venerdì 17 febbraio 2012

sociale 3

sabato, 13 febbraio 2010


I giovani tedeschi: «Più convivenza»



Gli studenti: vogliamo nuove occasioni di incontro con i coetanei italiani


ALAN CONTI


BOLZANO. I giovani tedeschi danno un calcio ai pregiudizi etnici. Se il vescovo Golser richiama tutti alla convivenza e qualche parroco individua proprio nei ragazzi la spinta decisiva, si può dire che gli studenti delle scuole superiori in lingua tedesca rispondono positivamente all’appello. L’entusiasmo, però, non basta e sono proprio loro che chiedono aiuto alle istituzioni per slegare l’apprendimento della lingua di Dante dal solo fattore ambientale o familiare, concedendo un’opportunità anche a chi non è attorniato dalla realtà italiana.
 «Amici italiani? Davvero pochi, ma non è questione di volontà», dice Thomas Gallina del liceo classico Walther von der Vogelweide.
 «In alcuni paesi - gli fanno eco Thomas Wiedenhofer e Marc Stampfer - non è facile avere un contatto con la vostra realtà, pur cercandola». Concetto rafforzato da Katia Vettori: «A Terlano, per esempio, le famiglie italiane sono poche. In città è più facile provare a frequentarsi».
 «Sì, ci si vede - replica Chiara Stuflesser - anche se capita di andare negli stessi locali la sera e poi rimanere comunque in gruppi separati. Non essendo amici dalla scuola, le fusioni a freddo sono sempre difficili». Sophia Weifner esprime il desiderio “di trovare il modo di parlare l’italiano anche al di fuori del contesto scolastico, dove ci insegnano a comprenderlo, ma meno a produrlo attivamente”. Lena Obkircher sottolinea un paradosso: «Parlo più la vostra lingua quando vado al mare che in Alto Adige. C’è da riflettere su questo». Anja Mirkovic, invece, ha trovato amicizie italiane ad Appiano: «Parlando ci si accorge come migliorare le proprie conoscenze e le differenze culturali. Gli italiani sono più aperti e in cerca di divertimento: un pregio e un difetto secondo le circostanze». Claudia Schmuck evidenzia come “Bolzano offra molte più opportunità dei paesi, dove abita la maggior parte di noi”, mentre Katharina Sölva pone l’accento su un fenomeno molto diffuso: «Noi tedeschi abbiamo il vantaggio che nelle relazioni mistilingui l’idioma scelto è sempre l’italiano».Claudia Devall vede “nei locali del centro la vera opportunità”, mentre l’amica Linda Schwarz frequenta “il centro giovanile “Pippo”, dove veramente si riesce ad avere un rapporto stretto di convivenza”. Chi il problema di imparare la seconda lingua non ce l’ha è Manuel Tait, incontrato al cancello dell’Itc “Kuntner” in compagnia della fidanzata Lea Thaler. «Tutto dipende dalle circostanze. Io abito a Salorno con genitori mistilingui e di conseguenza passo senza problemi da una lingua all’altra, ma chi abita verso Sarentino, per esempio, non ha questa opportunità». Lea conferma: «Io sono di Sarentino e davvero le possibilità di imparare l’italiano sono minime». Qualcuno, a taccuino chiuso, suggerisce la scuola bilingue. Spunti interessanti, inoltre, arrivano dalle insegnanti dell’istituto di via Guncina. Monica Ludescher, professoressa mistilingue di educazione fisica, ripropone la questione della zona di provenienza. «Non solo alcuni paesi sono svantaggiati, ma anche determinate zone di Bolzano, come la Gries storica, non consentono di fare pratica con l’italiano. Europa-Novacella, invece, rappresenta un bel mix stimolante». Giovanna Berloffa, infine, insegna italiano: «I ragazzi vanno avvicinati dal punto di vista culturale ed ecco perché leggo i quotidiani italiani in classe, consiglio programmi televisivi e supporto “Bus Stop”, uno spettacolo teatrale creato con il liceo scientifico Torricelli. È vero infine che la lingua di Dante è quella più usata nei rapporti misti, ma i problemi di produzione attiva della lingua rimangono sempre tanti».


Alto Adige 13-2-10


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sabato, 13 febbraio 2010


CONVIVENZA: Il ritardo della politica




PAOLO CAMPOSTRINI


Sono sessant’anni che in Alto Adige la convivenza è uno scoglio su cui andiamo a sbattere ad ogni onda di marea. Piero Agostini in un suo libro profetico, «La convivenza rinviata», definiva la nostra una nevrosi da confine. Era il 1986 e la domanda era questa: come poteva una terra tagliata a fette per decenni da Hitler e Mussolini, Magnago e Degasperi, Scelba e Klotz, Moro e Almirante decidere di camminare insieme senza uno straccio di progetto politico comune, senza che la politica si dedicasse a fornire una cornice dentro cui costruire occasioni di incontro? Quasi trent’anni dopo siamo ancora qui a misurare la distanza tra una coabitazione forzata (lo Statuto, l’autonomia che divide le risorse secondo proporzione etnica) e una convivenza possibile; tra un incontro a cui siamo stati costretti (due guerre, le dittature, i confini ridisegnati) e lo stare insieme come opportunità di crescita. E con la politica che cammina con passo stanco dentro sentieri battuti e polverosi.
Che guarda al passato e ai suoi tanti altari simbolici (il Monumento, Hofer) più che ad un presente che mostra chiari segni di insofferenza. Perchè, in realtà, rispetto al 1986, non sarà cambiata la politica ma noi sì. Sentite i ragazzi tedeschi cosa chiedono alla loro scuola e poi ascoltate quelli italiani: hanno le stesse esigenze di allargare il raggio delle loro amicizie interetniche, il medesimo bisogno di strumenti di interconnessione culturale, vogliono più bilinguismo, una più spiccata elasticità nelle relazioni interscolastiche.
 La stessa distanza tra i bisogni reali di una società in movimento e una rappresentanza politica che spende le sue risorse nel coprirsi sul fronte dei richiami identitari la si percepisce quando si entra nel mondo del lavoro: dove si chiede di conoscere e non di giudicare, si pretendono strumenti per affrontare la competizione, di maneggiare anche l’inglese, non solo l’italiano e il tedesco. A fronte di questa non più sopprimibile domanda, la politica risponde a suo modo: no all’immersione linguistica, no alla scuola bilingue, no al merito e sì allo schema etnico in una società in cui, al contrario, è sempre più difficile riconoscere «a naso» un sudtirolese da un altoatesino, invasi come siamo da famiglie mistilingui che «shakerano» nomi tedeschi a cognomi italiani e viceversa, dove gli immigrati dalle vecchie province partecipano ai concorsi pubblici accanto a quelli dei nuovi Stati emergenti in un melting pot linguistico-culturale in cui a restare fermi dove siamo rischiamo di essere superati da poli tecnologici che riverseranno su di noi uomini e prodotti a basso prezzo e ad altissima competitività.
 Perchè, a guardar bene, l’autentica svolta innovativa l’abbiamo a portata di mano ed è legata al coraggio di «liberare» le forze interne della società. Una svolta quasi gratis. Nessun investimento produttivo, scarso incremento della spesa pubblica. Basterebbe togliere i vincoli alla scuola, far crescere le occasioni di confronto tra i gruppi, le «sinergie etniche» e non le divisioni, aumentare la penetrazione «laica» dell’Università nelle strutture pubbliche e nelle imprese. Basterebbe una Provincia che assumesse sempre più un ruolo «terzo» rispetto alla capacità di autoregolamentazione dei gruppi, alla loro intrinseca esigenza di interconnettersi. Ne nascerebbe un Alto Adige naturalmente predisposto all’innovazione, con una scuola che altrove neppure si sognerebbero, con classi dirigenti perfettamente bilingui e allenate al dialogo interculturale.
 Invece no. Invece siamo ancora qui a leccarci le ferite dell’anno hoferiano, pronti a ricevere in regalo dalla politica un nuovo disegno di legge sulla toponomastica, disposti ad accettare gente che costruisce le sue carriere politiche sulle vecchie bandiere delle divisioni identitarie.
 Addirittura con qualche problema in più rispetto agli anni de «La convivenza rinviata». Perchè le difficoltà di dialogo non riguardano più solo i rapporti tra i gruppi ma i gruppi stessi al loro interno.
 Già veniamo da una storia difficile a questo riguardo. L’Svp, in uno storico congresso, si spaccò in due sullo Statuto, in sostanza sul patto politico che sanciva la convivenza forzata tra italiani e tedeschi in questa terra. Restò unita solo per la paura di un possibile innalzamento dello scontro in una provincia che si apprestava ad assaporare una nuova ricchezza. In sostanza lo Statuto in cambio del denaro dell’autonomia.
 Gli italiani, a loro volta, sulla necessità politica di convivere paritariamente con i tedeschi si spaccarano invece sul serio, con quel colossale riversamento di voti moderati che passò d’improvviso dalla Dc al Msi nei primi anni dello Statuto dispiegato. Ora le fenditura si fa più profonda. Perchè è ancora sul modello di convivenza e di condivisione del potere tra i gruppi che la stessa destra italiana sta avviandosi al suicidio politico. Non è solo odio personale quello che divide Biancofiore-Urzì da Holzmann ma risiede nell’incapacità strategica di eleborare uno schema per far fuoriuscire la maggioranza degli italiani dal classico schema noi-loro. Appena qualcuno ci prova (in questo caso Holzmann) viene subito riproposto il vecchio vocabolario della contrapposizione identitaria («I nemici storici» di Gatterer): tradimento, collusione, il compromesso come assoluta nefandezza, la morale etnica che soffoca l’agire politico.
 Naturalmente esistono settori importanti della società in cui è ancora complesso far transitare elementi di reale convivenza ma il dato che emerge è che la politica, con strenua determinazione, insiste nell’appoggiarsi a questi settori sempre più marginali per tentare di ricostruire le sue fortune. Si inibisce in sostanza qualsiasi tentativo di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di farsi apripista di quella vasta area di altoastesini-sudtirolesi che invece aspetterebbero un segnale di coraggio.
 Quelli stessi altoatesini che ormai comprendono come i settori più tradizionalisti dell’Svp e la destra italiana non fanno altro che supportarsi a vicenda nel tentativo, sempre meno mascherato, di lasciare le cose come stanno, per non far emergere la loro sostanziale incapacità di dotarsi di nuovi strumenti per interprtare una società in cammino. Partiti che invece continuano a chiamare a raccolta intorno alle vecchie trincee dei simboli contrapposti.
 Viviamo come dentro una rappresentazione teatrale che non cambia copione da quarant’anni e in cui gli attori sul palcoscenico non si sono accorti che il pubblico in sala è quasi sparito. E sono sempre più quelli che, fuori, nel foyer, aspettano che cambi la scena. E che con gli attori, cambi magari anche il regista.


