mercoledì 18 gennaio 2012

sentieri toponomastica 1


venerdì, 02 dicembre 2011



Fondi all’Alpenverein, Provincia nel mirino

BOLZANO. L’invito a dedurre inviato dalla Procura regionale della Corte dei Conti è stato recapitato a Georg Simeoni, presidente dell’Alpenverein, all’assessore provinciale Thomas Widmann e a sette funzionari provinciali. Il danno erariale contestato è di 3 milioni e 644 mila euro e fa riferimento, secondo quanto trapelato, a quanto speso dall’amministrazione provinciale per finanziare il progetto di digitalizzazione dei sentieri che ha poi portato all’installazione dei nuovi cartelli segnavia solo in lingua tedesca. I cartelli in quanto tali, però, non sono menzionati.
 Il procedimento, dunque, riguarda in primo luogo l’assegnazione dell’appalto da 3 milioni e 800 mila euro all’Alpenverein senza procedere ad una regolare gara europea. Sotto questo profilo proprio dalle carte della magistratura contabile è emerso che la Provincia sarebbe stata costretta a pagare una consistente sanzione economica a seguito del mancato rispetto delle disposizioni dell’Unione europea. E’ su questa base che si è innescata l’azione di rivalsa della magistratura contabile affidata al procuratore regionale Robert Schülmers. «Il documento che ho ricevuto - rivela il presidente dell’Alpenverein Simeoni - mi sembra caratterizzato da molta confusione. Vedremo comunque come difenderci al meglio». Nel mirino della magistratura contabile non c’è solo l’Alpenverein. Il procedimento sarebbe stato avviato anche nei confronti dell’assessore Thomas Widmann (che però non è stato ancora raggiunto da nessuna comumicazione) e di sette funzionari provinciali. «Fu una vicenda che ereditai dall’assessore Werner Frick - ha commentato ieri sera Thomas Widmann - mi ricordo solo che fu un lavoro abbastanza faticoso». Quello che però sembra interessare alla magistratura contabile non è tanto la qualità del lavoro svolto quanto piuttosto le modalità con cui la giunta provinciale decise di affidare l’incarico per la digitalizzazione dei sentieri dell’Alto Adige. Con una contestazione economica di fondo che ieri ha fatto sobbalzare il presidente Simeoni: secondo la Procura il valore del progetto di digitalizzazione non avrebbe superato i 200 mila euro a fronte di un finanziamento da parte della Provincia di oltre 3 milioni e 800 mila euro. Ecco perchè il presunto danno erariale contestato è di poco superiore ai 3 milioni e 600 mila euro.
 Un progetto, dunque, tecnicamente avanzato, generosamente finanziato dalla Provincia autonoma anche in violazione delle disposizioni di legge in materia. Fu la perizia contabile disposta nell’inchiesta penale del procuratore Guido Rispoli a far emergere le presunte irregolarità. Cosa emerse? Che probabilmente proprio per evitare gli obblighi di una gara pubblica in ambito europeo fu scelta la strada dei rimborsi spese da riconoscere sulla base della legge 22 del 1982 (articolo 10, comma 3) solo in relazione alle spese effettivamente sostenute. In sostanza la legge prevede un rimborso massimo pari all’80 per cento delle spese effettivamente sostenute. L’amministrazione provinciale avrebbe però liquidato anche l’80 per cento di poco meno di un milione di euro che l’Alpenverein aveva inserito tra le spese che in realtà erano virtuali in quanto legate al valore (16 euro all’ora) di tutta l’attività annuale svolta dai volontari che, in quanto tali, non erano mai stati pagati.
Alto Adige 2-12-11
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mercoledì, 30 novembre 2011



Polemiche sulla pedemontana

Lavori ancora fermi e scambio di accuse fra Comune e Provincia

BRUNO CANALI


LAIVES. La costruzione della passeggiata pedemontana da San Giacomo a Castel Flavon, sopra Bolzano, è spostata oramai alla prossima primavera. Si lavora alla soluzione degli ultimi problemi.
 «Noi siamo pronti per iniziare - dice Martin Schöpf, direttore dell’Ufficio foreste della Provincia - e mancherebbe solo un atto di “sottomissione” da parte di un proprietario e i soldi». «Noi abbiamo fatto quel che dovevamo fare - taglia corto però l’assessore all’urbanistica del Comune di Laives, Georg Zelger - e al di là dell’ultimo atto di sottomissione per una superficie da attraversare, c’è tutto, soldi compresi. Parliamo pur sempre di circa 40 mila euro. L’ufficio forestale della Provincia dovrebbe concentrarsi con convinzione sul progetto».
 Dei ritardi si sono lamentati al Comitato di attenzione permanente di San Giacomo, che da anni si batte per riavere la percorribilità degli antichi sentieri che dal fondovalle salivano verso castel Flavon o verso La Costa - Seit. Negli anni questi sentieri in parte sono stati inglobati in proprietà private e in qualche caso anche bloccati da recinzioni e cancelli. La comunità di San Giacomo ha sempre stigmatizzato questa situazione ritenuta irregolare, chiedendo interventi degli enti pubblici per ripristinare i vecchi tracciati. Quest’estate a tale proposito vi era anche stata una camminata per richiamare l’attenzione sul problema, una manifestazione di protesta pacifica alla quale avevano perso parte decine di cittadini.
 Tornando alla passeggiata pedemontana, si tratta di un lotto, da San Giacomo verso Castel Flavon appunto, al quale in futuro si unirà quello che, sempre lungo il piede della montagna, dovrebbe arrivare da Pineta. Quanto ai problemi che hanno determinato il ritardo nell’esecuzione del lavoro, è successo che, una volta stabilito il percorso sopra San Giacomo, per evitare di entrare nelle proprietà agricole private si era stabilito di passare più vicini a una parete rocciosa risultata però pericolosa; ergo, ricerca di una soluzione e stop. Ora, a fermare i lavori, oltre alla necessità di completare l’acquisizione del tracciato su terreni privati mediante atto di sottomissione (iter che dovrà completare il Comune di Laives) è arrivata la cattiva stagione, non ideale per simili lavori.
Alto Adige -30-11-11
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martedì, 15 novembre 2011



Il golpe dei cartelli monolingui

MARIO BERTOLDI


BOLZANO. La Procura è intenzionata a ritenere non percorribile la strada penale per sanzionare la violazione dell’obbligo (statutario) sulla bilinguità non solo della toponomastica ma anche delle indicazioni e informazioni che concernono la sicurezza pubblica.
 «E’ un problema è politico e non giudiziario» ha puntualizzato qualche giorno fa il procuratore Guido Rispoli. E mentre a livello politico si cerca (faticosamente) un compromesso l’Alpenverein ha ripreso a procedere con la logica del fatto compiuto e del sopruso imposto. Nell’alta valle di Non da pochi giorni sono stati installati nuovi cartelli segnavia in legno rigorosamente monolingui. La zona del lago di Tret, incantevole bacino immerso nel bosco, viene segnalata unicamente con la denominazione tedesca «Felixer Weiher». Anche l’indicazione della malga di San Felice è stata rigorosamente tedeschizzata con la denominazione «Felixer Alm». Il cartello è stato installato pochi giorni fa. La Procura della Repubblica è stata tempestivamente informata da alcuni escursionisti ed il procuratore Guido Rispoli starebbe valutando la possibilità di battere altre strade per verificare ipotesi di intervento concreto a livello penale. L’abuso d’ufficio, strada già seguita alcuni anni fa anche dall’allora procuratore Franco Paparella dopo la cancellazione dell’odonomastica bilingue a Termeno, si è dimostrato ipotesi penale non percorribile. Potrebbe però spuntare l’omissione di atti d’ufficio. In effetti nel settembre di due anni fa era stato il commissario del governo Fulvio Testi ad intervenire con una lettera, inviata all’Alpenverein e al Cai, in cui si ribadiva l’obbligo statutario del bilinguismo dando l’ordine di ripristinare la legalità entro il 15 ottobre successivo. Da allora non è accaduto nulla. E’ vero che sono state avviate trattative tra il ministro Fitto ed il presidente della giunta provinciale altoatesina per una intesa di fondo, ma è anche vero che in due anni l’accordo non è stato raggiunto e nessun cartello è stato cambiato. Non solo. In totale spregio delle disposizioni date due anni fa dal commissario del governo, ora l’Alpenverein sta installando nuovi cartelli solo in lingua tedesca. Ecco perchè potrebbe scattare l’imputazione di omissione di atti d’ufficio.

Durnwalder: «Scaduto l’accordo con Fitto, ma i principi restano»

 BOLZANO. Segnaletica di montagna, capitolo chiuso insieme al governo Berlusconi. Almeno per il momento. Mentre in montagna tornano i cartelli monolingui, il sigillo arriva dal presidente Luis Durnwalder, che ieri mattina ha fatto il punto in giunta sulle conseguenze del cambio di governo. Riassume Durnwalder: «L’accordo con il ministro Fitto è scaduto. Non siamo riusciti a chiudere in tempo, perché non ci siamo messi d’accordo sugli ultimi 80 nomi». Non tutto quel lavoro verrà però buttato nel cestino, sottolinea Durnwalder, che anticipa una novità: «Resta un passo importante: il protocollo di intesa sui criteri firmato da me e Fitto all’inizio delle trattative. Lo vogliamo inserire nella legge sulla toponomastica in discussione nel consiglio provinciale». Quel protocollo di intesa, secondo Durnwalder, «va conservato nel suo spirito, perché per la prima volta lo Stato ha accettato di sottoscrivere un compromesso secondo cui non tutte le denominazioni devono essere bilingui. Viene però sancito anche l’obbligo di bilinguismo su alcune categorie come Comuni e fiumi». Troppo poco, secondo il partner di giunta Pd, che ha depositato le proprie richieste di modifica al testo della legge Svp e ribadisce la propria linea di bilinguismo esteso, come garantito dallo Statuto, sia sui sentieri che in generale su tutta la toponomastica.
 L’assessore Christian Tommasini riferisce: «In giunta abbiamo discusso su come muoverci nei prossimi mesi sulla segnaletica di montagna, visto che non è stato chiuso l’accordo con Roma. Cade di fatto una trattativa riservata di cui nessuno sentirà la nostalgia. Resta invece il protocollo di intesa e i risultati raggiunti sulla base di quel testo dalla commissione paritetica di tecnici, di cui abbiamo condiviso i risultati e che già contiene un compromesso di denominazioni bilingui e monolinui». L’assessore Hans Berger è sceso sul pratico: «Come devo muovermi con Avs e Cai?». Tommasini informa: «La nostra linea è che nel finanziare la sostituzione di tabelle ci si debba attenere ai risultati della commissione».

Alto Adige 15-11-11
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venerdì, 07 ottobre 2011



Piccoli bricconi crescono nel bosco

Realizzata sul sentiero Virgolo-Castel Flavon un’originale area didattica


Il progetto della Forestale

Sapete cos’è un gigacarillon? Scopritelo sul sentiero tra il Virgolo e Castel Flavon, dove la Forestale ha
realizzato l’originale “Bosco dei bricconi”. Pensato per i bambini, ma non solo.

A raccontarci tutto è il forestale Paolo Giacomoni. “Cosa c’è di più naturale che studiare la natura nella natura?
Partendo da questo assunto, noi della Stazione forestale di Bolzano abbiamo creato alle pendici del Colle un sentiero didattico nel bosco. Il nome deriva dal nome popolare della località nella quale si trova, denominata “Schelmtal”. In tedesco Schelm significa burlone, briccone, e da qui anche il logo con il folletto. Essendo il luogo già meta di passeggiate naturalistiche scolastiche, è subito parso adatto alla creazione di un sentiero didattico.
Lo abbiamo fatto col massimo rispetto possibile dell’ambiente boschivo, utilizzando i percorsi esistenti e con la sola fantasia e capacità degli operatori ed ospiti del Laboratorio riabilitativo “Colle” dell’ASSB e dei forestali. Tutte le strutture sono state costruite utilizzando legni e rocce presenti nel bosco, al quale nulla è stato tolto.
Un’ultima cosa: il bosco sembra disabitato ma mille occhi vi guardano, spesso con timore.
Abbiate rispetto di ciò che vi sta intorno o qualche folletto, soprattutto all’imbrunire, vi farà un dispetto...”.
I terreni sono stati messi gratuitamente a disposizione dal proprietario, il conte Toggenburg. Per saperne di
più: http://www.provincia.bz.it/foreste/bosco-legnomalghe/2512.asp
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domenica, 11 settembre 2011



C’è l’accordo con il privato per la passeggiata pedemontana

LAIVES. L’assessore comunale Georg Zelger ha raggiunto un accordo col proprietario di un terreno entro il quale far passare il tracciato della passeggiata pedemontana tra San Giacomo e Castel Flavon, sopra Bolzano. «Raggiunto l’accordo - afferma Zelger - i lavori di realizzazione a cura dell’Ufficio provinciale foreste può riprendere. Da quello che mi ha spiegato il direttore Martin Schöpf, questo intervento potrebbe riprendere a fine settembre - inizio ottobre».
 Ricordiamo che l’intervento si era fermato quando ci si era resi conto che una parte del tracciato sarebbe passata proprio nei pressi di una parete rocciosa dalla quale potevano cadere massi. Questo potenziale rischio ha consigliato una sosta e la ricerca di un percorso alternativo. L’Ufficio forestale lo ha individuato ma bisognava ovviamente raggiungere un accordo con il proprietario privato per poter passare. A quel punto è intervenuto l’assessore Georg Zelger che ha trattato per avere la concessione e così è stato. Entro alcune settimane i lavori da parte dell’Uffico foreste della Provincia potranno ripartire e nel giro di non molto tempo il tracciato della pedemontana raggiungerà Castel Flavon, sopra Bolzano. Sarà ad ogni modo il primo lotto di un percorso che, nelle intenzioni del Comune di Laives, dovrà raggiungere, in direzione sud, l’abitato di Pineta e da lì la città di Laives, passando sempre ai piedi della montagna, ad est della valle.
 Si tratterà di una bella passeggiata, come quella che da Castel Flavon arriva al Virgolo, riservata specificatamente ai pedoni, con un tracciato sterrato, privo di difficoltà, sicuro e punteggiato di panchine per riposare e di qualche fontanella per l’acqua potabile. (b.c.)
Alto Adige 11-9-11
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venerdì, 12 agosto 2011



Zelger: «Niente case sull’area lido»

