giovedì 19 gennaio 2012

ambiente 4

lunedì, 28 novembre 2011



Avviati due progetti per salvare gamberi e salamandre

 EGNA. Informare ed educare bambini e ragazzi alla tutela e al rispetto dell’ambiente non solo con lezioni teoriche, ma anche con iniziative pratiche direttamente sul campo. Sono questi gli obiettivi di due progetti sostenuti da Anna Tovazzi, assessore del Comune di Egna, e promossi dall’associazione Kulturverein e dal Parco naturale Monte Corno. «Il primo progetto - spiega Anna Tovazzi - partirà all’inizio del prossimo anno e riguarda il ripopolamento dei gamberi a Laghetti, in località Reif. Assieme al Kulturverein riteniamo importante salvaguardare le specie che stanno scomparendo e ricreare per loro l’ambiente adatto. In questo senso si provvederà allo sfalcio a mano e alla reintroduzione degli alberi. Lungo tutto il percorso, attuato da volontari, con l’associazione coinvolgeremo le scuole ed i ragazzi potranno vedere com’è la situazione adesso e seguire periodicamente i lavori che saranno completati in circa due anni».
 Il secondo progetto nasce dalla constatazione, fatta lo scorso anno dal Parco naturale Monte Corno, della morte sulla strada di numerose salamandre. «È nata, quindi, l’esigenza di trovare una soluzione e così abbiamo deciso di coinvolgere le scuole medie di Egna. I ragazzi, ai quali sarà spiegato perchè vanno tutelate le salamandre e i motivi per i quali finiscono sulla strada, a febbraio, nella zona di via Cava, apporranno dei paletti e delle retine per evitare che le stesse vadano in strada. In più, saranno posizionati dei cartelli esplicativi disegnati direttamente da loro». L’assessore del Pd Tovazzi conclude: «Ritengo importante che un ’amministrazione promuova tutte le iniziative che vanno nella direzione della tutela dell’ambiente e che stimolino la conoscenza e la curiosità da parte delle nuove generazioni».
Alto Adige 28-11-11
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categoria:ambiente, conca atesina
lunedì, 28 novembre 2011



Clima impazzito, l’ultima occasione

ROMA. Qualcuno ha detto che è l’ultima occasione per salvare il pianeta dagli assalti del clima impazzito. Si alza oggi il sipario sulla Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Conferenza delle parti, Cop 17).
 Molte le questioni sul tavolo della Cop 17, nell’ambito della Convenzione quadro dell’Onu per i cambiamenti climatici, l’Unfccc (United nation framework on climate change): in particolare gli aspetti che riguardano formule e modi relativi al prolungamento del protocollo di Kyoto, il funzionamento del Fondo verde per il clima (che dovrebbe avere una dotazione di 100 miliardi di dollari al 2020).
 L’obiettivo rimane quello sancito dalla precedente Cop 16 (a Cancun), di limitare entro i due gradi l’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali. Mentre il nodo dei negoziati verte sulla riduzione delle emissioni di gas serra a livello planetario e la discussioni su come, e quando, si possa giungere a un accordo globale. Si parlerà di lotta alla deforestazione (secondo il Wwf un tema chiave), trasferimento di tecnologie e strumenti per investimenti’green’ nei Paesi in via di sviluppo. Il Centro Euro Mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc) prenderà parte al vertice di Durban, sia con delegati italiani (Sergio Castellari, Riccardo Valentini e Sara Venturini) che come organizzatore di un suo evento (il 3 dicembre), oltre a partecipare ad incontri (finanza verde, ciclo carbonio, foreste, collaborazioni Africa e Ue).
 Un appello ai leader di Duban a «tener conto delle esigenze delle popolazioni povere e le generazioni future» è stato rivolto da Papa Benedetto XVI il quale ha chiesto «una risposta responsabile, credibile e solidale al preoccupante e complesso fenomeno dei cambiamenti climatici».
 «Serve - dice il ministro dell’ambiente Corrado Clini - un partenariato che vada oltre il protocollo di Kyoto tra economie sviluppate e emergenti».
Alto Adige 28-11-11
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categoria:ambiente
giovedì, 24 novembre 2011



Aumenta la temperatura media

ALAN CONTI
BOLZANO. Un grado e mezzo negli ultimi trent’anni, due nel giro di un secolo e per il 2050 previsto un aumento della temperatura media annuale in Alto Adige tra gli 1,2 i 2,7 gradi centigradi. Il termometro in provincia corre verso l’alto e lo fa a un ritmo doppio rispetto alla media europea. Riscaldamento e diminuzione delle risorse idriche sono i due temi portanti del “Rapporto sul clima-Alto Adige” presentato ieri all’Eurac. Un quadro che, seppur non catastrofico, costringerà territorio, società, economia e politica a delle contromisure. Le condizioni autunnali che già adesso impediscono l’apertura della stagione sciistica in molti impianti, appaiono come il più classico dei presagi.
  LE CAUSE. Il ricercatore Marc Zebisch dell’Eurac si concentra sulle cause. «Le emissioni di gas seraa sono aumentate negli ultimi 150 anni del 70% e provengono per 2/3 da trasporti, energia, industria e necessità domestiche e 1/3 dalle attività agricole e forestali».
 LE CONSEGUENZE. L’Alto Adige è, per la sua conformazione geografica, piuttosto vulnerabile alle modifiche delle condizioni climatiche. L’incrocio di caldo e meno disponibilità d’acqua, produrrà una sequela di fenomeni preoccupanti. Previsto il progressivo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost, l’innalzamento del limite della neve, la diminuzione delle precipitazioni nevose in favore di quelle piovose, l’aumento delle frane, più piogge intense, modificazioni nella varietà di alcune specie, esondazioni, stagioni di crescita più lunghe e una maggiore resistenza di alcuni organismi nocivi.
  LA SALUTE. La maggiore siccità comporta l’aumento di stress da caldo, con particolare preoccupazioni per le fasce deboli come anziani e malati. Un dato significativo indica il sensibile aumento delle notti tropicali (con temperatura costantemente sopra i 20 gradi) dalle 5 contate nel 1995 alle 20 dell’anno passato. Aumenterano insetti e parassiti vettori di malattie come le zecche o le zanzare tigre, non a caso moltiplicatesi nella scorsa estate.
 IL TURISMO. Tutto ruota attorno alla neve che rischia di diventare sempre più merce rara, specie se naturale. Non va dimenticato, comunque, che i cannoni necessitano di grandi quantità di acqua. Le garanzie di innevamento, specialmente negli impianti ad altitudine inferiore ai 1800 metri, non saranno più le stesse e diventerà così decisivo orientarsi nel potenziare il turismo estivo che indirettamente potrebbe avvantaggiarsi dell’aumento delle temperature nei centri urbani.
  L’ACQUA E I RISCHI. Il punto fermo è che la disponibilità di acqua andrà calando innescando potenziali conflitti tra chi la usa per produrre energia, innevare le piste, irrigare i campi o semplicemente come servizio domestico. Centrale, l’organizzazione dei bacini. Difficile, invece, prevedere l’andamento tendenziale delle piogge, ma quel che appare certo è l’aumentare di fenomeni intensi, con annessi pericoli come alluvioni e frane.
Alto Adige 14-11-11
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categoria:ambiente
sabato, 12 novembre 2011



Produrre sempre più rifiuti significa solo inquinare

Nella nostra provincia impianto di incenerimento e trattamento rifiuti speciali pericolosi vengono imposti alla popolazione e le informazioni restano diffuse parzialmente con il risultato di pilotare le deduzioni. Quanti di noi sanno che l’energia prodotta dagli inceneritori corrisponde ad un minimo lordo rispetto a quella consumata? Quanti conoscono la quantità e la qualità di rifiuti speciali pericolosi uscenti in base a quelli entranti? Quanti ignorano la loro destinazione?
Intanto coloro che sostengono la presunta innocuità del nuovo impianto non presentano affidabilità scientifica constatando che i dati epidemiologici in grado di supportare tali affermazioni possono essere resi esclusivamente dopo tempi “sufficientemente lunghi” sul quale testare e dedurre. Le misurazioni portate poi come “garanzia” sono determinate in periodi estremamente concordati mentre secondo dati certificati nazionali risulta che ogni fase di accensione e spegnimento genera in 48 ore circa il 60% del totale di diossina prodotta in un anno di funzionamento a regime di legge, non conteggiate dalla normativa esistente nelle valutazioni previste per questi impianti. La taglia maggiore del nuovo inceneritore si tradurrà in una massa superiore di inquinamenti immessi in atmosfera ed il sistema di abbattimento di immissioni determinerà il trasferimento degli inquinanti più pericolosi e persistenti dai fumi ai rifiuti prodotti dall’incenerimento. E dove andranno questi rifiuti?
Non crediamo affatto casuale che due anni fa l’Amministrazione Provinciale abbia concesso, alle porte della nostra città Meranese, la realizzazione di Rem Tec, un enorme impianto di trattamento e stoccaggio rifiuti, dotato di sofisticate tecnologie per abbattimento ceneri altamente pericolose, ecc.. Purtroppo nessun partito politico, nonostante il tempo a disposizione per raccogliere informazioni, ha fatto in modo che ciò non accadesse e la popolazione venisse consultata in precedenza alla presentazione di fatti compiuti.
Il nuovo inceneritore sarà, con le più recenti e sofisticate tecnologie, nel migliore dei casi, in grado di trattenere una parte della frazione fine, mentre quella ultrafine, più pericolosa ancora, sarà in grado di passare attraverso gli alveoli polmonari, entrare nel circolo ematico, e raggiungere i distretti dell’organismo umano e non. Tali conclusioni sono tratte da medici ISDE e argomentazioni recenti della Royal College of Phatologist. Questa gestione di rifiuti è più che discutibile e troppo poco viene investito per prevenire l’accumulo dei rifiuti rendendo la società maggiormente responsabile per il futuro proprio e quello dei figli, che sosteniamo di amare.
Sia chiaro: “produrre” i rifiuti significa sempre inquinare la vita, sprecare risorse limitate, infierire sui nostri portafogli.
A tutti i cittadini virtuosi, ricordiamo la petizione online in corso “basta acquistare rifiuti-richiesta dispenser nei negozi Aspiag”, in internet è possibile scaricare il modulo.
 Lisa Sperandio presidente Comitato Sinigorespira MERANO
Alto Adige 12-11-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
domenica, 06 novembre 2011



Rifiuti, con la differenziata a che servono gli inceneritori?

Egregio Direttore, scrivo questa lettera nel timore che fra qualche anno, dopo esserci allacciati al famoso teleriscaldamento, un bel giorno ci troveremo al freddo. E’ notizia recente che il Veneto, considerato da anni come regione italiana campionessa di raccolta differenziata, inizia a considerare il fallimento del piano dei suoi inceneritori. Se si ricicla tanto, infatti, discariche e inceneritori non hanno materia prima per lavorare e vanno in crisi come una qualsiasi altra azienda: conti in rosso, stipendi che rischiano di non essere pagati, dipendenti a rischio.
 Così la Regione sta correndo ai ripari bloccando le concessioni per la costruzione di nuovi impianti. Non solo: stando infatti a quanto riferisce la stampa locale, l’assessore all’Ambiente, Maurizio Conte, è anche propenso a introdurre nel Piano Rifiuti, atteso per febbraio, la possibilità di convertire una parte delle linee dedicate allo smaltimento dei rifiuti urbani, oggi in difficoltà, in linee per lo smaltimento dei rifiuti speciali. In questo modo una parte dei rifiuti pericolosi delle industrie venete, che ora vanno in Germania, in Cina o nei Balcani, potrebbero essere smaltiti in casa e risollevare dalla crisi gli impianti di Fusina, Padova e Rovigo che hanno chiesto alla Regione di poter importare materia prima dalle altre regioni italiane come la Campania.
 L’unico ostacolo a una tale conversione è quello della convenienza. Bisogna infatti ancora capire se un servizio veneto di smaltimento dei rifiuti speciali sia concorrenziale rispetto a quello offerto dagli altri Paesi, visto che si tratta di un mercato privato e quindi governato dalla regola del prezzo più basso. In altre parole: se i cinesi chiedono meno soldi, perché l’imprenditore veneto dovrebbe preferire l’impianto a due passi da casa ma più costoso? Penso sia un comune destino degli inceneritori e non mi pare proprio lungimirante legare a questi anche il riscaldamento delle abitazioni di mezza città. Quando dovremo comprare rifiuti altrui per far funzionare l’inceneritore di Bolzano, a chi ci rivolgeremo se anche le altre regioni, diventate più virtuose, avranno gli stessi problemi a far funzionare i loro? A Verona o a Trento, per esempio, la gente è stata sensibilizzata e si muove contro nuovi inceneritori. Da noi nessun politico osa informare e magari cercare di organizzare gli abitanti a mettersi di traverso, prima che sia troppo tardi? Forse il Suo giornale potrebbe?
Giannicola Allegri BOLZANO
Alto Adige 6-11-11

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domenica, 16 ottobre 2011



Il buco nell’ozono non si ferma

ELISA TESSARO
Non dobbiamo immaginare un vero e proprio buco proprio sopra le nostre teste. Ma la realtà è che dalla scorsa primavera, più studi incrociati, fra cui le rilevazioni effettuate dall’Agenzia Spaziale Americana Nasa e altri centri di ricerca, confermano che in un anno la fascia di ozono che ci protegge dai raggi ultravioletti del sole si è ridotta in misura simile a quella - fino ad oggi rilevata - al Polo Sud. Questa fascia di gas, dello spessore di 18-20 chilometri trattiene da sola circa il 99% della radiazione UV solare che può essere dannosa per la pelle e causare una parziale inibizione della fotosintesi delle piante, creando anche stravolgimenti alla base della catena alimentare marina. Marcello Petitta, ricercatore dell’Istituto per il Telerilevamento Applicato dell’EURAC e coordinatore del gruppo di ricerca interdisciplinare Aria e Atmosfera ha risposto ad alcune domande che gli abbiamo fatto, cercando di svelare cosa sta accadendo alle latitudini più estreme del nostro globo.
Dottor Petitta, cos’è accaduto concretamente in quest’ultimo periodo? Perché la comunità scientifica ha lanciato l’allarme?
 «La perdita dello schermo di ozono contro i raggi ultravioletti provenienti dal Sole è un fenomeno stagionale e consiste nella riduzione temporanea dello strato di ozono durante la primavera nelle regioni polari.
 Nel corso del tempo lo strato di ozono ha mutato continuamente spessore e forma per cause naturali. Negli ultimi decenni però la concentrazione di ozono nella stratosfera ha cominciato ad assottigliarsi anche per l’effetto di alcuni inquinanti rilasciati in atmosfera dall’uomo - basti pensare all’utilizzo, dagli anni Venti in poi nei sistemi di funzionamento dei frigoriferi e per le bombolette spray: gas poco costosi ma che nel lungo periodo hanno dimostrato di produrre effetti inaspettati e altamente dannosi. Gli studi, condotti dal 1985 in poi, hanno però riguardato in misura maggiore il Polo Sud. Invece quest’anno l’inverno particolarmente rigido sul circolo polare ha modificato la situazione.
Anche il Polo Nord è stato interessato da una circolazione atmosferica che ha isolato, come accade normalmente in Antartide, la massa d’aria generando, così, temperature molto basse. Queste masse di aria fredda, colpite dalla luce del Sole, attivano gli atomi di cloro e bromo...
È in questo momento che si crea un assottigliamento dello strato di ozono...
 «L’ozono viene prodotto dalle reazioni chimiche provocate dai raggi del Sole a contatto con la stratosfera e si forma maggiormente dove e quando i raggi solari sono più intensi. Quando al Polo torna il sole, i composti di cromo e bromo attivano delle reazioni chimiche che distruggono l’ozono diluendo le sue concentrazioni».
Non si è trattato quindi di una causa dovuta all’azione dell’uomo...
 «L’effetto registrato al Polo Nord non è dovuto ad un’intensificazione di prodotti chimici, ma ad un cambiamento inusuale nella circolazione delle masse d’aria. La persistenza dibasse temperature ha portato alla formazione delle nubi stratosferiche polari e a condizioni molto vicine alla formazione di un buco nell’ozono osservato in Antartide».
E adesso?
 «Il buco dell’ozono non è fisso sul Polo, ma si sposta, ad esempio quest’anno è stato localizzato anche su Russia e Germania. In questi paesi il rischio di tumore alla pelle è più alto proprio in virtù della presenza di quest’assottigliamento dello strato di ozono. I gas che contengono clorofluorocarburi sono ormai stati banditi, grazie al protocollo di Montreal dell’’87: quello che ognuno di noi può fare è adottare delle buone pratiche per controllare il cambiamento climatico, diminuire l’utilizzo di combustibili fossili, controllare il riscaldamento domestico, utilizzare energia alternativa, azioni che, anche se con effetti non immediati, possono contribuire a riportare lo schermo protettivo di ozono alla normalità».
Alto Adige 16-10-11
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categoria:ambiente
venerdì, 14 ottobre 2011



L’incenerimento dei rifiuti è un concetto sbagliato

 L’incenerimento dei rifiuti è un concetto sbagliato e privo di utilità però è l’unico sistema che può eliminare il problema rifiuti in breve tempo e senza tanti fronzoli. La tecnologia della depurazione dei fumi è efficace anche se non completa. Poichè respiriamo aria ricca di sostanze non naturali ma sintetizzate,non fa differenza se c’è la presenza di inceneritori nella zona con i loro aliti. Sotterrare la spazzatura è l’atto più schifoso che l’uomo abbia potuto fare perche ha sotterrato di tutto, dalle sostanze biodegradabili a quelle velenose.Queste discariche saranno le nuove miniere dei futuri uomini primitivi perchè dovranno vivere con i nostri rifiuti seppelliti. Comunque detto fra noi, questa società, se lo merita di vivere tra i veleni perchè il menefreghismo, superficialità e fatalismo che regnano nei cervelli umani è aberrante e dobbiamo ringraziare la natura che ci va bene. Tutto il ciclo dei rifiuti è a danno dei cittadini,mentre sono avvantaggiati i politici e ultra premiati i produttori di veleni e materie non degradabili. Il cittadino paga due volte il rifiuto e cioè quando glielo rivogano ai supermercati e quando lo getta nel cassonetto. Il riciclare non lo premia ma lo penalizza. Mettetevi tutti rilassati e rassegnati, nei nostri polmoni ci andranno i sostituti del fumo del tabacco, che sono molto più subdoli e dannosi. L’unica gioia che abbiamo è quello di pensare che i veleni non sanno se gli organi bersaglio sono di ricchi o poveri, di forti o deboli e quindi nella statistica centrano anche loro.
Alto Adige 14-10-11
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giovedì, 06 ottobre 2011



Sulla discarica Ischia-Frizzi c’è odore di ricorso  

BRUNO CANALI
VADENA. L’ampliamento della discarica Ischia-Frizzi preoccupa l’amministrazione comunale di Vadena. «Dopo aver perso tempo - spiega il sindaco Alessandro Beati - ora la Provincia ha urgenza di raddoppiare la discarica. Non escludo un ricorso».
 In consiglio comunale sono stati invitati il direttore di Ecocenter, l’ingegner Marco Palmitano, e il direttore della discarica, Martino Sacchini. «E’ dal 2004 che si sa della necessità di ampliare la discarica di Vadena - ha detto Palmitano - perché il nuovo inceneritore entrerà in funzione solo nel 2014. Recentemente, con procedura d’urgenza, la Provincia ha deciso d’intervenire e l’opzione è innalzare fino a un massimo di 10 metri la discarica attuale, per poter accumulare altri 50mila metri cubi di rifiuti. Io spero che si arrivi ad alzarla il meno possibile, perché più su si va con il cumulo dei rifiuti e più aumentano i problemi tecnici. Ad ogni modo, il geologo ha verificato che si può fare».
 Si prevede che entro il 15 dicembre sia pronto il progetto esecutivo dell’ampliamento e quindi si passerebbe all’appalto dei lavori, che non inizieranno prima della primavera 2012. L’ampliamento consentirà poi il deposito di un altro milione di metri cubi di rifiuti e, considerato che con l’entrata in funzione del nuovo inceneritore arriveranno soprattutto ceneri residue, la durata della discarica sarà lunga.
 L’ingegner Palmitano ha spiegato anche che a Lana ci sarebbe una discarica in grado di accogliere 200mila metri cubi di rifiuti, ma viene tenuta per le emergenze, come ad esempio un guasto all’inceneritore. «A tal proposito - ha aggiunto il direttore di Ecocenter - quando entrerà in funzione il nuovo inceneritore non si potrà lavorare in parallelo con quello attuale e quindi, per qualunque problema che dovesse imporne una fermata, diventerebbe un grosso problema lo smaltimento dei rifiuti. Certo che ci si poteva pensare per tempo, perché con l’ampliamento della discarica siamo in ritardo di 4 anni, mentre con il nuovo inceneritore possiamo parlare di 5 anni di ritardo, sapendo da tempo che a fine 2012 la discarica Ischia-Frizzi sarebbe stata esaurita».
 Preoccupati, per le prospettive, gli amministratori comunali di Vadena.
 «Prima di tutto vogliamo valutare lo studio geologico - dice il sindaco Alessandro Beati - e non escludo l’ipotesi di un nostro ricorso. La Provincia adotta la procedura di emergenza per sorvolare tutti i passaggi normali, ma in realtà è c’è stato ritardo per mancanza della volontà di agire. Come al solito noi, piccolo comune, dobbiamo sorbirci i problemi dell’intera provincia. Ed è un carico enorme, che ci preoccupa parecchio...».
Alto Adige 6-10-11
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categoria:ambiente, conca atesina
martedì, 04 ottobre 2011