Alto Adige 13-2-10
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venerdì, 12 febbraio 2010


La convivenza, non solo a parole




PAOLO VALENTE


Mons. Golser è stato molto chiaro e sufficientemente concreto.”Non penso - ha detto - che si possa parlare di percorsi di vita separata. Se fosse così, ci priveremmo di una grande ricchezza, cioè di imparare gli uni dagli altri, di godere di questa grande opportunità di poterci agganciare a due culture. I due grandi gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra”.
 Non c’è dubbio, come è stato già detto, che la Chiesa abbia avuto un ruolo importante nel mantenere la questione altoatesina sui binari del confronto civile. Fin dall’800 la Chiesa locale si è impegnata - istituzionalmente o ad opera di singoli personaggi - su due versanti: quello della tutela dei gruppi minoritari o delle minoranze oppresse e quello della lotta ai nazionalismi di qualunque segno essi fossero. Certo che ci sono state e ci sono voci fuori dal coro. La comunità cristiana non è immune dalle debolezze pratiche e ideologiche della società in cui si incarna. E se si scava negli archivi salta sempre fuori un parroco, un cappellano o un vicario che non esiteremmo a definire nazionalista e perciò in contraddizione col messaggio evangelico. Ma vescovi come Endrici, Gargitter ed Egger hanno saputo dare, prima di Golser, indicazioni chiare anche in tempi non facili. E pure personaggi più discussi come de Ferrari e Geisler non hanno mai dimenticato di essere pastori di un popolo plurilingue. Ma come traduce in realtà la stessa Chiesa, al suo interno, questi appelli alla convivenza? In certe parrocchie la messa bilingue è quasi una prassi, in altre i due gruppi si ignorano o addirittura si guardano con ostilità. La situazione più comune è quella di una fredda, a volte tiepida cordialità. La questione di fondo è sempre quella sollevata dai giovani qualche decennio fa: siamo prima cristiani o siamo prima tedeschi e italiani? Per quei ragazzi dalla voce profetica la risposta era evidente: prima siamo cristiani. Ma nella pratica ciò che distingue spesso prevale su ciò che unisce. Anche nella Chiesa si sono fatti passi in aventi. Tuttavia chiunque conosca la comunità dal suo interno non può continuare a vedere come sussistano “percorsi di vita separata”. Però anche questo deriva da una saggezza - magari inconsapevole - che porta ad enunciare un principio (camminare insieme) ma poi ad evitare di imporre norme e comportamenti vincolanti per tutti. Per così dire: non si può essere costretti “d’ufficio” a volersi bene. Perciò è ragionevole dare ad ogni singola realtà il tempo di assimilare determinati valori. Resta però essenziale che, ognuno coi suoi ritmi, d’accordo, tutti si proceda nella direzione della pacifica convivenza e del rifiuto delle sopraffazioni e dei nazionalismi. La Chiesa può e deve dare l’esempio risolvendo al suo interno le contraddizioni: la difficoltà di fare sintesi delle diverse culture, una condivisione di responsabilità a volte solo di facciata, la mancanza della convinzione che si è, malgrado le lingue, un’unica comunità e perciò tutti responsabili di tutti. Grande consenso per la convivenza, allora. Certo che se la classe dirigente fosse davvero convinta che “i due grandi gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra”, molte situazioni cambierebbero. Attendiamo, dopo le parole, la conferma dei fatti.
 C’è però un’altra questione, sollevata incidentalmente dal vescovo che mette alla prova la buona fede di chi oggi applaude, soprattutto se si professa cristiano. Dice mons. Golser nella sua intervista: “Abbiamo ora in Alto Adige non soltanto il problema della convivenza dei tre gruppi etnici storici, ma sempre di più il confronto con culture non europee e con religioni differenti dal cristianesimo. Per questo occorre ancora più lavorare per crescere nella propria identità culturale e religiosa, per stabilire contatti esenti da paure”. Consolidare la propria identità non significa impedire agli altri, perché d’altra religione, di coltivare la propria. Oggi quei giovani profeti ci direbbero: siamo tedeschi, italiani, ladini, siamo cristiani, ebrei, musulmani, siamo però in primo luogo donne e uomini, custodi gli uni degli altri. Ma forse sarà meglio riparlarne lontano dalle elezioni.

Alto Adige 12-2-10
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giovedì, 11 febbraio 2010


Sacerdoti con Golser: «Sì alla convivenza»




ALAN CONTI


BOLZANO. Per la convivenza il vescovo Karl Golser si espone sui giornali, ma alle sue spalle può contare sul sostegno di chi porta quotidianamente il messaggio cristiano tra i fedeli. I parroci, dunque, promuovono a pieni voti le direttive del primo anno di episcopato del Vescovo, capace di inserirsi nella scia delle grandi tematiche dei predecessori Egger e Gargitter, pur mantenendo un profilo personale nel guidare la chiesa provinciale.
 Convivenza, dunque, è la pietra angolare degli ultimi anni: un cammino che molte parrocchie hanno già intrapreso. «Da noi - spiega don Giacomo Milani di “Cristo Re” - si tratta di un discorso ben avviato con una trama di rapporti quotidiani che invita i fedeli al costante rispetto della diversità. Capita molto spesso, per esempio, di fare feste nell’altra lingua». Don Giacomo ne fa anche una questione generazionale: «I giovani sono molto più liberi degli adulti dai preconcetti. L’università in un’altra lingua, per esempio, sta diventando una piacevole abitudine». Benno Malfèr, Abate dell’elegante convento dei Benedettini in Piazza Gries individua il nocciolo del problema. «Le occasioni per convivere nella società non mancano di certo: compito della chiesa è di favorire l’atteggiamento individuale. Il cuore della questione, infatti, è la conoscenza della lingua: è inutile far finta di non considerare il bilinguismo come la base indispensabile per avvicinarsi all’altra cultura. Una bella idea potrebbe essere quella di andare con la famiglia a vedere spettacoli teatrali nell’altra lingua».
 Malfèr, quindi, insiste sulla partecipazione e propone la Chiesa altoatesina come esempio: «In questa terra, al di là delle associazioni economiche e di imprenditori, non esiste un’organizzazione culturale che abbia raggiunto il grado di convivenza che esiste nella Chiesa».
 La parrocchia di Gries, invece, vive quotidianamente la realtà bilingue del quartiere e non a caso due sono i parroci: Paolo Rizzi per la comunità italiana e Robert Gamper per quella tedesca. «Siamo perfettamente d’accordo con l’indirizzo dato dal Vescovo ed è quello che, giorno per giorno, cerchiamo di trasmettere ai fedeli. Nei due gruppi linguistici, per la verità, la voglia di conoscersi e venirsi incontro è tangibile». Qualche distinguo sulla Chiesa come esempio di convivenza, però, lo fanno entrambi. «Siamo ancora lontani dalla perfezione poichè continuano ad esistere due diverse pastorali. Certo che stiamo progredendo sempre di più». Più secca, invece, la dichiarazione di Don Jimmi della Chiesa “Tre Santi”: «Il vescovo ripropone quello che stiamo facendo da anni. Qui le funzioni in entrambe le lingue sono la prassi e la comunità si sente unica, senza distinzioni di identità linguistiche».
 «Quello che dice il vescovo va bene - spiega don Olivo Ghizzo, parroco di Regina Pacis - soprattutto perchè traccia un orizzonte culturale che è esattamente quello su cui si deve muovere la chiesa altoatesina. L’insistenza nell’individuare una ricchezza nell’alterità e il disinnesco dei pericoli che si porta dietro il concetto di identità sono pratiche quotidiane che siamo chiamati ad affrontare. Golser, in tutto questo, è molto presente e mi ha stupito molto quando, in occasione della Festa dei Popoli, rimase da noi per tutto il giorno, senza limitarsi al compitino. Tutto questo, infatti, non vale solo per la dicotomia italiani-tedeschi, ma è allargabile anche nei confronti delle altre fedi. Dio è il padre di tutti: solo questo insegnamento dovrebbe bastare».
 Don Olivo, comunque, ha speso una vita in parrocchia e ha conosciuto bene anche Monsignor Egger: «Si tende molto a inserire Golser nella scia del suo predecessore. Tutto vero nella missione pastorale, ma come tecniche comunicative sono agli antipodi: Egger era un biblista eccellente, interpretava la cronaca con le scritture, Golser ha fatto studi morali e guarda più all’aspetto della coscienza comportamentale. Il primo era più teorico, il secondo più pratico». Un modo per avvicinare anche i giovani? «Può essere, anche se la sbandierata crisi di vocazioni può avere una lettura positiva: oggi abbiamo solo giovani sacerdoti completamente motivati e, uscendo da Bressanone, perfettamente bilingui».
 Chiude il vicario della diocesi, don Giuseppe Rizzi: «Il messaggio di Golser interpreta il desiderio più forte della nostra comunità. A volte questa convivenza diventa piacevole realtà, altre è solo un sogno. La Chiesa, in tutto questo, può giocare un ruolo centrale».

Alto Adige 11-2-10
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lunedì, 08 febbraio 2010


Più convivenza, tutti col vescovo



DAVIDE PASQUALI


BOLZANO. «Italiani e tedeschi, attenti a non dividervi». L’appello lanciato dal vescovo Karl Golser è stato accolto positivamente dalla società civile: sindacalisti, imprenditori, professionisti, artigiani sono completamente d’accordo: «Nel mondo economico la convivenza esiste già, non così in politica».
 Nell’intervista pubblicata ieri sulle colonne del nostro giornale, il vescovo Karl Golser ha lanciato un appello a favore della convivenza fra altoatesini di lingua italiana e tedesca. Ha chiesto in primo luogo di «considerare la presenza di altre lingue e culture come ricchezza e non come minaccia per la propria identità. Per farlo è necessario essere sicuri della propria identità». Golser ha parlato di italiani e tedeschi come dei «due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra». Due gruppi che oltre a convivere dovrebbero lavorare per riuscire a vivere in simbiosi, anche con le nuove culture, giunte a seguito dell’ondata immigratoria.
 «Sono assolutamente d’accordo con le parole del vescovo», dichiara il segretario provinciale della Cgil, Lorenzo Sola. «Sono necessari soprattutto passi avanti e passi indietro da parte della politica. Bisogna che si accantonino le forzature. C’è bisogno di lavorare concretamente, proprio come sta facendo il vescovo. Ovviamente Golser deve limitarsi agli appelli, a noi sta raccoglierli. Si deve costruire un’alternativa politica, che parta dalla base e si muova secondo logiche diverse. Non rimettiamo in campo l’ennesimo inutile partito degli italiani, impostando l’ennesima campagna elettorale sul monumento alla Vittoria. Pensiamo invece ad intese differenti, fra italiani, tedeschi, mistilingui e immigrati, unendoci sui temi sociali: scuola veramente bilingue, nuove povertà».
 D’accordo col vescovo è anche Enrico Valentinelli, ex presidente dell’Associazione industriali. «Un appello indispensabile in questo momento, con il recente tentativo per la doppia cittadinanza. Un’azione di disturbo che non facilita la convivenza. Non imponiamo nuove clausole. A livello imprenditoriale le barriere sono state rimosse da tempo, anche perché la contrapposizione non conviene. A livello della società civile, però, forse c’è bisogno di questo genere di richiami. Questo vescovo si sta impegnando su molti fronti, lavora concretamente. Un uomo coraggioso e innovativo». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Vittorio Repetto, vicepresidente del Collegio costruttori edili. «Il mondo economico è completamente aperto. Si è dovuto aprire anche in Alto Adige. Non solo all’Austria e all’Italia, ma verso l’intero mondo. Tutti dobbiamo cambiare mentalità, sempre di più».
 «Non si può che essere d’accordo con Golser», commenta invece Arrigo Simoni della Cna. «All’interno della nostra associazione la convivenza è realtà, non così nella politica. Probabilmente, ogni tanto, un appello del genere è necessario, e dovrebbe essere raccolto in primo luogo dai politici, spesso troppo lontani dal mondo reale».
 Il vescovo ha perfettamente ragione anche secondo l’avvocato Gerhard Brandstätter, presidente della Fondazione Cassa di risparmio: «La convivenza nella nostra terra è fondamentale, e in molte realtà esiste. Si pensi agli avvocati: siamo metà italiani, metà tedeschi. Le singole identità devono essere mantenute, ma la politica non deve esasperare le differenze. Per fortuna i tentativi di strappo sono da ascrivere solo ad alcuni, singoli politici. Ma noi dobbiamo lavorare comunque per limitare ancora di più le tensioni».