LAIVES. Sì alla proposta del Baurnebund sul lido. Lo dice Georg Zelger, l’assessore che ha ereditato da Georg Forti, il «cerino» dell’urbanistica, settore attorno al quale ruotano i principali problemi politici della maggioranza di Laives. All’indirizzo dell’assessore Zelger vanno anche le critiche lanciate in questi giorni da Lorenzo Merlini, del comitato attenzione permanente di San Giacomo e dal capogruppo dei Verdi, Giorgio Zanvettor.
 Merlini parla di inadempienze e ritardi nelle opere promesse a San Giacomo; Zanvettor a sua volta, “bacchetta” l’assessore all’urbanistica (collega di maggioranza, tra l’altro) perché si sarebbero perdute le tracce del nuovo Piano urbanistico.
 Per quanto riguarda la frazione di San Giacomo, il comitato preme per sapere a che punto è la realizzazione della pedemontana fino a Castel Flavon: «A fine luglio - spiega l’assessore Zelger - abbiamo raggiunto un accordo con il proprietario privato dei terreni sopra San Giacomo. Ha acconsentito a cedere una parte che serve per spostare il tracciato rispetto alla zona a rischio caduta massi. Prevedo quindi che per fine settembre, primi di ottobre, i lavori potranno ricominciare. Faremo anche un incontro con i progettisti delle uscite di sicurezza della galleria di San Giacomo per quanto riguarda il secondo lotto della pedemontana, quello verso la zona Vurza a Pineta».
 Per il nuovo lido c’è adesso una ipotesi messa sul piatto dal Bauernbund, associazione di cui fa parte lo stesso Zelger: «La ritengo una proposta interessante e sicuramente degna di essere approfondita - risponde l’assessore - personalmente ritengo che sarebbe meglio costruire case a valle della città, sotto via Andreas Hofer, piuttosto che creare una zona residenziale dal nulla, al posto del vecchio lido. Ad ogni modo, prima di prendere decisioni converrà attendere il parere di Durnwalder sul progetto di cittadella».
 Giorgio Zanvettor, che con i Verdi fa parte della maggioranza, non lesina critiche per i ritardi sulla predisposizione del nuovo Puc pur prendendo atto che Zelger, come assessore, è subentrato a Forti strada facendo: «L’iter del nuovo Piano urbanistico comunale è avviato e per quanto riguarda i ritardi, ricordo solo che la maggioranza, evidentemente, fin qui ha preferito seguire altre priorità. Ad ogni modo, insieme al piano generale del traffico, si va sempre avanti».
 Anche la bretella stradale da via Vadena alla zona industriale a sud di Laives sembrava essere una priorità per togliere il traffico pesante diretto al magazzino “Kaiser Alexander” in via Fabio Filzi. Oggi invece è stata praticamente accantonata e si farà solo la rotatoria in zona industriale: «Effettivamente è così e, a proposito di rotatorie, andiamo avanti anche con quella prevista all’incrocio tra via Kennedy e via Sottomonte, all’ingresso nord della città».
Alto Adige 12-8-11
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mercoledì, 10 agosto 2011



«San Giacomo, solo promesse elettorali»
Lorenzo Merlini: a fronte dei problemi aperti, il silenzio


LAIVES. Il “Centro attenzione permanente” di San Giacomo torna a farsi sentire. È una ripresa critica nei confronti dell’amministrazione comunale, accusata di non occuparsi dell’abitato. Dice Lorenzo Merlini: «Mai come quest’anno, San Giacomo sembra scomparsa dal territorio comunale di Laives. Da oltre sei mesi regna il silenzio su una serie di temi che l’amministrazione comunale invece avrebbe dovuto affrontare, rendendone conto ai cittadini».
L’elenco inizia con la passeggiata pedemontana, dalla chiesetta sopra san Giacomo fino a castel Flavon, a Bolzano. «È ferma dalla primavera - dice Merlini - per caduta sassi, si disse allora. Sindaco, vicesindaco e assessore Zelger ci garantirono una sollecita soluzione del problema, ma ora vogliamo sapere di chi sono le responsabilità del ritardo e cosa si intenda fare per completare il progetto oppure se si intenda abbandonarlo, come gli abitanti di san Giacomo iniziano a credere, disattendendo così le promesse fatte in campagna elettorale».
Secondo argomento, la riqualificazione - con un nuovo lotto - della statale 12 a San Giacomo. «Anche questa - continua Merlini - ha subito forti rallentamenti. Ci rendiamo conto che vi sono tempi tecnici lunghi ed espropri da fare, ma siamo convinti che comunque determinati interventi si potevano fare, vedi i dossi artificiali sulla statale per rallentare il traffico. Non ci risulta servano espropri per realizzarli e sembrava una cosa estremamente semplice».
L’esponente del comitato di attenzione permanente fa poi una considerazione amara: «Le parole spese per rendere San Giacomo una comunità di tipo residenziale, per la quale si è sempre espressa la popolazione nelle sue giuste aspettative, sembrano svanite nel nulla. Che fine hanno fatto il progetto della piazza, lo spostamento della cubatura del “progetto Amonn”, la ciclabile verso Bolzano, la sistemazione della zona scolastica, lo spazio per i cani? È tutto il silenzio che circonda questi temi che dà più fastidio - conclude Merlini -, il non sapere, l’essere esclusi dalla partecipazione su ciò che riguarda il nostro futuro a lasciarci molto perplessi». (b.c.)
Alto Adige 10-8-11
giovedì, 28 luglio 2011



Virgolo, gli ambientalisti propongono una scalinata

BOLZANO. Poco più di mille scalini di ferro zincato e passamani d’acciaio per arrivare in cima al Virgolo da
viale Trento. Tutto appoggiato sulla bella e tuttora resistente struttura della vecchia funicolare, compresi gli
archi rampanti in pietra, scenografici ora come allora. Il progetto è firmato dall’architetto Rinaldo Ruvidotti.


Ruvidotti, sotto il patrocinio dell’associazione “Il nostro Virgolo”, tenta di restituire alla collina il suo antico splendore, per farne una zona di verde pubblico che attragga turismo e offra spazi ricreativi ai cittadini. Una soluzione tecnologica leggera e con poco impatto ambientale, assicurano i promotori dell’iniziativa. «La scala sarebbe lunga 343 metri e larga un metro e ottanta - spiega Ruvidotti - completamente immersa nella natura e con scarsa necessità di manutenzione, anzi potrebbe essere un’utile via d’accesso alla collina in caso di lavori». Il costo, escluso il montaggio, è di circa 250 mila euro, che i promotori dell’iniziativa sperano di ottenere in parte da finanziatori privati in qualità di sponsor. «Rivitalizzare quell’area potrebbe essere interessante per il commercio e il turismo - afferma Verena Segato, dell’associazione - ma prima di tutto serve l’accesso diretto dalla città». In cima, propone l’associazione, si potrebbe fare del Virgolo un parco ecologico-didattico-sportivo a vocazione turistica.
Ai visitatori si presenterebbe un ristorante panoramico ricavato dall’antica stazione, l’Hotel Bellavista verrebbe trasformato in uncentro ecologico, poi riaprirebbero gli impianti sportivi ai quali verrebbero affiancati percorsi
didattici. «Sogniamo che tutta l’area diventi una zona pubblica ricreativa - afferma Maria Teresa Fortini - dopo trent’anni di abbandono e tanti rischi di speculazione». I milleottantotto scalini non comporterebbero un grande ostacolo al transito, e potrebbero essere utilizzati come percorso sportivo: in 25 minuti di percorso pedonale si potrebbe andare da piazza Walther alla terrazza naturale su Bolzano. (ri. va.)
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domenica, 19 giugno 2011



Virgolo, vertice imprenditori-ambientalisti

ALAN CONTI
BOLZANO. Comune, ambientalisti e gli imprenditori proprietari dei terreni: tutti assieme intorno ad un tavolo per discutere del futuro del Virgolo. E’ successo l’altra sera “Kohlerhof”. Un “deponete le armi” convocato dal consigliere comunale con delega per il Virgolo Rudi Benedikter. L’argomento, si sa, dall’abbandono dei Thun è un foglio bianco su cui chiunque può tracciare un proprio progetto: centro benessere, fattoria per animali, sala da ballo, spazio musicale per giovani o vetrina per i prodotti tipici territoriali sono solo alcuni esempi sbocciati durante l’incontro articolato nelle distinte tavolate, ciascuna con una tematica specifica. Tra i partecipanti, come detto, per la prima volta tutti i protagonisti del dibattito: sono emerse, così, alcune linee guida condivise su un intervento che sia per tutta la cittadinanza e non residenziale, con il punto interrogativo attorno alla partecipazione del settore imprenditoriale. Sui collegamenti, invece, la discriminante legata alla presenza o meno della funivia dovrebbe agganciarsi al flusso di pubblico previsto nelle strutture che saranno realizzate. Importante, la presenza dei proprietari (un pool di noti imprenditori bolzanini), rappresentati da Vittorio Repetto.
«Prima di tutto siamo qui per ascoltare - le parole di Repetto - ribadendo la necessità di creare un punto di ritrovo che possa accrescere l’interesse intorno al Virgolo. L’obiettivo è di rendere il colle patrimonio della città e, in caso di progetto convincente, siamo disposti a mettere a disposizione alcuni terreni. E’ evidente, però, che per raggiungere l’obiettivo sarà necessario trovare una formula in grado di apportare dei vantaggi e garantire degli utili ad eventuali investitori privati. Puntare sul tempo libero e sulla valorizzazione dei due masi esistenti può essere un punto di partenza». Precisa anche l’idea dell’assessore comunale all’urbanistica Maria Chiara Pasquali: «Dobbiamo conciliare le esigenze di residenti, turisti e imprese locali. Meritano attenzione le proposte di realizzare un centro per la musica o una piccola sala congressi. Si potrebbe anche pensare a piccole appendici di ricerca dal polo tecnologico su tematiche ambientali specifiche. Di sicuro non concederemo spazio al residenziale».
Dal fronte ambientalista arrivano progetti concreti. «Da tempo - dice Gertrud Oberrauch del Vke - chiedo si possa realizzare una piccola casetta con gli animali domestici che venga attrezzata per la didattica ai bambini. Si potrebbe così coinvolgere le scuole e avviare progetti di pet therapy». Sportiva, invece, l’elaborazione di Thomas Brachetti di “Ambiente e salute”: «Sarebbe bello predisporre una pista di downhill per la discesa con le mountain bike, tanto gli appassionati già seguono questi percorsi arrivando dal Colle». Christian Sölva, sempre dal Vke, chiede il coinvolgimento di «partner come Eurac, Trauttmannsdorf o Fondazione Vital. I corsi dell’Accademia Europea rappresenterebbero un bel volano per il Virgolo, mentre bisognerà riflettere bene sulla funivia, giustificabile solo con un buon flusso di persone». Non poteva mancare la proposta del comitato “Il nostro Virgolo” rappresentato da Maria Teresa Fortini e Verena Segato: «Abbiamo previsto una scalinata da 1.088 gradini da 18 centimetri, con una funicolare parallela lunga 342 metri con un dislivello di 196. Pendenza piuttosto impegnativa al 70%. A monte, invece, ci impegneremo per il restauro dell’Hotel Bellavista del 1898 seguendone la struttura originaria e rendendolo una casa passiva in grado di ospitare, per esempio, centri di socializzazione al costo di circa un milione di euro».
Fitto il dialogo con Repetto. L’imprenditore però invita a stringere su soluzioni che siano sostenibili anche economicamente. «E vanno sicuramente migliorate le infrastrutture per rendere la collina finalmente raggiungibile tutto l’anno».
Adesso la palla passa a Rudi Benedikter. Tocca a lui tradurre le proposte in realtà e mettere tutti d’accordo: residenti, Comune, ambientalisti, proprietari e quartieri.
Alto Adige 19-6-11
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lunedì, 23 maggio 2011



I bolzanini: «Virgolo da recuperare subito un parco per famiglie»

ALAN CONTI
BOLZANO. Restituire il Virgolo alla cittadinanza in tempi accettabili. I bolzanini non sono più disposti a vivere di ricordi passati sulla collina cittadina, ma pretendono chiarezza di progetti e velocità d’esecuzione da parte dell’amministrazione. Il tutto partendo da Oltrisarco, uno dei quartieri più vicini alla collina e la cui Circoscrizione è impegnata in prima persona in alcuni incontri interlocutori. Se si è compreso, con la bocciatura dell’idea di Thun, che i progetti faraonici non trovano spazio, allora i residenti chiedono un cambiamento di rotta verso qualcosa di meno complesso ma più rapido. Un parco per le famiglie, una passeggiata curata o una semplice strada non dissestata possono essere tranquillamente catalogati alla voce “primo passo significativo”. Il Vke, inoltre, tiene in caldo una proposta che incontri le esigenze delle scuole e dei più piccoli chiedendo all’amministrazione di prenderla in considerazione. «Quante volte, in passato, sono andata con la mia famiglia al Virgolo - ricorda Natalina Salvi - e oggi vederlo così, dismesso e abbandonato, provo molta tristezza. Davvero siamo arrivati a un punto in cui è necessario che l’amministrazione prenda in mano la situazione senza rimandare tutto alle calende greche. Ci sta che il progetto Thun potesse non piacere a tutti, ma provare a immaginare un parco o uno spazio per le famiglie non dovrebbe essere così difficoltoso. In fondo si tratta di restituire alla città un angolo stupendo che appartiene alla sua storia». Timoteo Velazquez concorda: «Bolzano merita di poter usufruire della collina. E’ uno spreco averla così vicina e lasciarla, sostanzialmente, inutilizzata». Si abbandona ai ricordi anche Luigi Girardi. «Io costruii l’antica funivia che portava al Virgolo e si trattò di un’opera capace di scatenare l’entusiasmo dei bolzanini. Ecco, la speranza è di rivivere a breve un momento così perché davvero oggi siamo sormontati da una bellezza naturale totalmente dimenticata. Nel passato, infatti, faceva parte delle abitudini di noi tutti recarsi talvolta all’albergo per matrimoni o cerimonie oppure dedicarsi semplicemente a una passeggiata. Oggi a nessuno verrebbero in mente idee simili. Il primo passo, comunque, potrebbe essere la riqualificazione della strada che presenta troppe irregolarità e buche per essere considerata accettabile». Idee chiare per la signora Anna: «Bisogna trovare il modo di riconsegnarla nelle mani dei cittadini, come un qualsiasi parco ben strutturato. Non si chiedono interventi particolarmente impattanti né esborsi eccessivi, ma solo maggiore cura. La funivia, certo, sarebbe bella, così come lo sarebbe un bel campo da bocce, ma la priorità è sicuramente la bonifica». Jasmine Locher e Loris Taumann hanno due figli: «Sarebbe davvero bello poterli portare lassù. Le giovani famiglie, infatti, non conoscono bene il Virgolo semplicemente perché non hanno mai avuto l’opportunità di viverlo quotidianamente come, per esempio, può essere uno spazio verde come il parco Mignone. Speriamo che il Comune ci permetta in tempi brevi di riscoprirlo».
 Chiusura con Gertrud Oberrauch che, da responsabile per il Vke sul tema del Virgolo, presenta la sua proposta. «Mi piacerebbe venisse edificato un piccolo maso con tanto di animali adatti al nostro ambiente. In questo modo, infatti, si potrebbero organizzare gite e iniziative con i bambini e le scuole per approfondire temi come l’allevamento nostrano, ma anche il rapporto con la natura e la stessa storia altoatesina sotto questi aspetti». Ci vogliono, però, dei passi istituzionali e proprio il 20 giugno è in calendario una nuova riunione tra le Circoscrizione e i responsabili comunali per analizzare idee e progetti. «Lo sappiamo e abbiamo già comunicato a Rudi Benedikter, referente per il Virgolo in Comune, le nostre intenzioni. Evidentemente è necessario un esborso economico di un certo rilievo e andranno coinvolti sponsor esterni, ma anche la Provincia dovrà fare la sua parte. Difficile, infatti, che le casse comunali possano mai sobbarcarsi da sole l’intera riqualificazione».
Alto Adige 22-5-11
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giovedì, 19 maggio 2011



