abbiate paura dello straniero, ma favoritene l’integrazione». Intanto esplode la polemica sul dramma dei giovani rifugiati afghani, costretti a dormire nei cartoni sistemati sulla scala di sicurezza dello stadio Druso, perché nei dormitori non c’è posto. Sulla sconcertante vicenda prende posizione il segretario provinciale della Cgil Lorenzo Sola: «Trovo estremamente grave che in una realtà quale quell’altoatesina, e di Bolzano in particolare, si lascino spazi di totale abbandono e miseria». Il sindacalista attacca la Provincia: «La politica locale ha il dovere di intervenire e porre rimedio in termini logistici alla situazione di precarietà di questi giovani. In un simile contesto ritengo inadeguata la politica della Provincia che per ridurre le spese sociali, ha ridotto le prestazioni per i lavoratori extracomunitari (vedi sussidi casa e graduatorie separate per gli alloggi Ipes). In questa direzione il problema non si risolve ma si aggrava». L’assessore comunale Luigi Gallo, a Regina Pacis assieme all’onorevole Luisa Gnecchi e al vicepresidente della Provincia Christian Tommasini, ammette: «Non capisco come non si sia riusciti a trovare posto nei dormitori per i giovani afghani. È una situazione inaccettabile, che va risolta».
 È ciò che si augura il vescovo Golser che spera che “la drammatica vicenda rappresenti un’eccezione: è importante che i giornali ne parlino, serve a scuotere le coscienze”. «La società altoatesina - dice - è accogliente. La Provincia fa abbastanza? Rispetto ad altre Regioni soprattutto del sud credo faccia parecchio».
 Da più parti però in questi mesi si sono levate dure critiche contro il giro di vite della Provincia sui sussidi casa per immigrati e le graduatorie separate per alloggi Ipes. Il vescovo lo definisce un “compromesso”: «Le risorse calano e chi governa deve fare i conti con gli attacchi che arrivano dai partiti di destra e di chi strumentalizza politicamente la paura dello straniero e del diverso in genere». Una paura che non ha motivo di esistere assicura Paola Vismara, referente per gli immigrati della Diocesi che ieri ha coordinato i diversi momenti della celebrazione nella chiesa di Regina Pacis. Ai fedeli di origine polacca, brasiliana, ghanese, rumena, colombiana, albanese che riempiono la chiesa, indica il disegno di un grande albero con le foglie verdi che troneggia vicino all’altare: «In natura dopo l’inverno arriva sempre la primavera. Così è la società: dopo periodi di stanchezza e di morte arriva qualcosa che la rinvigorisce. L’immigrazione può essere la nuova linfa». Il vescovo non nasconde però le difficoltà che l’integrazione crea: «Il fenomeno dell’immigrazione pone le comunità nazionali davanti a sfide drammatiche, ma non bisogna dimenticare che il migrante - come ha ricordato più volte anche in questi giorni il Papa - è una persona e come tale portatore di diritti inalienabili».
 Se l’appello per la comunità locale è all’accoglienza dell’immigrato; per lo straniero l’invito di monsignor Golser è ad integrarsi: «Devono fare proprie le tradizioni del nostro Paese e rispettare le leggi che lo regolano. Per i bambini è tutto più facile».
 I bambini sono i protagonisti della celebrazione: monsignor Golser li invita tutti sull’altare a recitare il Padre nostro. Si mettono in cerchio e in mano stringono le bandiere double-face: da una parte il tricolore dall’altra i colori del Paese d’origine. Simbolo, almeno a livello visivo, dell’avvenuta integrazione.