Alto Adige 8-2-10
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domenica, 07 febbraio 2010


L’appello del vescovo: italiani e tedeschi attenti a non dividervi




FRANCESCA GONZATO


BOLZANO. L’8 marzo il vescovo Karl Golser celebrerà il primo anno di insediamento (la nomina del Papa era avvenuta il 5 dicembre). E’ stato un vescovo assai presente da subito, con parole chiare sui temi più importanti, convivenza, valore dei simboli religiosi, capacità di accoglienza degli stranieri, che tornano in questa intervista.
 Golser è un teologo affermato nei temi legati alla bioetica e alla difesa dell’ambiente, tanto da dirigere l’Istituto per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. Hanno lasciato il segno alcune sue prese di posizione, come l’auspicio di un riconoscimento per le copie di fatto.
 Il suo curriculum, che ha intrecciato attività pastorale, incarichi di alto livello nella vita ecclesiastica e insegnamento di teologia, lo ha portato il 5 dicembre del 2008 a diventare il nuovo vescovo di Bolzano-Bressanone, nella difficile scelta per la successione a Wilhelm Egger, morto improvvisamente il 16 agosto. Conosciuto per la ricchezza delle sue riflessioni, Golser in questi primi mesi come vescovo sembra non avere modificato radicalmente impostazione, pur nella diversità del ruolo. Non ha fatto mancare parole nette sui temi della convivenza, sulla necessità di riscoprire i valori della fede nella vita quotidiana, di sapere accogliere chi arriva da altri Paesi. Sollecitazioni che possono emergere all’assemblea annuale di Assoimprenditori come a un incontro con gli stranieri.
 Così il vescovo in una intervista al nostro giornale.
E’ passato un anno dal suo insediamento: come descriverebbe la comunità altoatesina, se dovesse usare pochissime parole: preoccupata, felice, distratta, arrabbiata?
 «In parte distratta e concentrata sui propri problemi, ma ci sono tanti segni di speranza, se si pensa al volontariato così diffuso, ai tanti giovani che vogliono impegnarsi, che sono aperti alle grandi prospettive, direi che è una comunità in cammino».
 Anno hoferiano: lei e gli altri vescovi avete chiesto di farne una occasione di apertura, non di ulteriori divisioni. Ritiene che sia andata effettivamente così?
 «Naturalmente non posso permettermi un giudizio complessivo. Dai tanti contatti che ho avuto l’anno scorso, mi sono convinto che il nostro messaggio è stato accolto positivamente. In particolar modo quando abbiamo scritto che “bisogna prendere in considerazione la situazione globale del ventunesimo secolo con il faticoso sforzo dei popoli dell’Europa di unirsi gradualmente insieme e di abbattere le varie barriere. La collocazione della nostra regione ci chiama ad essere ancora più impegnati nella costruzione dell’unità europea a beneficio del mondo intero. Inoltre, non possiamo scordare l’avvento della globalizzazione economica, che è attraversata in questo periodo da una grave crisi che fa aumentare il divario tra i pochi che possono essere considerati ricchi e i molti che vivono in povertà, e questo a livello mondiale ma anche nei nostri paesi sviluppati. La politica è a servizio della giustizia sociale, della pace e della tutela dell’ambiente anche per le generazioni future”. Ed anche per quel che riguarda il problema dell’immigrazione, vorrei ricordare un passaggio della lettera dei quattro vescovi: “Il concetto di Heimat (patria) è molto importante, è collegato con la nostra identità e la nostra cultura ed entra nel profondo dei nostri sentimenti. Nel nostro mondo pluralistico questo concetto ha subito una trasformazione e assume un significato diverso a seconda delle epoche storiche e dell’età delle persone. Dobbiamo fare in modo che anche persone di lingua e cultura differenti possano sentirsi a casa in questa nostra terra e dobbiamo pure essere grati che essi desiderino impegnarsi per la nostra terra”. Proprio la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che ho potuto celebrare il 17 gennaio scorso nella parrocchia di Regina Pacis di Bolzano con una messa multilingue ed un successivo spettacolo al Teatro Cristallo, mi ha convinto che siamo sulla buona strada»
 La comunità italiana è sempre più concentrata a Bolzano e in pochi grandi centri: per i gruppi etnici più che di convivenza si dovrà parlare di percorsi di vita separati?
 
«Speriamo di no. Anche se è innegabile che c’è una distribuzione disuguale della popolazione che non facilita i contatti alla base, dobbiamo però anche considerare la grande mobilità e l’interconnessione attraverso i massmedia. Per questo non penso che si possa parlare di percorsi di vita separata. Se fosse così, ci priveremmo di una grande ricchezza, cioè di imparare gli uni dagli altri, di godere di questa grande opportunità di poterci agganciare a due culture. I due grandi gruppi etnici che convivono in Alto Adige sono come i due polmoni che danno forza e vita alla nostra terra».
 Lei ricorda spesso che la Chiesa altoatesina ha lavorato profondamente sulla convivenza. Quali sono i suoi indirizzi su questo tema?
 
«Ricordo con estrema gratitudine l’impegno dei miei predecessori Josef Gargitter e Wilhelm Egger. Il mio operato come vescovo si muove in continuità con loro, e questo lo indica già il mio motto episcopale “Cristo è la nostra pace”. Per considerare la presenza di altre lingue e culture come ricchezza e non come minaccia per la propria identità è necessario essere sicuri della propria identità. Così siamo in grado di dialogare con l’altro. Abbiamo ora in Alto Adige non soltanto il problema della convivenza dei tre gruppi etnici storici, ma sempre di più il confronto con culture non europee e con religioni differenti dal cristianesimo. Per questo occorre ancora più lavorare per crescere nella propria identità culturale e religiosa, per stabilire contatti esenti da paure. Naturalmente anche per coloro che sono immigrati è necessario conoscere e rispettare i nostri principi costituzionali ed imparare anche le lingue del territorio per facilitare l’integrazione».


Alto Adige 7-2-10

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martedì, 02 febbraio 2010

ritorna lo spielgruppe, il pre-asilo dell'Elki


Laives - Anche quest'anno torna lo "Spielgruppe" dell'Elki, rivolto ai bambini che l'anno prossimo frequenteranno la scuola materna. Lo Spielgruppe ha lo scopo di aiutare il bambino a staccarsi gradualmente dalla mamma; per abituarsi a iniziare la scuola materna. Un distacco soft, realizzato in modo ludico e solo per un paio d'ore alla settimana, quindi con un "impatto" decisamènte più leggero rispetto ai ritmi della scuola dell'infanzia.
Il progetto, rivolto a bambini di entrambi i gruppi linguistici, viene portato avanti da diversi anni e ha dato risultati molto positivi. Lo Spielgruppe si terra al giovedì dalle 9 alle 11.30.

Per informazioni e iscrizioni: 0471953166 o 347 7849136.

fonte:  Quì Bassa Atesina n.2 -28-1-2010
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lunedì, 01 febbraio 2010


«Chiude l’asilo in zona produttiva a Laives»




LAIVES. «La Casa Bimbo in zona produttiva a Laives chiuderà il 7 febbraio». A lanciare l’allarme è stato ieri Maurizio Albrigo della Cisl, che invita la Provincia a trovare una soluzione alternativa per non mettere in crisi diverse famiglie che si appoggiano al nido aziendale. «La cooperativa che gestisce la struttura - spiega Albrigo - ha comunicato di non riuscire a coprire i costi. In un primo tempo aveva assicurato di essere disposta ad andare avanti fino a fine febbraio sebbene la convenzione fosse scaduta a fine dicembre. Dispiace anche perchè si tratta della prima struttura di questo tipo in Alto Adige. Con 6 o 7 bambini ché con 6/7 bimbi, la cooperativa non è in grado di coprire le spese mensili».
 Per Albrigo la situazione è precipitata da quando è stata aperta una struttura dello stesso tipo a Vadena. «Alcune famiglie hanno lasciato Laives per iscrivere i loro figli a Vadena. La concorrenza ha nuociuto. Contavamo sull’interessamento dell’assessore Repetto, che aveva a cuore il problema, ma la situazione è precipitata negli ultimi giorni. La conseguenza di questo stato di cose è che sette mamme, dalla prossima settimana, non potranno andare al lavoro per accudire i loro figli. Spiace che altre aziende della zona produttiva di Laives, pur sollecitate da Assoimprenditori, abbiano dimostrato assoluto disinteresse per l’utilizzo della preziosa struttura». Per il servizio si pagano attualmente 7,50 euro l’ora, di cui 2,50 a carico del lavoratore, 2,50 a carico dell’azienda e 2,50 a carico della Provincia. «Il problema va risolto a brevissimo termine - sottolinea Albrigo - e con l’impegno di tutte le parti coinvolte. La Röchling ha assicurato piena disponibilità».

Alto Adige 1-2-10
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venerdì, 29 gennaio 2010



Il Pd chiede agli elettori di suggerire soluzioni per il futuro della città



BRUNO CANALI


LAIVES. Ascoltare le proposte e raccogliere le istanze dei cittadini: questo sarà l’open space day che il Pd ha organizzato per l’intera giornata di domani presso il Black Box, in zona Galizia. L’iniziativa (una novità nel suo genere per quanto riguarda il Pd) è stata presentata ieri a Bolzano dagli organizzatori, presente anche il segretario provinciale Antonio Frena. Una giornata nella quale chiunque potrà proporre idee e argomenti di discussione, che verranno raccolti e riassunti poi alla fine in una serie di punti che faranno da base per il programma amministrativo che il Pd locale predisporrà ad iniziare già dalla settimana successiva con un’ assemblea ristretta.
 «L’idea dell’open space day è nata dall’esperienza di vita e professionale sul territorio - ha spiegato Liliana Di Fede, assessore comunale alle politiche sociali - perché ogni volta che ci siamo confrontati direttamente con le persone, ci siamo resi conto che i cittadini sono i veri esperti della situazione. La manifestazione di sabato proporrà quindi un dialogo e un confronto, anche tra punti di vista molto diversi tra loro, e proprio per questo chiunque sarà il benvenuto, a prescindere dal credo politico».
 La parola chiave, risuonata anche durante al presentazione dell’open space day è “partecipazione”, che nella volontà degli organizzatori dovrà significare confronto con passione e senso di responsabilità, con la voglia di mettersi in gioco, che - ha sottolineato ancora Liliana Di Fede - «non significa fare chiacchiere da bar, bensì creare un ambiente utile per il dialogo e per trovare proposte da parte di tutti coloro che riterranno di avere qualccosa da dire».
 Antonio Frena a sua volta ha parlato di «radicamento sul territorio mediante iniziative di questo tipo, dove sono i cittadini stessi a creare le basi per il programma amministrativo comunale».
 Dino Gagliardini, coordinatore comunale del Pd, ha sottolineato come questo metodo di ascolto delle istanze della gente, «dovrà diventare un metodo da adottare rispetto a finte consultazioni, come quella delle lettere alle famiglie con i nomi di alcuni possibili candidati sindaci».
 Domani al Black Box, non saranno gli esponenti del Pd a portare proposte, bensì la gente, ed è questo che ci si aspetta dall’iniziativa. Così nessun accenno è stato fatto in sede di presentazione, a ciò che il partito conta di programmare per le prossime comunali, perché queste indicazioni faranno parte di una fase successiva.
 Ovviamente un accenno è stato fatto anche sul candidato sindaco e qui Frena ha solo dichiarato che per Giovanni Polonioli da parte del Pd non vi sono riserve, perché ha lavorato bene in questi anni. «Polonioli deve solo fare le ultime valutazioni personali - ha aggiunto Frena - e quindi illustrerà definitivamente la sua scelta».
 Domani il Black Box in zona Galizia aprirà i battenti già alle 8.30 per l’avvio dei lavori, che andranno avanti fino alle 17.30, con diversi intervalli. Per i bambini babysitting e intrattenimento.