Virgolo: Centro giovani per rilanciare l’area abbandonata

BOLZANO. Possibili scenari futuri sul Virgolo. Ne ha discusso ieri il consiglio di quartiere Centro-Piani-Rencio, presenti anche consiglieri di Oltrisarco, in un incontro al quale ha partecipato Rudy Benedikter, incaricato dal consiglio comunale di seguire la questione Virgolo. Un anno fa l’addio di Thun che avrebbe voluto realizzarvi la sede dell’azienda. Un’occasione che il Comune non ha saputo cogliere.
Sono emerse una serie di proposte. C’è chi pensa ad un centro per i giovani, chi invece ci metterebbe un centro convegni con annessi spazi per la cultura. Altri preferirebbero qualcosa di più turistico: un ristorante, magari un albergo. Comunque, dovrà essere una soluzione poco impattante dal punto di vista ambientale.
Le idee non mancano su quello che potrebbe essere il futuro del Virgolo, zona che ha avuto un periodo d’oro negli anni Sessanta ma ormai da tempo è abbandonata. Il fatto è che l’area di cui si discute non è pubblica. Appartiene ad una società di imprenditori, capofila il costruttore Vittorio Repetto. Thun, che ha abbandonato dopo che per due anni ha atteso invano un sì o un no dal Comune sulla possibilità di attuare il progetto, aveva trovato l’accordo con i privati. Naufragato quel progetto, tutto è di nuovo in alto mare.
«Se non si vuole - spiega il presidente della circoscrizione Centro Rainer Steger - che tutti i discorsi sul Virgolo rimangano bei sogni, bisogna trovare un’intesa a tre: privati, Comune e Provincia. Solo così l’operazione sarà economicamente sostenibile. Benedikter ha spiegato che solo la funivia Bolzano-Virgolo costerebbe intorno ai 12 milioni».
Il fatto è che né prima né dopo Thun nessun altro privato si è fatto avanti per dire di essere interessato ad una qualche operazione.
«In effetti - ammette Steger - personalmente prima di lasciar cadere la soluzione prospettata dall’imprenditore bolzanino, ci avrei lavorato ancora un po’. Ovvero, avrei cercato di contenere al massimo l’impatto ambientale e nel contempo avrei puntato ad ottenere spazi da mettere a disposizione della città. Ma questo ormai appartiene al passato: dobbiamo trovare un’altra soluzione per valorizzare quell’angolo di città». Entro il 20 giugno i consigli di quartiere Centro e Oltrisarco si riuniranno per mettere nero su bianco le proposte. (an.ma)
Alto Adige 19-5-11
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sabato, 30 aprile 2011



Verärgerte St. Jakober Bürgerschaft

FREIZEIT: Bevölkerung will endlich die Promenadenanbindung an die Haselburg – Stadtrat Georg Zelger: Wir arbeiten daran

V ON MICHAEL FINK

LEIFERS. Die Mitglieder des Bürgerkomitees St. Jakob protestieren: Bei der Promenadenanbindung Richtung
Haselburg gehe nichts weiter.
„Wir sind gerade dabei, das Problem zu lösen“, sagt der  zuständige Stadtrat Georg Zelger.

Alessandro Cosi ist verärgert. Seit Jahren warten er und seine Mitstreiter auf den versprochenen Verbindungsweg von St. Jakob zur Haselburg. „Sechs Jahre werden wir nun vertröstet“ sagt Cosi. Am Anfang hatte alles noch gut ausgesehen, dann spielte aber ein Grundbesitzer nicht mehr mit. Er baute kurzehand ein Riesentor und versperrte den Spaziergängern damit den Weg.
„Die Gemeinde hat nach einer Alternative Ausschau gehalten und diese auch gefunden“, weiß Cosi. Nur: „Es hat sich dann herausgestellt, dass diese Strecke steinschlaggefährdet ist.
Die Arbeiten wurden daraufhin im März eingestellt.“ Darüber informiert wurden die Bürger erst nach mehrmaligem Nachfragen.
Anlässlich einer Bürgerversammlung wurden sie dann im Februar von Bürgermeisterin Liliana Di Fede über den Stand der Dinge aufgeklärt.
Trotzdem: „Wie kann es sein, dass man ein Wegprojekt erstellt, die Umwidmungen im Bauleitplan vornimmt und erst dann draufkommt, dass die Strecke zu gefährlich ist?“ fragt sich, Cosi.
Stadtrat Zelger sieht die ganze Sache etwas anders und auch nicht so dramatisch. „Wir haben jetzt eine andere Lösung gefunden und sind mit dem Grundbesitzer auch bereits in Verhandlung“ erklärt Zelger.
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Er gibt zu bedenken, dass vorab auch diverse Verantwortlichkeiten geklärt werden müssen.
Sprich: „Wer übernimmt die Haftung, wenn auch dem Weg etwas passiert?.“ Im Fall der Promenade werde dies selbstverständlich die Gemeinde sein, stellt Zelger klar. Dahingehend müssten mit sämtlichen Besitzern jener Grundstücke, durch die der Weg verlaufen wird, entsprechende Abkommen abgeschlossen werden. „Wir sind dabei, die aufgetretenen Probleme zu lösen“ verspricht der Stadtrat.
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venerdì, 29 aprile 2011



Il direttivo del Cai: «Con i pittogrammi si elimina l’italiano»

BOLZANO. Il Club Alpino Italiano dice no alla segnaletica di montagna basata sui pittogrammi, attualmente allo studio della giunta provinciale. Quella che viene considerata come una scorciatoia per ridurre la presenza delle denominazioni in italiano viene ormai rigettata o guardata con sospetto dalla politica italiana. L’idea è di introdurre disegni esemplificativi al posto delle parole generiche come «malga», «rifugio», «lago» eccetera.
 «Sarà una soluzione da valutare con buon senso, non devono essere posati ovunque», ha spiegato il presidente provinciale Luis Durnwalder. All’assessore provinciale al turismo Hans Berger è stato affidato il compito di portare in giunta un promemoria approfondito con tanto di esempi e proposte.
 Alle prime reazioni negative della politica, però, si aggiunge ora la posizione del Cai Alto Adige. Un primo giudizio sfavorevole era già arrivato nei giorni scorsi, a titolo però personale, da parte del vicepresidente della sezione provinciale, Vito Brigadoi.
 «I dubbi di Brigadoi sono anche i nostri», chiarisce ora il presidente del Cai Alto Adige Giuseppe Broggi, «il direttivo si riunirà nei prossimi giorni e prepareremo un documento».
 Il pollice verso è però già acquisito: «I componenti del direttivo si sono consultati telefonicamente dopo che la giunta provinciale ha deciso nella clausura della scorsa settimana di approfondire la soluzione dei pittogrammi legati alla nuova segnaletica di montagna. Il parere è unanimemente negativo».
 Il vicepresidente Vito Brigadoi aveva sottolineato: «La storia dei disegni sui cartelli al posto dei nomi generici mi sembra inopportuna. Potrebbe essere interpretata come un sistema per ridurre la presenza della lingua italiana».
 Rincara ora Broggi: «Per quale motivo le parole andrebbero sostituite con disegni?». Da oltre un anno, riassume Broggi, da quando è iniziata tutta la vicenda dei 34 mila cartelli in tedesco posati dall’Alpenverein Südtirol, la posizione del Cai Alto Adige non è mai cambiata: «C’è la nostra relazione. Chiediamo semplicemente il rispetto del bilinguismo in montagna. Ci sia corrispondenza tra quanto si trova sulle carte geografiche e quanto viene scritto sui cartelli».
 Come ha infatti evidenziato l’indagine svolta dalla Procura, con l’ausilio delle forze dell’ordine, in Alto Adige i cartelli non tradotti assommerebbero alla cifra siderale di oltre 34 mila. Perché i cartelli rinvenuti monolingui sui sentieri di montagna sono sì 1.526, ma la maggior parte di loro si ripete più e più volte. Alcuni oltre le duecento volte, come per esempio Panoramaweg, sentiero panoramico. Le forze dell’ordine hanno anche evidenziato numerose incongruenze sul sito web creato dall’Avs a seguito della digitalizzazione dei sentieri altoatesini. Anche in questo caso, molte denominazioni solo solo monolingui e, in più, alcune cime altoatesine risultano al di fuori del territorio dello Stato italiano. Fra i tanti nomi italiani scomparsi anche quelli dei santi. (f.g. e da.pa)
Alto Adige 29-4-11
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martedì, 26 aprile 2011



Segnaletica: il Pd blocca Durnwalder

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Il Pd frena sull’utilizzo dei pittogrammi nella segnaletica di montagna. «Se i disegni sostituiranno la sola denominazione in lingua italiana diremo di no», sottolinea il vicepresidente della giunta provinciale, Christian Tommasini. La posizione dei democratici è questa: «Giudizio sospeso in attesa di vedere come la Svp intenda usare i pittogrammi, ovvero se siano aggiuntivi ai toponimi, sostitutivi di entrambe le lingue o di una sola».
L’intesa tra Durnwalder e Fitto - cui manca il passo conclusivo - continua a tenere banco, dopo che dall’ultima seduta di giunta provinciale si è affacciata l’ipotesi di mettere al posto dei termini come malga, lago o cima, dei disegni assunti convenzionalmente come elemento di scrittura o come segnale di qualcosa. Contro l’utilizzo dei pittogrammi si dice anche il deputato del Pdl, Giorgio Holzmann. «Si possono aggiungere, ma non sostituire ai nomi. Non capisco perché la giunta altoatesina non si limiti a ratificare quanto hanno deciso i saggi nella commissione sulla segnaletica di montagna, frutto di un accordo tra il ministro Fitto e il presidente Durnwalder che era già nato come compromesso», evidenzia Holzmann. Per quest’ultimo «il ministro per i Rapporti con le regioni ha chiara la questione e vuole portare a termine quanto avviato con il protocollo d’intesa del settembre scorso». «Mi cascano le braccia», attacca il leader di Futuro e libertà, Alessandro Urzì. «Il Pd, come alleato in giunta, non può dire che si tratta solo di una questione tecnica: il ritorno al linguaggio dei segni non ha ragione alcuna, piuttosto rivalutiamo una delle colonne dello Statuto d’autonomia, ovvero il bilinguismo», afferma il consigliere provinciale di Fli, per il quale non ci possono essere accordi in materia di toponomastica, senza ricordarsi cosa dice lo Statuto. Molto duro il commento dei socialisti. «Mi meraviglio che la magistratura non sia intervenuta con più forza su questo tema: le indicazioni sui cartelli devono essere bilingui, se poi si vogliono integrare con dei pittogrammi bene, ma dev’essere un’integrazione e non una sostituzione, perché qui si tratta di non mettere in pericolo la vita delle persone», spiega il consigliere comunale Psi del capoluogo, Claudio Della Ratta. Sulla stessa lunghezza d’onda i centristi dell’Udc. «L’ultima trovata dei pittogrammi per aggirare l’ostacolo sulla lingua da fare prevalere nei segnali di montagna è un limite che non si dovrebbe superare: a questa politica Svp del rosicchiare ogni cosa per avanzare un metro in più si deve dare una netta risposta di rifiuto», dice Giovanni Barborini. «Quella dei pittogrammi è una trovata per arrivare a meno cartelli con la lingua italiana e aggirare le norme statutarie che sono chiare», sottolinea il consigliere provinciale dei Verdi, Riccardo Dello Sbarba.
IL LAVORO DEI SAGGI. La commissione paritetica Stato-Provincia che ha lavorato a seguito dell’intesa Fitto-Durnwalder si è occupata di 1.526 indicazioni monolingui in tedesco (tra toponimi puri e indicazioni di carattere generale). I toponimi rimasti esclusivamente in lingua tedesca rappresentano il 10% del totale. Poi ci sono le indicazioni tradotte in toto in lingua italiana: rappresentano il 45 per cento del totale, quindi circa 700. Sono toponimi tedeschi per i quali esiste la versione in lingua italiana ed è diffusamente utilizzata. L’altro 45 per cento sono nomi tradotti in toto in lingua italiana o lasciati in tedesco con l’indicazione di carattere generale in italiano. Comprendono diverse tipologie di indicazioni. La gran parte è stata tradotta in italiano, ma in questa quota-parte ci sono anche i casi in cui il toponimo tedesco non trova corrispondenza nella lingua italiana ma viene accompagnato dalla traduzione dei nomi aggiuntivi come malga, lago, montagna, cima.
DURNWALDER E FITTO. Entro metà maggio Luis Durnwalde invierà a Fitto le proposte di correzione al testo approvato dai saggi. Starà al ministro accettare o meno la richiesta.
Alto Adige 26-4-11
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domenica, 24 aprile 2011



Passeggiata bloccata per rischio caduta massi

Stop ai lavori per la realizzazione del primo lotto, da San Giacomo a Castel Flavon


LAIVES. I lavori per la realizzazione del primo lotto di passeggiata da San Giacomo a Castel Flavon, sono bloccati. Ci si è accorti che il tracciato previsto ad un certo punto, per una lunghezza di 80 metri circa, sarebbe esposto al rischio di caduta massi. Per richiamare l’attenzione su questa situazione e sulla necessità di trovare soluzioni che rimettano in moto l’opera, c’è stata anche una passeggiata “lungo il sentiero che non c’è”, organizzata dal comitato di San Giacomo.
 «Sapevamo di questo rischio, così come lo sapeva l’amministrazione comunale - spiega il dottor Martin Schoepf, direttore dell’ufficio forestale della Provincia - e che sarebbe necessario prevedere eventualmente delle protezioni lungo gli 80 metri più esposti alla caduta massi. Il Comune di laives ha deciso di sospendere i lavorti quindi e da quanto ho saputo, si starebbe cercando un accordo col proprietario privato della zona per spostare il tracciato». Conferma l’assessore all’urbanistica Georg Zelger: «Si, stiamo cercando l’accordo con un proprietario privato affinché consenta di passare con la passeggiata sul suo terreno, evitando così la parte più pericolosa». (b.c.)