Alto adig 18-1-10
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sabato, 16 gennaio 2010


Premiati i disegni-slogan che invitano a eliminare gli ostacoli per i disabili




ALESSIO POMPANIN


BOLZANO. Il design al servizio di chi, solitamente, viene trascurato, quando non dimenticato, nonostante sia abile, eccome, solo con la qualifica “diversamente”, che di fatto lo pregiudica. Il design e la creatività come molle per far scattare il pensiero, il ragionamento, la sensibilità. Il design, ed ecco l’obiettivo, per realizzare cartoline che facciano capire come il concetto stesso di design sia per tutti, senza limiti e barriere, e come tale sia un esempio per tutto lo scibile e per tutte le situazioni quotidiane, che non devono creare barriere. Questo è il succo del concorso denominato “Postcards for all”, ovvero cartoline per tutti, concorso giunto ieri alla premiazione e organizzato da Si-Mo Sicurezza & Mobilità, il centro di consulenza e documentazione sull’eliminazione delle barriere architettoniche e consulenza abitativa per anziani operativo in Alto Adige. La “chiamata” al concorso era riservata agli studenti iscritti e ai laureati alla facoltà di design e arti della Lub, l’università di Bolzano, che, se s’iscrivevano, dovevano realizzare il disegno per una cartolina postale che possa essere uno spunto di riflessione sul senso del concetto “design for all” per un pubblico più ampio. Le proposte andavano consegnate alla sede di Si-Mo entro il 7 gennaio e sono poi state analizzate da una commissione giudicatrice composta da Hanspeter Demetz (architetto indipendete e artista, vignettista del settimanale “FF”), Luciana Fiocca (direttrice dell’Ufficio per persone con disabilità e invalidi civili della Ripartizione provinciale per famiglia e politiche sociali) e Stefan Hofer (presidente di Si-Mo e della Fpas - Federazione provinciale delle associazioni sociali). L’esito finale del giudizio è stato questo: Maximilian Winkel, Verena Fischnaller e Marijan Burger sono i tre vincitori del concorso, che ieri sono stati premiati, presentati da Luciana Fiocca nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella sala riunioni della facoltà di design e arti.
 Maximilian Winkel si è aggiudicato il primo premio, un Notebook HP Compaq 610, con una cartolina con la scritta “design” in braille; la sua proposta ha convinto subito la giuria perchè, oltre ad avere un forte valore estetico, si rivolge direttamente a chi altrimenti non avrebbe la possibilità di fruire di questo messaggio. Il secondo premio, un Netbook HP Compaq Mini 110c-1020SL, è andato a Verena Fischnaller, mentre il terzo è stato assegnato a Marijan Burger. Ai premiati sono andati anche i complimenti del professor Antonino Benicansa, della facoltà, che ha fatto gli onori di casa, e di Christine Clignon, responsabile di Si-Mo. Complimenti estesi a tutti i partecipanti, che hanno dimostrato il loro interesse per una tematica sempre più attuale. Il design for all, del resto, è un processo di sviluppo concreto che punta sull’accessibilità e l’utilizzabilità di un prodotto per il maggior numero di persone possibile, e dato che accessibilità e utilizzabilità sono requisiti base per lo sviluppo complessivo di un prodotto, il design for all rappresenta la somma di qualità funzionale ed estetica del prodotto realizzato.
 Le tre cartoline saranno ora stampate e distribuite in punti strategici per sensibilizzare la gente.

Alto Adige 16-1-10
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sabato, 16 gennaio 2010


Nuova sede in via Innerhofer del centro “Alimentiamo la solidarietà”




LAIVES. Il Gruppo missionario ha trasferito la sede del centro “Alimentiamo la solidarietà”, da via Sottomonte a via Innerhofer, nella stessa palazzina dove si trova la Croce Rossa. Gli orari di apertura sono i seguenti: lunedì dalle 15 alle 17, mercoledì dalle 9 alle 11 e venerdì dalle 15 alle 17.
 Presso il centro continua quindi l’iniziativa di distribuzione dei generi alimentari e altri materiali di prima necessità da parte dei volontari del gruppo missionario. Continua anche la collaborazione con il Banco alimentare per quanto concerne la fornitura dei generi alimentari, che il Banco raccoglie nei negozi e nei supermercati convenzionati. Attualmente sono una sessantina le famiglie che hanno accesso a questo servizio e non tutte sono di extracomunitari.