Alto Adige 29-1-10
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venerdì, 29 gennaio 2010


Ospedale, 106 parcheggi a 50 cent


I posti auto erano stati cancellati a fine 2008 e da allora non erano mai cessate le proteste dei cittadini


 BOLZANO. La decisione è presa. Entro marzo torneranno davanti al San Maurizio i 106 posti auto a 0,50 centesimi l’ora che erano stati cancellati con l’apertura del megagarage interrato. L’altra sera in consiglio comunale, a margine dell’approvazione del Piano urbano di mobilità, è passato infatti un documento-voto di Paolo Bertolucci (Pdl) che punta a ripristinarli. L’assessore al traffico Klaus Ladinser conferma: «Avevamo troppe proteste, il Comune doveva dare una risposta concreta».
 Proteste furiose scattate pochi giorni dopo l’apertura del megagarage quando i cittadini - increduli - si erano visti appioppare multe da 74 euro, sottrarre tutti i parcheggi in superficie a 0,50 centesimi l’ora (sia quelli di via Böhler, davanti all’ospedale, che quelli di fronte alla Claudiana) e si erano visti pure costretti a pagare 1,20 euro all’ora.
 E oggi Ladinser, che era sceso in campo per bloccare le multe, dice che il Comune vuole fare la sua parte: «La tariffa è indubbiamente alta e credo che sia importante dare respiro ai cittadini ed offrire loro una valida alternativa».
 In parole povere chi vorrà pagare 1,20 euro l’ora dovrà scendere in garage ma tutti gli altri potranno comunque scegliere. L’unica perplessità è che l’annuncio resti carta straccia. «No, riprende Ladinser, l’intenzione è quella di andare avanti e come sapete quando dico una cosa la faccio. Il calendario prevede un incontro con le parti sociali e quindi un passaggio in commissione comunale. Penso che a marzo i posti potrebbero già tornare com’erano».
 Umberto Tait, direttore del San Maurizio, esprime tutta la sua soddisfazione: «Mi sembra che il Comune abbia fatto un passo importante e dato una risposta giusta alla città».
 Walther Andreaus direttore dei Consumatori che insieme a Cgil, Cisl, Uil, Asgb, Kvw e Nursing up, porta avanti una petizione che ha raccolto in pochi mesi 15 mila firme per chiedere a Durnwalder, Theiner e Spagnolli di abbassare il prezzo del park da 1,20 a 0,50 l’ora, tira un sospiro di sollievo: «Il Comune ha fatto bene a muoversi e sono felicissimo che abbia accolto una delle nostre istanze che chiedeva, appunto, il ripristino de parcheggi in superficie. Credo che i cittadini tra poco avranno libertà di scelta». Soddisfatto anche Toni Serafini (Uil) che da sempre si batte contro il caro-parcheggio dell’ospedale.
 Paolo Bertolucci parla di una decisione importante: «Il Comune non poteva tirarsi più indietro». E soddisfazione esprime anche Maria Teresa Tomada (Lega): «Mi auguro solo che questa non sia una promessa preelettorale».


I Consumatori: «Il maxigarage è troppo caro»


 BOLZANO. Il parcheggio nel maxigarage interrato continua a costare 1,20 euro all’ora e gli automobilisti continuano a parlare di «salasso vergognoso». Walther Andreaus - direttore del Centro consumatori - spiega che i cittadini continuano a ritenere la tariffa oraria troppo cara per un ospedale. La Provincia, che ha acquistato da poco la Hospital Parking, ha deciso di venire incontro almeno in parte a sindacati e consumatori. La tariffa piena per le soste che superano l’ora da alcuni giorni non scatta più immediatamente ma solo una volta superati i 30 minuti successivi.
 Dunque, chi sosta per un’ora e mezza paga 1,80 euro, e solo una volta superati i 90 minuti paga per la tariffa piena, pari a 2,4 euro, anche per la seconda ora.


Alto Adige 29-1-10
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mercoledì, 27 gennaio 2010


Giornata della Memoria i graffiti della libertà e una via per don Longhi




BOLZANO. Oggi, 27 gennaio, anniversario della liberazione del campo di Auschwitz, è intenso il programma in tutto l’Alto Adige per la «Giornata della memoria». Da segnalare innanzi tutto la performance di alcuni giovani artisti, specializzati in graffiti, che avrà luogo questa mattina a Bolzano. Nell’ambito della mostra collettiva di Street Art “Oltre il muro 1989-2009” dedicata alla caduta del Muro di Berlino dalla Galleria Civica, a partire dalle ore 9.30, in importanti luoghi del capoluogo, altrettanti artisti del graffito si cimenteranno “live” sul tema della libertà. Nel dettaglio: appuntamento in piazza Municipio con l’arte di “Kayone”, in Galleria Civica con “Senso”, in piazza Mazzini con “Flycat”, in piazza Vittoria con “Raptuz”, in piazza Matteotti con “Mambo”, in piazzetta Europa con “Sea creative”. Per quanto riguarda le commemorazioni ufficiali, Bolzano partecipa a questo anniversario con cerimonie in diversi punti della città. Oltre alla deposizione di corone in luoghi altamente simbolici, da segnalare alcuni appuntamenti particolarmente significativi: ore 10.00 intitolazione a Don Daniele Longhi (deportato nel Lager di Bolzano e protagonista di instancabile di attività di aiuto e solidarietà ai reclusi) del collegamento stradale tra via Rovigo e via Bergamo e quindi a seguire a “Passaggio della Memoria” della via che corre lungo il muro del Lager di via Resia; ore 11, deposizione di una corona al Muro del Lager, in memoria dei deportati, in via Resia 80; ore 11.30, deposizione di una corona al Monumento dedicato agli Ebrei, nel Cimitero Ebraico di Oltrisarco. Preghiera della Presidente della Comunità Ebraica; ore 12, deposizione di una corona al Monumento di Manlio Longon presso il Cimitero. Un invito a partecipare alle iniziative arriva anche dai partiti. Per il consigliere provinciale del Pdl Urzì “questa data rinnova l’impegno a difendere la conquista della libertà come bene irrinunciabile”. Per il segretario dei Ds Frena «ricordare non è solo un dovere civile, ma anche un impegno concreto». Per il presidente della Provincia Durnwalder «aiuta i giovani a scindere il bene dal male». Di seguito le altre iniziative in Alto Adige.

Alto Adige 27-1-10
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mercoledì, 27 gennaio 2010


L’Asl: fate il testamento biologico



Invito agli altoatesini a lasciare indicazioni scritte sul trattamento di fine vita

VALERIA FRANGIPANE

BOLZANO. Scegliere come chiudere la vita quando non ci sono più speranze è una questione di civiltà.
 «Si parla di vita, mai di morte perché fa paura - dice l’assessore alla sanità Richard Theiner - ma poi succede che in più del 95% dei casi chi muore in ospedale in Alto Adige non lasci nulla di scritto e nessuna disposizione sul trattamento che avrebbe desiderato avere alla fine della vita». Con i medici che restano soli a decidere.
 L’assessore apre con queste parole un’audizione in consiglio provinciale e sottolinea l’assoluta necessità di stilare una “dichiarazione anticipata” sulla volontà di trattamento, in parole povere un testamento biologico.
 «Attenzione però - precisa - perché non possiamo disciplinare il settore a livello provinciale, visto che rientra nelle competenze dello Stato, ma credo che l’Alto Adige possa aspirare ad un ruolo esemplare ed elaborare tra i primi in Italia ed Europa con l’aiuto del Comitato etico un piano preventivo per l’assistenza al paziente in fase terminale stilando appunto delle “direttive anticipate”».
 Ma cosa sono queste “direttive anticipate”? Di fatto raccolgono le disposizioni di una persona sulla sua volontà di sottoporsi o non sottoporsi a determinati trattamenti sanitari in caso di malattia grave o terminale, coma vegetativo o quando non sia più in grado di intendere e volere. Diciamo che sottoscrivendole si forniscono utili indicazioni ai familiari e ai medici su come si desidera essere trattati in questi casi. Per gli addetti ai lavori sono importanti poiché consentono di adeguare le cure sanitarie future alle volontà del malato, riducono il rischio di trattamenti in difetto o in eccesso, riducono il peso emotivo delle decisioni per i familiari e possono prevenire conflitti tra familiari e medici. «Noi - riprende Theiner - vogliamo fare informazione, offrire consulenza e formare il personale. I pazienti devono poterci riflettere, discutere ma alla fine devono poter scegliere». Per questo è in fase di preparazione un libretto esplicativo che verrà consegnato agli altoatesini che conterrà anche un foglio da compilare su cui annotare le proprie decisioni. Per Massimo Bernardo, geriatra, fondatore e responsabile delle Cure palliative del San Maurizio è necessaria una dichiarazione che sia espressione dell’autonomia della persona. Oswald Mayr, direttore sanitario dell’Asl unica, spiega che oggi a fare paura non è il prolungamento della vita, ma quello della morte: «Credo che sia nell’interesse di tutti garantire dignità ed autonomia ai pazienti che sono arrivati alla fine della vita. In molti ce lo chiedono». Una questione, appunto, di civiltà.

Alto Adige 27-1-10
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martedì, 26 gennaio 2010


Una piazza virtuale dentro il Municipio per non dimenticare




ALAN CONTI


 BOLZANO. Per ora si tratta di una piazza virtuale, ma a breve potrebbe diventare un reale patrimonio dell’odonomastica cittadina. Inaugurata ieri, in occasione della prima giornata della Settimana della Memoria, la piazzetta della Memoria che altro non è che il foyer del municipio trasformato, per l’occasione, in un allestimento per i reperti sul lager cittadino dell’Archivio storico e alcuni disegni realizzati dagli studenti. Tutta la cerimonia inaugurale, infatti, ha rappresentato un ipotetico ponte tra il dovere di non dimenticare quanto successo e la necessità di coniugare questa coscienza con la realtà che ci circonda. Ecco quindi che in vicolo Gumer sono arrivate le delegazioni di alcune scuole cittadine per assistere all’inizio ufficiale di questo percorso e conoscere i rappresentanti delle associazioni che raggruppano chi fu colpito dalle leggi razziali.
 Cerimoniere è stato l’assessore comunale alla cultura, Primo Schönsberg, che ha gettato il primo ponte storico: «Non dobbiamo mai dimenticare che anche l’Italia ha avuto un ruolo in quanto accaduto: le leggi razziali vennero promulgate pure qui e diventa fondamentale, quindi, ricordare ai giovani questo triste passato e contestualizzarlo al meglio».
 Il sindaco Luigi Spagnolli si rivolge direttamente agli studenti: «Studiate la storia perché la memoria della collettività è importante e tutti sono tenuti a conoscerla».
 Dalla piazzetta in municipio, dunque, partono i primi messaggi dell’iniziativa, ma la voglia di intitolare ufficialmente uno spazio alla Memoria è tangibile. «E’ possibile - rivela Schönsberg - che si possa trovare un luogo, magari vicino al muro del lager, da dedicare esclusivamente alla commemorazione di questo tragico passato».
 Presente alla cerimonia anche l’assessore di Laives, Renzo Gerolimon: «Siamo contenti di aver avviato una sinergia così stretta tra i due Comuni. Ogni iniziativa che possa ampliare il significato di queste celebrazioni va salutata con gioia».
 Dopo lo svelamento della targa, comincia un piccolo concerto di musica zingara. Sottofondo perfetto per le dichiarazioni di Radames Gabrielli, presidente dell’associazione Nevo Drom: «Lo sterminio di sinti e rom è stato orribile e noi abbiamo il dovere di ricordarlo».
 Poco più in là una bambina si fa pitturare la faccia (foto in alto a destra) dall’artista bolzanina Celestina Avanzini, impegnata in un progetto di coinvolgimento dei giovani. «I ragazzi capiscono la dimensione di questo orrore - spiega il dirigente della scuola Dante, Giulio Clamer - e noi, fin dalle medie, cerchiamo di stimolare la loro riflessione portandoli ai campi di concentramento e costruendo percorsi appositi. Sappiamo che la scuola, nella prevenzione, gioca un ruolo determinante».
 Proprio la scuola, con famiglia e società, è chiamata in causa dalla presidente della comunità ebraica di Merano, Elisabetta Rossi Innerhofer, e dall’officiante, Simeone Bordon Chazan: «Le derive revisioniste ci spaventano e ci spingono a domandarci dove dobbiamo migliorare per essere più incisivi. Cerchiamo sempre di essere una comunità aperta al dialogo e di tramandare i racconti terribili che hanno vissuto le nostre famiglie. In tutto questo, però, abbiamo bisogno della mano della scuola e dei genitori, gli unici in grado di cogliere in tempo i segnali allarmanti di questa deriva».