Alto Adige 24-4-11
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domenica, 24 aprile 2011



Il Cai boccia i pittogrammi: una furbizia

BOLZANO. Ottenere dal ministro Fitto una sforbiciata all’elenco di nomi bilingui per i segnali di montagna stilato dalla commissione paritetica Stato-Provincia. Alleggerire la presenza delle dizioni generiche in italiano (e quindi anche in tedesco) sostituendole con disegni, i pittogrammi che indicano malga, sentiero, seggiovia.
 Questa la doppia strategia del presidente Luis Durnwalder e di parte della giunta provinciale sulla questione della segnaletica di montagna. Ma sui pittogrammi, di cui si è discusso l’altro giorno nella clausura di giunta, arriva una pioggia di bocciature, dal Cai alla politica.
 Vito Brigadoi, vicepresidente del Cai, parla a titolo personale («non ne abbiamo discusso nel direttivo») con la consueta chiarezza: «La storia dei disegni sui cartelli al posto dei nomi generici mi sembra inopportuna. Potrebbe essere interpretata come un sistema per ridurre la presenza dell’italiano. La giunta ha annunciato inoltre che i cartelli di legno verranno sostituiti da tabelle in alluminio. E’ buffo. Anni fa lo avevamo proposto, per uniformarci alle tabelle Cai del resto d’Italia, e ci era stato risposto che l’Avs non avrebbe rinunciato al tradizionale cartello in legno».
 I politici possono essere meno diplomatici di Brigadoi. Il deputato del Pdl Giorgio Holzmann, già contrario a uno stravolgimento del lavoro della commissione di esperti, commenta: «I disegni possono essere aggiuntivi, non sostitutivi. Non possiamo tornare ai pittogrammi sulle caverne per risolvere il problema della toponomastica». A metà maggio Durnwalder presenterà a Fitto le proposte di modifica. La deputata del Pdl Michaela Biancofiore si dichiara convinta che non ci sarà un bis del caso Bondi: «Ho parlato con il ministro Fitto. Sono certa che non darà il via libera a proposte contraria allo spirito del suo accordo iniziale con Durnwalder, che mirava a ristabilire il bilinguismo dopo i 34 mila cartelli in tedesco posati dall’Avs. I disegni al posto dei sostantivi sono l’ennesima furbizia e lo capiscono anche i bambini. Il ministro Fitto mi ha confermato che la questione della segnaletica entrarà in una discussione politica più ampia con la Svp, condotta insieme al ministro Frattini». Proprio per questo potrebbero arrivare concessioni? Biancofiore: «Ci interessa un accordo politico, non la sconfessione della nostra linea politica».
 Sui cartelli il vicepresidente Christian Tommasini (Pd) è invece possibilista: «Mi sembra una questione tecnica, non politica». L’Udc mette in guardia il Pd. Il segretario Paolo Degasper: «Il Pd, unico alleato in giunta, deve stare attento a non cadere nei trabocchetti del presidente. La sostituzione con disegni di parole come “malga” e “sentiero” diminuirà smisuratamente la presenza della versione italiana». (fr.g.)
Alto Adige 24-4-11
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sabato, 23 aprile 2011



Alpenverein: il dossier dei carabinieri

SUSANNA PETRONE
BOLZANO. Cartelli monolingui: presto il perito Roberto Pallaver consegnerà in Procura i risultati delle sue valutazioni, sulla base di una dettagliata relazione consegnata dai carabinieri. I documenti in mano al perito confermano nero su bianco quanto anticipato nei mesi scorsi dell’Alto Adige in merito ai contribuiti dati dalla Provincia all’Alpenverein per la digitalizzazione dei sentieri: 3 milioni 844.660 per la realizzazione del sito web. Digitalizzazione che però - stando alla relazione dei carabinieri - non è stata fatta senza rispettare il bilinguismo. Il perito dovrà inoltre stabilire se parte di questi fondi sono stati utilizzati per la sistemazione dei cartelli monolingui sui sentieri (cosa sempre negata dai vertici dell’Avs). Nella loro relazione, i carabinieri sottolineano che anche sul sito (www.trekking.suedtirol.info) - per il quale sarebbero stati spesi i soldi ricevuti nell’ambito del programma «Obiettivo 2» dell’Unione europea e della Convenzione stipulata con la stessa Provincia di Bolzano che prevedeva il rispetto del bilinguismo-, diversi nomi non sono stati tradotti in italiano. Complessivamente i carabinieri, coordinati dal colonnello Andrea Rispoli, hanno individuato 1.054 toponimi che non sono stati tradotti o solo in maniera incompleta, riportando il nome della «malga» o della località sempre e solo in tedesco, anche se sulle cartine ufficiali è presente una versione italiana.
 L’intera documentazione, trasmessa in Procura nei mesi scorsi, viene ora verificata dal dottor Pallaver che presto consegnerà al procuratore capo Guido Rispoli la propria perizia. Gli esperti dell’Arma hanno inoltre individuato sul sito internet alcuni punti geografici - passi o vette - che stranamente sono finiti «ausserhalb Südtirol» (fuori dall’Alto Adige) e quindi in Austria, anche se ufficialmente fanno parte dell’Italia. Si tratta di 43 toponimi che non sono stati tradotti in italiano, e di altri 4 che secondo l’istituto geografico militare di Firenze non hanno un corrispettivo italiano, ma ugualmente fanno parte dell’Italia. In parole povere: dal sito creato dall’Avs sono 47 - tra vette e passi - le località italiane diventate «austriache». Prima fra tutte la Vetta d’Italia. Un escamotage per evitare l’obbligo di bilinguismo previsto dalla convenzione con l’Unione europea, e non incorrere nella sospensione dei fondi pubblici.
 I crabinieri sottolineano che la digitalizzazione sul web è stata finanziata all’80 per cento con fondi pubblici (50% comunitari, 35% statali e 15% provinciali), mentre le associazioni che si sono occupate della manutenzione dei sentieri avrebbero contribuito al restante 20 per cento.
 Proseguono dunque le indagini sugli oltre 3,8 milioni di euro dell’Avs ricevuti dalla Provincia. L’inchiesta sui cartelli monolingui era scoppiata due anni fa a seguito di esposti e segnalazioni arrivati in Procura. Anche se alla fine dovesse risultare che i soldi sono stati effettivamente usati solo per la digitalizzazione (e non anche per la segnaletica), i guai potrebbero comunque non finire per l’Alpenverein. La Provincia, infatti, potrebbe dovere chiarire davanti ai giudici della Corte dei conti come mai sia stato assegnato così tanto denaro e se l’operazione era veramente necessaria visti i costi elevati.
 Come detto, risulta anche che sul sito internet 1.054 toponimi sono riportati - sulla pagina italiana - solo ed esclusivamente in tedesco.
 L’Alpenverein, in qualità di incaricato di un pubblico servizio, rischia sanzioni pesanti secondo l’articolo 328 del codice penale: «Il pubblico ufficiale, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che deve essere compiuto, è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni».

Dalla Provincia 3 milioni e 800 mila euro all’Avs

BOLZANO. Le due inchieste (da parte della magistratura penale e di quella contabile) sono partite due anni fa. Un lavoro complesso e delicato da parte dei carabinieri di Bolzano, coordinati dal colonnello Andrea Rispoli, che ha portato in un primo momento al sequestro di documenti sia in Provincia sia presso la sede dell’Alpenverein, che ha ricevuto oltre 3,8 milioni di euro tra il 2002 ed il 2007.
 L’ufficialità dei nomi italiani (quelli tedeschi non sono mai stati ufficializzati dalla Provincia per precisa scelta politica) è stata ricostruita secondo un percorso rigoroso. L’intero materiale, infine, è stato consegnato al perito Roberto Pallaver. I documenti acquisiti avevano confermato che la convenzione sottoscritta tra Provincia e Alpenverein (per la cura della cartellonistica di montagna e la digitalizzazione) prevedeva il rispetto del bilinguismo.
 La convenzione, infatti, all’articolo 2 prevede (anche in relazione ai cartelli dei sentieri da rinnovare) l’impegno dell’Alpenverein all’utilizzo di tutti i toponimi ufficiali e non. Gli uomini dell’Arma hanno dunque verificato oltre 35 mila cartelli posizionati dai volontari dell’Alpenverein, così come il sito internet curato da questi ultimi. Sulla pagina web, dai primi accertamenti, risulterebbero esserci toponimi solo in tedesco.

La giunta: meno cartelli e più pittogrammi per ridurre le traduzioni tedesco-italiano

FRANCESCA GONZATO
BOLZANO. Segnaletica di montagna: Luis Durnwalder preparerà la lista delle richieste al ministro Raffaele Fitto per modificare l’accordo raggiunto dalla commissione Stato-Provincia. Ma il presidente provinciale conferma che non si muoverà in solitudine: «L’intesa verrà sottoposta alla giunta provinciale, così come Fitto informerà il governo». Accolta dunque la richiesta degli assessori del Pd Christian Tommasini e Roberto Bizzo. E se ci fossero divergenze di opinioni? «Cercheremo un accordo in giunta. Se proprio non ce la faremo, si potrebbe arrivare alla votazione. Di certo non ci sarà una crisi di giunta». Questo uno dei temi affrontati nella clausura conclusa ieri mattina con una conferenza stampa condotta da Durnwalder con i vicepresidenti Hans Berger e Tommasini.
 Sui cartelli però la giunta una decisione l’ha presa e indica la via, una delle vie, che Durnwalder potrebbe percorrere per attenuare un accordo che continua a non soddisfarlo: sostituzione della attuale segnaletica con cartelli gialli in alluminio e largo spazio ai pittogrammi.
 I NUOVI CARTELLI. La giunta ha dato il via libera alla proposta di Berger di uniformare la segnaletica di montagna, più piste ciclabili, Mtb e strade forestali, agli standard internazionali: basta con i cartelli deperibili in legno, via libera a cartelli gialli in alluminio con scritta nera. La sostituzione sarà progressiva e determinata anche dai risultati della trattativa con Fitto. Se oggi la segnaletica sui sentieri è di oltre 70 mila cartelli, l’intenzione è di tagliare almeno il 30%, posando le tabelle a inizio sentiero e sugli incroci. Nella nuova veste si vorrebbere dare spazio ai pittogrammi, i disegni che rappresentano le dizioni generiche come lago, malga, parcheggio. Berger porterà un promemoria in giunta. Il pittogramma verrebbe poi accompagnato dall’indicazione della località (una casetta più Huber per segnalare malga Huber, ad esempio). Ovunque? Berger chiarisce: «Credo che i nomi più utilizzati dovrebbero restare nella versione bilingue attuale: Kalterersee-lago di Caldaro, per capirci». I pittogrammi potrebbero aggirare in parte l’ostacolo del bilinguismo obbligatorio nelle località minori? Durnwalder commenta: «Ne parlerò con il ministro, ma non credo che i pittogrammi siano un problema, si tratta di standard internazionali».
 LA TRATTATIVA. L’incontro della scorsa settimana di Durnwalder con Fitto si è concluso con l’impegno a rivedersi a metà maggio con le proposte di modifica. Durnwalder ribadisce che chiederà una modifica alla lista compilata dagli esperti nominati da governo e provincia incaricati di lavorare sui 1500 toponimi tutti in tedesco installati dall’Avs (in tutto 34 mila tabelle). Cosa non va? Durnwalder si limita a rispondere: «I nomi». Secondo la commissione il 10% delle indicazioni dovrebbe restare in tedesco, mentre un 45% potrebbe essere interamente bilingue e un altro 45% contenere in italiano almeno l’indicazione generica come «rifugio» o «lago». Tutti in versione bilingue sarebbero anche i nomi dei rifugi. Che margini di manovra avrà Durnwalder nel chiedere una stretta? A Bolzano gli alleati del Pd ribadiscono, con Tommasini, che «il lavoro della commissione è buono». A Roma il deputato Giorgio Holzmann (Pdl) si trova sulla medesima linea: «Quel testo può essere l’occasione per chiudere bene questa vicenda e in prospettiva anche la legge sulla toponomastica. Così in Alto Adige si potrebbe pensare più al futuro che al passato. Il ministro Fitto non potrebbe accettare una revisione sostanziale dell’accordo cui hanno contribuito anche i commissari nominati dalla Provincia». Alessandro Urzì (Fli) accusa: «Durnwalder non può consultare solo il Pd. Deve rispondere a tutto il gruppo italiano».
Alto Adige 23-4-11
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venerdì, 22 aprile 2011



Il Cai Alto Adige ha rinnovato il proprio sito internet

 BOLZANO. Il Cai Alto Adige ha rinnovato il proprio sito internet (www.caialtoadige.it), rendendolo più moderno e funzionale. Come precisa il presidente Giuseppe Broggi: «Abbiamo inserito nel menu principale una pagina dedicata alle sezioni presenti in provincia: sulla sua sinistra troverete tutte le sezioni elencate in ordine alfabetico. Cliccando sopra si apre una nuova pagina, dove abbiamo inserito una breve descrizione della sezione stessa. Prossimamente verrà creata una pagina News, dove metteremo gli appuntamenti più importanti, aggiornamenti titolati, manifestazioni, eccetera».
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giovedì, 21 aprile 2011



Il Cai: «2569 nomi siano bilingui»