Per le Dolomiti futuro sostenibile

MICHIL COSTA
Crescere crescere crescere. Sembra che la tanto osannata crescita -economica- sia diventata l’unica soluzione per un monde migliore. I colloqui di Dobbiaco, giunti alla loro 22esima edizione, voluti dall’energico propulsore Hans Glauber, ci hanno dato una visione utopicamente realista di sviluppi e progetti proiettati verso un futuro sostenibile vivendo un presente più consapevole. Non concetti molli, ma idee acute e perspicaci che, se attuate, possono cambiare il destino di noi abitanti su questo pianeta. Tutti parlano dell’importanza di aumentare il PIL. Il Pil, invece, dovrebbe essere considerato come una neonato di tre chili che dev’essere nutrito. Da bambino e poi da ragazzo avrà bisogno di un’alimentazione continua; al raggiungimento della maggiore età peserà 70 chili. Se continueremo a dargli cibo a 21 anni peserà 120 chili. Inizierà a patirne, le ossa non terranno il suo peso, si muoverà lentamente. Eppure lo invitiamo a tavola a mangiare pasta al pomodoro. Prima o poi collasserà. La continua crescita che abbiamo registrato dal dopoguerra con punte che toccavano il dieci percento annuo, si è via via assottigliata. Siamo oramai in una fase di post-crescita. I politici di tutto il mondo, da 60 anni a questa parte aspirano alla crescita come fosse il Santo Graal. Sovvenzionano le politiche imprenditoriali, pompano soldi nell’economia, salvano banche. Eppure un alto deficit statale è una delle cause principali causate dalla politica della crescita. Se a questo aggiungiamo che i paesi fortemente indebitati rischiano di causare ancora maggiori differenze sociali, andando anche ad aggravare ulteriormente le condizioni ambientali del pianeta, -di fatto il calo delle emissioni di co2 di alcuni paesi industrializzati è stato solamente”spostato” nei paesi in via di sviluppo- allora ci rendiamo conto che siamo sulla strada sbagliata.
 risaputo che la crescita non è uguale al benessere. quello che vogliono farci credere i pubblicitari, le industrie automobilistiche, perfino i produttori di stampanti per computer che al loro interno hanno un chip che limita la durata della macchina.
“Continuiamo a comprare merce che non ci serve con soldi che non abbiamo per stupire il vicino di casa che non sopportiamo” disse qualcuno. così. Crescita, capitalismo, PIL. sistemi incompleti che non tengono conto della natura multidimensionale dell’universo umano. Il benessere invece è composto in parte dal benessere materiale, ma oltre a ciò ci sono la salute, la conoscenza e l’educazione, l’ambiente nel quale mi trovo, il lavoro, il tempo libero, i legami e le relazioni che riesco ad avere ed anche il ruolo che ricopro nella società. Rendersi attivi politicamente, partecipando, per esempio, alla democrazia diretta, rende più felici. La mera crescita economica non è sinonimo di felicità; pensiamo all’americano medio: negli anni 50-60 era molto più felice di adesso. Il suo alto reddito lo obbliga però ad acquistare servizi che in altre parti del mondo vengono forniti dallo stato; paga meno tasse, ma si paga l’ospedale. molto produttivo ma non è così se la si calcola per ora lavorata. I francesi lavorano 35 ore la settimana per avere più tempo libero, ma nel periodo che trascorrono in fabbrica o in ufficio non sono meno efficienti degli americani. La crescita economica è il feticcio dei feticci, strumento cieco e fuorviante. Sempre di più non è abbastanza.
Bisogna riconquistare il pensiero lungo attraverso idee verticali. La crisi economica c’è perché esiste una crisi spirituale. Abbiamo bisogno di più consapevolezza, di più attenzione verso il prossimo, di più rispetto. Per un presente più armonico bisogna estendere concetti che vadano al di là della parola crescita. Non sono per un vivere nostalgico, e i bravi relatori dei “colloqui di Dobbiaco” ci hanno fatto capire che c’è qualcuno che apre le porte alle speranze di un futuro migliore. Dobbiamo giungerci in punta di piedi con riflessioni che riguardano tutti noi. Dobbiamo crederci, pensarci e attivarci, anche se il timore a prendere la via giusta c’è, ma dobbiamo capire che siamo tutti parte dello stesso, ed è la sola verità da seguire, ben sapendo che tutti i grandi cambiamenti necessitano di grande coraggio.
Alto Adige 4-10-11
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martedì, 04 ottobre 2011



Arriva il pedaggio sullo Stelvio

EZIO DANIELI
STELVIO. La giunta provinciale altoatesina ha dato, ieri mattina, il via libera al pedaggio stradale per i veicoli sulla statale di Passo Stelvio. Il punto dove si pagherà il pedaggio sarà installato tra Gomagoi e Trafoi. Il presidente della Provincia Luis Durnwalder ha spiegato che «i dettagli sono da chiarire, ma l’accordo di tutti i sindaci della zona ci ha spinto ad accelerare i tempi. Tutti i soldi incassati con l’applicazione delle tariffe verranno reinvestiti nelle opere di valorizzazione, manutenzione e adeguamento della strada».
 Il sindaco di Stelvio - Hartwig Tschenett - non nasconde la sua sorpresa: «Hanno deciso senza attendere il nostro parere. La mia giunta è in carica solo da poco più di un anno ed avrei preferito essere consultato prima di annunciare il via al ticket. Quando abbiamo contattato gli operatori turistici, la Regione Lombardia ed anche la Svizzera, prospettando loro la possibilità di introdurre il ticket sulla strada dello Stelvio, è emersa la convinzione che avrebbe dovuto essere un parere unanime. Adesso è arrivata la decisione della giunta provinciale che annuncia il pedaggio a partire dal 2021».
 Ancora nessuna anticipazione sulle possibili tariffe che verranno applicate. Durnwalder ha spiegato che «ci si muoverà seguendo l’esempio di Passo Rombo». Su questa arteria, gestita dalla società Timmelsjoch Hochalpenstrasse, è infatti in vigore una tariffa di 14 euro (18 per andata e ritorno) a macchina, con la Provincia che incassa 2,16 euro per ogni ticket venduto. L’incasso annuo che deriva dal pedaggio sul Rombo, che resta aperta da maggio a ottobre, si aggira fra i 320 e i 340 mila euro. Ogni anno la strada è utilizzata da circa 150 mila mezzi, la maggior parte dei quali sono autovetture. L’introduzione del ticket sul Rombo era stata decisa nella convinzione che, diventando la strada a pagamento, sarebbe sensibilmente diminuito il numero dei mezzi in transito. La stessa motivazione che viene sostenuta per i passi dolomitici. I risultati sono stati esattamente il contrario visto che proprio sulla statale del passo Rombo le autovetture e soprattutto le moto sono andate via via aumentando.
 L’annuncio del ticket, a partire dal 2012, anche sullo Stelvio è stata salutata con soddisfazione da Gustav Thöni, indimenticato campione dello sci azzurro. «Un pedaggio sullo Stelvio? Si tratta di una soluzione a prima vista sensata in attesa di vedere quali saranno gli effetti concreti». Gustav, nativo proprio in quella Trafoi dove sorgerà il casello per il pagamento del ticket, così prosegue: «Non si tratta di una novità - ha detto l’ex campione di sci - In Austria e in Svizzera sono ormai parecchie le strade sulle quali da tempo si paga per passare. Certo anche sullo Stelvio le auto e le moto che transitano tutta l’estate sono moltissime. Se con il pedaggio saranno gli automobilisti a contribuire alle spese per la manutenzione della strada, questa mi pare un’idea giusta». Thöni adesso fa l’albergatore nella sua Trafoi: «Sono convinto - ha aggiunto - che anche con il pedaggio non saranno certo di meno i turisti che arriveranno fino quassù, ma questo dipende un po’ anche dalla tariffa che sarà fissata».
Alto Adige 4-10-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento, valli dolomitiche
giovedì, 22 settembre 2011



Architettura eco-compatibile inaugurata la mostra all’Eurac

BOLZANO. È stata inaugurata presso la sede dell’Eurac la mostra dei progetti altoatesini premiati nel corso dell’edizione dell’anno scorso del concorso di architettura “Città di Oderzo”. Hanno preso parte alla XII edizione del premio 87 progettisti con 110 progetti e ben 5 degli 8 progetti premiati sono stati realizzati in Alto Adige.
 Tra i 110 progetti selezionati è stato dichiarato vincitore il progetto di recupero del forte di Fortezza dell’architetto Markus Scherer con l’architetto Walter Dietl.
 Oltre al progetto vincitore sono stati segnalati ulteriori quattro progetti realizzati nell’ambito del territorio altoatesino: il nuovo Centro visite del parco naturale Puez-Odle, opera degli Architetti Burger & Rudacs, il nuovo Ponte di Novacella dello studio Bergmeister Wolf, la centrale di teleriscaldamento di Silandro dell’architetto Tauber e la Villa Terzer ad Appiano dello studio Modus Architects (Scagnol&Attia).
 Nel corso della cerimonia presso l’Eurac il presidente Durnwalder ha dichiarato la propria soddisfazione per il premio conferito al progetto di recupero del Forte di Fortezza e agli altri progetti realizzati in Alto Adige. Ha altresì sottolineato che la Provincia è impegnata da anni a sostenere i progetti di qualità perché si tratta di opere architettoniche di pregio che valorizzano il contesto urbano e il territorio nel quale vengono realizzate. “Il nuovo riconoscimento per le opere realizzate in Alto Adige” ha aggiunto l’assessore Florian Mussner “è il risultato di decenni di impegno e di sensibilità verso l’architettura nuova e contemporanea”.

Alto Adige 22-9-11
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mercoledì, 21 settembre 2011



Nel ghiaccio i segreti del clima

MICHELE STINGHEN
Ortles, alla scoperta dei segreti del ghiaccio: ieri pomeriggio è cominciata la spedizione di ricercatori americani che perforerà il ghiacciaio dell’Ortles, per racogliere informazioni preziose e studiare il clima del passato. Saranno sulla cima della montagna più alta dell’Alto Adige per un mese, per estrarre una carota di ghiaccio lunga 70 metri.
 Obiettivo è conoscere il clima antico della nostra regione, utilizzando le «informazioni» fisiche e chimiche intrappolate nel ghiaccio profondo, che si è formato secoli orsono. Sogno ultimo e inconfessato della ricerca, ricavare informazioni sul clima della regione all’epoca di Oetzi. Inevitabile sarà invece riscontrare ulteriori evidenze del riscaldamento climatico in atto. Arrivare a circa 5000 anni fa sarà tuttavia difficile. Sicuramente però il ghiaccio che si trova in fondo, quasi a contatto con la roccia, ha un’età di diverse centinaia di anni. Analizzare quei campioni significherà quindi, per certi versi, «respirare» l’aria del passato. Ideatore del progetto, che è stato presentato ieri pomeriggio all’Eurac di Bolzano, è il trentino Paolo Gabrielli, glaciologo e ricercatore che da quattro anni lavora al Byrd Polar Research di Columbus, Ohio, dove opera Lonnie Thompson, uno dei massimi esperti di glaciologia del mondo. Anche lui salirà in vetta all’Ortles. La base logistica della spedizione di ricerca, sarà alla Franzens Hohe, sulla strada per lo Stelvio; di qui partiranno gli elicotteri per la calotta sommitale, e qui saranno portate in elicottero le carote di ghiaccio. Accanto alla squadra di ricerca americana, partecipano molti altri enti. La Provincia di Bolzano (ieri Durnwalder ha incontrato Thompson e gli altri ricercatori), che darà appoggio logistico e tecnico al progetto. Sono coinvolte infatti le guide alpine di Solda, la protezione civile (presente ieri il direttore Staffler), la stessa Eurac, le Università di Venezia, Padova, Pavia, il Museo Tridentino di scienze naturali, e le scuole altoatesine.
 «Finora nessuno ha mai provato a estrarre carote di ghiaccio nelle Alpi orientali - ha spiegato Gabrielli - l’idea di sfruttare l’Ortles come archivio paleoclimatico mi è venuta l’anno in cui mi preparavo a trasferirmi in America. Salendo lungo il crinale superiore avevo notato le spesse stratificazioni della calotta». Si stima che il ghiacciaio sia spesso tra i 60 e gli 80 metri. Il punto di carotaggio - dove partiranno le perforazioni all’interno della Vedretta Alta dell’Ortles - si troverà a quota 3850 metri, poco sotto e a fianco della vetta. Per circa un mese, un carotiere a motore estrarrà il ghiaccio, giù giù fino a toccare il fondo. «Stimiamo di poter risalire indietro nel tempo di quasi un millennio - continua Gabrielli - gli strati non sono però uniformi, in basso si assottigliano e si compattano». Per datare i campioni di ghiaccio, ci si servirà soprattutto di frammenti organici presenti nel ghiaccio. Le carote verranno trasportate velocemente giù dal ghiacciaio fino al campo base alla Franzens Hohe, e poi in camion freezer a Milano in aeroporto, dove partiranno per gli Stati Uniti. Qui verranno analizzate nei mesi successivi. E allora verrà, poco a poco, studiata questa miniera di dati sul clima delle nostre montagne. «Le osservazioni che abbiamo arrivano fino a 150 anni fa - precisa Roberto Dinale, dell’ufficio idrografico della Provincia - la finestra temporale verrà notevolmente ampliata». Dinale, che studia i ghiacciai altoatesini da diversi anni, farà parte della squadra di ricerca. Il dipartimento di medicina dell’Eurac studierà nel frattempo il comportamento del fisico ad alta quota.
 Parteciperanno anche venti ragazzi, provenienti dalle scuole altoatesine (10 italiani, 10 tedeschi), che nei prossimi giorni saranno in visita, per una settimana, al Progetto Ortles; due di loro potranno avere la fortuna di salire fino alla calotta.
Alto Adige 21-9-11
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categoria:ambiente
martedì, 13 settembre 2011



Incidente nucleare in Francia «Nessun rischio in Alto Adige»

deposito di scorie a bassa radioattività in Francia meridionale la Protezione civile provinciale ha convocato il gruppo radioattività per valutare l’evolversi della situazione. Nessun pericolo per la provincia di Bolzano. Verso le ore 11.45 di ieri nell’impianto nucleare dismesso “Marcoule” in Francia meridionale si è verificata un’esplosione. Secondo una portavoce dell’impianto non si sarebbero verificate fuoriuscite radiottive. Per garantire un continuo scambio di informazioni tra le sedi competenti della Provincia la Protezione civile provinciale ha convocato il gruppo radioattività nella torre della Protezione civile in via Druso. Rappresentanti dell’Agenzia provinciale per l’ambiente, dell’Azienda sanitaria, del Servizio meteo provinciale, del Corpo permanente dei Vigili del fuoco e della Protezione civile osserveranno attentamente gli sviluppi per valutare insieme l’evolversi della situazione. In particolare l’Agenzia per l’ambiente appena dovessero rilevarsi cambiamenti nell’aria provvederà a pubblicare i relativi dati. Attualmente gli esperti possono tranquillizzare i cittadini sul fatto che non sussiste alcun pericolo per l’Alto Adige; qualora la situazione dovesse cambiare la popolazione sarà subito informata attraverso l’apposito sistema di informazione (SIP) con il quale si comunicano informazioni importanti in caso di un evento di Protezione civile avvalendosi delle radioemittenti locali.

Alto Adige 13-9-11
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categoria:ambiente
domenica, 11 settembre 2011



«Ecodolomites», mezzi elettrici sui quattro passi  

EZIO DANIELI
CORVARA. Dopo il successo avuto dalla prima edizione, lo scorso anno, torna «Ecodolomites» dal 17 al 18 settembre. La ditta altoatesina Letsmove di Daniel Campisi e Maximilian Costa, in collaborazione con il Consorzio Turistico Alta Badia e Val Gardena Marketing, presenta le diverse possibilità di mobilità alternativa nel settore turistico. Lo scopo dell’iniziativa è di sensibilizzare la gente per quanto riguarda un futuro turistico ecosostenibile nella mobilità. Tra le novità di quest’anno, il patrocinio da parte della Provincia con gli assessori Thomas Widmann, Michl Laimer, Florian Mussner e Hans Berger, nonché il patrocinio da parte dell’Unesco.
 Per «Ecodolomites» saranno presentate diverse attrazioni, quali il Segway, il personal transporter, le bici elettrice, le pedelecs, le moto e le macchine elettriche, come anche gli autobus e i veicoli da lavoro elettrici. Inoltre, si presenteranno le colonnine di ricarica ChargePoints per i veicoli elettrici, messe a disposizione dalla ditta Electro Clara, che farà da supporto tecnico all’intera manifestazione. Si tratta delle prime colonnine, che offrono al gestore e all’utente finale i vantaggi di una rete europea di stazioni di ricarica, quali la segnalazione tramite Sms o e-mail dello stato di ricarica, la ricerca di stazioni libere più vicine e la gestione della fatturazione. Tra i nuovi modelli di quest’anno spicca l’E-Mini targata Bmw. Si tratta di un veicolo azionato da un motore elettrico con un rendimento di 150kW ed ha una autonomia che arriva a 250 chilometri.
 Il fine settimana all’insegna dell’ecologia si concluderà domenica 18 settembre con il secondo Sellaronda Bike Day della stagione. Dalle 8.30 alle 15.30 i passi dolomitici Gardena, Campolongo, Pordoi e Sella, saranno chiusi al traffico delle macchine ed accessibili esclusivamente ai ciclisti che potranno quindi divertirsi. Dopo il clamoroso successo ottenuto all’inizio del luglio scorso, la seconda edizione del Sellaronda Bike Day sarà motivo di richiamo per tantissimi appassionati del pedale. Soprattutto se le condizioni meteo saranno buone, sui quattro passi dolomitici si annuncia una presenza molto elevata.
Alto Adige 11-9-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
venerdì, 09 settembre 2011



Fiamme nel centro rifiuti: nube tossica nell’aria

MARIO BERTOLDI
CORTACCIA. Mezz’ora di paura. Quando dal capannone della Xela, in zona industriale a Cortaccia, è stato notato alzarsi un fumo denso ed acre ci si è resi conto subito del potenziale pericolo per tutti. In una delle vasche di lavorazione stavando bruciando solventi e vernici.
 Se la situazione è stata posta sotto controllo in una trentina di minuti e si sono evitati pericoli reali per i lavoratori dell’impianto, i vicini ed i residenti della zona, il merito è tutto dei vigili del fuoco volontari dell’Oltradige e della Bassa Atesina, intervenuti con ben 68 uomini nel giro di pochi minuti. Ieri in serata lo ha sottolineato anche il dottor Luigi Minach, direttore dell’Agenzia provinciale per l’ambiente, che ha confermato la tossicità del fumo sprigionatosi per circa mezz’ora. «In questi casi è sempre il quantitativo di sostanze inalate a rendere la situazione più o meno pericolosa» ha poi spiegato Minach, elogiando l’efficienza dei vigili del fuoco. Saranno comunque le analisi di laboratorio a dare risposte certe sulle sostanze liberatesi nell’aria. L’incendio, sviluppatosi verso le 8.50, alle 9.15 era già completamente domato. Il successivo intervento del corpo permanente dei vigili del fuoco di Bolzano si è reso necessario solo per azionare un enorme ventilatore industriale con il quale si è cercato di liberare l’interno del capannone dai residui del fumo. Solo a quel punto si è potuto capire cosa fosse effettivamente avvenuto. L’incendio è scoppiato improvvisamente in una delle vasche di stoccaggio e lavorazione di vernici, svolventi, olii industriali in attesa di essere lavorati e smaltiti. L’ipotesi più probabile è che le fiamme si sia sviluppate per autocombustione, forse a seguito di reazioni di natura chimica nel mix di sostanze che si sono mescolate. L’incendio ha bruciato circa 4 metri cubi (pari a circa 2 automobili) di materiale e sostanze potenzialmente tossiche. E’ stato uno sei responsabili del capannone ad intervenire per primo. Ha avuto l’abilità di isolare immediatamente la fonte di fuoco evitando che le fiamme potessero espandersi con relativa facilità. Ben altre conseguenze avrebbero potute esserci se l’incendio si fosse sviluppato improvvisamente nella notte. Anche per questo la magistratura vuole vederci chiaro e capire se l’episodio possa essere riconducibile a negligenze professionali all’interno dell’azienza. Il sostituto procuratore Igor Secco ha aperto un’inchiesta con ipotesi colpose, disponendo il sequestro della zona del capannone interessata dall’incendio.
 Molti degli accertamenti tecnici sono stati delegati ai carabinieri del Noe, il nucleo operativo ecologico. I primi controlli avrebbero appurato che tutte le sostanze rilevate ed in attesa di smaltimento rientravano in quelle autorizzate. Ma gli accertamenti continueranno anche nei prossimi giorni.
Alto Adige 9-9-11

«Quella è una bomba ad orologeria»

DAVIDE FODOR
CORTACCIA. L’incendio di ieri mattina all’interno dello stabilimento Xela Pa Service di Cortaccia va ad alimentare un clima già da tempo piuttosto teso nella zona industriale del paese. Proprio nelle scorse settimane Patrick Santini, titolare del centro di smaltimento rifiuti (tossici e non) dal quale è scaturito il rogo, aveva presentato una richiesta per ottenere un ampliamento della propria attività. Un incremento dalle attuali 20-30 mila tonnellate di rifiuti a circa 100.000: questa la proposta portata in Provincia dall’imprenditore, che aveva scatenato le immediate reazioni di numerosi privati cittadini ed anche del Comune, dimostratosi contrario al paventato ampliamento. Sull’eventualità di ingrandire il centro il comitato «Via» (Valutazione Impatto Ambientale) non si è tuttora espresso, ma nel frattempo le preoccupazioni di alcuni privati cittadini residenti nella zona si fanno chiaramente più elevate. «Quando ho guardato fuori ho visto un’enorme quantità di fumo bianco e non sono riuscito subito a rendermi conto di cosa stesse succedendo - spiega ad esempio il ristoratore Konrad Pomella -. Avendo il mio esercizio a non più di 50 metri dal capannone non posso che essere assai preoccupato. Qualcuno a questo punto deve intervenire, l’attuale situazione non è più sostenibile.»
 Rincara la dose Ernst Wolgemuth dell’azienda elettronica Ewo, che aggiunge: «Il fumo era veramente tanto, al punto che era possibile osservarlo anche dall’autostrada. Per fortuna è stato possibile tenere sotto controllo le fiamme, ma dubito che ciò potrebbe avvenire se un incendio si propagasse durante la notte. La nostra è un’azienda che lavora con la tecnologia e, trovandosi a 10 metri dal confine, qualora una situazione del genere si ripetesse i danni potrebbero essere enormi.» «Un eventuale ampliamento? Spero proprio di no, altrimenti lo scenario rischia di diventare ancor più grave e pericoloso per noi» - conclude Wolgemuth.
 Sull’incendio alla Pa Service si è espresso anche il presidente della comunità comprensoriale di Bassa Atesina e Oltradige Oswald Schiefer, che sul tema dimostra di avere le idee chiare: «Capisco i timori degli imprenditori e dei vicini - spiega l’ex sindaco di Cortaccia -. La nube di fumo bianco elevatasi dallo stabilimento di smaltimento rifiuti era davvero molto fitta e dunque credo sia normale che i residenti manifestino tutta la propria preoccupazione. Sappiamo che attualmente la commissione provinciale sulla valutazione dell’impatto ambientale sta vagliando la richiesta di ampliamento presentata dalla Pa Service: l’episodio di ieri pare tuttavia confermare che non ci siano le garanzie sufficienti nemmeno per trattare la quantità attuale di rifiuti. Anche per questa ragione il comprensorio e gli imprenditori hanno espresso tutta la propria contrarietà ad un aumento nella capacità dell’impianto.»
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lunedì, 15 agosto 2011