Alto Adige 16-1-10
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martedì, 12 gennaio 2010


Il Papa: la crisi colpisce uomo e ambiente ma il libro della natura è indivisibile




ROMA. Una «mentalità egoistica e materialistica, dimentica dei limiti propri a ciascuna creatura» è per il Papa alla radice del degrado ambientale. Essa, ha denunciato infatti nel discorso al Corpo Diplomatico, «minaccia anche il creato».
 «Il libro della natura - ha detto il Papa - è unico e indivisibile», e per questo «ecologia umana» ed «ecologia ambientale» non possono essere disgiunte, ed entrambe traggono nutrimento dal rispetto della dignità e della libertà dell’uomo. La «drammatica crisi che ha colpito l’economia mondiale» - ha affermato Benedetto XVI - «ha provocato una grave e diffusa instabilità sociale» che si riflette anche sull’ambiente, «in ogni parte del mondo». La mentalità «egoistica» e «materialistica», insomma, continua a fare «danni», come ha già fatto in passato. Il nuovo capitalismo come i regimi comunisti. «Vent’anni fa, quando cadde il Muro di Berlino e quando crollarono i regimi materialisti ed atei che avevano dominato lungo diversi decenni una parte di questo continente - ha sottolineato papa Ratzinger - si è potuto avere la misura delle profonde ferite che un sistema economico privo di riferimenti fondati sulla verità dell’uomo aveva inferto, non solo alla dignità e alla libertà delle persone e dei popoli, ma anche alla natura, con l’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria». «La negazione di Dio - afferma il pontefice - sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione».

Alto Adige 12-1-10
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lunedì, 11 gennaio 2010


Papa: i migranti sono esseri umani



ROMA. Gli immigrati vanno rispettati e la violenza «non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà», tanto meno «in nome di Dio». All’Angelus Benedetto XVI parla di due fatti che «hanno attirato in modo particolare» la sua attenzione negli ultimi giorni, e si capisce subito che parla della guerriglia di Rosarno e dell’Egitto. I suoi appelli rinforzano le denunce anticipate dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone, contro le gravi condizioni di lavoro a cui sono sottoposti gli immigrati, recepite anche dai vescovi italiani che dal quotidiano Avvenire puntano il dito da giorni sul fuoco che da tempo covava sotto la cenere nella provincia di Reggio Calabria. I due fatti che preoccupano Benedetto XVI sono «il caso della condizione dei migranti, che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza, e le situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti». E i due appelli che ne fa derivare, pronunciati a sorpresa dopo la preghiera domenicale in piazza San Pietro, sono in realtà uno solo: «Ripartire dal significato della persona», e imparare a rispettare chi è diverso, non importa se per provenienza o religione. «Bisogna ripartire dal cuore del problema - ha esclamato - bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita». «La violenza non deve essere mai, per nessuno, la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano. Invito a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me». «Simili considerazioni - ha sottolineato - valgono anche per l’uomo nella sua diversità religiosa». «La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi - ha detto il Papa - ha suscitato lo sdegno di molti, anche perchè si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana». Il pontefice chiama in causa «le istituzioni sia politiche, sia religiose», affinchè «non vengano meno, lo ribadisco - ha insistito - alle proprie responsabilità». In una domenica di pioggia, la giornata del Papa era iniziata con il battesimo di 14 bambini nella Cappella Sistina. Il Papa ha rievocato l’immagine di Gesù al Giordano «in fila come tutti» ad aspettare il turno per ricevere il battesimo. Allora c’era un popolo «desideroso di un mondo diverso e di parole nuove», ma per costruirlo occorre rinunciare «all’egoismo e al peccato».


Alto Adige 11-1-10
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sabato, 09 gennaio 2010