Alto Adige 26-1-10
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martedì, 26 gennaio 2010


È in arrivo il nuovo redditometro I sindacati: lo chiediamo da anni



ANTONELLA MATTIOLI


BOLZANO. «La crisi non è ancora finita», ha ripetuto anche ieri il presidente della Provincia Luis Durnwalder. Per questo la giunta ha deciso di muoversi su due fronti: richiesta a Roma di proroga di un anno degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e mobilità) in deroga e riduzione delle tariffe di alcuni servizi pubblici, come energia, acqua, immondizie, per determinate categorie tra cui gli anziani. In entrambi i casi si tratta di richieste dei sindacati.
 L’idea di fondo però è quella di concedere sconti e agevolazioni sulla base delle reali capacità economiche del richiedente. Per questo si sta lavorando alla messa a punto del redditometro, ovvero di uno strumento che valuti reddito, patrimonio immobiliare (prima casa esclusa), eventuali partecipazioni in società, depositi bancari e tutto quanto contribuisca a creare ricchezza. «Il redditometro - spiega il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini - è uno strumento che punta a garantire l’equità. Fa parte delle richieste del patto di coalizione. È uno strumento complesso che si sta mettendo a punto, ma ormai siamo in dirittura d’arrivo». Soddisfatto il segretario della Uil Toni Serafini: «Sono anni che chiediamo il redditometro, per avere finalmente un quadro reale della capacità economica dei singoli e sulla base di questo intervenire. A livello nazionale è stato introdotto nel 2001 e si chiama Isee, ma da tempo si discute sulla necessità di apportarvi dei correttivi. Decisamente migliore quello introdotto a Trento».
 Il redditometro viene chiesto ormai da anni, se non è ancora stato introdotto è anche perché avrà un effetto rivoluzionario in una provincia dove ci sono molti contadini e albergatori che, spesso e volentieri, risultano avere redditi molto bassi. «Basti dire che - ricorda Serafini - alcuni anni fa da un’indagine Astat era emerso che la valle più povera era la Val Gardena. Viene da ridere solo a pensarci. Per questo l’introduzione del redditometro avrà un effetto rivoluzionario». Al lavoro da mesi sulla messa a punto del nuovo strumento c’è Karl Tragust, capo della ripartizione politiche sociali della Provincia.
 Per valutare la reale capacità economica del cittadino cosa si prenderà in considerazione? «Oltre al reddito, il patrimonio immobiliare esclusa la prima casa, depositi bancari, eventuali partecipazioni in società. Ma già oggi in linea di massima per la concessione delle agevolazioni non si guarda solo il reddito, ma viene preso in considerazione anche il patrimonio immobiliare. Le novità sono altre». Quali? «Verranno uniformati i criteri di valutazione di reddito e patrimonio. Oggi variano a seconda che ci si rivolga all’Ipes, all’assistenza sociale, alla sanità. Inoltre ci sarà una semplificazione della burocrazia, in quanto si vuole creare una banca dati. In questo modo il cittadino presenterà tutta la documentazione una sola volta. Mentre adesso ogni volta che si chiede un contributo, un’agevolazione, un alloggio sociale bisogna presentare una montagna di carte».
 I tempi. Tragust ha fretta di rendere operativo il nuovo sistema: «Entro fine mese le consultazioni con le parti sociali, a fine marzo i regolamenti. Poi messa a punto della banca informatica. Il redditometro realisticamente potrebbe entrare in vigore entro il prossimo anno. Verrà applicato prima a servizi sociali e sanità, poi ad assistenza scolastica ed edilizia sociale». In attesa dell’entrata in vigore del nuovo sistema, i Comuni potrebbero concedere fin da ora agevolazioni agli anziani: «Prevedendo - ha detto Durnwalder - categorie differenziate per le tariffe di acqua e rifiuti, purché il minor introito non venga fatto pesare su altre categorie».


Alto Adige 26-1-10
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sabato, 23 gennaio 2010



Giornata della Memoria 2010: il progetto di Piero Cavagna e Matteo Rensi SHORT MEMORY MESSAGE 



http://www.giornalesentire.it/2010/gennaio/1628/aushwitzigiovanilamemoria.html


Il Papa ha visitato la comunità ebraica e mette fine alle polemiche di un anno fa. Lottare contro il razzismo e meditare la tragedia della Shoah significa anche rifiutare che degli immigrati vengano caricati su un autobus per essere concentrati in posti "altri" per non dare fastidio a un paese come accaduto a Rosarno. Se l'italiano come lingua ha ancora un senso questa azione va - nel nostro vocabolario - sotto il nome di deportazione: vale a dire de-portazione, cioè l'azione di chi porta "da"  "a". La Shoah serva in questo 2010 anche agli italiani, a meditare sui razzismi striscianti che pervadono il nostro paese
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sabato, 23 gennaio 2010


Bolzano
Kulturpass 2009-2011



Iniziativa in favore del volontariato


Scopo di quest'iniziativa, curata dalla Ripartizione Cultura italiana in collaborazione con la Ripartizione Cultura tedesca della Provincia autonoma di Bolzano, è premiare l'attività dei numerosi volontari che operano nel settore culturale ed educativo, motivandoli a proseguire nel loro impegno e, nel contempo, convincere anche altri ad unirsi in questa preziosa collaborazione nel mondo dell'associazionismo culturale. Le associazioni partner indicate nella tessera Kulturpass concedono una riduzione del 50% sul prezzo del biglietto di ingresso a singole manifestazioni culturali.
Chi può utilizzare il Kulturpass?
La tessera Kulturpass, di durata biennale, può essere utilizzata dai collaboratori volontari dell’associazione, esclusi i collaboratori regolarmente retribuiti.
Come si usa la tessera?
La tessera può essere utilizzata da una sola persona per ogni spettacolo. La riduzione non è praticata per abbonamenti, visite guidate e non è cumulativa con altri tipi di sconto (es. anziani, bambini, studenti, famiglie, gruppi, ecc.).
Prenotazione biglietti
All’atto della prenotazione è necessario comunicare il numero della tessera Kulturpass. In particolari casi i posti a riduzione possono essere limitati (vedesi nota accanto all’indicazione dell’associazione partner).
Il rappresentante legale dell’associazione è responsabile del corretto utilizzo della tessera da parte dei collaboratori volontari.
In caso di illecito utilizzo, le associazioni partner sono autorizzate a ritirare la tessera e a restituirla alla Ripartizione Cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano.
In caso di smarrimento, la tessera non viene restituita.
Validità della tessera Kulturpass
La tessera Kulturpass è valida due anni dal 1 settembre 2009 al 31 agosto 2011.
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Ripartizione “Cultura italiana” della Provincia autonoma di Bolzano, via del Ronco 2, 39100 Bolzano – tel. 0471 / 41 12 02 – fax 0471 / 41 12 09
E-Mail: aldo.boninsegna@provincia.bz.it   

I Partner li potrai trovare nel link:- www.provincia.bz.it/cultura

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sabato, 23 gennaio 2010


Rifondazione: «Asporto rifiuti, stop all’Iva»




 LAIVES. Rimborsare ai cittadini l’Iva (10%) pagata per il servizio di asporto rifiuti. È quanto chiede con una mozione il consigliere Rosario Grasso (Prc) citando una sentenza della Corte costituzionale che equiparerebbe la tariffa rifiuti a un tributo. «Non vi è nessuna legge che assoggetti il pagamento del servizio asporto rifiuti all’Iva - spiega Grasso - e anche le norme europee collocano questa tariffa fra quei diritti, canoni e contributi percepiti dagli enti pubblici per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità».
 Grasso ribadisce perciò che, a suo giudizio, sarebbe stabilita la non applicabilità dell’Iva sulla tariffa rifiuti e che perciò quella richiesta sarebbe del tutto illegittima e corrisposta dai contribuenti anche se non dovuta. «Le associazioni dei consumatori si sono attivate per informare i cittadini - continua Grasso - in particolare sulla possibilità di richiedere il rimborso dell’Iva pagata negli ultimi 10 anni e relativi interessi. Molti cittadini si appresterebbero a farlo, sostenuti dalle associazioni e quindi il Comune dovrebbe provvedere senza indugio ai rimborsi, ad esempio scalandoli dalle prossime bollette». (b.c.)


Alto Adige 23-1-10


MOZIONE


Oggetto: Rimborsi IVA 10% sulla tassa rifiuti

Premesso che
  1. la Corte Costituzionale con sentenza n. 238/2009 ha stabilito, che la tariffa rifiuti è da considerasi un tributo a tutti gli effetti;
  2. non vi è nessuna legge che assoggetti i pagamenti del servizio smaltimento rifiuti all’IVA;
  3. anche le norme europee collocano questa tariffa fra quei “diritti, canoni e contributi percepiti dagli enti pubblici per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità” (direttiva n. 2006/112/EG, confermata con sentenza della Corte di giustizia CE nella causa C-288/07);
  4. è stabilita inequivocabilmente l’inapplicabilità dell’IVA a questa tassa o tariffa;
  5. ne consegue che l’IVA addebitata nel corso degli anni è illegittima ed è stata pertanto corrisposta anche se non dovuta.
Tenuto inoltre conto che
  1. le associazioni dei consumatori si sono fatte parte attiva nell’informare i cittadini e le amministrazioni della nuova situazione venutasi a creare e del diritto dei cittadini a vedersi restituita l’IVA non dovuta negli ultimi dieci anni compresi gli interessi legali maturati dall’emissione delle fatture;
  2. molti cittadini, sostenuti dalle loro associazioni, si apprestano a richiedere entro il 24 luglio 2011 quanto legittimamente dovuto;
  3. appare inutile costringere i cittadini a richiedere individualmente la restituzione di quanto indebitamente versato anche perché proprio tra le categorie più deboli molti potrebbero non far ricorso all’opportunità aperta dalla sentenza della Corte Costituzionale;
  4. molte amministrazioni si sono attivate per restituire automaticamente gli importi non dovuti scalandoli, ad esempio, dalle successive bollette,
il Consiglio comunale impegna la Giunta
  1. ad informare tutti i cittadini con articoli sulla stampa locale, sul bollettino comunale e sul periodico “Qui Bassa Atesina” del loro diritto a vedersi restituite le somme indebitamente versate;
  2. a predisporre in tempi rapidi le modalità di restituzione automatica delle somme non dovute concordandole eventualmente con Seab per il periodo in cui  il servizio gli è stato affidato;
  3. a dare disposizioni affinchè da subito nelle fatture non venga più conteggiata l’IVA.  
                                                                       Il Consigliere comunale
                                                                       Rosario Grasso