Abolito il Sistri Protesta il Wwf

ROMA. Per raggranellare altri soldi da aggiungere alla manovra, il governo ha stabilito di abolire il Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, senza entrare nel merito della cifra che si risparmierà, spiega che questa cancellazione «rappresenterà una forte semplificazione della vita dell’impresa».
 Il Sistri, creato nel 2009 e fortemente voluto dal ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, era una misura finalizzata a contrastare il traffico illecito di immondizia, e rientrava nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della Pubblica amministrazione per permettere l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania. Ora, la sua cancellazione fa infuriare le associazioni ambientaliste e anche la Prestigiacomo. Dura la critica del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. «È un innegabile regalo alle ecomafie» sentenzia il procuratore, identiche le parole usate ieri dal ministro dell’Ambiente. «Il Sistri - continua Grasso - introdotto e mai entrato in vigore, era un mezzo utile per registrare i movimenti dei rifiuti, peraltro previsto dalla legislazione comunitaria, che poteva evitare gli abusi del sistema cartaceo». Per il Wwf l’abolizione del Sistri «è un falso risparmio» e «al di là di ogni riduzione di spesa - aggiunge l’associazione -, sembra il ministro non si renda conto che dietro lo smaltimento illegale dei rifiuti c’è un gravissimo profilo di danno ambientale». Legambiente parla di «un’occasione persa» e di un «vergognoso sperpero di denaro pubblico per la realizzazione di un discusso sistema che viene cancellato dallo stesso governo che lo ha creato».
Alto Adige 14-8-11
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venerdì, 29 luglio 2011



Giunta divisa sulla centrale a pompaggio

LAIVES. Dopo quello della cittadella, un altro progetto divide la maggioranza ancora prima di concretizzarsi. Si tratta della centrale di pompaggio che la South Tyrol Energy rappresentata da Christian Masten vorrebbe realizzare tra Pineta Nord e La Costa-Seit. L’altra sera in consiglio comunale, con una mozione (ma prima c’era anche un’interrogazione del Pdl) il grillino Paolo Castelli ha chiesto lumi nella speranza che il progetto venisse accantonato.
«Intanto è a livello di ipotesi - ha spiegato il sindaco Liliana Di Fede - e quindi non ne sappiamo granchè. Questo non ci consente, intanto, di dire si o no alla proposta». Diversi consiglieri, sia di maggioranza che di opposizione hanno spiegato che sarebbe meglio attendere di avere qualcosa di più preciso prima di decidere perché, anche dire no a priori potrebbe chiudere le possibilità di un guadagno futuro (Masten ha garantito 2 milioni di euro l’anno per il Comune).
Però la Svp rimane convinta, così come i Verdi e Castelli, che già in questa fase embrionale, siano emersi elementi poco chiari e rassicuranti su ciò che la South Tyrol Energy intenderebbe fare a Laives e sull’impatto ambientale che ne conseguirebbe. «Come si fa a dire che ancora non sappiamo nulla o quasi - ha attaccato Robert Tezzele (Svp) - se anche in pubbliche assemblee Masten ha portato disegni e studi vari. E’ chiaro che la questione sta andando avanti comunque». In sede di votazione della mozione quindi, l’ennesima spaccatura in maggioranza, con la Svp che insieme a Verdi, Freiheitlichen, Indipendenti democratici e Laives 5 stelle ha sostenuto la mozione. Contro invece il Pd e l’opposizione di centrodestra e la mozione è stata bocciata per 13 voti a 10. (b.c.)
Alto Adige 29-7-11
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categoria:ambiente, comune di laives, centrale di pompaggio
giovedì, 28 luglio 2011



Virgolo, gli ambientalisti propongono una scalinata

BOLZANO. Poco più di mille scalini di ferro zincato e passamani d’acciaio per arrivare in cima al Virgolo da
viale Trento. Tutto appoggiato sulla bella e tuttora resistente struttura della vecchia funicolare, compresi gli
archi rampanti in pietra, scenografici ora come allora. Il progetto è firmato dall’architetto Rinaldo Ruvidotti.


Ruvidotti, sotto il patrocinio dell’associazione “Il nostro Virgolo”, tenta di restituire alla collina il suo antico splendore, per farne una zona di verde pubblico che attragga turismo e offra spazi ricreativi ai cittadini. Una soluzione tecnologica leggera e con poco impatto ambientale, assicurano i promotori dell’iniziativa. «La scala sarebbe lunga 343 metri e larga un metro e ottanta - spiega Ruvidotti - completamente immersa nella natura e con scarsa necessità di manutenzione, anzi potrebbe essere un’utile via d’accesso alla collina in caso di lavori». Il costo, escluso il montaggio, è di circa 250 mila euro, che i promotori dell’iniziativa sperano di ottenere in parte da finanziatori privati in qualità di sponsor. «Rivitalizzare quell’area potrebbe essere interessante per il commercio e il turismo - afferma Verena Segato, dell’associazione - ma prima di tutto serve l’accesso diretto dalla città». In cima, propone l’associazione, si potrebbe fare del Virgolo un parco ecologico-didattico-sportivo a vocazione turistica.
Ai visitatori si presenterebbe un ristorante panoramico ricavato dall’antica stazione, l’Hotel Bellavista verrebbe trasformato in uncentro ecologico, poi riaprirebbero gli impianti sportivi ai quali verrebbero affiancati percorsi
didattici. «Sogniamo che tutta l’area diventi una zona pubblica ricreativa - afferma Maria Teresa Fortini - dopo trent’anni di abbandono e tanti rischi di speculazione». I milleottantotto scalini non comporterebbero un grande ostacolo al transito, e potrebbero essere utilizzati come percorso sportivo: in 25 minuti di percorso pedonale si potrebbe andare da piazza Walther alla terrazza naturale su Bolzano. (ri. va.)
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mercoledì, 27 luglio 2011



Nel cuore delle Dolomiti senza usare l’auto privata

EZIO DANIELI
BOLZANO. Mentre non cessa la polemica sul pedaggio o no sui passi dolomitici, proprio nel cuore dei Monti Pallidi sono tornate le carte per una mobilità più sostenibile. È in vigore la Mountain Pass proposta dal consorzio turistico Alta Badia che ha lo scopo di ridurre il traffico privato. Sulla scorta del successo degli anni passati - notevoli le adesioni soprattutto fra gli ospiti - il Consorzio turistico ripropone la carta di mobilità che permette ad adulti e bambini di utilizzare i 14 impianti di risalita estivi, tutti gli autobus di linea intorno al gruppo del Sella nonché le linee autobus della Badia, della Gardena, della Pusteria e della valle Isarco, fino a Bolzano. In più consente di usufruire di agevolazioni sugli ingressi a piscina, stadio del ghiaccio, lago biotopo, Adventure Park, alle escursioni a tema organizzate giornalmente e molto altro ancora. La carta Mountain Pass è acquistabile presso numerosi esercizi ricettivi, impianti di risalita e presso le Associazioni Turistiche dell’Alta Badia. Le tariffe sono divise per tipologia, per i bambini fino a 6 anni è gratuito se abbinato all’acquisto di un pass per adulti.
Si chiama «Val Gardena Card» ed è una carta di mobilità che consente di visitare la vallata ladina, lasciando l’auto in garage, fino al 9 ottobre a 76 euro. È valida 6 giorni e nel prezzo è inclusa anche «Mobilcard Alto Adige». Quest’anno è stata introdotta anche la carta per 3 giorni a 59 euro. La carta prevede un uso illimitato e gratuito di tutti gli impianti in funzione d’estate, ovvero la telecabina Ortisei-Alpe di Siusi, la seggiovia Sole (Alpe di Siusi), la funicolare Ortisei-Rasciesa, la telecabina Ortisei-Furnes-Seceda, la seggiovia Fermeda-Seceda, la seggiovia Santa Cristina-Monte Pana, la seggiovia Monte Pana-Mont Seura, la telecabina Santa Cristina-Col Raiser, la telecabina Selva-Ciampinoi, la telecabina Selva -Dantercepies, la seggiovia Cir (Passo Gardena-Dantercepies) e la telecabina Passo Sella-Forcella del Sassolungo.
In Alta Pusteria è tornata in vigore la Tre Cime Card che consente una mobilità senza usare le auto private per raggiungere le Lavaredo oltre che tutte le località della valle.
Alto Adige 27-7-11
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venerdì, 22 luglio 2011



«Sul Virgolo un parco per la città»

VALERIA FRANGIPANE
BOLZANO. «Bolzano si prepara a scommesse importanti e non può vivere senza un’immagine del suo futuro che si gioca tra Areale, Virgolo e A22». Gli architetti Carlo Azzolini, Margot Wittig e Max Knoll presentano così l’infostand che la Fondazione ha installato in piazzetta Sernesi.
La scommessa dell’Areale resta la più importante. «La riqualificazione della zona della stazione è il più grande cambiamento urbano che la città si trova ad affrontare dagli anni Trenta visto che andranno ridisegnati e ripensati 30 ettari. Non possiamo permetterci errori e dobbiamo avere il coraggio di andare avanti veloci». Progetto firmato dall’architetto Boris Podrecca resta però bloccato perché il Comune non riesce a mettersi d’accordo con la Provincia sulla nomina del consiglio di amministrazione. «Speriamo che si mettano d’accordo in fretta - spiegano alla Fondazione - restiamo ottimisti». Altro punto che gli architetti ritengono essere fondamentale sta nella rivitalizzazione del Virgolo dopo la mancata decisione del Comune (che in sei anni non è riuscito a decidere) che ha provocato il ritiro del progetto di Thun. «Impensabile lasciare la collina che guarda Bolzano così, serve un progetto per renderla fruibile senza farla diventare un luna park o “Tirolywood” (nella foto in alto a destra la provocazione), un progetto che la trasformi in un enorme parco per la città». D’accordo anche l’assessore all’urbanistica Chiara Pasquali: «Il Virgolo va ridisegnato e su questo siamo tutti d’accordo. Dobbiamo solo capire come rilanciarlo e cosa fare per evitare di fare errori dai quali è difficile tornare indietro». Quali errori ha fatto Bolzano? «Uno per tutti? Casanova non andava disegnato così». Altra questione che sta cara agli architetti il riutilizzo dell’A22. «Lo spostamento del tracciato autostradale offrono grandi opportunità per puntare ad un miglioramento qualitativo della città. L’attuale sopraelevata dell’A22 potrebbe essere trasformata, come già è successo a New York per la vecchia linea del tram, in un enorme giardino sospeso». Progetto affascinante, resta da capire se mai i bolzanini vedranno l’A22 spostata in galleria. E poi altre idee per Bolzano che non potrà fare a meno del tram, rinunciare ai grattacieli e non valorizzare ancora le rive dei torrenti e dei fiumi con “chaise longue” sul Lungotalvera o sul Lungoisarco trasformati in insoliti Lungosenna.
Alto Adige 22-7-11
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giovedì, 14 luglio 2011



Il Giappone verso l’addio al nucleare

TOKYO. L’atomo nel Sol Levante si avvia verso il viale del tramonto. Il Giappone deve «ridurre la sua dipendenza dall’energia nucleare» muovendosi verso una società orientata alle fonti rinnovabili ed eco-compatibili. Lo ha sostenuto il premier Naoto Kan, che ha giocato ieri la carta “anti-nucleare”, esprimendo la presa di posizione più forte sul futuro delle strategie energetiche del Paese nel dopo-Fukushima. Che possa rappresentare una svolta attuabile e reale è però tutto da verificare, viste le reazioni provocate, a partire dal gruppo di parlamentari democratici, parte della fronda interna del DpJ, che ha chiesto ancora il suo passo indietro per «la confusione creata».
Nella conferenza stampa trasmessa in diretta tv, il premier ha rilevato che, malgrado lo stop di 35 reattori su 54, il Paese «ha una produzione energetica sufficiente» per superare la domanda. Segnale, questo, che dimostra il potenziale di partenza. L’obiettivo ambizioso è quindi una società non più dipendente «dal nucleare».
Ma intanto le ricadute da Fukushima ancora continuano. Tagli di carne vaccina provenienti da un allevamento vicino alla disastrata centrale nucleare, contaminati con cesio radioattivo, sono stati messi in commercio e consumati nella città di Shizuoka.
Alto Adige 14-7-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
mercoledì, 29 giugno 2011



Virgolo, aperto il cantiere (di idee)

Dalle fattorie degli animali alla casa per anziani: sul Virgolo ancora non si vede una ruspa e impera il degrado, ma il cantiere, seppur di idee, sta già ribollendo.

Un’esplosione di creatività registrata ai tavoli del maso “Kohlerhof” durante l’incontro organizzato dal consigliere comunale con delega sul futuro del colle cittadino Rudi Benedikter. Quattro tavoli, una ventina di partecipanti e una moltiplicazione di idee, molte delle quali direttamente collegate al quartiere di Oltrisarco-Aslago. Alberghi, sale da ballo, centro wellness, ristoranti, funivie, scalinate, spazi per la musica e vetrina per i prodotti altoatesini: le proposte del post Thun piovono copiose, ma l’incontro è forse servito per individuare il primo e fondamentale nodo da risolvere. Non si va da nessuna parte, infatti, se prima non si supera il bivio che da una parte porta a interventi impattanti e investimenti privati e dall’altra conduce a un puro intervento pubblico, magari meno dispendioso. C’è, comunque, anche chi cerca di uscirne con una via intermedia sotto la bandiera della compartecipazione. Altro punto fermo è senz’altro la condizione di un flusso consistente di persone per prevedere un trasporto a fune.
Posti i paletti, dunque, libero spazio alla fantasia coordinata dalla moderatrice Evi Keifl e supervisionata dallo stesso Benedikter. “La cornice nella quale dobbiamo muoverci è quella del rispetto del Masterplan, rendendo
il Virgolo alla cittadinanza e trovando un accordo con i proprietari. Raccogliere le idee è il primo passo per
l’elaborazione di un documento programmatico che possa essere il più possibile condiviso”. Presente anche
l’assessore comunale all’urbanistica Maria Chiara Pasquali, che punta decisa verso “la realizzazione di una vetrina
dei prodotti tipici dell’Alto Adige, sia nel settore dell’artigianato sia di quello gastronomico”.

Casa per anziani o centro benessere?

Forte la presenza di Circoscrizione e residenti di Oltrisarco che dimostrano di tenere al futuro del Virgolo. “Io opterei - esordisce Wally Rungger - per una soluzione soft, con manutenzione e riqualificazione di quanto già
c’è. Penso ad impianti per il tempo libero con un collegamento a fune, senza stravolgere il volto del Virgolo.
Da analizzare pure il progetto di una casa per anziani, mentre trovo poco convincente un centro benessere”.
Cristina Baldo immagina un “percorso botanico che parta da Aslago e colleghi il monte al quartiere, magari
basandosi su una sinergia con Trauttmannsdorf. Bene anche un centro per anziani e un nuovo ristorante”.
Decisa la ricetta di Dario Caldart: “Nella parte alta bisogna permettere a un privato di investire in un centro
benessere, mentre nella zona bassa vedrei bene appartamenti per studenti e professori universitari”.

Mille gradini e una funicolare

Mille scalini (perché l’ascesa al Virgolo sia anche un regalo al proprio fisico) e una concezione totalmente
pubblica e poco impattante della riqualificazione. Sono questi i presupposti da cui muove il progetto
presentato da Verena Segato  e Maria Teresa Fortini del Comitato “Il Nostro Virgolo”. “Per il collegamento abbiamo previsto una scalinata di 1.088 gradini da 18 centimetri nonché una funicolare di 342 metri e
un dislivello di 196. Pendenza piuttosto impegnativa al 70%”. “A monte - aggiungono Segato e Fortini - cerchiamo una soluzione che permetta a tutti di godersi il Virgolo senza particolari esborsi, speculazioni e stravolgimenti ambientali. Abbiamo ipotizzato anche il restauro dell’Hotel Bellavista del 1898 seguendone la struttura originaria e rendendolo una casa passiva in grado di ospitare, per esempio, centri di socializzazione al costo di circa un milione di euro”.
TAXI Nr. 7 - 07-08/2011
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categoria:ambiente, maso della pieve
martedì, 28 giugno 2011



Discarica Castel Firmiano: restano i dubbi

S abato 25 giugno ci informano che: “Dopo un’accurata opera di risanamento i lavori nell’ex-discarica di Castel Firmiano saranno ultimati entro la fine del mese di luglio” e tra l’altro: “Durnwalder ha dichiarato che dopo i lavori effettuati nell’ex-discarica di Castel Firmiano l’area non rappresenta più un pericolo di inquinamento per l’aria e l’acqua.” Con legge provinciale l’area della discarica a Castel Firmiano è stata dichiarata terreno contaminato. Di fatto però non è stato effettuato “un’accurata opera di risanamento” di detta area inquinata, ma hanno attuato un ampliamento della preesistente discarica per rifiuti pericolosi, violando le norme tecniche e urbanistiche.
 Al sito è stato inflitto una destinazione urbanistica di fatto non compatibile con l’attività realmente svolta. L’ubicazione assolutamente non adatta ha compromesso gravemente le qualità ambientali della zona. L’area della discarica è situata in zona panoramica, in luogo di notevole interesse naturale e storico-culturale, che oltretutto per vocazione avrebbe straordinari pregi di area residenziale. L’opera irrazionale e ingannevole, che comprende l’intervento per la bonifica totale della Collina Bolzano Sud, complessivamente costa ca. 40 milioni euro. Invece, come afferma l’assessore ai lavori pubblici, Mussner, in una lettera dd. 15.12.2010, lo smaltimento dei 2,9 milioni tonnellate di rifiuti speciali nella discarica Ischia Frizzi a Vadena sarebbe costato ca. 500 milioni euro. Tra le vittime dell’intrigo ci sono i proprietari dei terreni, prima di tutto lo stesso Comune di Bolzano, ma anche il Demanio dello Stato. Ma visto che: “anche il sindaco del capoluogo, Luigi Spagnolli, e l’assessore Chiara Pasquali hanno espresso apprezzamento per i lavori effettuati nell’ex discarica”, saranno i magistrati alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti ad occuparsi della legalità dell’opera compiuta dall’amministrazione pubblica.
 Se non lo facessero, i sudtirolesi hanno un ulteriore forte motivo di ricorrere ad un referendum provinciale per decidere come rimediare ai danni inflitti al paese dalle spedizioni punitive di Durnwalder.
Alto Adige 28-6-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
lunedì, 27 giugno 2011



Le Dolomiti sostenibili: servono azioni coraggiose

bellezza e del silenzio?. Come si può non dare ragione a Michil Costa quando ci ricorda che il mondo sta andando in direzione di uno sviluppo,anche economico,che vede in questi elementi un volano essenziale? Come non essere consapevoli che oggi ci vogliono azioni coraggiose centrate su questi valori?
Purtroppo non basta essere concordi con tutto ciò per risolvere il problema. Né mi pare possibile continuare a riproporre quello dei passi come un tema “stagionale” o a se stante. Lo leggo, piuttosto, come “nodo simbolico” di due questioni ormai ineludibili e urgenti.
Le due questioni sono quella della mobilità (sostenibile) tra e nelle Dolomiti e quella del riequilibrio tra territori le cui condizioni di vita restano assolutamente diverse, ancora troppo diverse per condividere temi “conflittuali”. Nonostante siano, oggi, parte di un unicum indivisibile, come riconosciuto dall’Unesco.
Non credo si arriverà ad alcuna soluzione se prima non si affronteranno le diverse istanze territoriali. Come parlare dei passi chiusi quando ancora gli studenti e i lavoratori (del bellunese soprattutto) fanno i conti giornalmente con un sistema trasporti inefficiente e “sconnesso”?
Come pensare che gli operatori economici non vedano le soluzioni “a spot” come nuova penalizzazione e divario tra diverse condizioni di partenza? La questione è annosa.
Già nel 2006 gli allora presidenti Durwalder, Dellai e Reolon, condivisero l’urgenza di una visione comune per la mobilità sostenibile delle Dolomiti, punto focale non solo delle politiche turistiche ma soprattutto di quelle socio-economiche.
Quel progetto strategico, in cui vi erano l’asse ferroviario Venezia Dolomiti-Dobbiaco, progetti interprovinciali del trasporto pubblico capaci di connettere le valli, mobilità ciclopedonale e utilizzo delle funivie oltre la stagione invernale, viveva nello spazio del protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi (che poi il governo stralciò nel 2010) e in visione politica che vedeva nel riconoscimento Unesco, allora avviato, un’importante opportunità di concretizzazione di un nuovo modello di sviluppo centrato sull’equilibrio tra la tutela e l’abitare in montagna.
Oggi, come allora, non è l’Unesco che ci può dare la strada, ma viceversa, è la nostra visione del futuro che può trovare nel riconoscimento uno spazio di concretizzazione. Lì, le cinque province possono (e devono) armonizzazione le loro politiche, continuando quel metodo per cui si è stati vincitori a Siviglia esattamente due anni fa.
E’ sempre più evidente quanto difficile sia questa “partita”, ma è ora che si coinvolgano tutti intorno a quella governance che deve produrre coesione e riequilibrio tra province dolomitiche. E la politica dovrebbe alzarsi oltre le parti e i campanili, per produrre grandi progetti strutturali.
Allora forse potremo lanciare azioni coraggiose come quelle della chiusura dei passi.
Auspico, in questo senso, che quando Bolzano porterà al tavolo della Fondazione Dolomiti Unesco il progetto sulla mobilità sostenibile di cui è responsabile di rete, si siano fatti passi avanti e vi siano le condizioni per azioni giuste e coraggiose per il futuro delle Dolomiti, di chi le visita ma soprattutto di chi le abita.
Irma Visalli *Ex assessore provincia di Belluno
Alto Adige 27-6-11
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categoria:ambiente, valli dolomitiche
domenica, 19 giugno 2011