Parte oggi a Salorno il servizio taxi serale




SALORNO. Su iniziativa della Lega anche in Bassa Atesina ci sarà un servizio taxi - curato da Marco Eccli - per chi vuol fare tardi la sera e bere un bicchiere in più senza il rischio di vedersi ritirare la patente. Il numero da chiamare è il 3737206265. «È il nostro contibuto - spiegano i promotori del Carroccio - per cercare di evitare le stragi del sabato sera». Viene garantito il servizio di trasporto di andata e ritorno, con il tassista che arriverà fin sotto casa. Ieri è stato il segretario della Lega Nord di Salorno, Andrea Gallo, ad illustrare nel dettaglio l’iniziativa.
 «Si tratta di un servizio completamente nuovo, in linea con le richieste dei residenti, troppo spesso costretti a rinunciare ad una serata tra amici per il rischio di vedersi ritirare la patente di guida. È anche un modo per contribuire ad evitare incidenti mortali o con feriti».
 La Lega Nord di Salorno si è rivolta ad un esperto del settore ed ha creato un link sul suo sito su Facebook. «Qui si può trovare il numero e chiamare ad ogni ora. Poi, in tempi relativamente brevi, compatibilmente con la distanza da cui viene inoltrata la chiamata, si potrà fruire del servizio. Un altro dettaglio non trascurabile è costituito dai prezzi, che sono assolutamente popolari. Il taxi farà servizio in Bassa Atesina e nella Piana Rotaliana, tra Trento e Bolzano. La tariffa pro capite dovrebbe aggirarsi da un minimo di 2,50 ad un massimo di 10. Poi dipenderà anche dal numero delle persone che saliranno e dalla contrattazione tra tassista e utente che avverrà in loco. Ci teniamo a ricordiare che il servizio sarà già operativo a partire da questo fine settimana».

Alto Adige 9-1-10
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mercoledì, 06 gennaio 2010


«Parcheggi, gli aumenti sono esagerati»




BOLZANO. «Al sindaco lo avevamo detto già in novembre: gli aumenti dei parcheggi sono esagerati». Così Toni Serafini, segretario generale della Uil, commenta i recenti rincari.
 Il sindacalista fa, però, alcuni distinguo: «Passare da 90 centesimi a 1,20 euro al posteggio di via Mayr Nusser significa un aumento del 30% - commenta Serafini - eccessivo se si considera che il parcheggio è spesso utilizzato da pendolari che devono recarsi. Diverso il discorso per piazza Walther, una struttura utilizzata soprattutto dai turisti che vogliono arrivare a due passi dal centro».
 Serafini torna invece sul parcheggio dell’ospedale, da poco pasasto nelle mani della Provincia, ma a tariffa (1,20 euro) invariata: «Ribadisco quanto abbiamo detto in passato: 50 centesimi è la tariffa giusta, la stessa che possiamo trovare a Trento o a Verona. Francamente non capisco perchè ci debbano essere prezzi dei parcheggi diversi rispetto a quelli del capoluogo trentino». Serafini conclude sottolineando che la strada maestra deve comunque essere quella del trasporto pubblico: «Sulle ciclabili l’amministrazione sta lavorando bene, ora si lavori su quantità e qualità dei mezzi pubblici».

Alto Adige 6-1-10
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martedì, 05 gennaio 2010

IDENTITÀ TERRITORIALE NON PIÙ SU BASE ETNICA

 