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Per il Cai Alto Adige sono 2.569 i toponimi che dovrebbero essere bilingui, o trilingui nelle valli ladine. È quanto emerge da una relazione che il club alpino ha predisposto in questi mesi, per cercare di fissare dei paletti all’interno della discussione sulla segnaletica di montagna. Un lavoro che interessa tutta la toponomastica di montagna dei 116 comuni altoatesini e che il giornale mette per intero sul sito www.altoadige.it in internet. «Il nostro studio si basa sulle cartine Tabacco 1:25.000 e vuole sottolineare quelle indicazioni che secondo noi non possono non essere anche in lingua italiana», afferma il presidente Giuseppe Broggi. Naturalmente, essendo luoghi alpini, il numero dei segnali riguarda più i comuni che si trovano nelle vallate laterali, rispetto ai grandi centri urbani. Ad esempio per il territorio comunale di Bolzano vengono riportati 30 nomi, contro i 118 di Dobbiaco o i 103 di Stelvio. Andando ad analizzare la relazione del Cai, si scopre che per il capoluogo in forma italiana ci sono, oltre al nome della città, Colle di Bolzano, Colle di Villa, Castel Novale, fiume Adige, fiume Isarco, Fago, rio di Fago, dosso di Valle, Torre di Druso, Guncina, Aslago, Colle dei Signori, Campegno, Cardano, Campofranco, Oltrisarco, Rencio, Sasso Rosso, Castel Sarentino, Castel Campegno, Castel Mareccio, Castel Roncolo, Castel Firmiano, Ponte Adige, San Giorgio San Giacomo, Monte Pozza, Virgolo, Valle del Lupo e Dodiciville. Sui segnali di montagna che si trovano intorno alla città, il Club alpino italiano vorrebbe riportate tutte queste denominazioni. Cosa che allo stato dei fatti non è sempre così, neppure in comuni dove la proporzione di popolazione di lingua italiana è di molto superiore al 50 per cento. Prendiamo Laives: qui vengono individuati solo 4 toponimi, il nome della cittadina, a cui aggiungere Vallarsa, La Costa e Pineta. Nel capoluogo pusterese i nomi bilingui per il Cai dovrebbero essere Ameto, Villa Santa Caterina, Brunico, Teodone, Santa Croce, Rio di Fontecervo, Castel Lamberto, Lunes, Riscone, Novale di Riscone, fiume Rienza, San Giorgio, Stegona, ma anche museo etnografico (riferito a quello di Teodone) per un totale di 14. Molti di più ad Appiano, perché il comune si trova alle pendici della montagna: Alta via di Appiano, Castelforte, Frangarto, Gola Forcolana, Gaido, Monte di gaido, Forcella di Gaido, Monte Ganda, Macaion, Croce del Macaion, Cornaiano, chiesa del Calvario, Col Priol, sentiero Castel d’Appiano, Forcella Piccola, lago piccolo di Monticolo, Piccolo Priol, Sasso Croce, Mademedo, Madonna del Riposo, Masaccio, Missiano, Monticolo, lago di Monticolo, Ganda di Sopra, Perdonico, Pigano, Sasso Englar, Ronco, i castelli Boymont, Freudenstein, d’Appiano, Corba, Masaccio e San Valentino, Colterenzio, Rio Nero, ganda di Sotto, Riva di Sotto, Rio Bianco Col dell’Uomo.
 A Bressanone sono i nomi 43 e vanno da luoghi del fondovalle fino alla cima della Plose: Cleran, Monte del Pascolo, Costa d’Elvas, Valcroce, Sentiero del Curato, La Mara, Meluno, Millan, Villa, Malga Buoi, Plancios, Perara, Monte Fana, Pinaz, Pinzago, rifugio Plose, Forcella Plose, lago Rodella, rifugio Lago Rodella, rifugio Rossalm, Sarner, rifugio Schatzer, Giogobello, rifugio Sci, Sant’Andrea in Monte, San Giorgio d’Eores, San Giacomo d’Eores, Stilumes, Monte Telegrafo, Tiles, Tecelinga, Scezze e Passo delle Erbe. Spostandoci nella città del Passirio la lista vede i nomi di Merano, i casetlli Veruca, Gatto e Rametz, Sinigo e Rio Sinigo.

I partiti italiani: basta guerre sui cartelli Theiner: chiudiamo la questione entro l’anno

BOLZANO. I partiti italiani vogliono mettere la parola fine alla «guerra dei nomi». Tutti, da destra a sinistra, sono favorevoli alla relazione dei saggi che hanno lavorato sulla segnaletica di montagna, secondo il protocollo d’intesa Fitto-Durnwalder. Per poi passare, utilizzando gli stessi criteri, alla legge provinciale sulla toponomastica. Naturalmente sostituendo una buona parte dei segnali monolingui in tedesco sistemati in questi anni dall’Alpenverein ed in alcuni casi dalla singole associazioni turistiche. Ieri l’Alto Adige ha dato conto di oltre 34 mila cartelli solo in tedesco come riportato dall’elenco approntato dalle forze dell’ordine e finito sui tavoli di prefettura e procura della Repubblica. Una cifra che poi si condensa - ma non del tutto - nelle singole 1.526 indicazioni monolingui oggetto del lavoro della commissione paritetica Stato-Provincia. E la Stella alpina? «Il 2011 è l’anno giusto per chiudere la questione», risponde l’Obmann, Richard Theiner. Il partito nella sua ultima riunione ha deciso di lasciare l’intera materia della segnaletica di montagna nelle mani del presidente Durnwalder. «Nel direttivo allargato non siamo entrati nei dettagli dei singoli nomi, il “Landeshauptmann” ha spiegato la sua posizione che è quella di fare delle correzioni al testo uscito dai saggi e il partito si è detto compatto nella proposta avanzata da Durnwalder», ancora Theiner. «Con questa tematica ci stiamo confrontando da decenni ed è giunto il tempo per trovare una soluzione condivisa, come per altro si evince anche dal protocollo d’intesa firmato dal ministro per i rapporti con le regioni e il presidente della Provincia», sottolinea l’Obmann Svp. Entro metà maggio la Provincia invierà a Fitto alcune proposte di correzione al testo elaborato dalla paritetica. Testo che prevede un 10 per cento di indicazioni solo in tedesco, ed un 90% dove è presente la lingua italiana, quasi sempre nell’intero toponimo, oppure con i termini aggiuntivi come malga, vetta o cima. Durnwalder vuole «limare» alcuni nomi propri di malghe e rifugi alpini. Al ministero le scelte dei saggi vanno bene così. «Siamo disponibili a chiudere in fretta ed il modo più veloce, se anche la Svp la pensa così, è quello di dare il via libera alla relazione della commissione paritetica voluta dall’intesa tra Roma e Bolzano», evidenzia il vicepresidente della giunta altoatesina, Christian Tommasini (Pd). «Certo una cosa sono le intese, un’altra la realtà, perché fino a questo momento sui sentieri dell’Alto Adige dominano le indicazioni solo in tedesco. Per questo è importante chiudere l’accordo tra Fitto e Durnwalder», dice il consigliere dei Verdi, Riccardo Dello Sbarba. «Poi c’è bisogno di approvare la legge provinciale sulla toponomastica, utilizzando i criteri della commissione dei saggi, vedi il diffuso utilizzo di un nome e il mantenimento del solo tedesco per i nomi storici», ancora Dello Sbarba. «Sarebbe un successo chiudere la partita tra Bolzano e Roma, l’importante è stabilire le regole come è previsto nell’intesa, certo il ministro Fitto non cederà rispetto a quanto deliberato dai saggi», così l’onorevole Giorgio Holzmann (Pdl). «Mi va benissimo quanto uscito dalla paritetica sui segnali di montagna», chiude Donato Seppi di Unitalia. Anche la destra italiana benedice la chiusura della vertenza.      (m.dal)
Alto Adige 21-4-11
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mercoledì, 20 aprile 2011



Cartelli, 34 mila solo in tedesco

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. Se la commissione di esperti nata a seguito dell’intesa Fitto-Durnwalder ha stabilito che sui cartelli di montagna da ripristinare i nomi bilingui saranno il 90%, un motivo c’è. Lo si evince dal documento qui presentato in esclusiva dal nostro giornale: in totale i nomi monolingui rinvenuti sui cartelli di montagna dell’Alto Adige assommano a 34.214. Cifra inimmaginabile. In pratica, un cartello su due è esclusivamente in tedesco. Lo si evince dall’elenco di 44 pagine elaborato dalle forze dell’ordine e attualmente nelle mani di Prefettura, Procura, Cai dell’Alto Adige e Commissione Fitto-Durnwalder. Le singole denominazioni monolingui rinvenute sul terreno - e questo già si sapeva - sono 1.526, ma questa cifra da sola non dice più di tanto. Il dato davvero significativo si scopre solo ora. È il totale: lo stesso nome monolingue è stato registrato non una sola volta, ma in più circostanze. Totale: 34.214 volte. Facendo la media: ogni singola indicazione solo in tedesco è stata rilevata in 22 occasioni. Ma i picchi sono stratosferici: il record assoluto spetta a “Panoramaweg”, contato 239 volte. Detto altrimenti, su 239 cartelli è scritto solo in tedesco, senza corrispettivo italiano: sentiero panoramico. E a mancare sono pure i toponimi ufficiali: San Genesio, in italiano, manca su 183 cartelli, dov’è scritto solo in tedesco: Jenesien. Silandro manca 128 volte; il Corno del Renon 114; Lagundo 109; Termeno 103. Il colmo è Bolzano: la denominazione tedesca Bozen, sola soletta, è stata registrata per 79 volte.
NOMI GENERICI. Chi cerca il sentiero dei masi, in 224 occasioni sui cartelli trova solo “Höfeweg”. Chi vorrebbe orientarsi sul sentiero europeo (!) per 181 volte trova solo “Europäischer Fernwanderweg”. Il nome cascata, in italiano manca 101 volte. Le piramidi di terra sono monolingui su 79 cartelli. Il sentiero archeologico è assente 112 volte. Strepitosa la mancanza in italiano del sentiero natura e cultura: per 91 volte scritto solo in tedesco. E si potrebbe continuare a lungo.
TOPONIMI UFFICIALI. La polpa, però, sono i toponimi ufficiali, ossia i nomi propri. Monte San Vigilio detiene il primato: in italiano è scomparso 211 volte, terzo posto assoluto della classifica. Maranza manca 181 volte; San Leonardo 179; Plan de Corones 173; Scena 170; Terento 154; Rio Pusteria 141 (come Rablà); Sluderno è assente 139 volte; Velturno 131; Silandro 128; Burgusio 123, Avigna 115; Villa Ottone 113; Lauregno 111; Lagundo 109. A mancare, dunque, non sono i microtoponimi. E nemmeno le frazioncine. Esclusivamente in tedesco sta scritto anche Merano: 97 le segnalazioni.
I SANTI. I beati sono tedeschi? Parrebbe di sì. San Leonardo gode della sola denominazione germanofona per 179 volte. San Pietro in italiano è assente 162 volte. San Martino è tedesco 128 volte; Maria Assunta è tedesca su 118 cartelli; Santa Maddalena su altrettanti. Poi ci sono San Pancrazio (117 assenze in italiano); Santa Valpurga (112); San Giorgio (111); San Sigismondo (109)... In totale i beati monolingui assommano a trentatré.
LA TABELLA. Per evidenti motivi di spazio, non era possibile pubblicare tutti i nomi. In questa pagina si trova una sintesi: una nostra elaborazione dei dati raccolti dalle forze dell’ordine. Si sono estrapolati i 100 nomi monolingui che hanno evidenziato la maggiore frequenza sui cartelli di montagna altoatesini. Sono i 100 nomi che sono stati contati più di tutti. Tante volte, troppe. La maggior parte di loro, checché se ne pensi, adesso dovranno essere ripristinati. Bilingui.

Gi esperti di Provincia e Stato: il 90% dei segnali sarà bilingue

BOLZANO. I cinque esperti chiamati a far parte della commissione nata a seguito dell’intesa Fitto-Durnwalder si sono occupati delle 1.526 indicazioni monolingui in tedesco. La commissione, finora poco ascoltata dal presidente Durnwalder, all’unanimità ha deciso che dei 1.526 toponimi, solo in tedesco ne rimarranno il 10%, circa 150. Si tratta di nomi per i quali non esiste il corrispettivo in italiano, neppure nel Prontuario di Tolomei, oppure in minima parte esistono denominazioni in italiano, ma non sono diffusamente utilizzate. I toponimi tradotti in toto in italiano saranno il 45%, circa 700. Sono toponimi tedeschi per i quali esiste la versione in lingua italiana ed è diffusamente utilizzata. Un altro 45% (circa altri 700) saranno tradotti in lingua italiana o lasciati in tedesco con l’indicazione di carattere generale in italiano (Fitness Steig diventa Sentiero Fitness). Il dato complessivo, dunque, è che il 90% delle indicazioni della commissione sono, oltre che in tedesco, anche in italiano. Tutti i rifugi alpini avranno il loro nome in tedesco e in italiano, secondo quanto riporta una delibera della giunta provinciale del 2009 a cui la commissione si è attenuta. Da settimane il lavoro della commissione è terminato, ma il presidente Luis Durnwalder tira il freno, nella speranza di riuscire a limare i nomi italiani a favore di quelli tedeschi.
Alto Adige 20-4-11
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martedì, 19 aprile 2011





Passeggiata - sopraluogo: "Il sentiero che non c'è"

Costruzione di una passeggiata

Direzioni Lavori: Martin SchÖpf




Dalla chiesetta in poi ???


Un minimo di informazioni sul percorso


Un pò di storia del sentiero - passeggiata


In cammino


Primo ostacolo: cancello. Per percorrere il sentiero si è costretti a suonare il campanello.


Sulla sinistra appare un altro cancello dove passava il vecchio sentiero. Da tempo è chiuso.


Attualmente si è costretti a passare sulla proprietà di Mottironi


Siamo ad un incrocio e non si sa che sentiero prendere anche perchè mancano i cartelli e le segnaletiche colorate che indirizzano verso Castel Flavon. Alcuni "vecchi" abitanti consigliano la direzione per il Castello


La proprietà privata, cintata, termina prevedendo un cancello in rete metallica che risultava aperto in quell'occasione.



Possiamo vedere parte della passeggiata costruita di recente, ma non collegata, nella sua corretta ampiezza, a quella progettata di San Giacomo


Ancora una parte della passeggiata costruita a nord e fuori dalla proprietà privata che conduce verso Castel Flavon.


Il cartello della Ripartizione 32 Foreste della Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige indica la costruzione di una passeggiata che però risulta interrotta "si dice" per pericolo caduta sassi.

Domande: Nel progetto della Forestale fu previsto un sopraluogo del nuovo percorso?
Perchè si è giunti a tanto? Perchè si è scelta una via nuova pericolosa piuttosto del sicuro vecchio sentiero?


Foto ricordo sulla collinetta panoramica ricordata per la presenza della  FlaK, FlugabwehrKanone (cannone contraerei)


Piacevolmente sudati per la bella giornata e per la passeggiata continuiamo il cammino chiaccherando.


Eccoci a Castel Flavon per una breve sosta


Una sosta importante che ci permette di fare numerose considerazioni sul sentiero appena percorso.
Alcune persone sceglieranno di scendere per Oltrisarco ritornando poi con il Bus verso San Giacomo, altri ritorneranno ripercorrendo la passeggiata appena calpestata  nella ricerca di quel sentiero iniziato e poi abbandonato nel proseguimento dei lavori. "Pericolosità"? Vallo  a sapere.


Questo sarebbe il nuovo percoso  (quello più alto) sopra la proprietà Mottironi interrotto con alle spalle la montagna di porfido che tutti ormai conoscono.


Fine del nuovo tracciato. Come si può vedere, il congiungimento con la passeggiata vista nelle foto precedenti risulta pericolosa e piuttosto difficile


Dal nuovo tracciato, peraltro interrotto, si può vedere parte della proprietà Mottironi e la bella vista della Bassa Atesina


Parte del nuovo tracciato che dovrà svoltare a destra per tornare sulla strada asfaltata e proseguire verso la chiesetta. Sarà possibile ottenere il passaggio? Va ricordato che il sentiero con tutta probabilità avrebbe dovuto passare sul ghiaione, a sinistra della persona, dove sopra si può intravedere il costone di porfido.