Virgolo, vertice imprenditori-ambientalisti

ALAN CONTI
BOLZANO. Comune, ambientalisti e gli imprenditori proprietari dei terreni: tutti assieme intorno ad un tavolo per discutere del futuro del Virgolo. E’ successo l’altra sera “Kohlerhof”. Un “deponete le armi” convocato dal consigliere comunale con delega per il Virgolo Rudi Benedikter. L’argomento, si sa, dall’abbandono dei Thun è un foglio bianco su cui chiunque può tracciare un proprio progetto: centro benessere, fattoria per animali, sala da ballo, spazio musicale per giovani o vetrina per i prodotti tipici territoriali sono solo alcuni esempi sbocciati durante l’incontro articolato nelle distinte tavolate, ciascuna con una tematica specifica. Tra i partecipanti, come detto, per la prima volta tutti i protagonisti del dibattito: sono emerse, così, alcune linee guida condivise su un intervento che sia per tutta la cittadinanza e non residenziale, con il punto interrogativo attorno alla partecipazione del settore imprenditoriale. Sui collegamenti, invece, la discriminante legata alla presenza o meno della funivia dovrebbe agganciarsi al flusso di pubblico previsto nelle strutture che saranno realizzate. Importante, la presenza dei proprietari (un pool di noti imprenditori bolzanini), rappresentati da Vittorio Repetto.
«Prima di tutto siamo qui per ascoltare - le parole di Repetto - ribadendo la necessità di creare un punto di ritrovo che possa accrescere l’interesse intorno al Virgolo. L’obiettivo è di rendere il colle patrimonio della città e, in caso di progetto convincente, siamo disposti a mettere a disposizione alcuni terreni. E’ evidente, però, che per raggiungere l’obiettivo sarà necessario trovare una formula in grado di apportare dei vantaggi e garantire degli utili ad eventuali investitori privati. Puntare sul tempo libero e sulla valorizzazione dei due masi esistenti può essere un punto di partenza». Precisa anche l’idea dell’assessore comunale all’urbanistica Maria Chiara Pasquali: «Dobbiamo conciliare le esigenze di residenti, turisti e imprese locali. Meritano attenzione le proposte di realizzare un centro per la musica o una piccola sala congressi. Si potrebbe anche pensare a piccole appendici di ricerca dal polo tecnologico su tematiche ambientali specifiche. Di sicuro non concederemo spazio al residenziale».
Dal fronte ambientalista arrivano progetti concreti. «Da tempo - dice Gertrud Oberrauch del Vke - chiedo si possa realizzare una piccola casetta con gli animali domestici che venga attrezzata per la didattica ai bambini. Si potrebbe così coinvolgere le scuole e avviare progetti di pet therapy». Sportiva, invece, l’elaborazione di Thomas Brachetti di “Ambiente e salute”: «Sarebbe bello predisporre una pista di downhill per la discesa con le mountain bike, tanto gli appassionati già seguono questi percorsi arrivando dal Colle». Christian Sölva, sempre dal Vke, chiede il coinvolgimento di «partner come Eurac, Trauttmannsdorf o Fondazione Vital. I corsi dell’Accademia Europea rappresenterebbero un bel volano per il Virgolo, mentre bisognerà riflettere bene sulla funivia, giustificabile solo con un buon flusso di persone». Non poteva mancare la proposta del comitato “Il nostro Virgolo” rappresentato da Maria Teresa Fortini e Verena Segato: «Abbiamo previsto una scalinata da 1.088 gradini da 18 centimetri, con una funicolare parallela lunga 342 metri con un dislivello di 196. Pendenza piuttosto impegnativa al 70%. A monte, invece, ci impegneremo per il restauro dell’Hotel Bellavista del 1898 seguendone la struttura originaria e rendendolo una casa passiva in grado di ospitare, per esempio, centri di socializzazione al costo di circa un milione di euro».
Fitto il dialogo con Repetto. L’imprenditore però invita a stringere su soluzioni che siano sostenibili anche economicamente. «E vanno sicuramente migliorate le infrastrutture per rendere la collina finalmente raggiungibile tutto l’anno».
Adesso la palla passa a Rudi Benedikter. Tocca a lui tradurre le proposte in realtà e mettere tutti d’accordo: residenti, Comune, ambientalisti, proprietari e quartieri.
Alto Adige 19-6-11
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categoria:ambiente, maso della pieve, sentieri toponomastica
giovedì, 09 giugno 2011



Pronta la giornata senz’auto

BOLZANO. Il 22 settembre 2011 a livello europeo ricorre la Giornata senz’auto con l’obiettivo di sensibilizzare la mobilità alternativa e sostenibile. In Alto Adige l’iniziativa è sostenuta dall’Agenzia provinciale per l’ambiente e dal Dipartimento mobilità, mentre l’Ökoinstitut si occupa di fornire consulenza ai Comuni partecipanti e accompagnarli nella predisposizione delle iniziative. Al fine di presentare la Giornata e le possibili idee per misure da adottare, per la prima volta quest’anno è stato organizzato un incontro informativo al quale hanno aderito 25 Comuni. L’assessore provinciale Michl Laimer, introducendo l’incontro informativo ha sottolineato che più che i divieti di circolazione è importante attivare alternative all’uso dell’automobile all’insegna della mobilità sostenibile e farle conoscere e apprezzare ai cittadini. Come ha sottolineato Harald Reiterer, direttore dell’Ökoinstitut Alto Adige, in provincia di Bolzano il traffico stradale è in costante crescita e proprio il traffico è il maggior responsabile della produzione di gas serra dopo il settore dell’energia. Da qui l’importanza di far presenti i vantaggi della mobilità alternativa (bici, treno, autobus, car-sharing) puntando alla realizzazione di infrastrutture per la “mobilità dolce”. In questa direzione, come ha detto Franziska Mair, responsabile di progetto presso l’Ökoinstitut, si può offrire un servizio di distribuzione di orari dei mezzi pubblici e di relativa informazione, nonché sostenere progetti di sensibilizzazione a vari livelli.
I Comuni partecipanti alla Giornata senz’auto 2010 hanno quindi illustrato i progetti posti in essere nella passata edizione. Nel 2010 avevano aderito all’iniziativa della Giornata senz’auto 30 amministrazioni comunali, ovvero oltre un quarto di tutti i Comuni altoatesini. Sollecitando le amministrazioni a partecipare con molte iniziative e azioni alla Giornata senz’auto il prossimo 22 settembre, l’assessore provinciale Michl Laimer ha posto in evidenza come l’incontro informativo sia servito anche come piattaforma per esempi di “best practice” validi tutto l’anno per la sensibilizzazione verso la mobilità sostenibile.
Alto Adige 9-6-11
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categoria:ambiente, provincia di bolzano
martedì, 07 giugno 2011



Pochi giorni al Referendum 

Il 12 e 13 giugno dobbiamo andare tutti a votare e votare Sì. Rimane un solo ostacolo da abbattere: il quorum. Dobbiamo essere in 27 milioni!
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categoria:ambiente
lunedì, 06 giugno 2011



Giornata dell'Ambiente, le foreste italiane

Nell'anno internazionale a loro dedicato, le foreste sono il tema della Giornata mondiale dell'Ambiente. Dalla Sicilia al Trentino, dal Vesuvio alla Toscana, una fotogalleria su alcune delle più belle foreste italiane.

VEDI SPECIALE GIORNATA AMBIENTE
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categoria:ambiente
lunedì, 23 maggio 2011



I bolzanini: «Virgolo da recuperare subito un parco per famiglie»

ALAN CONTI
BOLZANO. Restituire il Virgolo alla cittadinanza in tempi accettabili. I bolzanini non sono più disposti a vivere di ricordi passati sulla collina cittadina, ma pretendono chiarezza di progetti e velocità d’esecuzione da parte dell’amministrazione. Il tutto partendo da Oltrisarco, uno dei quartieri più vicini alla collina e la cui Circoscrizione è impegnata in prima persona in alcuni incontri interlocutori. Se si è compreso, con la bocciatura dell’idea di Thun, che i progetti faraonici non trovano spazio, allora i residenti chiedono un cambiamento di rotta verso qualcosa di meno complesso ma più rapido. Un parco per le famiglie, una passeggiata curata o una semplice strada non dissestata possono essere tranquillamente catalogati alla voce “primo passo significativo”. Il Vke, inoltre, tiene in caldo una proposta che incontri le esigenze delle scuole e dei più piccoli chiedendo all’amministrazione di prenderla in considerazione. «Quante volte, in passato, sono andata con la mia famiglia al Virgolo - ricorda Natalina Salvi - e oggi vederlo così, dismesso e abbandonato, provo molta tristezza. Davvero siamo arrivati a un punto in cui è necessario che l’amministrazione prenda in mano la situazione senza rimandare tutto alle calende greche. Ci sta che il progetto Thun potesse non piacere a tutti, ma provare a immaginare un parco o uno spazio per le famiglie non dovrebbe essere così difficoltoso. In fondo si tratta di restituire alla città un angolo stupendo che appartiene alla sua storia». Timoteo Velazquez concorda: «Bolzano merita di poter usufruire della collina. E’ uno spreco averla così vicina e lasciarla, sostanzialmente, inutilizzata». Si abbandona ai ricordi anche Luigi Girardi. «Io costruii l’antica funivia che portava al Virgolo e si trattò di un’opera capace di scatenare l’entusiasmo dei bolzanini. Ecco, la speranza è di rivivere a breve un momento così perché davvero oggi siamo sormontati da una bellezza naturale totalmente dimenticata. Nel passato, infatti, faceva parte delle abitudini di noi tutti recarsi talvolta all’albergo per matrimoni o cerimonie oppure dedicarsi semplicemente a una passeggiata. Oggi a nessuno verrebbero in mente idee simili. Il primo passo, comunque, potrebbe essere la riqualificazione della strada che presenta troppe irregolarità e buche per essere considerata accettabile». Idee chiare per la signora Anna: «Bisogna trovare il modo di riconsegnarla nelle mani dei cittadini, come un qualsiasi parco ben strutturato. Non si chiedono interventi particolarmente impattanti né esborsi eccessivi, ma solo maggiore cura. La funivia, certo, sarebbe bella, così come lo sarebbe un bel campo da bocce, ma la priorità è sicuramente la bonifica». Jasmine Locher e Loris Taumann hanno due figli: «Sarebbe davvero bello poterli portare lassù. Le giovani famiglie, infatti, non conoscono bene il Virgolo semplicemente perché non hanno mai avuto l’opportunità di viverlo quotidianamente come, per esempio, può essere uno spazio verde come il parco Mignone. Speriamo che il Comune ci permetta in tempi brevi di riscoprirlo».
 Chiusura con Gertrud Oberrauch che, da responsabile per il Vke sul tema del Virgolo, presenta la sua proposta. «Mi piacerebbe venisse edificato un piccolo maso con tanto di animali adatti al nostro ambiente. In questo modo, infatti, si potrebbero organizzare gite e iniziative con i bambini e le scuole per approfondire temi come l’allevamento nostrano, ma anche il rapporto con la natura e la stessa storia altoatesina sotto questi aspetti». Ci vogliono, però, dei passi istituzionali e proprio il 20 giugno è in calendario una nuova riunione tra le Circoscrizione e i responsabili comunali per analizzare idee e progetti. «Lo sappiamo e abbiamo già comunicato a Rudi Benedikter, referente per il Virgolo in Comune, le nostre intenzioni. Evidentemente è necessario un esborso economico di un certo rilievo e andranno coinvolti sponsor esterni, ma anche la Provincia dovrà fare la sua parte. Difficile, infatti, che le casse comunali possano mai sobbarcarsi da sole l’intera riqualificazione».
Alto Adige 22-5-11
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categoria:ambiente, sentieri toponomastica
giovedì, 19 maggio 2011



L’ambiente si difende a Sinigo, a San Giacomo inquinano più i Tir che i jet

GIANCARLO ANSALONI
Torna alla ribalta la “querelle” sull’aeroporto, proprio all’indomani dell’approvazione da parte della Giunta del piano per la ristrutturazione che prevede il ripristino della pista com’era all’inaugurazione, ma parziale, cioè a 1400 metri anziché 1426 (contro i 1263 metri attuali). Domani, venerdì, infatti ci sarà il secondo round fra l’assessore Widmann, con i tecnici dell’Abd, (presenti anche quelli dell’Enac) e i protezionisti, in lotta da anni contro il progetto. Un mese fa il Dachverband, irritato per la mancata consegna “masterplan” aveva abbandonato per protesta il tavolo, chiedendo copie del “masterplan” che nel frattempo dovrebbero essere state consegnate. La rinuncia al ripristino totale della pista, dovrebbe fugare i timori circa l’accesso ad aerei oltre i 70-80 posti, tanto meno di jet, con conseguente aumento degli inquinanti (kerosene e rumori), poiché potranno atterrare solo dei turboelica poco più grandi degli attuali Dornier (31 posti), ma con capacità quasi tripla. Se l’inquinamento è dunque l’elemento che più turba il sonno degli ecologisti che sono tuttavia affetti da “strabismo”. Infatti poche settimane fa, gli abitanti di Sinigo (zona urbana, praticamente Merano) si sono trovati, a dover lottare, contro l’impianto “Rem-Tec”, (sospetta lavorazione di rifiuti ad alto rischio); a Caldaro invece, altro esempio, la Dorfliste denunciò tempo fa il taglio di 38 mila metri quadrati di bosco ceduti come vigneto a contadini del luogo: in nessuno dei due casi si è sentito un “bah” da parte degli ecologisti; a difendere Sinigo sono intervenuti albergatori e Bauernbund. Ma ancor più eclatante il silenzio di fronte alla denuncia di un ex consigliere della lista civica di Appiano, Christoph Franceschini, giornalista della “Tageszeitung”, il quale finora non smentito, avrebbe accertato l’uso, nel maggio 2010, di un pesticida vietato 5 anni fa dalla UE, in un vigneto, di proprietà del Comune di Appiano, esteso su 46 ettari fra Riva di Sotto ed Andriano, proprio laddove dovrebbe sorgere un campo da golf. Un “inquinamento” scoperto fra l’altro dall’Agrios, “Gruppo di lavoro per la coltivazione integrata”, ente privato di “autocontrollo”, non tenuto quindi a divulgare i risultati, confermati comunque da una doppia analisi chimica fuori regione. Causa: un pesticida, l’ “Endosulfan”, micidiale fra l’altro, per i pesci di una attigua “zona umida”.
L’episodio, che si spera isolato, ha finito comunque per dare corpo a voci seppur vaghe, circa l’esistenza di un presunto, sia pur limitato, “traffico” di pesticidi proibiti, introdotti in Alto Adige da lavoratori stagionali dell’Est e da occasionali”corrieri” anche dalla Spagna, quindi difficili da individuare. In effetti gli uffici dell’Appa provinciale (protezione ambiente) non hanno potuto, né confermare, né escludere tale ipotesi. Pressoché sicuri dunque gli alimenti, un po’ meno l’aria, considerato che quasi tutti i paesi della Bassa sono “assediati” dai frutteti; in certe giornate, ad esempio presso la stazione di Ora (e non solo là), le narici della gente avvertono chiaramente il “profumo” di anticrittogamici. Tre anni fa, un “Comitato per il diritto alla salute”, condusse un monitoraggio in Val di Non trovando residui di fitofarmaci nelle case e tracce nelle urine di bambini. Un analogo controllo in Alto Adige pare non sia mai stato fatto per le resistenze incontrate. Merita anche citare, a questo proposito un nuovo scenario descritto dal settimanale “ff”: cioè i forti contrasti in atto fra coltivatori tradizionale e quelli “biologici”, in costante espansione. Siamo di fronte insomma a un panorama inedito, sul quale genuini ecologisti potrebbero esercitare la loro competenza con campagne di sensibilizzazione in difesa dell’ambiente, nonché di incentivazione del biologico. Ma è evidentemente più facile e politicamente “redditizio” prendere di mira una striscia di terreno di un centinaio di metri e quattro aerei che in tre minuti, bruciando non più di 25-30 litri di kerosene (praticamente un canistro), arrivano a oltre i 1.000 metri di quota, diventando “invisibili” già all’altezza di Ora ed emettendo residui di CO2 e anidride solforosa del tutto insignificanti rispetto, sia alle tonnellate di “fitofarmaci” spruzzati sui meli sottostanti”, sia ai gas al suolo degli autotreni lungo la A22. Quanto alla richiesta del “Sozialtisch” di rinunciare alla ristrutturazione, in linea con la Convenzione delle Alpi, basti dire che ad Aosta si sta lavorando per un analogo ampliamento e che a Cuneo pare si voli addirittura”low cost”. Eppure anche là ci sono le Alpi.
Alto Adige 19-5-11
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categoria:ambiente, aereoporto san giacomo

martedì, 28 giugno 2011



Discarica Castel Firmiano: restano i dubbi

S abato 25 giugno ci informano che: “Dopo un’accurata opera di risanamento i lavori nell’ex-discarica di Castel Firmiano saranno ultimati entro la fine del mese di luglio” e tra l’altro: “Durnwalder ha dichiarato che dopo i lavori effettuati nell’ex-discarica di Castel Firmiano l’area non rappresenta più un pericolo di inquinamento per l’aria e l’acqua.” Con legge provinciale l’area della discarica a Castel Firmiano è stata dichiarata terreno contaminato. Di fatto però non è stato effettuato “un’accurata opera di risanamento” di detta area inquinata, ma hanno attuato un ampliamento della preesistente discarica per rifiuti pericolosi, violando le norme tecniche e urbanistiche.
 Al sito è stato inflitto una destinazione urbanistica di fatto non compatibile con l’attività realmente svolta. L’ubicazione assolutamente non adatta ha compromesso gravemente le qualità ambientali della zona. L’area della discarica è situata in zona panoramica, in luogo di notevole interesse naturale e storico-culturale, che oltretutto per vocazione avrebbe straordinari pregi di area residenziale. L’opera irrazionale e ingannevole, che comprende l’intervento per la bonifica totale della Collina Bolzano Sud, complessivamente costa ca. 40 milioni euro. Invece, come afferma l’assessore ai lavori pubblici, Mussner, in una lettera dd. 15.12.2010, lo smaltimento dei 2,9 milioni tonnellate di rifiuti speciali nella discarica Ischia Frizzi a Vadena sarebbe costato ca. 500 milioni euro. Tra le vittime dell’intrigo ci sono i proprietari dei terreni, prima di tutto lo stesso Comune di Bolzano, ma anche il Demanio dello Stato. Ma visto che: “anche il sindaco del capoluogo, Luigi Spagnolli, e l’assessore Chiara Pasquali hanno espresso apprezzamento per i lavori effettuati nell’ex discarica”, saranno i magistrati alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti ad occuparsi della legalità dell’opera compiuta dall’amministrazione pubblica.
 Se non lo facessero, i sudtirolesi hanno un ulteriore forte motivo di ricorrere ad un referendum provinciale per decidere come rimediare ai danni inflitti al paese dalle spedizioni punitive di Durnwalder.
Alto Adige 28-6-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
lunedì, 27 giugno 2011



Le Dolomiti sostenibili: servono azioni coraggiose

bellezza e del silenzio?. Come si può non dare ragione a Michil Costa quando ci ricorda che il mondo sta andando in direzione di uno sviluppo,anche economico,che vede in questi elementi un volano essenziale? Come non essere consapevoli che oggi ci vogliono azioni coraggiose centrate su questi valori?
Purtroppo non basta essere concordi con tutto ciò per risolvere il problema. Né mi pare possibile continuare a riproporre quello dei passi come un tema “stagionale” o a se stante. Lo leggo, piuttosto, come “nodo simbolico” di due questioni ormai ineludibili e urgenti.
Le due questioni sono quella della mobilità (sostenibile) tra e nelle Dolomiti e quella del riequilibrio tra territori le cui condizioni di vita restano assolutamente diverse, ancora troppo diverse per condividere temi “conflittuali”. Nonostante siano, oggi, parte di un unicum indivisibile, come riconosciuto dall’Unesco.
Non credo si arriverà ad alcuna soluzione se prima non si affronteranno le diverse istanze territoriali. Come parlare dei passi chiusi quando ancora gli studenti e i lavoratori (del bellunese soprattutto) fanno i conti giornalmente con un sistema trasporti inefficiente e “sconnesso”?
Come pensare che gli operatori economici non vedano le soluzioni “a spot” come nuova penalizzazione e divario tra diverse condizioni di partenza? La questione è annosa.
Già nel 2006 gli allora presidenti Durwalder, Dellai e Reolon, condivisero l’urgenza di una visione comune per la mobilità sostenibile delle Dolomiti, punto focale non solo delle politiche turistiche ma soprattutto di quelle socio-economiche.
Quel progetto strategico, in cui vi erano l’asse ferroviario Venezia Dolomiti-Dobbiaco, progetti interprovinciali del trasporto pubblico capaci di connettere le valli, mobilità ciclopedonale e utilizzo delle funivie oltre la stagione invernale, viveva nello spazio del protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi (che poi il governo stralciò nel 2010) e in visione politica che vedeva nel riconoscimento Unesco, allora avviato, un’importante opportunità di concretizzazione di un nuovo modello di sviluppo centrato sull’equilibrio tra la tutela e l’abitare in montagna.
Oggi, come allora, non è l’Unesco che ci può dare la strada, ma viceversa, è la nostra visione del futuro che può trovare nel riconoscimento uno spazio di concretizzazione. Lì, le cinque province possono (e devono) armonizzazione le loro politiche, continuando quel metodo per cui si è stati vincitori a Siviglia esattamente due anni fa.
E’ sempre più evidente quanto difficile sia questa “partita”, ma è ora che si coinvolgano tutti intorno a quella governance che deve produrre coesione e riequilibrio tra province dolomitiche. E la politica dovrebbe alzarsi oltre le parti e i campanili, per produrre grandi progetti strutturali.
Allora forse potremo lanciare azioni coraggiose come quelle della chiusura dei passi.
Auspico, in questo senso, che quando Bolzano porterà al tavolo della Fondazione Dolomiti Unesco il progetto sulla mobilità sostenibile di cui è responsabile di rete, si siano fatti passi avanti e vi siano le condizioni per azioni giuste e coraggiose per il futuro delle Dolomiti, di chi le visita ma soprattutto di chi le abita.
Irma Visalli *Ex assessore provincia di Belluno
Alto Adige 27-6-11
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categoria:ambiente, valli dolomitiche
domenica, 19 giugno 2011