GüNTHER PALLAVER


L’anno hoferiano si sta per concludere con la storia che invece di incontrare il futuro si è scontrata con il passato. Ogni tanto invece ci farebbe bene guardare in avanti e specialmente oltre le eterne discussioni su temi etnici. Esiste, per nostra fortuna, anche un’altra realtà che si è affermata senza che ce ne accorgessimo più di tanto, perché è silenziosa, quotidiana e concreta. I gravi conflitti etnici del passato, che tra gli anni Sessanta e ottanta sono sfociati nel terrorismo (di ambo le parti), sono stati superati da un modello di convivenza di tipo dissociativo, che si basa sulla logica della separazione etnica dei gruppi linguistici. Ma questa logica etnica entra sempre più spesso in contrasto con la logica del territorio, che diventa patrimonio di tutti e che da tutti viene difeso. Questo revival del territorio si manifesta un pò ovunque in Europa. Regionalizzazione, federalizzazione e decentralizzazione vengono visti come punti di partenza per l’ottimizzazione di competenze sub-statali per avviare processi di innovazione, per coinvolgere istituzioni pubbliche, società civile ed attori politici. Questa tendenza verso la valorizzazione di unità sub-statali è fortemente legata al trend verso una identità territoriale, che a sua volta è conseguenza del superamento dei confini e della globalizzazione in generale, che creano insicurezze, disorientamento, paure. Laddove i rapporti sociali si erodono (ideologie, networks sociali, economia ecc), cresce l’insopprimibile desiderio di certezza e difesa della propria identità, di comunità, auto-determinazione, chiarezza e partecipazione diretta, comunicazione priva di gerarchie. Il territorio diventa così luogo di sicurezza e stabilità. Il processo di territorializzazione viene favorito da diversi fattori, tra cui la situazione economica di un territorio, la diminuzione di conflitti (etnici) e la forza dei partiti territoriali. I dati economici dell’Alto Adige negli ultimi decenni sono stati sempre sopra la media nazionale. Ciò vale per la crescita economica come per il prodotto interno lordo pro capite che è uno dei più alti tra le le regioni italiane. Inoltre l’Alto Adige si colloca tra le venti regioni più ricche d’Europa e la disoccupazione in provincia in confronto ad altre realtà è molto bassa (anche se non mancano i problemi). Questa situazione economica vantaggiosa ha prodotto una forte identificazione della popolazione con la provincia e le sue istituzioni. Nel 2008 ca il 95% della popolazione si è dichiarata soddisfatta o abbastanza soddisfatta dell’amministrazione provinciale, le amministrazioni comunali hanno registrato un livello di soddisfazione di poco inferiore. Di contro più di un terzo (34,4%) ha giudicato negativamente l’amministrazione statale. È significativo che nonostante la proporzionale etnica con l’obbligo del bilinguismo sia stata a lungo detestata da parte della popolazione di lingua italiana, in un’indagine del 2004 i gruppi linguistici erano quasi unanimi nel ritenere che la proporzionale etnica (che si dovrebbe comunque revisionare) andasse a vantaggio della popolazione locale (ladini: 84,1%, italiani 74,4%, tedeschi 71,1%). Per decenni l’Alto Adige è stato un focolaio di conflitti al centro d’Europa. Ma questi conflitti con il passare degli anni sono venuti meno e si sono avvicinati i gruppi linguistici. Lo conferma una serie di dati empirici, che evidenziano come la distanza sociale tra i gruppi linguistici sia diminuita. Già una prima indagine nel 1986 aveva confermato che valori, orientamenti, opinioni tra i gruppi linguistici non differivano più di tanto. Le differenze esistevano più tra città e zone rurali che non tra italiani e tedeschi. Il risultato di un’indagine nel 2004 sulla convivenza tra i gruppi linguistici è stato molto positivo. Solo il 2,1% ha espresso un voto negativo (1991: 4,8%), l’8,5% la riteneva un problema abbastanza grande (1991: 33,2%). Il 79,3% degli italiani e l’89,6% dei tedeschi hanno giudicato la convivenza complessivamente positiva, con un aumento del voto positivo in confronto a indagini di anni precedenti.
 La valorizzazione del territorio come fonte di identità, tradizioni, orientamenti di vita ecc. è stata messa in programma anche da alcuni partiti di lingua italiana, in primis dai partiti di centro-sinistra che cercano di trasformarsi pure in partiti interetnici che salvaguardano gli interessi del territorio a prescindere dal gruppo linguistico. Questi partiti alle elezioni provinciali del 2008 hanno aumentato il loro consenso elettorale, i partiti italiani per così dire marcatamente “nazionali” invece hanno dovuto registrare una lieve flessione.
 Questa tendenza si rispecchia nell’appartenenza territoriale. In un’indagine del 2004 l‘85,6% dei tedeschi hanno dichiarato di sentirsi sudtirolesi (tedeschi), non austriaci o italiani. Mentre il 52,5% degli italiani si sentivano esclusivamente italiani, e il 27,4% sudtirolesi italiani. Questo scarso 30% non è poi più di tanto, ma quello che conta è la tendenza in aumento.
 Certo, non tutto è rose e fiori. Esistono problemi economici e sociali come i problemi di convivenza, la divisione etnica, i nazionalismi - ma tutto meno forte, meno intenso, meno drammatico di venti o ancora dieci anni fa. È un segnale di inversione di tendenza. Il fattore etnico diminuisce, il fattore territoriale aumenta. Se nel 2010 riuscissimo a sostituire la lealtà etnica con la lealtà territoriale avremmo fatto un piccolo passo verso un modello di convivenza che superi sempre di più le trincee etniche.