Il ghiaione pericoloso che percorre la montagna di porfido fino a Pineta, percorso con tutta probabilità gia progettato e forse ripensato.


Un grazie a tutti i partecipanti che hanno sollevato numerose questioni sul sentiero promessoci pronto per luglio del 2011 dall'Amministrazione di Laives e che cercheremo di sintetizzare prossimamaente.
E' emerso che è necessaria una franca spiegazione di ciò che è accaduto nell'esecuzione di tale progetto, in particolare lo scoprire così in ritardo la pericolosità del tracciato, non ultimo essere ancora all'oscuro dei necessari  provvedimenti che verranno adottati per  rendere  sicura la futura  "Passeggiata".

Domanda, ma i geologi sono intervenuti nella fase progettuale prima di inziare i lavori? Quali sono stati i loro riscontri?

Cari amici fate girare la pagina fotografica affinchè altri che non hanno potuto partecipare alla passeggiata  possano contribuire con commenti e suggerimenti.
Potete utilizzare il commento del Blog  http://apritisangia.splinder.com/ oppure scrivere all'indirizzo  E_Mail: scorrevoce@gmail.com 

Buon proseguimento
L.M.
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martedì, 19 aprile 2011



Pedemontana San Giacomo - Castel Flavon ancora proteste

Critiche al Comune dagli abitanti di San Giacomo: la fase progettuale è stata gestita male


LAIVES. Tanta gente ha preso parte alla passeggiata “lungo il sentiero che non c’è”, organizzata domenica dal comitato civico di San Giacomo. Il sentiero è quello che esisteva un tempo ma che poi è stato intercluso in una proprietà privata. Il Comune, da anni, ha previsto di realizzare a sua volta una passeggiata pedemontana che arrivi fino a Castel Flavon, sopra Bolzano, incaricando l’ufficio forestale della Provincia di costruirlo. Un lotto dovrebbe essere proprio tra San Giacomo e Castel Flavon, ma nonostante i soldi stanziati, i lavori sono bloccati. «Perché il Comune di Laives non ci spiega come mai i lavori sono fermi- ha chiesto la gente che ha partecipato alla passeggiata - e perché, visto che ci sarebbero dei problemi con il nuovo tracciato, non si torna a considerare quello di un tempo, che era più sicuro? Sembra che vi siano pericoli per la caduta di sassi, ma allora, perché non l’hanno verificato prima di dare il via al progetto?». Questi i quesiti, per ora senza risposta, da parte di tanti cittadini di San Giacomo, che da anni oramai, rivendicano il ripristino del vecchio tracciato tra la fazione e Castel Flavon, quello che è stato chiuso da un privato con la recinzione della sua campagna sopra San Giacomo.
«Il Comune - ricorda Lorenzo Merlini, del comitato di San Giacomo - aveva concesso al privato la possibilità di ampliare la sua campagna in cambio del nuovo sentiero. La campagna è stata realizzata, ma per il nuovo sentiero tutto è fermo dopo che si sono accorti che passare sotto le rocce è rischioso. Ci chiediamo se questa situazione non poteva essere verificata prima dal geologo invece che adesso e perché non si considera il ripristino del vecchio tracciato. Chi ha realizzato il progetto non si era reso conto di nulla?». Il comitato mette in guardia anche dal realizzare l’altro tratto, verso Pineta, che sarebbe ugualmente esposto al rischio di caduta massi. (b.c.)
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domenica, 17 aprile 2011



Gita a Castel Flavon con il Comitato civico. «Lungo il sentiero che non c’è»

LAIVES. Oggi alle ore 14, dalla chiesetta sopra San Giacomo partirà, alla volta di Castel Flavon, una passeggiata informativa. La organizza il comitato civico del paese e l’intento non è solo ricreativo, come si intuisce anche dallo slogan dell’iniziativa: «Lungo il sentiero che non c’è».
 L’intenzione, infatti, è quella di richiamare l’attenzione sulla richiesta di avere la passeggiata pedemontana promessa da tempo e non ancora realizzata. Il Comune ha affidato il progetto all’Ufficio forestale della Provincia autonoma, che dovrebbe costruire la passeggiata fra San Giacomo e Castel Flavon, sopra Bolzano. Quello che il comitato rivendica è anche che un sentiero esisteva da sempre, ma che è stato poi precluso arbitrariamente da una proprietà privata. Quanto alla passeggiata pedemontana, si tratterà del primo troncone di un percorso che arriverà fino a Pineta e da lì a Laives.
Alto Adige 17-4-11
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domenica, 17 aprile 2011



Toponimi: da Pd e Pdl sì all’accordo

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Pd e Pdl approvano il lavoro dei saggi sulla segnaletica di montagna. «La linea del bilinguismo e del diffuso utilizzo dei nomi è quella giusta», così Tommasini e Holzmann. Stesso discorso per i Verdi che lo giudicano equilibrato. Durnwalder punta ancora a limare l’accordo con Fitto.
 Nel Pdl, però, l’onorevole Biancofiore preferisce puntare ad un accordo complessivo con la Svp, non solo sulla segnaletica di montagna. «La trattativa col ministro Fitto andrà avanti fino a quando non saranno chiuse tutte le questioni che interessano la comunità italiana», sottolinea la deputata. La relazione finale della commissione paritetica istituita a seguito dell’intesa tra Stato e Provincia è stata approvata all’unanimità: 1.526 indicazioni che solo nel 10 per cento dei casi resteranno monolingui in tedesco, come lo sono adesso, su un totale di 36 mila cartelli installati dall’Alpenverein. Il resto è previsto in entrambe le lingue oppure in tedesco con la traduzione dei termini aggiuntivi come malga, lago o cima. Un lavoro, quello dei saggi, salutato positivamente da Christian Tommasini e che diventerà oggetto della seduta di clausura della giunta provinciale la settimana prossima. «I tecnici hanno lavorato bene e con serenità, rispettando il mandato affidato loro dalle parti. A questo punto mi sembra che ci sia poco spazio per cambiare quanto deciso dagli esperti, anche se il confronto in giunta ci sarà senz’altro», così l’assessore Tommasini, per il quale «il Pd si posizionerà sulla linea uscita dalla commissione». E i criteri utilizzati dalla paritetica potranno servire da base anche per la legge provinciale sulla toponomastica? «La legge in questione è qualcosa di diverso rispetto alla sola segnaletica di montagna, ma è evidente che una volta portata a termine l’intesa con il ministero alcuni dei criteri applicati ai segnali di montagna potranno fungere da base anche per la toponomastica provinciale, soprattutto se non derogano al principio del bilinguismo contenuto nello Statuto», risponde il vicepresidente della Provincia.
 «Gli esperti della commissione hanno svolto un lavoro oggettivo, rispettando il criterio dell’uso dei toponimi», dice il consigliere provinciale del Pdl, Mauro Minniti. «Mi pare una buona relazione», gli fa eco il deputato pidiellino, Giorgio Holzmann. «L’idea dei pittogrammi può andar bene, ma non certo per sostituire le indicazioni di carattere generale, ma solo come aggiunta», ancora Holzmann. E se per Hans Heiss «si è dimostrato che con il buonsenso si riesce ad arrivare ad un accordo condiviso, sarebbe utile che anche eventuali variazioni al testo uscito dalla commissione fossero demandate agli esperti e non alle trattative della politica». Una posizione confermata dall’altro consigliere provinciale dei Verdi. «La relazione dei saggi è equilibrata, con qualche rospo da ingoiare per entrambe le parti: si tratta di un’occasione da non perdere», evidenzia Riccardo Dello Sbarba. Ma in casa della Stella alpina, il tema è all’esclusiva attenzione del presidente Durnwalder che ribadisce di non essere d’accordo con i nomi in italiano dei rifugi e con la traduzione di alcuni toponimi come quelli legati alle malghe (vedi Steinalm). «In giunta provinciale il Pd dovrà solamente fare con coerenza il proprio dovere, attento a non cadere nelle trappole dilatorie della Svp, perché appare del tutto evidente che se non si riesce ad arrivare a mettere il suggello all’intesa è perché Durnwalder tenta di forzare la mano», conclude Paolo Degasper dell’Udc.
Alto Adige 17-4-11
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sabato, 16 aprile 2011



Segnaletica, ecco il documento dei saggi

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Il 90 per cento delle indicazioni sono diventate bilingui. Quasi sempre integralmente, in minor parte con l’aggiunta dei termini come malga, cima o torrente. Solo il 10% dei segnali monolingui in tedesco è rimasto tale. È il risultato - all’unanimità - del lavoro svolto dalla commissione seguita all’intesa Fitto-Durnwalder e finora rimasto nel cassetto dei due contraenti. E allora si capisce perché il presidente altoatesino tira il freno da settimane, nella speranza di riuscire a limare i nomi italiani e portare a casa un risultato finale, certo di compromesso, ma non uguale a quanto deciso dagli esperti. Un risultato che invece, così com’è, potrebbe non dispiacere al gruppo italiano. Ed ancora l’Alto Adige scopre che nella relazione tutti i rifugi alpini hanno il loro nome anche in italiano. Non c’è la Vetta d’Italia, ma l’unico punto su cui i commissari non si sono espressi rispetto alle 1.526 indicazioni monolingui riscontrate dalle forze dell’ordine su un totale di 36 mila cartelli dell’Alpenverein e oggetto del lavoro della paritetica, riguarda in qualche modo la cima più a nord del Belpaese, ovvero l’alta via della Vetta d’Italia (Lausitzer Höhenweg). Ed ancora Steinalm diventa Malga Sasso, anche se Durnwalder non vuole, come non è d’accordo sui nomi bilingui dei rifugi che vorrebbe esclusivamente nel loro nome originario e che risale spesso ai tempi asburgici.
Lavoro certosino, ma equilibrato, quello dei cinque componenti della paritetica Stato-Provincia: da una parte Francesca De Carlini e Guido Denicolò (per il ministero) e dall’altra Karl Rainer e Ferdinand Willeit (per Palazzo Widmann) con l’aggiunta per i nomi ladini di Hugo Valentin. Semplice nel suo divenire. I commissari non hanno inventato nulla, ma agito esclusivamente secondo i criteri enunciati nel protocollo d’intesa del 22 settembre scorso firmato dal ministro per i Rapporti con le regioni e dal governatore altoatesino. Quali? Sono valsi i criteri per il bilinguismo «delle denominazioni diffusamente utilizzate e delle informazioni generali» ed il «mantenimento dei nomi storici nella sola lingua tedesca, in ogni caso con la traduzione dei termini aggiuntivi come malga, montagna o lago».
LA RELAZIONE. La commissione si è occupata di 1.526 indicazioni monolingui in tedesco (tra toponimi puri e indicazioni di carattere generale). I toponimi rimasti esclusivamente in lingua tedesca rappresentano il 10% del totale, quindi 150 circa. Si tratta di nomi per i quali non esiste il corrispettivo in italiano neppure nel Prontuario del Tolomei, oppure in minima parte esistono denominazioni in lingua italiana, ma non sono diffusamente utilizzate. Non hanno neppure indicazioni di carattere generale come “Spitze” o “See” che potrebbero essere tradotte. Gli esempi nella lista su cui ha lavorato la commissione sono toponimi come «Egger» o «Haidenberg».
Poi ci sono i toponimi tradotti in toto in lingua italiana: rappresentano il 45 per cento del totale, quindi circa 700. Sono toponimi tedeschi per i quali esiste la versione in lingua italiana ed è diffusamente utilizzata. Esempi: Rosengarten-Catinaccio, Königspitze-Gran Zebrù, Rosskopf-Monte Cavallo, Gitschberg-Monte Cuzzo. Ma anche la malga di Revò e la Steinalm-Malga Sasso. In quest’ultimo caso perché il toponimo - paradossi della storia - è diventato diffusamente utilizzato nel gruppo italiano dopo l’eccidio dei finanzieri da parte degli ex-bombaroli. Inoltre tutta una serie di comuni e frazioni, da Lagundo a Fortezza, da Lauregno a Maso Corto. Ma pure Andriano, Burgusio, Tirolo, Valdurna, Cologna, Fortezza, Passo Palade, Assunta (Renon), Merano, Predonico, Termeno, Avigna, Colma, Camminata, Lappago, Vernago. Ed ancora i nomi di manieri, come i castelli Tirolo, d’Appiano e Masaccio.
Ci sono poi i toponimi tradotti in toto in lingua italiana o lasciati in tedesco con l’indicazione di carattere generale in italiano: il 45 per cento del totale e sono circa 700. Comprendono diverse tipologie di indicazioni. La gran parte è stata tradotta in italiano, quando esse siano indicazioni di carattere generale (esempio Fitness Steg diventa percorso fitness); quando siano indicazioni generiche come Pilgerweg, Archeologischer Weg, Besinnungsweg (rispettivamente sentiero dei pellegrini, archeologico e contemplativo); quando si tratta di nomi di luogo legati ai santi - e sono diverse decine - (esempio Nikolaus, Cyprian che diventano Nicola o Nicolò e Cipriano). In questo caso si è preso ad esempio la stessa proposta di legge Svp sulla toponomastica in consiglio provinciale che cita proprio i santi come toponimi che devono essere bi- o trilingui insieme a quelli che riportano nomi di papi, imperatori o personalità storiche. In questo 45% ci sono anche i casi in cui il toponimo tedesco non trova corrispondenza nella lingua italiana ma viene accompagnato dalla traduzione dei nomi aggiuntivi come malga, lago, montagna, cima. Esempi: a Bergalm è aggiunto sul segnale malga, Eidechsspitze è accompagnato da cima.
Tutti i rifugi alpini hanno il loro nome in tedesco ed in italiano, secondo quanto riporta una delibera della giunta provinciale del 2009, a cui la commissione si è attenuta. Esempi sono Radlseehütte-rifugio Lago Rodella, l’Ifingerhütte-rifugio Picco Ivigna, Chemnitzerhütte-rifugio Porro, Radlseehütte-rifugio Lago Rodella.
DURNWALDER E FITTO. Il primo non è completamente soddisfatto della relazione degli esperti, che pur si discosta dal Tolomei e affronta il tema in modo oggettivo, ovvero secondo il criterio del diffuso utilizzo del nome in un gruppo linguistico. Vuole meno nomi in italiano per fare poi dell’intesa con Fitto la base della prossima legge provinciale sulla toponomastica. Importante il ruolo che avrà il Pd, come partner di governo, nella prossima discussione in giunta provinciale. A Fitto va bene quanto uscito dalla commissione paritetica. E a Roma dicono: pacta sunt servanda.
Alto Adige 16-4-11
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venerdì, 15 aprile 2011