Virgolo, vertice imprenditori-ambientalisti

ALAN CONTI
BOLZANO. Comune, ambientalisti e gli imprenditori proprietari dei terreni: tutti assieme intorno ad un tavolo per discutere del futuro del Virgolo. E’ successo l’altra sera “Kohlerhof”. Un “deponete le armi” convocato dal consigliere comunale con delega per il Virgolo Rudi Benedikter. L’argomento, si sa, dall’abbandono dei Thun è un foglio bianco su cui chiunque può tracciare un proprio progetto: centro benessere, fattoria per animali, sala da ballo, spazio musicale per giovani o vetrina per i prodotti tipici territoriali sono solo alcuni esempi sbocciati durante l’incontro articolato nelle distinte tavolate, ciascuna con una tematica specifica. Tra i partecipanti, come detto, per la prima volta tutti i protagonisti del dibattito: sono emerse, così, alcune linee guida condivise su un intervento che sia per tutta la cittadinanza e non residenziale, con il punto interrogativo attorno alla partecipazione del settore imprenditoriale. Sui collegamenti, invece, la discriminante legata alla presenza o meno della funivia dovrebbe agganciarsi al flusso di pubblico previsto nelle strutture che saranno realizzate. Importante, la presenza dei proprietari (un pool di noti imprenditori bolzanini), rappresentati da Vittorio Repetto.
«Prima di tutto siamo qui per ascoltare - le parole di Repetto - ribadendo la necessità di creare un punto di ritrovo che possa accrescere l’interesse intorno al Virgolo. L’obiettivo è di rendere il colle patrimonio della città e, in caso di progetto convincente, siamo disposti a mettere a disposizione alcuni terreni. E’ evidente, però, che per raggiungere l’obiettivo sarà necessario trovare una formula in grado di apportare dei vantaggi e garantire degli utili ad eventuali investitori privati. Puntare sul tempo libero e sulla valorizzazione dei due masi esistenti può essere un punto di partenza». Precisa anche l’idea dell’assessore comunale all’urbanistica Maria Chiara Pasquali: «Dobbiamo conciliare le esigenze di residenti, turisti e imprese locali. Meritano attenzione le proposte di realizzare un centro per la musica o una piccola sala congressi. Si potrebbe anche pensare a piccole appendici di ricerca dal polo tecnologico su tematiche ambientali specifiche. Di sicuro non concederemo spazio al residenziale».
Dal fronte ambientalista arrivano progetti concreti. «Da tempo - dice Gertrud Oberrauch del Vke - chiedo si possa realizzare una piccola casetta con gli animali domestici che venga attrezzata per la didattica ai bambini. Si potrebbe così coinvolgere le scuole e avviare progetti di pet therapy». Sportiva, invece, l’elaborazione di Thomas Brachetti di “Ambiente e salute”: «Sarebbe bello predisporre una pista di downhill per la discesa con le mountain bike, tanto gli appassionati già seguono questi percorsi arrivando dal Colle». Christian Sölva, sempre dal Vke, chiede il coinvolgimento di «partner come Eurac, Trauttmannsdorf o Fondazione Vital. I corsi dell’Accademia Europea rappresenterebbero un bel volano per il Virgolo, mentre bisognerà riflettere bene sulla funivia, giustificabile solo con un buon flusso di persone». Non poteva mancare la proposta del comitato “Il nostro Virgolo” rappresentato da Maria Teresa Fortini e Verena Segato: «Abbiamo previsto una scalinata da 1.088 gradini da 18 centimetri, con una funicolare parallela lunga 342 metri con un dislivello di 196. Pendenza piuttosto impegnativa al 70%. A monte, invece, ci impegneremo per il restauro dell’Hotel Bellavista del 1898 seguendone la struttura originaria e rendendolo una casa passiva in grado di ospitare, per esempio, centri di socializzazione al costo di circa un milione di euro».
Fitto il dialogo con Repetto. L’imprenditore però invita a stringere su soluzioni che siano sostenibili anche economicamente. «E vanno sicuramente migliorate le infrastrutture per rendere la collina finalmente raggiungibile tutto l’anno».
Adesso la palla passa a Rudi Benedikter. Tocca a lui tradurre le proposte in realtà e mettere tutti d’accordo: residenti, Comune, ambientalisti, proprietari e quartieri.
Alto Adige 19-6-11
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categoria:ambiente, maso della pieve, sentieri toponomastica
giovedì, 09 giugno 2011



Pronta la giornata senz’auto

BOLZANO. Il 22 settembre 2011 a livello europeo ricorre la Giornata senz’auto con l’obiettivo di sensibilizzare la mobilità alternativa e sostenibile. In Alto Adige l’iniziativa è sostenuta dall’Agenzia provinciale per l’ambiente e dal Dipartimento mobilità, mentre l’Ökoinstitut si occupa di fornire consulenza ai Comuni partecipanti e accompagnarli nella predisposizione delle iniziative. Al fine di presentare la Giornata e le possibili idee per misure da adottare, per la prima volta quest’anno è stato organizzato un incontro informativo al quale hanno aderito 25 Comuni. L’assessore provinciale Michl Laimer, introducendo l’incontro informativo ha sottolineato che più che i divieti di circolazione è importante attivare alternative all’uso dell’automobile all’insegna della mobilità sostenibile e farle conoscere e apprezzare ai cittadini. Come ha sottolineato Harald Reiterer, direttore dell’Ökoinstitut Alto Adige, in provincia di Bolzano il traffico stradale è in costante crescita e proprio il traffico è il maggior responsabile della produzione di gas serra dopo il settore dell’energia. Da qui l’importanza di far presenti i vantaggi della mobilità alternativa (bici, treno, autobus, car-sharing) puntando alla realizzazione di infrastrutture per la “mobilità dolce”. In questa direzione, come ha detto Franziska Mair, responsabile di progetto presso l’Ökoinstitut, si può offrire un servizio di distribuzione di orari dei mezzi pubblici e di relativa informazione, nonché sostenere progetti di sensibilizzazione a vari livelli.
I Comuni partecipanti alla Giornata senz’auto 2010 hanno quindi illustrato i progetti posti in essere nella passata edizione. Nel 2010 avevano aderito all’iniziativa della Giornata senz’auto 30 amministrazioni comunali, ovvero oltre un quarto di tutti i Comuni altoatesini. Sollecitando le amministrazioni a partecipare con molte iniziative e azioni alla Giornata senz’auto il prossimo 22 settembre, l’assessore provinciale Michl Laimer ha posto in evidenza come l’incontro informativo sia servito anche come piattaforma per esempi di “best practice” validi tutto l’anno per la sensibilizzazione verso la mobilità sostenibile.
Alto Adige 9-6-11
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martedì, 07 giugno 2011



Pochi giorni al Referendum 

Il 12 e 13 giugno dobbiamo andare tutti a votare e votare Sì. Rimane un solo ostacolo da abbattere: il quorum. Dobbiamo essere in 27 milioni!
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lunedì, 06 giugno 2011



Giornata dell'Ambiente, le foreste italiane

Nell'anno internazionale a loro dedicato, le foreste sono il tema della Giornata mondiale dell'Ambiente. Dalla Sicilia al Trentino, dal Vesuvio alla Toscana, una fotogalleria su alcune delle più belle foreste italiane.

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categoria:ambiente
lunedì, 23 maggio 2011



I bolzanini: «Virgolo da recuperare subito un parco per famiglie»

ALAN CONTI
BOLZANO. Restituire il Virgolo alla cittadinanza in tempi accettabili. I bolzanini non sono più disposti a vivere di ricordi passati sulla collina cittadina, ma pretendono chiarezza di progetti e velocità d’esecuzione da parte dell’amministrazione. Il tutto partendo da Oltrisarco, uno dei quartieri più vicini alla collina e la cui Circoscrizione è impegnata in prima persona in alcuni incontri interlocutori. Se si è compreso, con la bocciatura dell’idea di Thun, che i progetti faraonici non trovano spazio, allora i residenti chiedono un cambiamento di rotta verso qualcosa di meno complesso ma più rapido. Un parco per le famiglie, una passeggiata curata o una semplice strada non dissestata possono essere tranquillamente catalogati alla voce “primo passo significativo”. Il Vke, inoltre, tiene in caldo una proposta che incontri le esigenze delle scuole e dei più piccoli chiedendo all’amministrazione di prenderla in considerazione. «Quante volte, in passato, sono andata con la mia famiglia al Virgolo - ricorda Natalina Salvi - e oggi vederlo così, dismesso e abbandonato, provo molta tristezza. Davvero siamo arrivati a un punto in cui è necessario che l’amministrazione prenda in mano la situazione senza rimandare tutto alle calende greche. Ci sta che il progetto Thun potesse non piacere a tutti, ma provare a immaginare un parco o uno spazio per le famiglie non dovrebbe essere così difficoltoso. In fondo si tratta di restituire alla città un angolo stupendo che appartiene alla sua storia». Timoteo Velazquez concorda: «Bolzano merita di poter usufruire della collina. E’ uno spreco averla così vicina e lasciarla, sostanzialmente, inutilizzata». Si abbandona ai ricordi anche Luigi Girardi. «Io costruii l’antica funivia che portava al Virgolo e si trattò di un’opera capace di scatenare l’entusiasmo dei bolzanini. Ecco, la speranza è di rivivere a breve un momento così perché davvero oggi siamo sormontati da una bellezza naturale totalmente dimenticata. Nel passato, infatti, faceva parte delle abitudini di noi tutti recarsi talvolta all’albergo per matrimoni o cerimonie oppure dedicarsi semplicemente a una passeggiata. Oggi a nessuno verrebbero in mente idee simili. Il primo passo, comunque, potrebbe essere la riqualificazione della strada che presenta troppe irregolarità e buche per essere considerata accettabile». Idee chiare per la signora Anna: «Bisogna trovare il modo di riconsegnarla nelle mani dei cittadini, come un qualsiasi parco ben strutturato. Non si chiedono interventi particolarmente impattanti né esborsi eccessivi, ma solo maggiore cura. La funivia, certo, sarebbe bella, così come lo sarebbe un bel campo da bocce, ma la priorità è sicuramente la bonifica». Jasmine Locher e Loris Taumann hanno due figli: «Sarebbe davvero bello poterli portare lassù. Le giovani famiglie, infatti, non conoscono bene il Virgolo semplicemente perché non hanno mai avuto l’opportunità di viverlo quotidianamente come, per esempio, può essere uno spazio verde come il parco Mignone. Speriamo che il Comune ci permetta in tempi brevi di riscoprirlo».
 Chiusura con Gertrud Oberrauch che, da responsabile per il Vke sul tema del Virgolo, presenta la sua proposta. «Mi piacerebbe venisse edificato un piccolo maso con tanto di animali adatti al nostro ambiente. In questo modo, infatti, si potrebbero organizzare gite e iniziative con i bambini e le scuole per approfondire temi come l’allevamento nostrano, ma anche il rapporto con la natura e la stessa storia altoatesina sotto questi aspetti». Ci vogliono, però, dei passi istituzionali e proprio il 20 giugno è in calendario una nuova riunione tra le Circoscrizione e i responsabili comunali per analizzare idee e progetti. «Lo sappiamo e abbiamo già comunicato a Rudi Benedikter, referente per il Virgolo in Comune, le nostre intenzioni. Evidentemente è necessario un esborso economico di un certo rilievo e andranno coinvolti sponsor esterni, ma anche la Provincia dovrà fare la sua parte. Difficile, infatti, che le casse comunali possano mai sobbarcarsi da sole l’intera riqualificazione».
Alto Adige 22-5-11
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categoria:ambiente, sentieri toponomastica
giovedì, 19 maggio 2011



L’ambiente si difende a Sinigo, a San Giacomo inquinano più i Tir che i jet

GIANCARLO ANSALONI
Torna alla ribalta la “querelle” sull’aeroporto, proprio all’indomani dell’approvazione da parte della Giunta del piano per la ristrutturazione che prevede il ripristino della pista com’era all’inaugurazione, ma parziale, cioè a 1400 metri anziché 1426 (contro i 1263 metri attuali). Domani, venerdì, infatti ci sarà il secondo round fra l’assessore Widmann, con i tecnici dell’Abd, (presenti anche quelli dell’Enac) e i protezionisti, in lotta da anni contro il progetto. Un mese fa il Dachverband, irritato per la mancata consegna “masterplan” aveva abbandonato per protesta il tavolo, chiedendo copie del “masterplan” che nel frattempo dovrebbero essere state consegnate. La rinuncia al ripristino totale della pista, dovrebbe fugare i timori circa l’accesso ad aerei oltre i 70-80 posti, tanto meno di jet, con conseguente aumento degli inquinanti (kerosene e rumori), poiché potranno atterrare solo dei turboelica poco più grandi degli attuali Dornier (31 posti), ma con capacità quasi tripla. Se l’inquinamento è dunque l’elemento che più turba il sonno degli ecologisti che sono tuttavia affetti da “strabismo”. Infatti poche settimane fa, gli abitanti di Sinigo (zona urbana, praticamente Merano) si sono trovati, a dover lottare, contro l’impianto “Rem-Tec”, (sospetta lavorazione di rifiuti ad alto rischio); a Caldaro invece, altro esempio, la Dorfliste denunciò tempo fa il taglio di 38 mila metri quadrati di bosco ceduti come vigneto a contadini del luogo: in nessuno dei due casi si è sentito un “bah” da parte degli ecologisti; a difendere Sinigo sono intervenuti albergatori e Bauernbund. Ma ancor più eclatante il silenzio di fronte alla denuncia di un ex consigliere della lista civica di Appiano, Christoph Franceschini, giornalista della “Tageszeitung”, il quale finora non smentito, avrebbe accertato l’uso, nel maggio 2010, di un pesticida vietato 5 anni fa dalla UE, in un vigneto, di proprietà del Comune di Appiano, esteso su 46 ettari fra Riva di Sotto ed Andriano, proprio laddove dovrebbe sorgere un campo da golf. Un “inquinamento” scoperto fra l’altro dall’Agrios, “Gruppo di lavoro per la coltivazione integrata”, ente privato di “autocontrollo”, non tenuto quindi a divulgare i risultati, confermati comunque da una doppia analisi chimica fuori regione. Causa: un pesticida, l’ “Endosulfan”, micidiale fra l’altro, per i pesci di una attigua “zona umida”.
L’episodio, che si spera isolato, ha finito comunque per dare corpo a voci seppur vaghe, circa l’esistenza di un presunto, sia pur limitato, “traffico” di pesticidi proibiti, introdotti in Alto Adige da lavoratori stagionali dell’Est e da occasionali”corrieri” anche dalla Spagna, quindi difficili da individuare. In effetti gli uffici dell’Appa provinciale (protezione ambiente) non hanno potuto, né confermare, né escludere tale ipotesi. Pressoché sicuri dunque gli alimenti, un po’ meno l’aria, considerato che quasi tutti i paesi della Bassa sono “assediati” dai frutteti; in certe giornate, ad esempio presso la stazione di Ora (e non solo là), le narici della gente avvertono chiaramente il “profumo” di anticrittogamici. Tre anni fa, un “Comitato per il diritto alla salute”, condusse un monitoraggio in Val di Non trovando residui di fitofarmaci nelle case e tracce nelle urine di bambini. Un analogo controllo in Alto Adige pare non sia mai stato fatto per le resistenze incontrate. Merita anche citare, a questo proposito un nuovo scenario descritto dal settimanale “ff”: cioè i forti contrasti in atto fra coltivatori tradizionale e quelli “biologici”, in costante espansione. Siamo di fronte insomma a un panorama inedito, sul quale genuini ecologisti potrebbero esercitare la loro competenza con campagne di sensibilizzazione in difesa dell’ambiente, nonché di incentivazione del biologico. Ma è evidentemente più facile e politicamente “redditizio” prendere di mira una striscia di terreno di un centinaio di metri e quattro aerei che in tre minuti, bruciando non più di 25-30 litri di kerosene (praticamente un canistro), arrivano a oltre i 1.000 metri di quota, diventando “invisibili” già all’altezza di Ora ed emettendo residui di CO2 e anidride solforosa del tutto insignificanti rispetto, sia alle tonnellate di “fitofarmaci” spruzzati sui meli sottostanti”, sia ai gas al suolo degli autotreni lungo la A22. Quanto alla richiesta del “Sozialtisch” di rinunciare alla ristrutturazione, in linea con la Convenzione delle Alpi, basti dire che ad Aosta si sta lavorando per un analogo ampliamento e che a Cuneo pare si voli addirittura”low cost”. Eppure anche là ci sono le Alpi.
Alto Adige 19-5-11
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categoria:ambiente, aereoporto san giacomo
giovedì, 19 maggio 2011



Virgolo: Centro giovani per rilanciare l’area abbandonata

BOLZANO. Possibili scenari futuri sul Virgolo. Ne ha discusso ieri il consiglio di quartiere Centro-Piani-Rencio, presenti anche consiglieri di Oltrisarco, in un incontro al quale ha partecipato Rudy Benedikter, incaricato dal consiglio comunale di seguire la questione Virgolo. Un anno fa l’addio di Thun che avrebbe voluto realizzarvi la sede dell’azienda. Un’occasione che il Comune non ha saputo cogliere.
Sono emerse una serie di proposte. C’è chi pensa ad un centro per i giovani, chi invece ci metterebbe un centro convegni con annessi spazi per la cultura. Altri preferirebbero qualcosa di più turistico: un ristorante, magari un albergo. Comunque, dovrà essere una soluzione poco impattante dal punto di vista ambientale.
Le idee non mancano su quello che potrebbe essere il futuro del Virgolo, zona che ha avuto un periodo d’oro negli anni Sessanta ma ormai da tempo è abbandonata. Il fatto è che l’area di cui si discute non è pubblica. Appartiene ad una società di imprenditori, capofila il costruttore Vittorio Repetto. Thun, che ha abbandonato dopo che per due anni ha atteso invano un sì o un no dal Comune sulla possibilità di attuare il progetto, aveva trovato l’accordo con i privati. Naufragato quel progetto, tutto è di nuovo in alto mare.
«Se non si vuole - spiega il presidente della circoscrizione Centro Rainer Steger - che tutti i discorsi sul Virgolo rimangano bei sogni, bisogna trovare un’intesa a tre: privati, Comune e Provincia. Solo così l’operazione sarà economicamente sostenibile. Benedikter ha spiegato che solo la funivia Bolzano-Virgolo costerebbe intorno ai 12 milioni».
Il fatto è che né prima né dopo Thun nessun altro privato si è fatto avanti per dire di essere interessato ad una qualche operazione.
«In effetti - ammette Steger - personalmente prima di lasciar cadere la soluzione prospettata dall’imprenditore bolzanino, ci avrei lavorato ancora un po’. Ovvero, avrei cercato di contenere al massimo l’impatto ambientale e nel contempo avrei puntato ad ottenere spazi da mettere a disposizione della città. Ma questo ormai appartiene al passato: dobbiamo trovare un’altra soluzione per valorizzare quell’angolo di città». Entro il 20 giugno i consigli di quartiere Centro e Oltrisarco si riuniranno per mettere nero su bianco le proposte. (an.ma)
Alto Adige 19-5-11
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categoria:ambiente, maso della pieve, sentieri toponomastica
domenica, 08 maggio 2011



Il nucleare dietro l’angolo

Carne da da reattore: è la vita di una dei tanti operai a contratto nelle centrali nucleari francesi. O almeno così la racconta l’esordio letterario della Filhol che in Francia è stata una rivelazione e il cui libro è stato premiato come migliore opera prima. Figlia di una generazione (l’autrice è nata nel 1965) che ha subito lo choc di Chernobyl (25 anni fa), Fihlol narra con grande abilità, con una scrittura secca e clinica, la quotidianità di uno di questi operai, Yann. Un uomo alle prese con un Moloch che ha bisogno ogni giorno di un pezzetto dell’esistenza di chi assicura il suo finanziamento e la sua produttività. Perché questo è il prezzo da pagare per assicurarsi uno sviluppo sempre maggiore dove l’equilibrio nel rapporto uomo-natura ha un’asticella ogni volta più alta. Una logica di mercato che governa una professione solo in apparenza diversa dalle altre. Yann e i suoi compagni sono una confraternita di lavoratori nomadi, precari, cresciuti all’ombra della catastrofe in Ucraina e uniti dalla consapevolezza del pericolo, dalla minaccia dell’irradiazione e della sovraesposizione. “Visto dall’esterno - racconta Yann - nulla di inquietante. I pennacchi di vapore s’innalzano al di sopra delle torri refrigeranti e i centocinquanta ettari su cui si stendono gli impianti appaiono come un luogo tranquillo. Sotto controllo. Ma sotto?”. E’ la domanda che tutti si fanno, dietro una calma ingannevole: il motore imballato del sistema, e gli uomini che dovrebbero pilotare la macchina, mantenuti sotto pressione artificialmente - incalza Yann - si incrinano a loro volta. Fin dove? Qual è il punto di rottura?. La centrale è appunto fredda, impenetrabile, indistruttibile nella sua coerenza scientifica: un corpo dal cemento grigio nel quale Yann e i suoi colleghi si aggirano alle prese con una ossessiva e ripetuta meccanicità di comportamenti. Da un romanzo che è già un caso all’attualità. Già: come conoscere davvero il nucleare con il referendum del 12 e 13 giugno alle porte e il disastro di Fukushima in corso? Su questo tema ecco due volumetti che affrontano il tema dell’energia atomica con la forma del libro intervista. A parlare, grandi nomi della scena italiana, pronti a spiegare i pro e i contro. Cinque autorevoli personaggi del mondo scientifico e politico (Fulco Pratesi del Wwf, i professori di fisica matematica Gianni Mattioli e Massimo Scalia, il verde Angelo Bonelli e il docente di chimica Vincenzo Balzani) dicono no. Dall’altra il sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia, l’ad di Enel Fulvio Conti, Umberto Minopoli di Ansaldo Nucleare, l’oncologo Umberto Tirelli e Chicco Testa dicono sì.