Alto Adige 5-1-10
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domenica, 03 gennaio 2010


Democrazia diretta L’Iniziativa riprende a lavorare




 BOLZANO. Il 2009 è stato un anno importante per l’«Iniziativa per più democrazia». Il referendum sulla democrazia diretta è fallito per un soffio. Nel 2010, chiariscono Stephan Lausch e Otto von Aufschnaiter, proseguirà l’impegno: «Tantissimi cittadini hanno avuto il coraggio e hanno imparato a dire no davanti all’arroganza del potere. Il primo voto referendario nella nostra provincia è stato colto come la prima vera occasione di destarsi e di mettere in chiaro che abbiamo una nostra volontà, che non vogliamo solo utilizzare per delegarla». Proseguono: «Il 40% stabilito in modo del tutto arbitrario come condizione per la validità della votazione non impedirà nulla di tutto ciò che ci siamo prefissati per un avanzamento della democrazia nella provincia». Se necessario, «utilizzeremo il referendum confermativo per respingere modifiche dell’attuale legge che non ci convincono. Ci prepariamo a fare decidere tutti gli aventi diritto su quegli elementi delle democrazie dirette che riteniamo essenziali».


Alto Adige 3-1-10
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domenica, 03 gennaio 2010




In 3.500 resteranno «bloccate» un anno in più

 ROMA. Effetto riforma sulle donne statali: 3.500 dovranno restare un anno in più al lavoro perchè da oggi entrano in vigore le nuove norme che portano l’età pensionabile delle dipendenti della pubblica amministrazione da 60 a 61 anni fino ad arrivare nel 2018 a 65 anni al pari degli uomini, con l’aumento di un anno ogni biennio. La legge è stata approvata dopo che la Corte di Giustizia Europea aveva intimato all’Italia di parificare i criteri pensionistici tra uomini e donne. La stima di 3.500 donne lavoratrici che saranno bloccate al lavoro sono state aggiornate dall’Inpdap in vista dell’applicazione della nuova normativa. Secondo le previsioni dell’istituto di previdenza dei dipendenti pubblici, in base alla vecchia normativa avrebbero lasciato il lavoro per il raggiungimento dei requisiti di vecchiaia in 6 mila, ma dopo la stretta potranno andarsene solo in 2.500. Le restanti 3.500, dunque, resteranno al lavoro. Riusciranno ugualmente ad andare in pensione le lavoratrici che entro dicembre 2009 hanno compiuto 60 anni e possiedono 20 anni di contributi. In questo caso si prevede la certificazione del diritto acquisito da parte delle amministrazioni di appartenenza. La riforma, dunque, riguarderà un numero crescente di lavoratrici per la gradualità dell’intervento, ma anche per l’aumento dei requisiti necessari per la pensione anticipata con l’introduzione delle quote. Secondo l’Inpdap, la nuova normativa porterà ad un risparmio tra il 2010 e il 2018 di 2,5 miliardi che andranno in un fondo per interventi sulle politiche sociali e familiari. Con queste risorse, in particolare, il governo punta a finanziare asili nido per la cura dei bambini o l’assistenza agli anziani non autosufficienti, a cui le donne spesso devono far fronte con effetti negativi sulla carriera. Le nuove norme in materia previdenziale sono state inserite nel decreto anti-crisi approvato prima della pausa estiva.
 L’introduzione dei nuovi requisiti per le donne è stata accompagnata da un ampio dibattito anche trasversale ai due schieramenti politici. La tesi dei contrari era che un tale intervento dovesse essere preceduto da misure a sostegno delle donne che lavorano. Secondo la sociologa, Chiara Saraceno, più che fissare limiti rigidi di uscita dal lavoro, bisognerebbe tornare, sia per gli uomini che per le donne, allo spirito dell’età flessibile introdotta con la riforma Dini.

Alto Adige 03-01-10
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1 commento:

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