Laives, li  20 gennaio 2010

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venerdì, 22 gennaio 2010


Altoatesini vittime della Rete. Vacanze, lavoro e auto: i rischi sono ovunque




GIANFRANCO PICCOLI


 BOLZANO. Le uniche cose vere che troverete nelle storie che vi stiamo per raccontare sono i soldi spillati alle vittime. Il resto è falso. O meglio, virtuale. Sono centinaia gli altoatesini che nel 2009 hanno segnalato al Centro europeo consumatori truffe on-line.
 Il videoregistratore con il mattone o il gioco delle tre carte, trucchetti per abbindolare passati alla storia, impallidiscono di fronte alle tecniche che i truffatori della rete hanno affinato.
 Ogni giorno al Centro europeo consumatori di via Brennero - spiega Barbara Klotzner, una delle consulenti - arrivano 20 segnalazioni o richieste di informazioni. 4.405 interventi nel 2009, centinaia legati a truffe on-line.
 In alcuni casi di mezzo c’è un’ingenuità imbarazzante, altre volte le trappole hanno meccanismi così sofisticati da mettere in difficoltà anche i più maliziosi. Le truffe on-line hanno un denominatore comune: le cifre spillate sono modeste. E il motivo è semplice: pochi soldi, pochi sospetti. Ma ad interessare i truffatori non sono solo i soldi. La rete pullula di ladri d’identità: mai inviare copia dei propri documenti. Presentare una denuncia alla polizia postale è opportuno, anche se le indagini sono molto complesse, poiché i raggiri di norma partono dall’estero e c’è la necessità di una rogatoria internazionale.
 Ecco, dunque, alcuni esempi di truffe on-line.
 Vacanze fantasma. Due i casi nel 2009. Altoatesini che, prima via Internet, e poi con conferma telefonica, hanno affittato (con pagamento anticipato) un appartamento a Parigi e a Londra. Quando si sono presentati agli indirizzi indicati, hanno trovato i proprietari degli appartamenti, più stupiti dei turisti: «Mai affittato casa mia», hanno detto per poi chiudere la porta in faccia ai malcapitati.
 Au-pair a Liverpool. Voleva imparare l’inglese, offrendosi come ragazza au-pair. Un’esperienza che accomuna migliaia di ragazze italiane. E’ andata sul sito www.findaupair.com e la giovane, appena maggiorenne, è stata contattata telefonicamente da una famiglia di Liverpool. Sembrava tutto ok: orari, alloggio, riposi e stipendio. Poi la prima richiesta: 420 euro per le pratiche migratorie. Peccato che con il trattato di Schengen da anni le frontiere sono aperte a tutti i cittadini Ue. Successivamente la «famiglia» le ha chiesto altri 557 euro (versati) per l’iscrizione alla fantomatica British Labour Association. Per la pratica ha dovuto inviare tutti i dati personali, foto compresa. Ad una terza richiesta di denaro dalla «dogana» inglese, la ragazza si è finalmente accorta che qualcosa non andava.
 Lotteria spagnola. Impazza in questi mesi e ogni giorno al Cec arrivano fino a cinque segnalazioni. Via mail o nella cassetta delle lettere trovate la comunicazione - in tedesco o inglese - che avete vinto un milione di euro. Senza aver neppure partecipato. Chiamate il numero stampato e vi risponde una persona gentilissima, che dopo avervi fatto i complimenti vuole 500 euro per il notaio. Poi altri 1.500 per il pagamento delle imposte. Una bufala colossale: «Ma spesso - dicono al Cec - è difficile farlo capire, soprattutto agli stranieri».


Alto Adige 22-1-10

Vendere l’auto in Internet, attenti ai ladri d’identità


BOLZANO. Autoscout è il più importante sito europeo per la compravendita di automobile. E’ lo stesso sito ad avvertire di avere la massima prudenza, ma i rischi ci sono, comunque, per chi compra e per chi vende, soprattutto se una delle controparti vive (anche virtualmente) all’estero.
 Un caso classico: ricevete per la vostra automobile un assegno con un importo superiore a quel pattuito. Un errore, si potrebbe pensare. L’acquirente vi chiede con cortesia di restituirgli la differenza (in genere un migliaio di euro), cosa che farete. Un paio di settimane più tardi la vostra banca vi avviserà che l’assegno ricevuto è scoperto. Quello che avete spedito voi per «restituire» la differenza era ovviamente buono.
 Attenti anche ai ladri di identità: i truffatori vi inviano una copia della loro carta d’identità («Per dimostrare la mia buona fede», scrivono) e chiedono copia scannerizzata della vostra: se la mandate, sono guai. Non di rado le false identità utilizzate dai truffatori sono segnalate in alcuni blog: fate sempre una verifica digitando il nome in un motore di ricerca.

Alto Adige 22-1-10


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giovedì, 21 gennaio 2010


«Bisogna accettare di scontrarsi con i propri figli»





MICHELA PERINI


Il tema dell’identità sarà al centro dell’incontro organizzato dal «Centro il Germoglio» stasera alle ore 20.30 presso l’aula magna della scuola Heinrich Kunter, in via Guncina 1 a Bolzano. Relatore della terza lezione del progetto «Genitori in forma(zione)» sarà lo psicologo Dario Ianes. Laureato in psicologia e specializzato nell’approccio cognitivo-comportamentale Dario Ianes è professionalmente interessato al comportamento delle disabilità intellettive nei contesti scolastici ed extrascolastici. Attualmente insegna Pedagogia speciale 2, Didattica speciale 1 e 2 e Handicap Uditivo alla Lub All’incontro organizzato dal Germoglio Dario Ianes sarà accompagnato dalla ricercatrice Heidrun Demo. Alla lezione potranno partecipare i soli iscritti. Per partecipare alla Scuola Genitori è necessario iscriversi presso la Segreteria del Germoglio 0471-061400.
Chi sono io? Educare i figli all’identità» ci può spiegare meglio?
 «L’identità è una dimensione psicologica base che risponde alla domanda io chi sono? Questa domanda, di tipo esistenziale, sarà al centro della lezione. Uno degli aspetti che caratterizza l’identità è l’autonomia. L’identità deve essere staccata e diversa da quella dei genitori. In passato i genitori plasmavano l’identità dei figli, i quali seguivano inevitabilmente le tracce dei genitori. Lo spazio per lo sviluppo di un’identità autonoma era soffocato e minimo. Adesso, invece, la società è molto più fluida ed è possibile sviluppare un’identità più autonoma».
Com’è cambiato nel tempo il compito del genitore a riguardo?
 «Nella società attuale le certezze sono meno e il genitore ha un compito più difficile. Deve essere in grado di fornire al figlio gli strumenti di giudizio, di valutazione e critici, per fare la propria scelta esistenziale. Non è facile: molti figli adulti restano in casa proprio perchè sono in crisi d’identità; se avessero un’identità forte negherebbero il ruolo di figlio per affermarsi autonomamente nella vita».
Un genitore deve accompagnare il figlio nelle scelte o lasciare completa libertà? «Certamente uno dei ruoli del genitore è quello accompagnare le scelte di autonomia del figlio. Nelle scelte i genitori dovrebbero assumere un atteggiamento che valorizzi l’identità del figlio. È inoltre importante accettare lo scontro. Il figlio talvolta deve opporsi per costruire la propria identità».
Se un bambino sviluppa un’identità fragile quali problemi può avere?
 «Un’identità particolarmente fragile è esposta al rischio di invasione da parte di altri. Se non si sviluppa una forte identità gli altri la riempiranno».
Quali consigli può dare ai genitori?
 «Importante è coltivare il passato, perchè noi siamo anche quello che siamo stati. Il genitore dovrebbe sempre ricordare le cose ai figli, fare memoria di ciò che è passato. Coltivare anche il futuro, perchè noi siamo quello che vorremo essere, i nostri progetti, i nostri obiettivi. E poi, certamente, essere attenti alle responsabilità del presente, far assumere ai propri figli responsabilità».

Alto Adige 21-1-10
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mercoledì, 20 gennaio 2010


Salute, anziani e famiglia: confronto con la città


 LAIVES. Nell’ambito del progetto “Distretti in cammino”, torna lunedì 25 gennaio l’assemblea dei cittadini, alle 19.30 in aula magna, e sarà anche un’occasione speciale perché coinciderà con i 10 anni di vita del progetto stesso. Sarà quindi un appuntamento dove verrà tracciato il bilancio relativo al lavoro svolto in questo decennio dai tanti volontari che danno vita ai gruppi di lavoro tematici, gruppi che si occupano di anziani, volontariato, salute, diversamente abili, multiculturalità, famiglia e minori.
 L’obiettivo generale del progetto lanciato dieci anni orsono è sempre stato quello di migliorare la qualità di vita dei cittadini, promuovendo la collaborazione tra le risorse del territorio attraverso l’analisi delle esigenze e la progettazione di adeguati interventi. In questi anni, iniziative in tal senso ce ne sono state tantissime, sia per i giovani che per gli anziani, oltre che per le categorie più svantaggiate. Quanto ai gruppi di lavoro, composti da decine di volontari, hanno svolto e svolgono, il prezioso ruolo di “ascolto” dei bisogni espressi dalla collettività per poi elaborare interventi concreti tramite il supporto delle strutture del Distretto che ha sede in via Innerhofer e dipende dalla Comunità di Valle Oltradige Bassa Atesina.
 Per quanto riguarderà l’assemblea dei cittadini, oltre alle tradizionali relazioni da parte di ognuno dei rappresentanti dei gruppi di lavoro, è in programma una proiezione sulla realtà delle donne migranti a cura di Valeria Vanni (mediatrice culturale a Laives) ed Elisa Paone. Il testo teatrale racconta le esperienze e le aspettative di queste donne ed è un richiamo anche alla memoria dell’emigrazione italiana, spesso dimenticata.
 Una riflessione sul futuro invece la proporrà Matteo Robiglio, vicepresidente di “Avventura urbana” a Torino ed esperto di progettazione partecipata e gestione creativa delle politiche pubbliche. Con lui si parlerà di rilancio in proiezione futura dell’attività. La parte musicale della serata sarà affidata al gruppo “Bakiba” e l’assemblea ovviamente sarà aperta anche ad eventuali contributi che vorrà dare il pubblico al dibattito in sala. (b.c.)