Elisabeth Filhol La centrale
Fazi editore, pagg. 125, 12 euro

Flaminia Festuccia
Perché sì e perché no al nucleare
Armando editore, due volumi
pagg. 95 e pagg. 80,   8 euro ciascuno
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categoria:ambiente, letture, salute
giovedì, 28 aprile 2011



Domani a San Giacomo Tchertkoff racconta il dramma di Chernobyl

ARTURO ZILLI
Wladimir Tchertkoff, giornalista e documentarista di origine russa che ha lavorato per oltre trent’anni per la Radio e Televisione della Svizzera Italiana, sarà ospite domani alle 20.30 di Centro Pace, Comune di Laives Associazione Chernobyl Alto Adige nel teatro di San Giacomo per una serata intitolata «Chernobyl, 25 anni dopo». Sarà presentato il documentario «Il sacrificio» che Tchertkoff ha girato assieme a Emanuela Andreoli e che testimonia, attraverso la storia di cinque «liquidatori» - i lavoratori che si immolarono per contenere il disastro nucleare - la morte per mano della tecnologia di un’area immensa, compresa tra Ucraina, Russia e Bielorussia, dove milioni di persone e di bambini vivono, a distanza di un quarto di secolo, la maledizione del cesio 137, la sostanza radioattiva che si sta mangiando lentamente i loro organi vitali.
Signor Tchertkoff, come ha cominciato a interessarsi degli effetti del disastro di Chernobyl?
In un arco di tempo che ricopre più di un decennio, dal ’90 al 2001, grazie anche alla mia conoscenza della lingua russa, venni inviato dalla tv svizzera in Ucraina e Bielorussia a documentare gli effetti di Chernobyl. Rimasi impressionato e da allora non ho smesso di documentarmi e di documentare, girando sei film. «Il sacrificio» raccoglie appunto le testimonianze in vita di cinque «liquidatori», operai che si immolarono per contenere l’incidente nucleare e che sono morti di cancro.
È stato difficile avvicinare l’ambiente?
No. Grazie a una mia amica, direttrice della pubblicazione dei russi dissidenti all’estero con sede a Parigi, riuscii a contattare la giornalista Svetlana Sovrasova che mi ha organizzò diversi incontri con le famiglie dei liquidatori. Un giovane fisico nucleare ucraino, in contatto con Greenpeace, mi ha aiutato a capire quello che era successo dal punto di vista scientifico.
Quante sono state le vittime di Chernobyl?
Infinitamente di più delle poche decine di morti accertate di cui parla l’Oms, che ha coperto l’entità dei danni alle popolazioni investite dalle radiazioni, abbandonate a se stesse ancora oggi.
Esistono altri studi?
L’Accademia delle Scienze di New York ha dedicato uno dei suoi annali - «Chernobyl: Consequences of the Catastrophe for People and the Environment» - all’incidente ucraino. Questo volume raccoglie i risultati di 5.000 studi svolti da ricercatori di lingua russa nelle zone più colpite dagli effetti del disastro e le cifre che vi sono contenute sono diverse da quelle dell’Oms: si parla di centinaia di migliaia di morti. Ma la cosa più grave e criminale è lo stato di abbandono sanitario in cui sono stati lasciati gli abitanti delle zone contaminate dal cesio 137 che viene assorbito dall’organismo e distrugge gli organi vitali. Questo effetto si potrebbe evitare facendo assumere dalla popolazione la pectina, una molecola che aiuta l’eliminazione dei radionuclidi. Ma i progetti per la distribuzione di pectina sono stati finora sistematicamente bloccati.

25 ANNI FA L’ESPLOSIONE CHE TERRORIZZÒ IL MONDO

Era il 26 aprile 1986. Una reazione a catena partita dal nocciolo del reattore 4 della centrale nucleare «Lenin» di Chernobyl, ai confini tra Ucraina e Bielorussia, provocò una violentissima esplosione che fece scoperchiare il reattore stesso. Materiale radioattivo si diffuse nell’area, contaminando una vasta area intorno alla centrale (ma la nube arrivò anche in Europa) e causando l’evacuazione di 336 mila persone. Ancora incerto il numero di morti: si è trattato comunque del più grave incidente nucleare della storia - fin quando non ci sarà chiarezza sulla situazione a Fuskushima. Di quel tragico episodio si parlerà domani alle 20.30 al teatro di San Giacomo in un incontro pubblico nel quale, insieme al documentarista Tchertkoff, interverrà anche il fisico Mirco Elena. Ingresso libero. Nella serata saranno esaminate le cause e le modalità tecniche dell’incidente e verrà proiettatoil documentario «Il Sacrificio» di Tchertkoff. L’incontro sarà un’importante occasione di dibattito anche rispetto all’attualità della reintroduzione del nucleare in Italia e al referendum, sul quale si aspetta la decisione della Cassazione.
Alto Adige 28-4-11
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categoria:ambiente
mercoledì, 27 aprile 2011



Una strage di ricci sulla variante

LAIVES. Fare qualcosa per evitare l’ecatombe di ricci spinosi che si ripete, purtroppo ogni anno, in questo periodo primaverile. Lo chiede Adriana Cicognani, cittadina di Laives, che ha anche scritto recentemente a Wwf, Lav, associazione protezione animali Bassa Atesina e al canile della Sill di Bolzano. In particolare, la signora indica alcuni tratti di strada sul territorio comunale: quello della variante tra Pineta e l’imbocco della galleria e, poco più a sud, il tratto tra Pineta e Laives.
«In questo periodo - dice - riscontro nuovamente questa triste, e per me insopportabile, situazione, con diversi ricci spinosi che vengono schiacciati dalle automobili quando cercano di attraversare la strada. Oltre al disturbo personale, ritengo sia anche un problema di sicurezza stradale perché su questi tratti di strada scarsamente o per nulla illuminati, trovarsi all’improvviso in mezzo alla carreggiata una sagoma scura potrebbe anche portare istintivamente a sterzare, col rischio di incidente».
Quello che chiede la signora Cicognani è di posizionare dei semplici tubi in cemento da una parte all’altra sotto la carreggiata, vicino alle rogge, per favorire l’attraversamento sicuro dei ricci così come anche dei rospi, altre vittime del traffico, e anche di reti metalliche che facciano da barriera, in modo da impedire ai ricci di attraversare se non nei loro appositi cunicoli. Wwf e Lav hanno accolto molto seriamente questa proposta e hanno già scritto al sindaco di Laives e al direttore del Servizio strade Bassa Atesina Sergio Finozzi, chiedendo di collocare prima di tutto segnaletica stradale che metta in guardia per il possibile attraversamento di animali e quindi che si preveda anche la posa in opera, lungo la carreggiata indicata, di reti atte ad impedire l’attraversamento da parte dei piccoli mammiferi, insieme alla realizzazione di piccoli cunicoli da un lato all’altro delle strade per favorire l’attraversamento. (b.c.)
Alto Adige 27-4-11
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categoria:ambiente, comune di laives
mercoledì, 13 aprile 2011



Fukushima come Chernobyl

ROMA. Il mondo trema, e le borse arretrano, per la crisi nucleare a Fukushima, ufficialmente equiparata al disastro di Chernobyl. Ieri la società Tepco, che gestisce la centrale atomica giapponese, ha infatti innalzato da 5 a 7 il livello attribuito all’incidente che ha colpito l’impianto.
Ma «potrebbe essere rivisto dalle autorità giapponesi nel momento in cui potrebbero essere disponibili nuovi dati», afferma in una nota l’Associazione Internazionale per l’Energia Atomia (Aiea), tutta tesa a minimizzare. Già, perchè il livello 7 è il più grave nella scala Ines degli incidenti nucleari e indica «un ingente rilascio di materiale radioattivo con effetti estesi sulla salute e l’ambiente che richiedono contromisure pianificate ed estese».
Le nuove valutazioni tengono conto della situazione che si è creata in seguito agli incidenti nei reattori 1, 2 e 3, considerandoli complessivamente come un singolo evento e valutandoli di conseguenza sulla scala Ines. In precedenza la valutazione del livello 5 era stata fatta considerando separatamente gli incidenti nei reattori 1, 2 e 3. Per il reattore 4 è invece ancora valida la classificazione al livello 3 della scala Ines.
Tecnicismi, si direbbe, così come appare accademico l’intervento dell’Organizzazione mondiale della sanità: «Da ieri la nostra stima del rischio per la salute pubblica al di fuori della zona di 30 chilometri non è cambiata e il pericolo di salute pubblica resta piccolo», ha detto a Ginevra il portavoce dell’Oms Gregory Hartl. Ma la zona di evacuazione era stata estesa dal governo nipponico da 20 a 30 chilometri dalla centrale solo il giorno precedente.
Da più parti si sottolinea la sostanziale differenza, almeno allo stato delle cose, fra quanto accaduto a Fukushima e quanto, invece, accadde a Chernobyl. Le radiazioni sinora fuoriuscite dalla centrale giapponese sono “solo” il 10% di quelle emesse nel 1986 dall’allora impianto sovietico, anche se, sul lungo termine, non è escluso, ma anzi probabile, che anche dal punto di vista quantitativo il disastro giapponese superi quello di 35 anni fa. La differenza sostanziale, ad oggi, è che le conseguenze più gravi dell’incidente a Fukushima ricadono su un numero straordinariamente maggiore di persone: l’estensione della zona di evacuazione costringe il governo giapponese a spostare un milione e mezzo di cittadini.
Guardando al futuro, poi, gli scenari che si possono presentare sono ancora tutti da valutare. Gli esperti, infatti, attendono una nuova scossa di terremoto devastante, superiore a quella di 6.6 gradi Richter registrata lunedì, con conseguenze inimmaginabili sui reattori di Fukushima, non ancora sotto controllo e allagati con 60mila tonnellate d’acqua, altamente radioattiva, per poterli raffreddare.
Intanto arriva una prima stima dei danni che la Tepco potrebbe dover risarcire: 23 miliardi di dollari, irreperibili per una società che in borsa ha visto calare il valore dei propri titoli del 75%.
La prima conseguenza diretta del disastro di Fukushima, sotto il profilo commerciale, è stato il respingimento di 25 auto di produzione giapponese in Russia: rilevati livelli di radiazioni molto al di sopra del consentito. Le conseguenze economiche del sisma/tsunami dell’11 marzo, tuttavia, hanno una portata ben più ampia. (s.a.)
Alto Adige 13-4-11
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categoria:ambiente, salute
domenica, 10 aprile 2011



«Meno consumi, meno peso sull’ambiente»

BOLZANO. Nuovo appuntamento, infrasettmanale, con una riflessione che si possa trasformare in un atto concreto. Nuovo appuntamento con un’iniziativa che è ormai una tradizione sulle pagine del quotidiano Alto Adige: quello con i testimonial della campagna “Io rinuncio”, promossa dal Forum Prevenzione insieme alla Caritas e ad altre associazioni, e sostenuta appunto dal nostro quotidiano che pubblica le testimonianze di chi ci invita a rinunciare a qualcosa. Attraverso il parere di personaggi noti della vita pubblica altoatesina, s’invita a una riflessione sul saper rinunciare a qualcosa, nel periodo della Quaresima. Un invito alla rinuncia che, se fosse prolungato e attuato anche oltre il periodo quaresimale, comunque non farebbe male, ma l’importante sarebbe già iniziare e rinunciare a qualcosa in Quaresima. Oggi presenta il suo concetto di rinuncia Giulio Angelucci, direttore dell’Ufficio gestione rifiuti dell’Agenzia provinciale per l’ambiente.
 «Ne ho davvero bisogno? E’ una domanda che dovremmo porci più spesso, soprattutto se pensiamo a quante volte in qualche modo convinti, abbiamo acquistato qualcosa che poi non ci serva. Abbiamo il dovere di scegliere! Perché l’equazione è semplice: meno consumiamo, minori sono gli impatti che il nostro stile di vita ha sull’ambiente. La produzione, l’utilizzo e lo smaltimento di un bene sono tutti processi che in qualche modo sono legati al consumo di energia e materie prime. Rinunciare in maniera consapevole a beni di consumo è un contributo diretto al risparmio di materie prime ed è espressione di uno stile di vita responsabile e sostenibile».
Alto Adige 10-4-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
lunedì, 04 aprile 2011



Tamayo, ecco l’eroe dell’ambiente

ARTURO ZILLI
BOLZANO. Padre Andres Tamayo, è uno dei sacerdoti carismatici che in un Honduras costellato di croci, teatro di brutali assassinii e torture ai danni degli oppositori politici, a rischio della propria vita, da più di un quarto di secolo porta avanti il testimone della teologia della liberazione, conducendo una durissima battaglia per la difesa dell’ambiente della regione in cui viveva, l’Olancho, una delle aree più ricche di biodiversità e di risorse naturali dell’intero Paese. Viveva.
E’ d’obbligo usare l’imperfetto perché Padre Tamayo da due anni è esiliato, dichiarato “persona non grata” dal governo ora nelle mani di Porfirio Lobo, dopo il golpe caldeggiato e sostenuto dalle sei famiglie che controllano tutta l’economia del Paese. Padre Tamayo ha dovuto lasciare il Paese, dove è già sfuggito ad almeno quattro tentativi di omicidio, ed ora è in Europa per parlare della tragedia di una parte del mondo dove, sotto silenzio, ogni giorno vengono trucidati e minacciati giornalisti, uccisi attivisti ambientali e sindacalisti, oppressa la popolazione civile.
Domani sera, alle ore 20.30, in Sala di rappresentanza del Comune di Bolzano, Padre Tamayo - cui è stato conferito il premio Nobel alternativo per l’ambiente e il riconoscimento “Honor et Dignitas”, dedicato alla memoria di Padre Ernesto Balducci - racconterà la resistenza del suo movimento, il Mao (Movimento ambientalista del Olancho) nel corso di una conferenza intitolata Il terrore di un popolo, il silenzio del mondo, organizzata dal Centro Pace del Comune e dal Collettivo Centro America. Nel pomeriggio, invece, alle ore 14 a Trento, Padre Tamayo incontrerà i responsabili di Rondine, cittadella di pace, un’associazione che organizza campi residenziali per ragazzi che vengono da aree di conflitto acuto, mentre alle 17.30, sarà ad Ora, presso il Circolo Aurora, per un altro incontro. Lo abbiamo intervistato.
Che tipo di progetti ha portato avanti il Movimento ambientalista del Olancho (Mao)?
Ne abbiamo diversi: uno consiste nella protezione e nel salvataggio delle “microcuencas”, piccoli bacini idrici, dallo sfruttamento da parte dell’imprese. Spesso il governo concede alle imprese il permesso di fare interventi molto dannosi sull’ambiente. Noi cerchiamo di impedire la loro distruzione e di mantenere una socialità dell’ambiente. Lavoriamo con la popolazione e facciamo in modo che la protezione delle risorse naturali sia un’attività sociale, di tutti. E’ un’attività che svolgiamo da molti anni e grazie alla quale avevamo anche avviato un tavolo di confronto con il governo, prima del golpe del 2009. La terza attività consiste nella ricerca della sostenibilità nello sfruttamento delle risorse di cui dispone la nostra regione, con fattorie dove i coltivatori praticano un’agricoltura mite che permette loro di mantenere la sicurezza alimentare senza danneggiare l’ambiente. Noi lottiamo ma il governo dell’Honduras, nato da elezioni illegali, sta continuando a distruggere i bacini e a mettere in pericolo risorse naturali come l’acqua, la foresta, la biodiversità dell’ Olancho, le risorse minerarie. Stiamo lavorando anche con l’Universidad Nacional Agricola con cui abbiamo iniziato un progetto di formazione per i figli di contadini poveri affinché possano proteggere meglio le risorse di cui dispongono.
Quali sono le minacce maggiori per l’ambiente dell’Olancho?
Le minacce sono tante. In primo luogo direi l’”illegale-legale”, ovvero tutte quelle azioni che hanno una parvenza di legalità solo sulla carta. In situ è un’altra cosa e i peggiori misfatti vengono perpetrati. Altra minaccia è lo sfratto dei contadini dalle loro terre da parte dell’autorità. Un’altra ancora sono gli incendi utilizzati come metodo per distruggere foresta e liberare e rubare terre da utilizzare per i grandi allevamenti di bestiame. La manodopera per questi crimini sono purtroppo contadini poveri pagati per distruggere il proprio ambiente.
Su quali risorse vogliono mettere le mani le multinazionali?
Soprattutto sul legno. C’è un sovrasfruttamento delle foreste. Poi ci sono le miniere - soprattutto quelle di oro e argento - e l’acqua da sfruttare per produrre energia idroelettrica. In questo momento sono stati emanati diversi decreti per facilitare gli imprenditori che vogliono costruire dighe. Gli imprenditori quindi minacciano i contadini affinché questi lascino le terre su cui vivono e che possono essere utili per la costruzioni di queste centrali idroelettriche.
Che si può fare per sostenere un cambiamento democratico in Honduras dall’Europa e dall’Italia?
La Corte Penale Internazionale, con sede a Roma, ha già fatto una valutazione negativa, molto chiara sulla situazione dei diritti umani in Honduras che però non è stata diffusa. Dall’Italia si deve esigere di sapere ciò che sta succedendo. La maggior parte del denaro che arriva dall’Europa prende due strade quando arriva da noi: o nelle tasche di funzionari statali o per realizzare grandi progetti come centrali idroelettriche. Questo denaro non è utilizzato per fini positivi e per il bene comune ma per profitti individuali.
Lei è di origine salvadoregna. Ha conosciuto Monsignor Oscar Romero?
Sono stato il suo chierichetto. Monsignor Romero è stato un uomo semplice, di poche parole, che non viveva nel lusso ma come qualsiasi persona del popolo. Come Arcivescovo mantenne la semplicità ma la sua voce si fece più potente. Ma aveva osato difendere il popolo e ciò venne catalogato come estremismo da parte dell’estrema destra e della gerarchia. Le sue omelie erano cariche della sofferenza del popolo e posso testimoniare che fu un uomo che visse con grande coerenza l’esperienza di pastore e di uomo.
Alto Adige 4-4-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
mercoledì, 30 marzo 2011



Sono 20 i Comuni che secondo Legambiente offrono il migliore esempio di tutela ambientale 

BOLZANO. Dunque, il rapporto “Comuni rinnovabili” di Legambiente premia ancora l’Alto Adige. “Anche quest’anno tra i primi 20 Comuni serviti al 100% da energie rinnovabili ben 14 sono della Provincia di Bolzano - sottolinea l’assessore provinciale all’ambiente Michl Laimer - una soddisfazione e una conferma allo stesso tempo.”
Sono 20 i Comuni che secondo Legambiente offrono il migliore esempio di tutela ambientale e innovazione energetica, riuscendo a coprire l’intero fabbisogno con l’utilizzo di fonti rinnovabili. 14 di questi sono altoatesini: 6 figurano tra i primi 10 della classifica, con Brunico al primo posto e particolari menzioni anche per Prato Stelvio, Dobbiaco e Sluderno.
“Siamo felici di questa conferma ai vertici di una graduatoria importante, un risultato attestato dalle associazioni ambientaliste che riconoscono i nostri sforzi per garantire un approvvigionamento energetico pulito e sostenibile”, commenta l’assessore provinciale Laimer.
Il rapporto scrive che “la Provincia di Bolzano è quella che in questi anni ha messo in campo le più efficaci e ambiziose politiche e ha disegnato la più chiara prospettiva di innovazione con l’obiettivo di uscire dalle fonti fossili. L’obiettivo è di arrivare al 75% della copertura dei fabbisogni complessivi entro il 2015. «Un obiettivo che raggiungeremo», conferma Laimer. Anche nelle classifiche per settore i Comuni altoatesini sono ben rappresentati: quattro tra i primi 5 nel solare-termico (Fiè, Terento, Selva e Parcines), mentre Bolzano registra in assoluto la più ampia superficie di collettori a livello nazionale. Glorenza è al top nel campo dell’utilizzo della biomassa a fini energetici, seguita da Castelnuovo in Val di cecina e Morgex. Quarto posto per Prato allo Stelvio, quinto per Vipiteno, settimo per Sesto Pusteria che precede Brunico, Varna, Valdaora, Monguelfo, Racines e Sluderno. Un elogio di Laimer per gli amministratori comunali, “che sono partner affidabili nell’attuare i progetti e seguono con grande impegno e spirito innovativo il nostro lavoro per raggiungere gli obiettivi di tutela del clima.” Sul fronte del mini idroelettrico, il Comune con il più alto numero di MW installati è Marebbe con 13 piccoli impianti per complessivi 22 MW; al secondo posto Villandro con sei impianti e 18 MW complessivi. In classifica tra le prime di settore anche Valle Aurina al sesto posto e Moso in Passiria al decimo posto.
Alto Adige 30-3-11
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martedì, 29 marzo 2011



L’Appa: per la radioattività da noi valori normali  

BOLZANO. Giovedì scorso sono state effettuate dall’Agenzia provinciale per l’ambiente delle rilevazioni sulla radioattività dell’aria in concomitanza con il passaggio sulla nostra provincia della nube proveniente dal Giappone. Il direttore dell’Appa, Luigi Minach, sottolinea che si tratta di quantità minime appena rilevabili.
 In sostanza sono stati campionati 740 metri cubi di aria che sono stati fatti passare attraverso un apposito filtro sul quale si ferma il particolare atmosferico che contiene tracce di radioattività. Dopo avere campionato questa enorme quantità di aria la misurazione ha richiesto 24 ore. Nel campione è stato rilevato un valore di 0,09 mBq-mc (milli-Becquerel per metro cubo). Minach ritiene che questo valore possa essere aumentato da 5 a 10 volte a causa dell’estrema volatilità dello iodio arrivando quindi ad un ordine di grandezza di 1 mBq-mc.
 Per fare un raffronto, dopo l’incidente di Chernobyl nel nord Italia si misuravano valori tra gli 1 ed i 10 Bq di iodio 131 per mc. oggi siamo quindi in un ordine di grandezza da mille a diecimila volte inferiore in Alto Adige e in Italia settentrionale. Si tratta in sostanza di tracce, di cosi minime appena rilevabili, che non hanno alcuna conseguenza sotto il profilo sanitario. L’Appa tranquillizza la popolazione.
Alto Adige 29-3-11
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domenica, 27 marzo 2011