Iniziativa informativa sulla passeggiata pedemontana San Giacomo - Castel Flavon

LAIVES. Per domenica 17 aprile il comitato civico di san Giacomo propone una “passeggiata informativa” per tutta la comunità. Partendo alle 14 dalla chiesetta sopra l’abitato di San Giacomo, si percorrerà il tracciato lungo il quale è prevista proprio la passeggiata pedemontana in direzione di Castel Flavon, quella che deve costruire l’ufficio forestale della Provincia. «Lo scopo della passeggiata - dicono gli organizzatori - è anche quello di stimolare l’amministrazione comunale a far completare il lavoro dopo anni di parole». (b.c.)
Alto Adige 15-4-11
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domenica, 10 aprile 2011



«Durnwalder vada da Fitto ma la linea del Pd sono i nomi bilingui»

BOLZANO. «Va bene l’incontro del 14 aprile prossimo tra il presidente Durnwalder ed il ministro Fitto sulla segnaletica di montagna, poi ci vuole però il passaggio in giunta provinciale: una discussione politica che tenga conto di quanto emerso dalla relazione della commissione istituita a seguito dell’intesa governo-Provincia». Così il vicepresidente della giunta provinciale, Christian Tommasini, presente ieri all’assemblea del Cai Alto Adige, insieme al suo collega Roberto Bizzo (entrambi Pd) ed al consigliere comunale Sandro Repetto (Udc). «Sono pienamente d’accordo sul rispetto del bi- e trilinguismo come chiede il Club alpino italiano che sulla segnaletica di montagna ha già svolto lo scorso anno un ottimo lavoro preparatorio, offrendo anche aperture importanti come nel caso del nome “Vetta d’Italia”, ma la base per risolvere lo specifico problema, ovvero i segnali di montagna - non può che essere il ripristino del bilinguismo», ancora Tommasini che si aspetta di conoscere i contenuti della ormai famosa relazione dei 4 saggi - è sul tavolo di Durnwalder e di Fitto - non appena si sarà svolto l’incontro di giovedì prossimo a Roma.
 «Nella primavera 2010 abbiamo preparato una lista di toponimi che secondo noi devono rimanere tradotti sui sentieri di montagna, basando il nostro lavoro sulle carte topografiche Tabacco: ne è scaturita una lunga lista consegnata al prefetto Testi, al ministro Fitto e all’assessore Tommasini», sottolinea Giuseppe Broggi, mettendo in evidenza come «il Cai si senta pienamente legittimato ad esporre la propria idea sulla cartellonistica di montagna». E poi una nota polemica verso «quei politici a cui dà fastidio la nostra posizione e che scrivono lettere alla sede centrale, non sapendo che la nostra associazione è federalista». Pienamente sulla linea tracciata da Broggi si è detto anche Sandro Repetto. «Mi auguro che i due assessori provinciali di lingua italiana portino avanti le istanze del Cai in tema di segnaletica di montagna», afferma il consigliere comunale del capoluogo, secondo il quale «la volontà manifestata dal Club alpino di gestione comune dei rifugi insieme all’Alpenverein è un’ottima proposta uscita già negli anni Settanta». Repetto chiede inoltre la valorizzazione della montagna anche da parte del Comune capoluogo, sfruttando le sinergie con le imprese ed il «know how» altoatesino del settore: dagli impianti di risalita a Casa Clima.
 Per Christian Tommasini «la gestione dei 25 rifugi alpini passati dallo Stato alla Provincia e gestiti fino ad oggi da varie sezioni Cai non può che andare nelle direzione comune di un convolgimento di Club alpino italiano e Alpenverein». «Ho incontrato l’assessore Mussner sull’argomento specifico e non ci sono preclusioni all’idea dei rifugi come patrimonio comune», ancora Tommasini. Una gestione in due che non dispiace neppure a Georg Simeoni, che sottolinea poi i costi di gestione e manutenzione di simili strutture. «Se la Provincia gestisce da sola per un anno i rifugi, poi si renderà conto dei costi», dice provocatoriamente il presidente Avs, restando però attaccato all’utilizzo dei «nomi storici» per quanto riguarda la toponomastica. «Diverso il discorso per il rifugio Bolzano, di proprietà della sezione Cai del capoluogo, che potrebbe finire nel calderone della gestione comune, ma all’interno di un discorso di indennizzo per chi ne ha oggi la proprietà», evidenzia Tommasini, preferendo spostare poi la sua analisi sulla «necessità di conoscere meglio questa terra, per sentirla propria con percorsi - come si sta facendo - che coinvolgono il mondo della scuola e gli stessi volontari del Cai».       (m.dal)
Alto Adige 10-4-11
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mercoledì, 02 marzo 2011



Quei graffiti lasciati nella chiesa del Virgolo dai pellegrini del ’700

MARCO RIZZA
La si vede là sopra, sul Virgolo, mentre domina Bolzano: ed è difficile non chiedersi perché mai qualcuno abbia pensato di costruire una chiesa proprio in quel posto, non propriamente facile da raggiungere. È la chiesa del Calvario, conosciuta anche come chiesa del Santo Sepolcro, uno degli elementi più caratteristici del paesaggio bolzanino. Un edificio sacro, per decenni meta di pellegrinaggio, con una storia molto particolare e una cappella che nasconde un «segreto». Per secoli infatti moltissime coppie si sono recate a questa cappella chiedendo la grazia della fertilità e la possibilità di avere figli. E nel corso del tempo questi pellegrini hanno riempito i muri con quelli che oggi chiameremmo graffiti - e che probabilmente oggi faremmo cancellare. Invece questa tradizione popolare (e la mancanza di restauri invasivi) hanno permesso di mantenere una vera e propria ragnatela di messaggi risalenti anche a tre secoli fa e oltre. La maggior parte sono messaggi d’amore. I testi sono difficili da interpretare ma i segni no: cuori che racchiudono coppie di iniziali spesso unite dal disegno di un fiore. Parole spesso illeggibili ma date molto chiare: 1699, 1705, 1739... Si legge anche qualche nome: Johannes, Hercules, Pietropaoli e vari altri. Insomma storie d’amore che, sia pure a frammenti, riemergono a distanza di secoli. Un fenomeno per altro non raro, come spiega il sovrintendente ai Beni culturali Leo Andergassen: «Graffiti dal XVI secolo in avanti si trovano in diversi luoghi dell’Alto Adige - dice -, anche se non sempre sono messaggi d’amore. Spesso anzi sono proprio il contrario. Nel castello di Montani di sopra, in val Venosta, si legge un “magister asinus” molto esplicito...».
 Ma, per tornare alla domanda iniziale: perché alla fine del Seicento si decide di costruire una chiesa sul Virgolo? Lo spiega Silvia Spada, storica dell’arte, direttrice dei Servizi museali del Comune: «In tutto l’arco alpino nell’epoca della Controriforma si diffonde l’uso di costruire Calvari, ossia luoghi nei quali svolgere una sorta di “pellegrinaggio sostitutivo” nei luoghi della Passione di Cristo visto che il pellegrinaggio vero e proprio in Terrasanta era diventato molto pericoloso. Le Vie Crucis venivano spesso realizzate seguendo dettagliatamente le (presunte) misure del percorso eseguito da Cristo verso il Calvario». Si spiega così la Via Crucis che sale per il Virgolo e si conclude, non a caso, con le tre croci: proprio come sopra Gerusalemme. E il percorso terminava col Sacro Sepolcro, altro tratto caratteristico del cattolicesimo di quegli anni: «Dopo il Concilio di Trento - prosegue Spada - per la Chiesa l’arte assume un ruolo pedagogico ancora più forte: il fedele deve immedesimarsi nelle immagini che vede, e quindi queste immagini devono essere “patetiche”, fortemente emotive e drammatiche». La chiesa del Virgolo - progettata da Andrea e Pietro Delai - riprende non a caso il modello della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme e ospita un apparato decorativo molto ricco. L’interno della chiesa è visitabile solo chiedendo all’Azienda di Soggiorno (0471-307000).
Alto Adige 2-3-11
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domenica, 06 febbraio 2011



C’è l’accordo sui toponimi

FRANCESCA GONZATO
BOLZANO. Segnaletica di montagna: il lavoro è terminato. La commissione che rappresenta governo e Provincia ha esaurito il proprio compito. Il dossier passa ora alla politica, che dovrà decidere se accogliere o meno la proposta. Governo e Provincia dovranno anche integrare alcune questioni controverse, su cui i quattro tecnici non hanno trovato una intesa. «Gli esperti non hanno risolto tutto», conferma il presidente Luis Durnwalder.
 Il fascicolo è ancora riservato, ma Durnwalder anticipa: «Non ho visto il lavoro. Da quanto mi è stato riferito, è stato raggiunto un compromesso e quindi non saranno contenti al cento per cento né gli italiani né i tedeschi». Da quanto si intuisce, il compromesso che dovranno accettare gli italiani sarà una certa decurtazione sulla microtoponomastica. Va ricordato che l’accordo Durnwalder-Fitto prevede la ricerca di una intesa sui 1500 toponimi monolingui in tedesco verificati dai carabinieri nei 36 mila cartelli installati dall’Avs. La commissione paritetica è composta da Francesca De Carlini e Guido Denicolò di nomina governativa e per la giunta provinciale da Karl Rainer e Ferdinand Willeit (alternato a Hugo Valentin per le questioni ladine).
 La microtoponomastica sarà la pietra di paragone dell’accordo. La sensazione che la lista non conterrà un gruppo di nomi italiani presenti oggi sulle cartine sembra confermata da Durnwalder: «Il filo del ragionamento può essere questo. Molte malghe sono collegate a un maso. Il nome del maso è deciso dalla famiglia proprietaria, è accatastato e non può essere modificato. Spesso si tratta proprio del nome di famiglia. Quindi anche il nome della malga dovrebbe restare nella dizione originaria». Durnwalder fa un esempio: «C’è Steinhof e quindi Steinalm, ma è stata tradotta in malga Sassi, mentre non dovrebbe». Malga Sassi o Malga Sasso? Perché è la famosa Malga Sasso (teatro della strage del 1966) che è conosciuta come la versione italiana di «Steinalm». L’altro tema forte di discussione ha riguardato le frazioni. Quanti masi devono esserci, perché un agglomerato venga considerato frazione? Scontato invece, ricorda Durnwalder, che ogni dizione tecnica come «malga» e «sentiero» debbano tornare sui cartelli anche nella dizione italiana.
 A Palazzo Widmann attendono solo che la commissione chiuda formalmente l’incarico ricevuto. «A quel punto il materiale verrà inviato alla giunta e al commissariato del governo, che a sua volta lo sottoporrà al ministro Raffaele Fitto», riassume Durnwalder. L’incartamento è atteso nel giro di pochi giorni, di sicuro entro la fine di febbraio.
 Le indiscrezioni raccontano di una commissione che ha lavorato in un buon clima, accantonando, perché se ne occupino governo e Provincia, la materia su cui nno è stata possibile una intesa. «Manca la soluzione su un toponimo in Valle Aurina», ha fatto sapere il deputato del Pdl Giorgio Holzmann.
 Questa versione viene confermata a Roma. Lo racconta il deputato della Svp Karl Zeller, che mercoledì ha parlato a lungo con il ministro Raffaele Fitto. Così Zeller: «All’incontro era presente anche il capo di gabinetto del ministro, che in settembre aveva curato la stesura dell’accordo tra ministro e presidente Durnwalder. Ho avuto la sensazione che il lavoro della commissione tecnica venga giudicato positivamente anche al ministero».
 La Svp non fa mistero che quell’accordo potrebbe essere tenuto come base anche per la legge provinciale sulla toponomastica.
Alto Adige 6-2-11
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domenica, 16 gennaio 2011



Virgolo, recupero soft

BOLZANO. Un “masterplan” per il Virgolo. Questo l’obiettivo del consigliere comunale Rudi Bnedikter nominato nei gorni scorsi referente per il Virgolo dell’amministrazione cittadina.
 «E’ fondamentale - spiega recuperare una zona ricreativa naturale, a pochi passi da Bolzano, raggiungibile dal parcheggio Bolzano Centro con una moderna funivia, inserita nella passeggiata che si snoda lungo i pendii intorno a Bolzano. Possiamo valorizzare un percorso culturale verso alcuni gioielli storico-culturali ed archeologici (Chiesa del Santo Sepolcro, Cappella di San Vigilio, le rovine di Castel Weinegg), arricchito da un ristorante e da impianti sportivi o ricreativi di pubblico interesse».
 Il piano paesaggistico di Bolzano pone tutto il Virgolo - fatta eccezione per gli edifici e gli impianti oggi esistenti - sotto tutela, e più precisamente per le seguenti categorie: «Solo la zona - sottolinea il consigliere - che nell’attuale piano urbanistico è destinata a “opere ed impianti di interesse generale e sociale zona sportiva convenzionata” all’altezza della stazione a monte/campi da tennis può essere sfruttata da un punto di vista edilizio entro la cubatura esistente, ma esclusivamente per impianti sportivi o ricreativi di pubblico interesse. Le attrazioni principali del Virgolo sono i suoi tesori paesaggistici, naturali e culturali del Virgolo ne sono l’attrazione principale. Essi devono essere conservati allo scopo di creare una zona ricreativa per Bolzano e devono essere meglio accessibili al pubblico. Non sono necessarie altre attrazioni artificiali. Il Virgolo deve essere inserito nella passeggiata tracciata lungo i pendii che circondano Bolzano e nella rete di sentieri locali. Devono essere individuati dei punti panoramici».
 Il collegamento tra centro città e Virgolo - secondo il refrente - «deve avvenire per mezzo di una moderna funivia tra il parcheggio Bolzano Centro e la località Virglwarte. La strada esistente sarà chiusa ai visitatori. Non deve essere costruita alcuna strada nuova. I luoghi di particolare interesse archeologico e storico/culturale (Chiesa del Santo Sepolcro, Cappella di San Vigilio, Rovine di Castel Weinegg) devono essere collegati da un sentiero culturale, che deve comprendere anche le esistenti trattorie Kohlerhof, Wendlandhof ed un nuovo ristorante».
Alto Adige
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giovedì, 13 gennaio 2011