Alto Adige 20-1-10
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lunedì, 18 gennaio 2010


Il vescovo: più aiuti agli immigrati



Golser sprona politica e società. La Cgil: afghani al freddo, inaccettabile

ANTONELLA MATTIOLI


BOLZANO. «Ero forestiero e mi avete ospitato». In occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, celebrata ieri in una chiesa di Regina Pacis gremita di famiglie immigrate di fede cattolica (assenti le badanti ucraine che festeggiavano una propria ricorrenza, ndr), il vescovo Karl Golser cita il passaggio del Vangelo e lancia un appello alla società altoatesina: «Non abbiate paura dello straniero, ma favoritene l’integrazione». Intanto esplode la polemica sul dramma dei giovani rifugiati afghani, costretti a dormire nei cartoni sistemati sulla scala di sicurezza dello stadio Druso, perché nei dormitori non c’è posto. Sulla sconcertante vicenda prende posizione il segretario provinciale della Cgil Lorenzo Sola: «Trovo estremamente grave che in una realtà quale quell’altoatesina, e di Bolzano in particolare, si lascino spazi di totale abbandono e miseria». Il sindacalista attacca la Provincia: «La politica locale ha il dovere di intervenire e porre rimedio in termini logistici alla situazione di precarietà di questi giovani. In un simile contesto ritengo inadeguata la politica della Provincia che per ridurre le spese sociali, ha ridotto le prestazioni per i lavoratori extracomunitari (vedi sussidi casa e graduatorie separate per gli alloggi Ipes). In questa direzione il problema non si risolve ma si aggrava». L’assessore comunale Luigi Gallo, a Regina Pacis assieme all’onorevole Luisa Gnecchi e al vicepresidente della Provincia Christian Tommasini, ammette: «Non capisco come non si sia riusciti a trovare posto nei dormitori per i giovani afghani. È una situazione inaccettabile, che va risolta».
 È ciò che si augura il vescovo Golser che spera che “la drammatica vicenda rappresenti un’eccezione: è importante che i giornali ne parlino, serve a scuotere le coscienze”. «La società altoatesina - dice - è accogliente. La Provincia fa abbastanza? Rispetto ad altre Regioni soprattutto del sud credo faccia parecchio».
 Da più parti però in questi mesi si sono levate dure critiche contro il giro di vite della Provincia sui sussidi casa per immigrati e le graduatorie separate per alloggi Ipes. Il vescovo lo definisce un “compromesso”: «Le risorse calano e chi governa deve fare i conti con gli attacchi che arrivano dai partiti di destra e di chi strumentalizza politicamente la paura dello straniero e del diverso in genere». Una paura che non ha motivo di esistere assicura Paola Vismara, referente per gli immigrati della Diocesi che ieri ha coordinato i diversi momenti della celebrazione nella chiesa di Regina Pacis. Ai fedeli di origine polacca, brasiliana, ghanese, rumena, colombiana, albanese che riempiono la chiesa, indica il disegno di un grande albero con le foglie verdi che troneggia vicino all’altare: «In natura dopo l’inverno arriva sempre la primavera. Così è la società: dopo periodi di stanchezza e di morte arriva qualcosa che la rinvigorisce. L’immigrazione può essere la nuova linfa». Il vescovo non nasconde però le difficoltà che l’integrazione crea: «Il fenomeno dell’immigrazione pone le comunità nazionali davanti a sfide drammatiche, ma non bisogna dimenticare che il migrante - come ha ricordato più volte anche in questi giorni il Papa - è una persona e come tale portatore di diritti inalienabili».
 Se l’appello per la comunità locale è all’accoglienza dell’immigrato; per lo straniero l’invito di monsignor Golser è ad integrarsi: «Devono fare proprie le tradizioni del nostro Paese e rispettare le leggi che lo regolano. Per i bambini è tutto più facile».
 I bambini sono i protagonisti della celebrazione: monsignor Golser li invita tutti sull’altare a recitare il Padre nostro. Si mettono in cerchio e in mano stringono le bandiere double-face: da una parte il tricolore dall’altra i colori del Paese d’origine. Simbolo, almeno a livello visivo, dell’avvenuta integrazione.

Alto adig 18-1-10
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sabato, 16 gennaio 2010


Premiati i disegni-slogan che invitano a eliminare gli ostacoli per i disabili




ALESSIO POMPANIN


BOLZANO. Il design al servizio di chi, solitamente, viene trascurato, quando non dimenticato, nonostante sia abile, eccome, solo con la qualifica “diversamente”, che di fatto lo pregiudica. Il design e la creatività come molle per far scattare il pensiero, il ragionamento, la sensibilità. Il design, ed ecco l’obiettivo, per realizzare cartoline che facciano capire come il concetto stesso di design sia per tutti, senza limiti e barriere, e come tale sia un esempio per tutto lo scibile e per tutte le situazioni quotidiane, che non devono creare barriere. Questo è il succo del concorso denominato “Postcards for all”, ovvero cartoline per tutti, concorso giunto ieri alla premiazione e organizzato da Si-Mo Sicurezza & Mobilità, il centro di consulenza e documentazione sull’eliminazione delle barriere architettoniche e consulenza abitativa per anziani operativo in Alto Adige. La “chiamata” al concorso era riservata agli studenti iscritti e ai laureati alla facoltà di design e arti della Lub, l’università di Bolzano, che, se s’iscrivevano, dovevano realizzare il disegno per una cartolina postale che possa essere uno spunto di riflessione sul senso del concetto “design for all” per un pubblico più ampio. Le proposte andavano consegnate alla sede di Si-Mo entro il 7 gennaio e sono poi state analizzate da una commissione giudicatrice composta da Hanspeter Demetz (architetto indipendete e artista, vignettista del settimanale “FF”), Luciana Fiocca (direttrice dell’Ufficio per persone con disabilità e invalidi civili della Ripartizione provinciale per famiglia e politiche sociali) e Stefan Hofer (presidente di Si-Mo e della Fpas - Federazione provinciale delle associazioni sociali). L’esito finale del giudizio è stato questo: Maximilian Winkel, Verena Fischnaller e Marijan Burger sono i tre vincitori del concorso, che ieri sono stati premiati, presentati da Luciana Fiocca nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella sala riunioni della facoltà di design e arti.
 Maximilian Winkel si è aggiudicato il primo premio, un Notebook HP Compaq 610, con una cartolina con la scritta “design” in braille; la sua proposta ha convinto subito la giuria perchè, oltre ad avere un forte valore estetico, si rivolge direttamente a chi altrimenti non avrebbe la possibilità di fruire di questo messaggio. Il secondo premio, un Netbook HP Compaq Mini 110c-1020SL, è andato a Verena Fischnaller, mentre il terzo è stato assegnato a Marijan Burger. Ai premiati sono andati anche i complimenti del professor Antonino Benicansa, della facoltà, che ha fatto gli onori di casa, e di Christine Clignon, responsabile di Si-Mo. Complimenti estesi a tutti i partecipanti, che hanno dimostrato il loro interesse per una tematica sempre più attuale. Il design for all, del resto, è un processo di sviluppo concreto che punta sull’accessibilità e l’utilizzabilità di un prodotto per il maggior numero di persone possibile, e dato che accessibilità e utilizzabilità sono requisiti base per lo sviluppo complessivo di un prodotto, il design for all rappresenta la somma di qualità funzionale ed estetica del prodotto realizzato.
 Le tre cartoline saranno ora stampate e distribuite in punti strategici per sensibilizzare la gente.

Alto Adige 16-1-10
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sabato, 16 gennaio 2010


Nuova sede in via Innerhofer del centro “Alimentiamo la solidarietà”




LAIVES. Il Gruppo missionario ha trasferito la sede del centro “Alimentiamo la solidarietà”, da via Sottomonte a via Innerhofer, nella stessa palazzina dove si trova la Croce Rossa. Gli orari di apertura sono i seguenti: lunedì dalle 15 alle 17, mercoledì dalle 9 alle 11 e venerdì dalle 15 alle 17.
 Presso il centro continua quindi l’iniziativa di distribuzione dei generi alimentari e altri materiali di prima necessità da parte dei volontari del gruppo missionario. Continua anche la collaborazione con il Banco alimentare per quanto concerne la fornitura dei generi alimentari, che il Banco raccoglie nei negozi e nei supermercati convenzionati. Attualmente sono una sessantina le famiglie che hanno accesso a questo servizio e non tutte sono di extracomunitari.

Alto Adige 16-1-10
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martedì, 12 gennaio 2010


Il Papa: la crisi colpisce uomo e ambiente ma il libro della natura è indivisibile




ROMA. Una «mentalità egoistica e materialistica, dimentica dei limiti propri a ciascuna creatura» è per il Papa alla radice del degrado ambientale. Essa, ha denunciato infatti nel discorso al Corpo Diplomatico, «minaccia anche il creato».
 «Il libro della natura - ha detto il Papa - è unico e indivisibile», e per questo «ecologia umana» ed «ecologia ambientale» non possono essere disgiunte, ed entrambe traggono nutrimento dal rispetto della dignità e della libertà dell’uomo. La «drammatica crisi che ha colpito l’economia mondiale» - ha affermato Benedetto XVI - «ha provocato una grave e diffusa instabilità sociale» che si riflette anche sull’ambiente, «in ogni parte del mondo». La mentalità «egoistica» e «materialistica», insomma, continua a fare «danni», come ha già fatto in passato. Il nuovo capitalismo come i regimi comunisti. «Vent’anni fa, quando cadde il Muro di Berlino e quando crollarono i regimi materialisti ed atei che avevano dominato lungo diversi decenni una parte di questo continente - ha sottolineato papa Ratzinger - si è potuto avere la misura delle profonde ferite che un sistema economico privo di riferimenti fondati sulla verità dell’uomo aveva inferto, non solo alla dignità e alla libertà delle persone e dei popoli, ma anche alla natura, con l’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria». «La negazione di Dio - afferma il pontefice - sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione».

Alto Adige 12-1-10
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lunedì, 11 gennaio 2010


Papa: i migranti sono esseri umani



ROMA. Gli immigrati vanno rispettati e la violenza «non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà», tanto meno «in nome di Dio». All’Angelus Benedetto XVI parla di due fatti che «hanno attirato in modo particolare» la sua attenzione negli ultimi giorni, e si capisce subito che parla della guerriglia di Rosarno e dell’Egitto. I suoi appelli rinforzano le denunce anticipate dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone, contro le gravi condizioni di lavoro a cui sono sottoposti gli immigrati, recepite anche dai vescovi italiani che dal quotidiano Avvenire puntano il dito da giorni sul fuoco che da tempo covava sotto la cenere nella provincia di Reggio Calabria. I due fatti che preoccupano Benedetto XVI sono «il caso della condizione dei migranti, che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza, e le situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti». E i due appelli che ne fa derivare, pronunciati a sorpresa dopo la preghiera domenicale in piazza San Pietro, sono in realtà uno solo: «Ripartire dal significato della persona», e imparare a rispettare chi è diverso, non importa se per provenienza o religione. «Bisogna ripartire dal cuore del problema - ha esclamato - bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita». «La violenza non deve essere mai, per nessuno, la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano. Invito a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me». «Simili considerazioni - ha sottolineato - valgono anche per l’uomo nella sua diversità religiosa». «La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi - ha detto il Papa - ha suscitato lo sdegno di molti, anche perchè si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana». Il pontefice chiama in causa «le istituzioni sia politiche, sia religiose», affinchè «non vengano meno, lo ribadisco - ha insistito - alle proprie responsabilità». In una domenica di pioggia, la giornata del Papa era iniziata con il battesimo di 14 bambini nella Cappella Sistina. Il Papa ha rievocato l’immagine di Gesù al Giordano «in fila come tutti» ad aspettare il turno per ricevere il battesimo. Allora c’era un popolo «desideroso di un mondo diverso e di parole nuove», ma per costruirlo occorre rinunciare «all’egoismo e al peccato».


Alto Adige 11-1-10
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sabato, 09 gennaio 2010


Parte oggi a Salorno il servizio taxi serale




SALORNO. Su iniziativa della Lega anche in Bassa Atesina ci sarà un servizio taxi - curato da Marco Eccli - per chi vuol fare tardi la sera e bere un bicchiere in più senza il rischio di vedersi ritirare la patente. Il numero da chiamare è il 3737206265. «È il nostro contibuto - spiegano i promotori del Carroccio - per cercare di evitare le stragi del sabato sera». Viene garantito il servizio di trasporto di andata e ritorno, con il tassista che arriverà fin sotto casa. Ieri è stato il segretario della Lega Nord di Salorno, Andrea Gallo, ad illustrare nel dettaglio l’iniziativa.
 «Si tratta di un servizio completamente nuovo, in linea con le richieste dei residenti, troppo spesso costretti a rinunciare ad una serata tra amici per il rischio di vedersi ritirare la patente di guida. È anche un modo per contribuire ad evitare incidenti mortali o con feriti».
 La Lega Nord di Salorno si è rivolta ad un esperto del settore ed ha creato un link sul suo sito su Facebook. «Qui si può trovare il numero e chiamare ad ogni ora. Poi, in tempi relativamente brevi, compatibilmente con la distanza da cui viene inoltrata la chiamata, si potrà fruire del servizio. Un altro dettaglio non trascurabile è costituito dai prezzi, che sono assolutamente popolari. Il taxi farà servizio in Bassa Atesina e nella Piana Rotaliana, tra Trento e Bolzano. La tariffa pro capite dovrebbe aggirarsi da un minimo di 2,50 ad un massimo di 10. Poi dipenderà anche dal numero delle persone che saliranno e dalla contrattazione tra tassista e utente che avverrà in loco. Ci teniamo a ricordiare che il servizio sarà già operativo a partire da questo fine settimana».