Tutte le bugie sul nucleare Non solo è pericoloso ma è anche antieconomico

Mi ha scritto l’Enel, l’altro ieri. Una mail che recitava «I vostri sogni ci danno energia». Di fronte a tanto cinismo, in questo momento, mi è venuto da rispondere «E i vostri progetti sull’energia ci fanno venire gli incubi!» Da mesi la lobby nucleare in Italia ci sta inondando di messaggi promozionali sul nucleare, evidentemente per preparare la pista ai nuovi reattori progettati e per anticipare e scansare un’eventuale partecipazione di massa al referendum del 12 giugno contro il nucleare (e ricordo subito che per il solito paradosso dei nostri referendum, per dire NO al nucleare bisognerà votare SI). Ci chiedono, in questi bei messaggi puliti ed efficaci, ma noi italiani non vorremo mica essere l’unico paese in Europa a non avere il nucleare (suggerendo che senza si è retrogradi e non al passo coi tempi)?! Ho pensato a questo spot in questi giorni, quando ho visto con che tecnologie combattono, nel superavanzato Giappone, contro la catastrofe nucleare: con i buoni vecchi idranti e con lo spirito di sacrificio di operai-pompieri. Ecco la modernità del nucleare! Negli spot il Forum Nucleare Italiano ci dice che l’energia nucleare è pulita e sicura (e la mia nonna trentina di fronte alla lunga serie di incidenti devastanti spesso nascosti alla conoscenza pubblica commenterebbe: vedi bén!). Ci vogliono far credere che è un’energia a buon mercato, ma anche questa è una grossissima bugia. Infatti se facessimo davvero bene i conti tra uranio, stoccaggio delle scorie e soprattutto la copertura assicurativa, i costi del nucleare (che attualmente gravano sugli stati) sarebbero ingenti. Ma il problema in fondo non è neanche quello che pensa la lobby del nucleare; e neanche quello che prova ad inculcare ai cittadini e alle cittadine. Il problema risiede nelle teste di tutti coloro che in fondo credono che non ci siano alternative al nucleare. Lo credono perché ammettere il contrario significherebbe mettere in discussione tutto il nostro modello di consumo, di economia, di energia; il nostro modello di vita. Parto da me stessa. Quattro cellulari ogni notte sul nostro tavolo da cucina fanno la lotta per essere ricaricati. Un computer, una stampante, uno scanner, un cordless, uno stereo, un televisore, due portatili ogni notte vengono lasciati in stand-by perché siamo diventati troppo pigri anche solo per schiacciare il bottone o staccare la spina. Questo noi, che pure ci impegniamo ad essere una famiglia ecologica! Osservando altri - e il mio spirito critico in quel caso è ben più vigile - noto ancora di peggio. Gente che usa l’ascensore anche per arrivare in palestra. Insomma, il nostro modello di vita è talmente sprecone e noncurante che per forza dobbiamo insistere sul nucleare. Se vogliamo andare avanti così, con questo modello «4 salti in padella» certo dobbiamo tenerci quel po’ di rischio e quel po’ di scorie inquinanti. Però se siamo onesti con noi stessi dobbiamo anche ammettere che chi vuole il nucleare deve offrirsi generosamente di ospitarlo davanti a casa sua. Ma la vera presa di coscienza che deve venirci da Fukushima (e ci era balenata anche già ai tempi di Chernobyl), è che siamo noi, proprio noi nel nostro piccolo, a dover cambiare se il nucleare lo rifiutiamo davvero.
AltoAdige 27-3-11
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domenica, 27 marzo 2011



Acqua e nucleare, in piazza per il quorum

ANNALISA D’APRILE
ROMA. «Prima ci tolgono l’acqua, poi ci tolgono l’aria». E così, per bere e respirare ancora, la piazza dei comitati, delle associazioni, dei partiti politici, ma soprattutto dei cittadini si mobilita: contro la privatizzazione dell’acqua e contro il ritorno del nucleare in Italia. Con una partecipata manifestazione popolare che ieri ha sfilato lungo le vie della Capitale accogliendo anche i pacifisti in protesta contro la guerra in Libia, è partita la campagna referendaria che porterà gli italiani alle urne il prossimo 12 e 13 giugno. Si voterà per privatizzazione delle risorse idriche, legittimo impedimento e ritorno all’energia dell’atomo.
 «L’acqua integra il diritto alla vita, è il bene comune per eccellenza - ha detto il presidente della Regione Puglia e di Sel, Nichi Vendola - immaginare di viverla come una qualunque merce, immaginare processi di privatizzazione è un delitto contro il diritto dei popoli». In testa al corteo colorato da striscioni e palloncini azzurri, colore simbolo dell’acqua, il missionario dei Comboniani Alex Zanotelli: «L’acqua è vita, si può mercificare?». E sul nucleare, il religioso da sempre in prima linea su questi temi ha detto: «Ora siamo spaventati per Fukushima, ma è talmente chiaro che dobbiamo uscire fuori dal nucleare. L’Europa atomica non è l’Europa del futuro». Per Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv, «questo governo sta compiendo delle scelte scellerate che vanno contro gli interessi dei cittadini». Al corteo, promosso dal comitato referendario “2 Sì per l’acqua bene comune”, hanno partecipato Legambiente, Wwf, Greenpeace, Verdi, Cgil, il Popolo viola, il Forum dei movimenti per l’acqua, il Pd e l’Idv (promotrice dei quesiti referendari). Dai cappelli a forma di rubinetto, agli slogan “acqua pubblica”, dai cartelli “no guerra per l’acqua, il nucleare, il petrolio, il plutonio” ai gonfaloni delle tante amministrazioni locali di destra e di sinistra, la piazza di ieri ha manifestato anche per la pace (che avrà un corteo dedicato il prossimo 2 aprile). E dichiaratamente contro la guerra alla Libia di Gheddafi al grido di “sangue libico - oro nero”, un drappello di libici della Lega studenti affiancati e sostenuti da un manipolo di accanite ragazze, le stesse reclutate (nel 2009 e nel 2010) da Hostessweb, l’agenzia di Alessandro Lodero, per le lezioni di Corano tenute dal Raìs in persona. Le hostess del Colonnello sono tornate. Scese dai tacchi e dismessa la linda camicia bianca, hanno indossato un ragionato addobbo da pacifiste: magliette con divieto di guerra alla Libia e con un bel “no al sangue per il petrolio”. «Prima che bombardassero in Libia stavano bene - ha spiegato indignata Rea Beko, l’albanese convertita all’Islam - c’era una rivolta ma era sotto controllo. Il massacro è iniziato con la no-fly zone». Per Ivone, studentessa biondo platino di Scienze politiche che dopo le giornate da hostess a 80 euro è volata nella «bellissima» Libia con altre signorine ospiti di Gheddafi, quella della stampa è «falsa propaganda». Un’altra ragazza, Maria Bellucci, s’affanna a spiegare come il Raìs si sia interessato alla sua tesi, mentre vicino a lei Nuri, presidente della Lega studenti libici, tuona: «Gheddafi non è un dittatore e noi popolo libico dovremmo denunciare l’Onu!».
Alto Adige 27-3-11
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mercoledì, 23 marzo 2011



Ambiente e rifiuti, a Bolzano laboratorio che vende tecnologia

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. Mille metri quadrati di laboratorio, strumentazioni sofisticatissime e un motivato team di chimici e biologi guidato da Werner Tirler, meranese di 47 anni riconosciuto a livello mondiale come esperto nel campo delle diossine e delle nanoparticelle. Pochi lo sanno, ma a Bolzano Sud un piccolo polo hi-tech c’è già: si tratta della Eco-Research, emanazione di Eco-Center (società controllata da Comune di Bolzano, Provincia e altri 56 comuni altoatesini) che nel 2010 ha fatturato 1,7 milioni, per la metà derivanti da lavori ottenuti fuori provincia.
La sede di via Negrelli è operativa dal 2004, anno in cui da piccolo laboratorio interno ad Eco-Center, la Eco-Research si trasforma in una srl. La crescita dimensionale era partita già qualche anno prima: lo scandalo diossina scoppiato in Belgio aveva portato Eco-Research ad ampliare le proprie analisi dalle emissioni dell’inceneritore agli alimenti.
Da lì in poi, grazie anche agli investimenti di Eco-Center e ai contributi provinciali per acquistare i macchinari di analisi più moderni sul mercato, Eco-Research ha iniziato ad uscire dai confini altoatesini. Lo ha fatto grazie al suo direttore, Tirler, che partecipando a congressi scientifici e pubblicando articoli specializzati ha fatto conoscere l’impresa bolzanina anche all’estero. «Oggi - racconta Tirler assieme al presidente della Eco-Research Stefano Fattor - circa la metà del nostro fatturato lo otteniamo all’estero». Danimarca, ma anche Sudafrica e Vietnam: «E tra i nostri successi - dice orgoglioso Tirler - c’è l’appalto europeo per la validazione della misurazione delle diossine al quale hanno partecipato anche dei colossi come la tedesca E-On o la danese Force».
Eco-Research misura la qualità dell’acqua in tutti i comuni della Provincia (Bolzano escluso), analizza le emissioni dell’inceneritore e - questa è il nuovo campo di specializzazione - studia gli isotopi del legno. «In questo modo - spiega Tirler - è possibile determinare la provenienza del legname in maniera scientifica».
Tra i clienti dell’impresa bolzanina ci sono enti pubblici, ma non solo: gruppi industriali che producono mattonelle o cemento, società che gestiscono inceneritori, le agenzie per l’ambiente. In Alto Adige si sta studiando una possibile collaborazione con la Memc, multinazionale che nel suo stabilimento meranese produce silicio. Un altro progetto viene portato avanti con l’istituto per le tecnologie innovative e riguarda l’idrogeno, altre possibili partnership potrebbero nascere nel campo sanitario. «Ma la crescita non è il nostro obiettivo fondamentale, puntiamo invece sulla ricerca», sottolinea Fattor ricordando come il 40% dei ricavi vengano reinvestiti in questo campo. E il polo tecnologico? «Ci è stato chiesto di trasferirci lì - rivela Fattor - ma per ora abbiamo deciso di restare nella nostra sede di via Negrelli».
Alto Adige 23-3-11
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lunedì, 21 marzo 2011



Gesualdi a Bolzano il mio romanzo per salvare l’acqua

BOLZANO. Francesco Gesualdi, fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Pisa e curatore della famosa “Guida al consumo critico”, sarà ospite del progetto “Madre Terra” del Teatro Cristallo e della Caritas diocesana domani sera alle ore 20.30 in sala don Lino Giuliani, al II Piano del Centro culturale Cristallo. A Bolzano presenterà il suo ultimo romanzo “Il mercante d’acqua” e discuterà, in un dibattito aperto al pubblico, moderato da Francesco Comina, sul tema: “Acqua: merce o diritto?”. Gli abbiamo chiesto di rispondere a qualche domanda.
Gesualdi, da sempre lei è a favore di un nuovo modo di pensare e di agire ed è anche concretamente e tenacemente attaccato alla realtà. Perché questa volta ha voluto scrivere un romanzo di narrativa “Il mercante d’acqua”?
Ho scelto di cimentarmi col genere del romanzo piuttosto che con la saggistica perché mi sono reso conto che c’è un grande pubblico più pigro, che non è così propenso a leggere i trattati ma che è sensibile a certe tematiche e che in qualche modo può essere attirato e sensibilizzato attraverso un altro genere letterario.
Dal punto di vista letterario, lei ha variato la forma, quindi, ma non la sostanza dei suoi contenuti: qual è l’obiettivo finale?
L’interesse è sempre lo stesso: l’evoluzione della società e l’obiettivo finale è di cercare di indurre il cambiamento nella stessa. Ciò è realizzabile solo se c’è un vasto numero di persone desidera veramente e fortemente cambiare.
Lei è stato un allievo di don Milani: la sua scelta di scrivere è un tentativo pedagogico per cambiare qualcosa?
Purtroppo è così. Noi abbiamo eletto un governo che sta cercando di sfasciare tutto ciò che è bene comune. Perché viene votato un governo così? Per me rimane un grande punto interrogativo. Ci siamo illusi che l’imprenditore di turno che ha fatto la sua fortuna riesca - con gli stessi metodi - a fare la fortuna di tutti... E’ passato il concetto che il bene privato vale più del pubblico: il privato vende, quindi ci si trae profitto.
A proposito di privatizzazione: parliamo dell’acqua. C’è stata una forte mobilitazione dal basso per raccogliere le firme necessarie per il referendum. Qual è la prossima sfida?
Innanzitutto quella di raggiungere il quorum: se non riusciamo a fare in modo che si rechino alle urne la metà più uno degli elettori non ce l’avremo fatta. Il dramma è che in questo ambito le persone sono state lasciate sole: gli schieramenti politici sono abbastanza compatti nel non volere che queste richieste passino. Le ragioni sono diverse, ma a livello politico non c’è nessuno che si batta veramente per evitare la privatizzazione. La spinta deve avvenire dal basso, dalla gente e l’importante è non demoralizzarsi. (f.la.)
Alto Adige 21-3-11
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giovedì, 17 marzo 2011



Nessuno è al riparo dal male giapponese
L’America è costretta a ripensare il nucleare, è Hillary Clinton a dare l’annuncio: “Ciò che accade in Giappone solleva domande sui rischi e i costi dell’energia atomica. Dobbiamo dare una risposta, perché gli Stati Uniti ricavano il 20% dell’energia dal nucleare”. Nelle stesse ore in cui il segretario di Stato rimette in discussione il rilancio dell’atomo, il tema viene sollevato dal Congresso di Washington che convoca il ministro dell’Energia Steven Chu per aprire un’indagine sulla sicurezza delle centrali Usa. L’allarme arriva a bloccare perfino i piani della Cina: il premier Wen Jiabao annuncia a Pechino la sospensione dei permessi di nuove centrali in attesa che siano rivisti tutti gli standard di sicurezza. La Cina è il numero uno mondiale negli investimenti in questo settore, con 25 nuove centrali in costruzione. E’ anche la superpotenza più affamata di ogni tipo di energia, per alimentare la sua crescita: se rallenta il nucleare, si accentuerà la pressione della domanda cinese su altre fonti, e sui loro costi. Il vento anti-nucleare che soffia sul mondo intero accentua la paura dei mercati, che vedono arrivare due colpi: nell’immediato uno shock energetico e quindi inflazionistico, seguito da una possibile crisi finanziaria. Già questa settimana il “buco” di energia elettrica sofferto dal Giappone ha costretto Tokyo a massicci acquisti di sostituzione. Gli aumenti dei prezzi sono stati repentini per il gas naturale e il carbone, i due sostituti che alimentano le centrali termoelettriche tradizionali. In Germania, dove Angela Merkel ha fermato 7 centrali nucleari, le tariffe dell’elettricità per i contratti di fornitura del mese prossimo sono balzate all’insù del 24%. Lo scenario è aggravato dal commissario europeo dell’Energia Guenther Oettinger che ha evocato “ulteriori eventi catastrofici” alla centrale di Fukushima. La pressione al rialzo sui costi energetici provocata dalla paura mondiale del nucleare si somma agli eventi del mondo arabo, è un colpo duro per l’economia reale. In parallelo, tutta l’industria hi-tech dell’Asia continua a soffrire la semi-paralisi della sua “supply chain”, la catena dei rifornimenti: computer, telefonini, ogni apparecchio elettronico è il frutto di assemblaggi di componenti in una complessa divisione del lavoro che da anni ha integrato fabbriche giapponesi, cinesi, taiwanesi, indonesiane, e l’arresto di uno degli anelli ha ripercussioni su tutti. Ma da ieri ai timori per l’economia reale – buchi di produzione più aumento dei costi – si è aggiunto uno scenario di tensione finanziaria. Il cosiddetto “indice della paura”, il Vix della Borsa futures di Chicago che misura la volatilità dei mercati, è salito di colpo del 27%. Ha contribuito una dichiarazione del ministro francese dell’Economia: Christine Lagarde ha evocato la possibilità che il G-7 organizzi aiuti finanziari d’emergenza al Giappone. E’ uno scenario estremo e quasi impensabile, per una nazione ricca di risparmio domestico, strutturalmente in attivo nella bilancia dei pagamenti, e da decenni esportatrice netta di capitali. L’uscita della Lagarde la dice lunga sul collasso in cui si trova oggi Tokyo. Proprio sul fronte della finanza globale le difficoltà del Giappone possono innescare ripercussioni sull’economia numero uno, quella degli Stati Uniti. Anche se il ruolo della Cina come “banchiere dell’America” è passato in primo piano da alcuni anni, il Giappone svolge da molto più tempo la medesima funzione. La banca centrale di Tokyo resta oggi la seconda creditrice estera degli Stati Uniti, dopo quella cinese. Il finanziamento del debito pubblico di Washington ha un bisogno vitale degli acquisti di buoni del Tesoro da parte delle autorità nipponiche. Uno degli effetti certi del sisma-tsunami, seguito dalla catastrofe nucleare, è un poderoso rimpatrio di capitali giapponesi. Tornano già in questi giorni, precipitosamente, i capitali privati che le multinazionali nipponiche devono usare per rimettersi in sesto. Torneranno in misura ancora più pronunciata i capitali pubblici, a cominciare da quelli della banca centrale: che per sostenere l’economia giapponese stremata ha già annunciato un piano di immissione di liquidità pari a 180 miliardi di dollari. La grande ritirata dei capitali nipponici dal resto del mondo è un problema serio per l’economia americana. Wall Street ha aperto gli occhi di fronte al rischio. E il dollaro è precipitato ai minimi sullo yen da 16 anni. L’illusione di contenere questo shock entro i confini del Giappone ieri era in netto ribasso.
Federico Rampini
giovedì, 17 marzo 2011
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mercoledì, 16 marzo 2011



Il 12 giugno Italia al referendum

ROMA. Con una manifestazione di piazza organizzata per sabato 19 marzo, l’Idv intende sensibilizzare e informare i cittadini sui quesiti referendari del prossimo giugno. L’Italia infatti, è chiamata nuovamente ad esprimersi, il 12 giugno, sul rilancio delle centrali. I referendum sono tre: privatizzazione dell’acqua, legittimo impedimento e nucleare. Su quest’ultimo i cittadini dovranno decidere se abrogare la norma “sulla realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”. Questione sulla quale il Paese si è espresso nel 1987, all’indomani del disastro di Chernobyl (1986). Allora, i tre quesiti ebbero l’obiettivo di abolire le norme su costruzione e gestione delle centrali e quelle sui contributi a Comuni e Regioni sedi di stabilimenti nucleari. Il quorum dei votanti fu raggiunto. E la maggioranza dei “sì” fu schiacciante: 80 per cento.
Alto Adige 16-3-11
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mercoledì, 16 marzo 2011



Nuove centrali, la rivolta delle Regioni

DANIELE FERRAZZA
ROMA. Nucleare, ma solo a casa degli altri. La tragedia giapponese torna ad accendere i riflettori sull’energia atomica, alimentando un dibattito surreale che vede il 70% degli italiani contrari al nucleare e il restante 30% favorevole, ma non nella propria regione. Anche il Veneto, adesso, si schiera per il no. Prudente il governo, in vista del referendum.
 L’esecutivo risponderà oggi, durante il question time, alle interrogazioni delle opposizione. Ma se fino a ieri i ministri sono apparsi trancianti («il programma nucleare non cambia») ora prevale la prudenza. «Non possiamo decidere sull’emozione del momento - spiega il ministro per lo sviluppo economico Paolo Romani - il Giappone ha subito un terremoto e un maremoto di gravità eccezionale, inimmaginabile anche per un paese che è preparato per eventi di questo tipo». «Il nucleare è una opzione che esiste in tutti i paesi industrializzati del mondo. Non siamo né ciechi né sordi rispetto a quanto avviene in Giappone, che ci induce ad ulteriore attenzione al tema della sicurezza negli impianti europei» aggiunge il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Secondo alcuni, il governo starebbe valutando anche l’ipotesi di rinviare il referendum del 12 giugno.
 Chi mostra certezze è invece l’Enel, fortemente impegnata nello sviluppo del piano nucleare: «Non cambieremo il nostro programma di investimenti» spiega l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti. «I nostri impianti sono sicuri, affidabili e collaudati: ci sono sistemi di protezione per far fronte ad ogni tipo di emergenza». Il colosso elettrico punta ad investimenti per 40 miliardi di euro nei prossimi vent’anni, in collaborazione con i francesi di Edf: promette risparmi in bolletta fino al 20% e la realizzazione di quattro centrali atomiche in Italia, con la posa della prima pietra entro il 2013.
 Ma è dalle Regioni che piovono i no più pesanti al ritorno all’atomo. Sono praticamente tutte contrarie: Emilia, Marche, Basilicata, Toscana, Liguria, Molise, Puglia, Umbria, Calabria, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia di Bolzano hanno dato parere negativo, mentre le 4 favorevoli restano Lombardia, Piemonte, Campania e Veneto. Ma proprio il governatore veneto Luca Zaia precisa: «La nostra regione non ha le caratteristiche necessarie per ospitare una centrale nucleare, per cui dico: fino a quando ci sarò io sarà sempre no a questa ipotesi». Il sì della Lombardia appare di facciata, in Campania sono già apparsi cartelli contro l’opzione nucleare. Resta il Piemonte, dove il governatore Roberto Cota si è finora astenuto dall’esprimersi sulla vicenda. Insomma, avere contro le Regioni rende impraticabile il nucleare, soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha costretto il governo a correggere il decreto sui criteri di individuazione dei siti. Il parere delle Regioni, pur non essendo vincolante, è comunque obbligatorio. E al ministero dello sviluppo non c’è più il «padre politico» del nucleare in Italia Claudio Scajola. Insomma, la strada è tutta in salita, tanto più se al referendum vincessero i sì.
 Intanto il Partito Democratico scioglie gli ultimi dubbi di una posizione finora giudicata altalenante e con Pierluigi Bersani chiede al governo di «fermarsi e riflettere: proseguire con questo piano nucleare non ha alcun senso» e sollecita il sì al referendum.


Berlino spegne sette reattori

ROMA. Il Giappone sull’orlo della catastrofe atomica sta obbligando l’Europa e il resto del mondo a fare una riflessione sulle strategie perseguite finora nel settore dell’energia nucleare. L’Ue annuncia verifiche e controlli sugli impianti presenti sul territorio, mentre la Merkel chiuderà immediatamente i sette reattori più vecchi della Germania.
 Le notizie sempre più preoccupanti che arrivano dal Sol levante non lasciano scampo: bisogna prendere provvedimenti e fermare, almeno temporaneamente, le centrali più vecchie. Così l’Unione Europea ha deciso, in accordo con tutti i Paesi, di effettuare degli “stress test”, test volontari di resistenza sugli impianti del territorio (dove sono attivi 153 reattori). In Germania, il cancelliere Angela Merkel ha ribadito che quanto sta accadendo in Giappone rappresenta uno «spartiacque per il mondo» ed ha sottolineato che ora tutto «deve essere controllato, senza tabù». Una linea dura quella intrapresa dalla Merkel che, dopo aver fermato (lunedì) l’attività di 2 dei reattori più vecchi, ieri ha disposto la chiusura degli altri 5 rettori creati prima del 1980. Il totale degli impianti spenti, quindi, è salito a 7. Francia e Russia hanno disposto controlli sui rispettivi impianti. Mentre gli Stati Uniti, dove il presidente Barack Obama ha da poco proposto la realizzazione di 20 nuove centrali, vanno avanti con il loro programma.
 «Vogliamo che tutti gli impianti nucleari siano rivisti» ha detto Guenther Oettinger, commissario per l’Energia a Bruxelles, spiegando che i test dovranno verificare la tenuta degli impianti nel caso di terremoti, maremoti e attacchi terroristici. In Germania, per i prossimi mesi la metà degli stabilimenti nucleari (7 su 17) sarà fuori uso. E il settore nucleare tedesco si dovrà accontentare dell’energia prodotta dalle restanti 9 centrali (un altro impianto è già stato chiuso nel 2009 per ploblemi tecnici), sulle quali saranno comunque effettuati dei controlli. Anche Parigi ha deciso di verificare lo stato dei suoi 58 reattori. In Spagna, il gruppo ecologista ha chiesto ieri la chiusura della centrale di Garona (nel nord del paese), costruita nel 1971 e definita dagli ambientalisti la “gemella” di Fukushima. Ma il ministro dell’ambiente Rosa Anguilar, ha risposto che «non è il momento» di parlare del futuro delle centrali spagnole (otto in tutto). In Russia il primo ministro Vladimir Putin ha disposto, entro un mese, una revisione «della situazione del settore nucleare» ed anche una valutazione delle «prospettive di sviluppo». Nessun passo indietro in America. Anzi, garantendo la «rigorosa» sicurezza dei loro impianti, Obama va avanti con l’energia nucleare, essenziale nel piano energetico. Gli americani però hanno fatto incetta di pasticche di iodio, le pillole da prendere in caso di esposizione a radiazioni. (a.d’a.)
Alto Adige 16-3-11
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martedì, 15 marzo 2011



«È altissimo il rischio radioattivo»

(HA COLLABORATO   GIANNI PARRINI)
ROMA.  «Il rischio è la fuoriuscita di materiale altamente radioattivo che potrebbe contaminare l’area circostante, mentre al momento mi sembra improbabile che si formi una nube tossica: la parte superiore della centrale, malgrado le esplosioni, sembra che abbia tenuto». È lo scenario tracciato da Valerio Rossi Albertini, fisico ed esperto di nucleare del Cnr: la speranza, sottolinea, è affidata alla possibilità che «i giapponesi, tramite le iniezioni di acqua di mare o qualche altro escamotage, riescano a ricoprire del tutto le barre di zirconio contenenti il materiale combustibile, ossia l’uranio radioattivo. In questo modo i cilindri, che sono piantati a corona sul fondo, tornerebbero a essere sommersi dal liquido, e si abbasserebbe la temperatura così da scongiurare la fusione». Ma se la parte alta delle barre rimanesse per più tempo scoperta arriverebbe a temperature superiori ai mille gradi, «perché l’uranio al loro interno continuerebbe a produrre calore, finché si potrebbe arrivare a una parziale fusione: in questo caso si avrebbe una contaminazione circoscritta, e sarebbe un’emergenza di livello 4 su una scala di 7».
 È il livello indicato dalle autorità giapponesi, un indice che secondo l’Authority francese per la sicurezza nucleare, però, potrebbe presto alzarsi. Ecco perché: «Se la fusione progredisse» spiega Albertini, «potrebbe fondersi tutto, e formare un magma radioattivo all’interno del sarcofago. Se la struttura tiene, a quel punto non resta che sigillarla e tenere tutto dentro. Se ci sono strutture lesionate potrebbe esserci una fuoriuscita di materiale radioattivo, con contaminazione dell’area».
 L’ipotesi più inquietante è la formazione di una nube radioattiva: «Oggi mi sembra improbabile» afferma Albertini, «perché malgrado le esplosioni il tetto della centrale sembra aver retto: va tenuto conto che la struttura è dotata di più rivestimenti concentrici. Quindi anche se si formasse vapore radioattivo difficilmente potrebbe alzarsi nell’atmosfera, a differenza di Chernobyl quando la fusione avvenne praticamente a cielo aperto, permettendo alla nube di alzarsi nel cielo».
 «La situazione è grave, ma non avremo un’altra Chernobyl» sostiene il professor Giuseppe Forasassi, docente di Impianti nucleari nell’ateneo di Pisa e presidente del Cirten, il consorzio interuniversitario per la Ricerca tecnologica nucleare. «La presenza dello iodio, e in particolare del cesio, indica che qualche barra è stata toccata. Tuttavia non tutto è perduto: refrigerando il nucleo con acqua contenente boro si può controllare la reazione chimica. In ogni caso, la radioattività presente nell’aria al momento è contenuta». Diversa, inoltre, rispetto a Chernobyl, sottolinea Forasassi, è anche la struttura della centrale. «Là non c’erano questi contenitori sovrapposti e l’esplosione nel reattore scoperchiò il nocciolo, liberando nell’aria una nube di materiali fortemente radioattivi. I reattori giapponesi, se bene abbiano ormai 40 anni e siano alla fine del loro ciclo, sono molto più sicuri. Meno però, di quelli che si costruiscono oggi: l’Epr, ad esempio, uno dei reattori candidati a essere realizzato in Italia, ha ben cinque barriere di sicurezza. E le ultime due sono fatte da due camere di contenimento, ciascuna con pareti spesse un metro e mezzo e realizzate in cemento armato ad alta sicurezza. In pratica, reggerebbero l’impatto di un Boeing».
 Ma se anche la nube radioattiva si sprigionasse dalla centrale di Fukushima, l’Italia - sottolinea il professore - è al sicuro: «Ci troviamo a ottomila chilometri di distanza e la nube tossica fuoriuscita dalla centrale è composta da isotopi scarsamente radioattivi e che decadono molto rapidamente. Certo, può darsi che le strumentazioni utilizzate per misurare la radioattività naturale, che sono estremamente sofisticate e sensibili, registrino un leggerissimo aumento, ma non penso sarà niente di significativo».

Alto Adige 15-3-11
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categoria:ambiente, antiinquinamento
lunedì, 14 marzo 2011




A fare paura sono quattro centrali

PAOLO CARLETTI
ROMA. Se la centrale di Fukushima 1 resta l’emergenza nucleare primaria in Giappone per la possibilità di una fusione nucleare, ieri il Paese sventrato dallo tsunami e sotto choc per le migliaia di morti, ha dovuto fronteggiare una catena di rischi radioattivi.
Altre due emergenze in poche ore in altrettanti impianti, che hanno costretto gli scienziati a fuoriuscite di vapore radioattivo per scongiurare conseguenze irreparabili. Sono quattro ora gli impianti in crisi, considerando anche l’altra centrale di Fukushima, distante 11 chilometri da quella maggiormente danneggiata.
A questo si è aggiunto il forte timore di piogge radioattive, e quello di nuova esplosione a Fukushima. «La situazione resta grave» ha detto il premier Naoto Kan. Per l’intera giornata di ieri si è infatti temuto che dopo l’esplosione che ha scoperchiato il reattore numero 1, potesse verificarsene un’altra nel reattore numero 3: le barre di combustibile hanno infatti subito danni e c’è accumulo di idrogeno.
Problemi seri anche nelle centrali di Onagawa e Tokai, dove (da entrambi gli impianti) è stato necessario espellere vapore radioattivo. Nei dintorni di Onagawa sono stati registrati livelli di radioattività superiori al normale, per l’avaria di due dei tre generatori usati per il raffreddamento. Inizialmente il sistema era andato del tutto in blocco facendo prevedere il peggio, poi i tecnici sono riusciti a rimettere in funzione uno dei generatori. Alcuni esperti collegano il guasto con un principio di incendio che si è sviluppato dopo la terribile scossa di magnitudo 9, in un edificio che ospita una turbina della centrale.
La scossa, più dello tsunami, sembra aver prodotto danni considerevoli agli impianti, anche perché è emerso che i reattori di Fukushima non erano stati costruiti per reggere a una scossa superiore a magnitudo 8. Nella centrale maggiormente danneggiata, e dove potrebbe essere in corso un inizio di fusione nucleare, la Tepco sta pompando acqua marina nei tre reattori per cercare di raffreddare le unità e ridurre la pressione interna.
Fino ad ora l’incidente nucleare (anche se sarebbe il caso ormai di parlare di più incidenti) è classificato di livello 4 nella scala che arriva a 7 (Chernobyl), ma è prevedibile che il livello possa raggiungere 5 come accadde a Three Mile Island negli Usa nel 1979. Questo augurandosi che i gas espulsi dalle centrali siano davvero di modesta entità come ha ripetuto ieri il premier Kan: «Radiazioni sono state rilasciate in aria, ma non ci sono rilevazioni che ci dicano che ciò sia avvenuto in grande misura». E aldilà di quanto è già stato immesso nell’atmosfera, le preoccupazioni maggiori sono quelle relative a possibili altre esplosioni a Fukushima, e alla fusione nucleare. Un ex progettista, Masashi Goto, ha accusato ieri il governo nipponico in una conferenza stampa a Tokyo: «Non dice la verità, uno dei reattori di Fukushima è altamente instabile e le conseguenze di una fusione sarebbero terribili. C’è il grave rischio di esplosioni con materiale radioattivo sparato su un’area molto vasta».
Intanto in Giappone si sta propagando la paura per la pioggia radioattiva. I rilasci “controllati” di vapore hanno formato una nube, e oggi è prevista pioggia. E’ vero che i venti hanno spinto i gas verso est, nell’Oceano, ma la situazione non è chiara, e le paure si dilatano. Secondo le autorità sono 190 le persone che sono rimaste esposte alle radiazioni e 22 sono risultate positive. Il bilancio parla anche di un operaio morto e 11 feriti negli incidenti verificatisi negli impianti. 140mila le persone evacuate da un perimetro di 20 chilometri intorno a Fukushima.
Intanto l’Agenzia internazionale per la sicurezza nucleare (Aiea), in serata ha definito «sotto controllo» la situazione nei tre reattori della centrale di Onegawa». Mentre su Fukushima al momento «il dato confortante è che i contenitori che prevengono il rilascio di radioattività sono intatti». Cioè i gusci che racchiudono i reattori sarebbero integri nelle quattro centrali (11 i reattori) che finora hanno avuto problemi di raffreddamento.
Alto Adige 14-3-11



Fukushima. Mancano informazioni e trasparenza
News - 13 marzo, 2011
Siamo vicini al popolo giapponese, che è di fronte a una situazione tremenda perchè il Governo, invece di concentrare tutte le risorse in operazioni di soccorso, è costretto ad affrontare una crisi nucleare. Così Jan Beranek, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace International, commenta le ultime notizie provenienti dalla centrale di Fukushima, che riportano continui problemi ai sistemi di raffreddamento e rilascio di materiale radioattivo dai reattori Fukushima I (Daiichi) e Fukushima II (Diani).

 La centrale di Fukushima (2009)
Nonostante le dichiarazioni del Governo, la crisi di Fukushima continua a essere una corsa contro il tempo e la situazione chiaramente non è sotto controllo. Ci auguriamo che venga evitato il peggio e che le autorità prendano tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione dalle radiazioni che continuano a essere rilasciate in atmosfera”.

Le ultime notizie suggeriscono che ci sono gravi problemi con il sistema di raffreddamento di almeno due reattori, le unità uno e tre di Fukushima I-Daiichi. Sembra che entrambi abbiano subito una fusione parziale delle barre di combustibile, causando un rilascio di radiazioni che è stato rilevato all’esterno dell’impianto.

La terza unità tra l’altro utilizza combustibile MOX che contiene anche ossido di plutonio e rilascia molto più calore anche dopo che il reattore è stato spento. In caso di fusione o danneggiamento del combustibile nel reattore si libererebbe molto più gas radioattivo rispetto alla stessa quantità di combustibile a uranio normale usato nella prima unità. Ciò è estremamente preoccupante ed è chiaro che la crisi è tutt'altro che finita.

Greenpeace lamenta la mancanza di informazioni e trasparenza sulla quantità totale di radiazioni che è stata già rilasciata, sullo stato dei sistemi di raffreddamento di tutti i reattori e sul livello di sicurezza delle piscine di raffreddamento del combustibile irraggiato. Queste ultime contengono grandi quantità di radiazioni e sono posizionate al di fuori dell’edificio di contenimento: un loro danneggiamento provocherebbe rilascio di radiazioni direttamente in atmosfera.

Chiediamo che il Governo giapponese dia immediatamente queste informazioni al pubblico.

L’energia nucleare è una fonte di energia sporca e pericolosa, e sarà sempre vulnerabile per la combinazione di errori umani, errori di progettazione e disastri naturali. Greenpeace chiede la chiusura graduale di tutti i reattori esistenti e il blocco della costruzione di nuovi reattori. I Governi dovrebbero puntare sulle fonti rinnovabili che, oltre a essere ambientalmente sostenibili, sono già a disposizione e a costi più convenienti del nucleare.

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martedì, 08 marzo 2011



Laives senza traffico: progetto della Provincia per la riqualificazione

LAIVES. Incontro tra l’assessore provinciale Thomas Widmann, l’assessore al commercio Sara Endrizzi e la fiduciaria dei commercianti per l’Unione Elda Paolazzi per parlare delle prospettive commerciali di Laives quando, tra due anni, sarà percorribile la nuova galleria della variante e in via Kennedy quindi transiteranno molte meno auto di oggi.
L’incontro era finalizzato all’analisi degli scenari futuri per i negozi della città e l’assessore Widmann ha fatto il paragone con ciò che è avvenuto ad esempio a Santa Cristina in val Gardena con l’apertura della variante. Si è convenuto quindi di predisporre uno studio in collaborazione con la Ripartizione commercio e con l’ausilio di esperti, per giungere ad una nuova sistemazione del centro e quindi alla sua valorizzazione. «La riduzione del traffico nel centro di Laives - ha affermato Widmann - costituisce una grande opportunità per la città e per i suoi abitanti».
I commercianti locali temono un calo del volume d’affari, diversamente dai cittadini che aspettano un miglioramento della qualità della vita. Sarà comunque difficile che il Comune di Laives riesca ad arrivare con la riqualificazione di via Kennedy in concomitanza con l’apertura della galleria. Per ora non ci sono né progetto e né finanziamenti. (b.c.)
Alto Adige 8-3-11
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giovedì, 03 marzo 2011



Fanghi Vog, Ecocenter rassicura

BRUNO CANALI
LAIVES. L’ottobre 2009 probabilmente verrà ricordato come il mese più “nero” per quanto ha riguardato i cattivi odori provenienti dal depuratore Fossa Grande. Si trattò di una situazione eccezionale, provocata dagli scarichi della ditta Vog di Laives. Entro due anni la soluzione. Lo ha promesso al consiglio comunale di Bronzolo l’ingegner Marco Palmitano. L’opposizione, però, ha manifestato qualche perplessità.
 Il direttore di Eco Center è stato chiamato per fugare i dubbi dei consiglieri di opposizione sul progetto di un nuovo impianto “anaerobico”, destinato al pre-trattamento dei fanghi provenienti dalla ditta Vog che in zona industriale a Laives lavora le mele. Fin da quando esiste, ha esordito Palmitano, la Vog ha una autorizzazione dalla Provincia per conferire al depuratore di Bronzolo una media di 25mila chili di carico inquinante al giorno e di 175mila chili alla settimana. Questi sono i limiti entro i quali l’impianto di depurazione riesce a lavorare normalmente: «Nell’ottobre del 2009, per alcuni giorni, probabilmente a causa di una lavorazione delle mele eccezionale, il carico inquinante della Vog che arrivò al depuratore fu di 840 mila chili in un mese, il doppio di quello che conferiva e ha poi conferito normalmente. Inevitabilmente il ciclo di depurazione, che si basa su in delicato equilibrio dei micro-organismi nelle vasche, andò in blocco, col risultato che i fanghi, non più depurati, diventarono liquami maleodoranti, una puzza percepita per giorni in tutto il circondario. Con il nuovo impianto che installeremo all’interno dell’area dell’attuale depuratore Fossa Grande, questo problema sarà risolto per sempre».
 I dubbi dei consiglieri di opposizione riguardano in particolare l’impatto ambientale, posto che dovranno essere installati due silos alti più di 20 metri. E’ stato anche chiesto perché l’impianto di pre-trattamento dei fanghi non sia stato direttamente costruito dalla Vog sul proprio areale produttivo. Palmitano ha spiegato che è un bene essere riusciti ad avere questo nuovo impianto al depuratore, sia perché così c’è un maggiore controllo della gestione e sia perché dal ciclo di depurazione si riesce anche a ricavare energia da utilizzare all’impianto stesso per abbattere i costi.
 “Sia chiaro che al depuratore di Bronzolo, con il nuovo impianto non arriverà nulla in più di quello che già arriva oggi - ha spiegato di Eco center - e l’urgenza è determinata dal fatto che è oramai sottodimensionato rispetto alle esigenze. Se la Vog avesse fatto in proprio l’impianto, Eco center avrebbe anche perso circa 300 mila euro l’anno, mentre così ne risparmia circa 150mila. La gestione di un impianto così è complessa e costosa”.
Alto Adige 3-3-11
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categoria:ambiente
martedì, 01 marzo 2011



Gli scarichi delle fogne finiscono nell’Adige

BOLZANO. Liquami, escrementi e carta igienica dalle fogne direttamente nell’Adige. Da 4 giorni a Ponte Adige una tubazione scarica direttamente nel fiume le acque nere, senza alcun trattamento preventivo. Colpa - secondo le rilevazioni fatte dai guardiapesca della ripartizione foreste e dall’ufficio tutela delle acque - a lavori di manutenzione della stazione di pompaggio delle acque reflue di “Ecocenter” nel Comune di Appiano.
 Un’operazione capace di alterare in poco tempo l’equilibrio naturale della riva dell’Adige. Lo scarico a cielo aperto, denunciato dai pescatori dell’associazione bolzanina “Fishheads”, ha preso in contropiede gli uffici provinciali, assolutamente all’oscuro di una scelta che, come minimo, doveva essere condivisa da due comuni: Bolzano e Appiano. I liquami nell’acqua, inoltre, oltre ad essere assolutamente poco igienici e men che meno decorosi, rappresentano una minaccia per alcune specie di pesci come la trota marmorata. Il primo ad accorgersi dello scarico fognario diretto nelle acque del fiume è stato, ieri mattina, il presidente dell’associazione “Fishheads” Alex Losa: «Ero proprio a pesca in corrispondenza alla fossa che immette nell’Adige quando mi sono accorto di questo flusso di escrementi, assorbenti e carta igienica di copiose proporzioni che veniva gettato nel fiume. Sono rimasto letteralmente schifato. In tutta la zona, inoltre, aleggia una discreta puzza, come facile immaginare. Non è la prima volta, comunque, che io e i miei colleghi pescatori notiamo degli scarichi “particolari” in quel punto, ma un’inciviltà simile non l’avevamo mai nemmeno ipotizzata. Il getto, infatti, è continuo e non è difficile capire come possa danneggiare l’ecosistema e l’ambiente ittico».
 Il guardiapesca provinciale Alois Tratter è accorso sul posto non appena è giunta la segnalazione. «Per effettuare dei lavori al servizio di pompaggio dell’Ecocenter - la sua analisi - gli operai hanno dovuto liberare tutti gli scarichi e lo stanno facendo nel fiume. Noi non ne sapevamo assolutamente nulla e francamente, dopo aver scoperto che si tratta di uno scarico che va avanti da venerdì, siamo molto sorpresi dalla soluzione adottata. Ci sono anche dei momenti in cui a defluire è solo acqua, ma forse si poteva studiare una soluzione migliore per evitare che le fogne finissero direttamente nell’Adige».
 Conferma l’analisi e il vuoto di permessi Alessandro Pascoli, tecnico inviato dall’ufficio tutela delle acque della Provincia. «Non so se abbiano ricevuto un permesso da parte del Comune, ma sicuramente noi non eravamo informati dell’intenzione di buttare le acque nere direttamente nell’Adige. Dal punto di vista ambientale non lancerei troppi allarmi perché comunque si tratta di acque domestiche che, per quanto maleodoranti e poco igieniche, sono prive di oli industriali e non alterano più di tanto la situazione del fiume».
 Già, però carta igienica, assorbenti, ed escrementi umani non sono certi elementi costitutivi di un argine.
 «Vero - conclude il responsabile Appa della tutela della acque Ernesto Scarperi - e andranno fatte delle verifiche accurate. Di certo possiamo confermare che i nostri uffici non sapevano nulla di questo scarico in atto. Cercheremo di fare chiarezza attorno a una scelta quanto meno discutibile». (a.c.)
Alto Adige 1-3-11
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categoria:ambiente
mercoledì, 23 febbraio 2011



Carissimi

che si trattasse di una partita a scacchi truccata, ve lo abbiamo detto subito.
Ora arriva anche la conferma dal Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria
che ha bloccato la messa in onda dello spot promosso
dal Forum Nucleare, perché "ingannevole".
 
 
Da quando a dicembre le tv nazionali hanno cominciato a bombardarci, abbiamo denunciato le informazioni ingannevoli dello spot su tutti i nostri canali. In particolare:

> Le scorie si possono gestire in sicurezza. E da quando? In sessant'anni l'industria nucleare non ha ancora trovato una soluzione per la gestione di lungo termine dei rifiuti nucleari;
> Tra 50 anni non potremo contare solo sui combustibili fossili. È vero, ma anche l’uranio è limitato;
> Le fonti rinnovabili non bastano. Sicuro? Uno scenario energetico 100% rinnovabile è possibile, come dimostrano analisi dell’Ue e dell’industria. ;

Intanto il nostro contro spot è rimbalzato sulla rete grazie anche al tuo passa parola, raggiungendo le 200.000 visite. Un buon risultato ma non basta. Tra pochi mesi (la data non è stata ancora fissata) si terrà un referendum che può fermare per sempre i nuovi progetti di centrali nucleari. Solo con il tuo forte coinvolgimento, possiamo contrastare la propaganda dell’industria nucleare da milioni di euro.

Non farti contagiare, opponiti al nucleare. Condividi la nostra campagna sul tuo profilo Facebook, inoltrala per e-mail ai tuoi contatti.

Salvatore Barbera
Responsabile campagna Nucleare
Greenpeace Italia
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categoria:ambiente, antiinquinamento

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