Alto Adige 9-1-10
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mercoledì, 06 gennaio 2010


«Parcheggi, gli aumenti sono esagerati»




BOLZANO. «Al sindaco lo avevamo detto già in novembre: gli aumenti dei parcheggi sono esagerati». Così Toni Serafini, segretario generale della Uil, commenta i recenti rincari.
 Il sindacalista fa, però, alcuni distinguo: «Passare da 90 centesimi a 1,20 euro al posteggio di via Mayr Nusser significa un aumento del 30% - commenta Serafini - eccessivo se si considera che il parcheggio è spesso utilizzato da pendolari che devono recarsi. Diverso il discorso per piazza Walther, una struttura utilizzata soprattutto dai turisti che vogliono arrivare a due passi dal centro».
 Serafini torna invece sul parcheggio dell’ospedale, da poco pasasto nelle mani della Provincia, ma a tariffa (1,20 euro) invariata: «Ribadisco quanto abbiamo detto in passato: 50 centesimi è la tariffa giusta, la stessa che possiamo trovare a Trento o a Verona. Francamente non capisco perchè ci debbano essere prezzi dei parcheggi diversi rispetto a quelli del capoluogo trentino». Serafini conclude sottolineando che la strada maestra deve comunque essere quella del trasporto pubblico: «Sulle ciclabili l’amministrazione sta lavorando bene, ora si lavori su quantità e qualità dei mezzi pubblici».

Alto Adige 6-1-10
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martedì, 05 gennaio 2010

IDENTITÀ TERRITORIALE NON PIÙ SU BASE ETNICA

 

GüNTHER PALLAVER


L’anno hoferiano si sta per concludere con la storia che invece di incontrare il futuro si è scontrata con il passato. Ogni tanto invece ci farebbe bene guardare in avanti e specialmente oltre le eterne discussioni su temi etnici. Esiste, per nostra fortuna, anche un’altra realtà che si è affermata senza che ce ne accorgessimo più di tanto, perché è silenziosa, quotidiana e concreta. I gravi conflitti etnici del passato, che tra gli anni Sessanta e ottanta sono sfociati nel terrorismo (di ambo le parti), sono stati superati da un modello di convivenza di tipo dissociativo, che si basa sulla logica della separazione etnica dei gruppi linguistici. Ma questa logica etnica entra sempre più spesso in contrasto con la logica del territorio, che diventa patrimonio di tutti e che da tutti viene difeso. Questo revival del territorio si manifesta un pò ovunque in Europa. Regionalizzazione, federalizzazione e decentralizzazione vengono visti come punti di partenza per l’ottimizzazione di competenze sub-statali per avviare processi di innovazione, per coinvolgere istituzioni pubbliche, società civile ed attori politici. Questa tendenza verso la valorizzazione di unità sub-statali è fortemente legata al trend verso una identità territoriale, che a sua volta è conseguenza del superamento dei confini e della globalizzazione in generale, che creano insicurezze, disorientamento, paure. Laddove i rapporti sociali si erodono (ideologie, networks sociali, economia ecc), cresce l’insopprimibile desiderio di certezza e difesa della propria identità, di comunità, auto-determinazione, chiarezza e partecipazione diretta, comunicazione priva di gerarchie. Il territorio diventa così luogo di sicurezza e stabilità. Il processo di territorializzazione viene favorito da diversi fattori, tra cui la situazione economica di un territorio, la diminuzione di conflitti (etnici) e la forza dei partiti territoriali. I dati economici dell’Alto Adige negli ultimi decenni sono stati sempre sopra la media nazionale. Ciò vale per la crescita economica come per il prodotto interno lordo pro capite che è uno dei più alti tra le le regioni italiane. Inoltre l’Alto Adige si colloca tra le venti regioni più ricche d’Europa e la disoccupazione in provincia in confronto ad altre realtà è molto bassa (anche se non mancano i problemi). Questa situazione economica vantaggiosa ha prodotto una forte identificazione della popolazione con la provincia e le sue istituzioni. Nel 2008 ca il 95% della popolazione si è dichiarata soddisfatta o abbastanza soddisfatta dell’amministrazione provinciale, le amministrazioni comunali hanno registrato un livello di soddisfazione di poco inferiore. Di contro più di un terzo (34,4%) ha giudicato negativamente l’amministrazione statale. È significativo che nonostante la proporzionale etnica con l’obbligo del bilinguismo sia stata a lungo detestata da parte della popolazione di lingua italiana, in un’indagine del 2004 i gruppi linguistici erano quasi unanimi nel ritenere che la proporzionale etnica (che si dovrebbe comunque revisionare) andasse a vantaggio della popolazione locale (ladini: 84,1%, italiani 74,4%, tedeschi 71,1%). Per decenni l’Alto Adige è stato un focolaio di conflitti al centro d’Europa. Ma questi conflitti con il passare degli anni sono venuti meno e si sono avvicinati i gruppi linguistici. Lo conferma una serie di dati empirici, che evidenziano come la distanza sociale tra i gruppi linguistici sia diminuita. Già una prima indagine nel 1986 aveva confermato che valori, orientamenti, opinioni tra i gruppi linguistici non differivano più di tanto. Le differenze esistevano più tra città e zone rurali che non tra italiani e tedeschi. Il risultato di un’indagine nel 2004 sulla convivenza tra i gruppi linguistici è stato molto positivo. Solo il 2,1% ha espresso un voto negativo (1991: 4,8%), l’8,5% la riteneva un problema abbastanza grande (1991: 33,2%). Il 79,3% degli italiani e l’89,6% dei tedeschi hanno giudicato la convivenza complessivamente positiva, con un aumento del voto positivo in confronto a indagini di anni precedenti.
 La valorizzazione del territorio come fonte di identità, tradizioni, orientamenti di vita ecc. è stata messa in programma anche da alcuni partiti di lingua italiana, in primis dai partiti di centro-sinistra che cercano di trasformarsi pure in partiti interetnici che salvaguardano gli interessi del territorio a prescindere dal gruppo linguistico. Questi partiti alle elezioni provinciali del 2008 hanno aumentato il loro consenso elettorale, i partiti italiani per così dire marcatamente “nazionali” invece hanno dovuto registrare una lieve flessione.
 Questa tendenza si rispecchia nell’appartenenza territoriale. In un’indagine del 2004 l‘85,6% dei tedeschi hanno dichiarato di sentirsi sudtirolesi (tedeschi), non austriaci o italiani. Mentre il 52,5% degli italiani si sentivano esclusivamente italiani, e il 27,4% sudtirolesi italiani. Questo scarso 30% non è poi più di tanto, ma quello che conta è la tendenza in aumento.
 Certo, non tutto è rose e fiori. Esistono problemi economici e sociali come i problemi di convivenza, la divisione etnica, i nazionalismi - ma tutto meno forte, meno intenso, meno drammatico di venti o ancora dieci anni fa. È un segnale di inversione di tendenza. Il fattore etnico diminuisce, il fattore territoriale aumenta. Se nel 2010 riuscissimo a sostituire la lealtà etnica con la lealtà territoriale avremmo fatto un piccolo passo verso un modello di convivenza che superi sempre di più le trincee etniche.


Alto Adige 5-1-10
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domenica, 03 gennaio 2010


Democrazia diretta L’Iniziativa riprende a lavorare




 BOLZANO. Il 2009 è stato un anno importante per l’«Iniziativa per più democrazia». Il referendum sulla democrazia diretta è fallito per un soffio. Nel 2010, chiariscono Stephan Lausch e Otto von Aufschnaiter, proseguirà l’impegno: «Tantissimi cittadini hanno avuto il coraggio e hanno imparato a dire no davanti all’arroganza del potere. Il primo voto referendario nella nostra provincia è stato colto come la prima vera occasione di destarsi e di mettere in chiaro che abbiamo una nostra volontà, che non vogliamo solo utilizzare per delegarla». Proseguono: «Il 40% stabilito in modo del tutto arbitrario come condizione per la validità della votazione non impedirà nulla di tutto ciò che ci siamo prefissati per un avanzamento della democrazia nella provincia». Se necessario, «utilizzeremo il referendum confermativo per respingere modifiche dell’attuale legge che non ci convincono. Ci prepariamo a fare decidere tutti gli aventi diritto su quegli elementi delle democrazie dirette che riteniamo essenziali».


Alto Adige 3-1-10
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domenica, 03 gennaio 2010




In 3.500 resteranno «bloccate» un anno in più

 ROMA. Effetto riforma sulle donne statali: 3.500 dovranno restare un anno in più al lavoro perchè da oggi entrano in vigore le nuove norme che portano l’età pensionabile delle dipendenti della pubblica amministrazione da 60 a 61 anni fino ad arrivare nel 2018 a 65 anni al pari degli uomini, con l’aumento di un anno ogni biennio. La legge è stata approvata dopo che la Corte di Giustizia Europea aveva intimato all’Italia di parificare i criteri pensionistici tra uomini e donne. La stima di 3.500 donne lavoratrici che saranno bloccate al lavoro sono state aggiornate dall’Inpdap in vista dell’applicazione della nuova normativa. Secondo le previsioni dell’istituto di previdenza dei dipendenti pubblici, in base alla vecchia normativa avrebbero lasciato il lavoro per il raggiungimento dei requisiti di vecchiaia in 6 mila, ma dopo la stretta potranno andarsene solo in 2.500. Le restanti 3.500, dunque, resteranno al lavoro. Riusciranno ugualmente ad andare in pensione le lavoratrici che entro dicembre 2009 hanno compiuto 60 anni e possiedono 20 anni di contributi. In questo caso si prevede la certificazione del diritto acquisito da parte delle amministrazioni di appartenenza. La riforma, dunque, riguarderà un numero crescente di lavoratrici per la gradualità dell’intervento, ma anche per l’aumento dei requisiti necessari per la pensione anticipata con l’introduzione delle quote. Secondo l’Inpdap, la nuova normativa porterà ad un risparmio tra il 2010 e il 2018 di 2,5 miliardi che andranno in un fondo per interventi sulle politiche sociali e familiari. Con queste risorse, in particolare, il governo punta a finanziare asili nido per la cura dei bambini o l’assistenza agli anziani non autosufficienti, a cui le donne spesso devono far fronte con effetti negativi sulla carriera. Le nuove norme in materia previdenziale sono state inserite nel decreto anti-crisi approvato prima della pausa estiva.
 L’introduzione dei nuovi requisiti per le donne è stata accompagnata da un ampio dibattito anche trasversale ai due schieramenti politici. La tesi dei contrari era che un tale intervento dovesse essere preceduto da misure a sostegno delle donne che lavorano. Secondo la sociologa, Chiara Saraceno, più che fissare limiti rigidi di uscita dal lavoro, bisognerebbe tornare, sia per gli uomini che per le donne, allo spirito dell’età flessibile introdotta con la riforma Dini.

Alto Adige 03-01-10
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