Nuovo sentiero al geoparc Bletterbach

ALDINO. Buone nuove per gli amanti della montagna: in primavera sarà nuovamente possibile fare l’intera escursione al «Geoparc Bletterbach» di Aldino. Il sindaco Christoph Matzneller - soddisfatto per le 56 mila presenze registrate nel 2010 - ha spiegato che sarà realizzato un nuovo sentiero, lo Jägersteig. «In collaborazione con la Provincia subito dopo il disgelo - spiega Matzneller - sarà tracciato il cosidetto sentiero dei cacciatori, in modo tale da consentire, dopo due anni di attesa, un’escursione completa alla forra di Aldino. Questo sentiero, che si trova nelle vicinanze della cascata grande del cosiddetto Butterloch, negli ultimi anni non è stato più utilizzato. Quella a cui abbiamo pensato è una soluzione provvisoria, ma conveniente. A causa del suolo instabile del Butterloch dovremo fare ulteriori studi geologici per garantire la massima sicurezza ai visitatori all’altezza della cascata. Tra l’altro la soluzione che adotteremo per la cascata dovrà essere accettata anche dall’Unesco». I responsabili del Geoparc stanno anche elaborando un pacchetto di misure da realizzare nel medio-lungo periodo. Tra i tanti obiettivi della direzione c’è anche quello di rifare la segnaletica. Anche per il 2011 sono state programmate una serie di manifestazioni ed escursioni dedicate ai temi della geologia, della natura e delle leggende. Per quanto attiene lo scorso anno, come detto, il bilancio è stato decisamente buono. Il numero dei visitatori è rimasto pressoché stabile rispetto al 2009: 4.448 persone hanno partecipato alle 286 escursioni guidate. Quasi 10.000 persone hanno visitato l’esposizione geologica al centro visite di Aldino, mentre 1.700 hanno fatto tappa al museo di Redagno. Gradito anche l’apporto garantito dalla paleontologa Evelyn Kustatscher. (m.bon.)
Alto Adige 13-1-11
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mercoledì, 12 gennaio 2011



Nuova passeggiata da 150 mila euro SOPRA S.GIACOMO

LAIVES. Il Servizio provinciale foreste ha già realizzato sul territorio comunale di Laives alcuni interventi ben riusciti. Era quindi pressochè scontato che allo stesso ente il Comune avrebbe affidato anche la realizzazione della passeggiata pedemontana tra San Giacomo e Castel Flavon, sopra Bolzano.
 Con un importo di 150 mila euro quindi, la giunta ha deliberato il via all’opera e così, appena possibile, gli operatori dell’ufficio foreste provinciale inizieranno a costruire il tracciato della passeggiata. (b.c.)
Alto Adige 1-1-11
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martedì, 04 gennaio 2011



Nuovo accesso alla passeggiata del Virgolo


BOLZANO. La giunta comunale ha di recente approvato il progetto per la realizzazione di un nuovo collegamento alla passeggiata del Virgolo con partenza dalla cima di Aslago. Il progetto è stato elaborato dal Servizio tecnico ambientale e di progettazione del verde, diretto da Maria Cecilia Baschieri. I lavori verranno eseguiti in economia dalla riparizione foreste della Provincia. Il costo dell’operazione è di 25mila euro. Come recita la delibera, «è interesse dell’amministrazione comunale realizzare ad Aslago, in via Nicolodi, un accesso diretto a metà della passeggiata che porta al Virgolo e a castel Flavon».
 La stradina sarà lunga 300 metri, con tre ampie curve, e permetterà un comodo accesso diretto alla passeggiata. I lavori inizieranno a primavera e verranno conclusi entro l’anno 2011. (da.pa)
Alto Adige 2-1-11
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domenica, 26 dicembre 2010



Toponimi: perizia sui computer Avs

SUSANNA PETRONE
BOLZANO. Il procuratore capo Guido Rispoli ha deciso di avviare una nuova analisi di tipo contabile per quanto riguarda i conti dell’Alpenverein. Si vuole capire se i costi per la digitalizzazione non siano eccessivi.
 Il compito è stato affidato ieri al maresciallo Alessandro Isgrò, uno dei massimi esperti del nucleo informatico dell’Arma dei carabinieri. Sarà il compito dell’esperto chiarire se i costi della digitalizzazione effettuata dall’Alpenverein non siano troppo eccessivi. Il maresciallo dovrà passare a setaccio tutti i dati riportati sui computer dell’Alpenverein e verificare se i costi sono compatibili con i lavori segnati e il materiale usato.
 Per quanto riguarda i cartelli monolingui la Procura ha invece affidato al consulente Roberto Pallaver l’acquisizione di nuovi documenti. Non è infatti ancora chiaro se i cartelli siano stati pagati con il tesoretto di 500 mila euro.
 L’inchiesta, avviata in primavera, ruota intorno ad una domanda di fondo: con quali soldi sono stati pagati i circa 35 mila cartelli, monolingui, installati sui sentieri altoatesini. L’Alpenverein ad oggi ha sempre negato di avere usato fondi pubblici. Ma allora da dove provenivano i soldi? Dall’inchiesta dei carabinieri era emerso che oltre il 75 per cento dei cartelli installati sono illegittimi, in quanto violano lo Statuto.
 Il sospetto della Procura è uno: per il progetto di digitalizzazione dei cartelli di montagna la Provincia ha stanziato 3,8 milioni di euro. All’interno di questa somma però ci sarebbe una zona d’ombra sulla quale la Procura sta indagando. Si tratta appunto di 500 mila euro che lo stesso procuratore capo aveva definito «tesoretto incontrollabile». Non solo: il compito dell’unità informatica dei carabinieri di Bolzano sarà quello di verificare se 3,8 milioni di euro non siano una somma un po’ troppo eccessiva per la digitalizzazione.
 I 500 mila euro sono la differenza tra i 3,8 milioni stanziati dalla Provincia per l’Alpenverein relativamente al progetto di digitalizzazione dei sentieri e i 3,3 milioni di euro che risultano essere stati pagati alla Tuga Srl, società con sede a Lana che ha realizzato il progetto. Ma secondo l’Alpenverein non vi sarebbe nessun tesoretto e la contabilità del sodalizio sarebbe assolutamente trasparente.
 La stessa associazione ha ricostruito così le diverse voci di spesa: oltre ai 3,3 milioni per la Tuga, 450 mila euro sono serviti per le spese di personale dell’Avs nell’arco di sei anni, 141 sono costi della struttura. A questi 3,8 milioni vanno aggiunto 920 mila euro per 57.500 ore dei volontari a 16 euro all’ora.
 La Procura però vuole capire se il mezzo milione di euro sia stato usato ralmente per il pagamento dei volontari o se - come ipotizza la Procura - i volontari hanno rincuniato al compenso. Il sospetto è che quei fondi siano stati usati per finanziare appunto l’installazione dei cartelli monolingui.
 Per quanto riguarda il nuovo filone la Procura vuole capire se servivano effettivamente 3,3 milioni di euro per la digitalizzazione dei nomi dei luoghi altoatesini. Sulla vicenda cartelli sta indagando anche il sostituto procuratore della Corte dei conti Robert Schülmers: si tratta di un’inchiesta parallela in cui si ipotizza che ci sia stato un danno erariale.
Alto Adige 24-12-10
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martedì, 16 novembre 2010



Ultimato il progetto per la passeggiata pedemontana a  Pineta

LAIVES. È pronto il progetto per un nuovo lotto di passeggiata pedemontana, quello che da Pineta dovrebbe arrivare fino a San Giacomo. «Ci sono anche i finanziamenti per iniziare - afferma l’assessore ai lavori pubblici Bruno Ceschini - ma anche in questo caso sarà l’Ufficio foreste ella Provincia ad incaricarsi di realizzarlo concretamente». Questo annuncio segue di poco la conferma che l’Ufficio foreste ha il via libera (e i soldi) per costruire il lotto che da San Giacomo sale verso Castel Flavon. A questo si è arrivati dopo avere risolto i problemi relativi ai passaggi su proprietà e una volta pronto il primo spezzone di tracciato, si passerà quindi al secondo, da San Giacomo a Pineta. Sarà anche questo un percorso pedemontano, nel senso che seguirà il piede naturale della montagna di La Costa-Seit, unendo San Giacomo a Pineta, dove già esiste un breve tratto già pronto, lungo l’argine del rio Dolce. Ultimo atto infine sarà quello di unire Laives a Pineta.
Alto Adige 16-11-10
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martedì, 09 novembre 2010



Una strada per i masi al Peterköfele

LAIVES. La strada che la Provincia sta costruendo per raggiungere i masi situati sopra la zona del Peterköfele, è arrivata ai piedi della collinetta morenica sulla quale si trova la chiesetta medievale. Adesso arriverà la fase più delicata dell’intervento ovvero, la perforazione della collinetta per realizzare la galleria di alcune centinaia di metri che porterà sul versante opposto. Intanto comunque i lavori si sono fermati e proseguiranno con ogni probabilità a primavera. Recuperato anche lo scavatore che era rotolato nella scarapata sottostante, causando il ferimento del conducente. (b.c.)
Alto Adige 9-11-10
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martedì, 19 ottobre 2010






Toponimi, la storia forzata



GIORGIO DELLE DONNE

I media hanno giustamente ricordato i riferimenti storici all’uso nella propaganda politica dei bambini, che immediatamente ci ricordano la felice infanzia passata ed il roseo futuro - che spesso si contrappongono al triste presente -, da parte delle ideologie totalitarie del secolo scorso e da parte dei partiti di massa della “prima repubblica”. Ma anche la questione dell’odonomastica, quel settore della linguistica che studia l’intitolazione dei luoghi pubblici, è interessante per vedere come le ideologie ed i partiti che vi fanno riferimento abbiano utilizzato molte occasioni per fare l’apologia dei propri riferimenti ideologici, anche contro parti significative della popolazione, per ribadire il proprio potere, a volte estremamente momentaneo, nel territorio. La norma che prevede che non possano essere intitolate a persone scomparse da meno di dieci anni strade o edifici pubblici può essere elusa con delle semplici motivazioni formali, come è stato già proposto recentemente dall’SVP per quanto riguarda la piazza che si trova di fronte al Palazzo Widmann, l’emblema del potere politico locale, dove già si trova la statua di Re Laurino - che molti vedono come il simbolo della latinità, schiacciato da Dietrich von Bern, che molti vedono come simbolo della cultura germanica -, che sarà intitolata a Silvius Magnago. Quindi in “Piazza Magnago” ci saranno i palazzi simbolici del potere politico etnico locale e la fontana che secondo molti storici rappresenta la sconfitta della latinità, come dire fare strike a bowling. Quindi la scelta di intitolare la scuola elementare di Adro ad un leader politico di parte recentemente scomparso non è assolutamente un unicum politico, e le ricerche sull’odonomastca locale potrebbero portare a raccontare simpatici aneddoti sui nazionalismi bipartisan, quelli sconfitti nel passato e quello tuttora al potere, che con i simboli continua a giocare, come è avvenuto nel maggio dello scorso anno, quando sono stati mostrati ai presidi in anteprima le nuove pagelle ed i diplomi della scuola locale, da cui era stato cancellato il riferimento al simbolo della Repubblica italiana, lasciando esclusivamente il riferimento alla Provincia. Preso atto dei nuovi diplomi, ho personalmente consegnato a questo giornale delle copie, e solo per questo ne è nato un caso che ha avuto una ribalta anche sui media nazionali, come nel caso di Adro. La proposta era stata avanzata da un gruppo di lavoro formato da funzionari provinciali tedeschi nominati e fedeli al partito localmente dominante e da funzionari provinciali di lingua italiana scelti da politici a loro volta scelti dall’SVP, meccanismo che spesso porta anche i funzionari degli assessorati italiani, come la scuola e la cultura italiana - ben contenti se il loro assessore competente è assolutamente incompetente, così comandano loro -, consapevoli che il loro assessore potrà anche avere vita breve, ma il partito localmente dominante che controlla l’Amministrazione nella quale devono fare carriera assolutamente no, ad accettare anche l’inaccettabile ed illegale.



La delibera era stata ovviamente sottoscritta anche dall’assessore alla scuola italiana, che dopo il pandemonio mediatico dalle conseguenze anche ministeriali ha candidamente affermato di non saperne assolutamente nulla, scaricando tutta la responsabilità su un funzionario italiano. Durnwalder, per metterci una pezza, ha affermato che già nel 1991 il responsabile dell’Ufficio legale della Provincia, il futuro sindaco Salghetti aveva già espresso un parere favorevole alla proposta. Salghetti per una volta nella vita ha perso le staffe, ricordando che il suo parere riguardava la possibilità di aggiungere al simbolo della Repubblica il simbolo della Provincia, certamente non della possibilità di sostituire un simbolo con un altro. E questo è uno dei problemi che hanno caratterizzato la realtà locale degli ultimi cent’anni. L’azione politica e culturale dei nazionalisti che si sono succeduti negli ultimi novanta anni ha determinato una situazione paradossale, per cui in una terra autonoma, plurilingue e ricchissima, non solo culturalmente, che potrebbe essere un modello di laboratorio di convivenza per l’intera Europa, troviamo gli italiani più antitedeschi ed i tedeschi più antiitaliani d’Europa. Chi ha sempre voluto imporre esclusivamente i propri simboli, non accanto ma al posto degli altri, pensando che sui pennoni ci sia posto solamente per una bandiera, la propria; che sui cartelli ci sia posto solamente per una toponomastica, la propria; che l’unico ente sovrano debba essere quello dove un gruppo è maggioritario, il proprio, nega non solo il passato ma anche il presente ed il futuro di questo territorio.

Alto Adige 19-10-10



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mercoledì, 13 ottobre 2010



Toponomastica, da cambiare sono le teste

MAURO FATTOR
Questa storia dei toponimi è una cartolina dal passato. Non solo: un passo dietro l’altro si viene delineando una sorta di prontuario degli stereotipi che non lascia presagire nulla di buono. Se si procede ad una lettura seconda, cioè ad una lettura dei sintomi, del non-detto e dei tic che stanno dietro le decisioni della giunta provinciale - ma forse sarebbe meglio dire della Volkspartei - si dispiega tutto il repertorio delle rigidità che inchiodano l’autonomia agli schematismi di sempre. E se Fitto stavolta è riuscito a sparigliare le carte, da Bolzano nessun colpo d’ali. Tutto secondo previsioni, con la novità di un dissenso palese e motivato da parte degli assessori di lingua italiana che siedono in giunta. Il quadro della società altoatesina disegnato dalle scelte della Volksparte è, in sintesi, lo stesso degli albori dell’autonomia con - primo degli stereotipi - lo Stato che difende gli interessi degli altoatesini di lingua italiana e la Provincia che difende la minoranza tedesca e ladina. Questo significano di fatto le nomine di Rainer, Willeit e Valentin nella commissione toponomastica e il no a Tommasini a Bizzo sull’inserimento di un rappresentante di lingua italiana.
Stereotipo numero due, figlio del primo: la Provincia non è la Provincia. La Provincia è la Volkspartei. Rainer, Willeit e Valentin sono infatti uomini della Stella Alpina, da sempre. Nessuna possibilità di pescare altrove.
Il terzo stereotipo è fresco di ieri con il Präsidium della Volkspartei che ribadisce come il contenuto dell’accordo con il ministro relativo agli obblighi di bilinguismo valga esclusivamente per i nomi di Comuni e frazioni.
Così viene ancora interpetata infatti la dizione «Ortschaften», cioè località, contenuta nella versione tedesca del documento firmato da Fitto, e questo nonostante sia siato ribadito più volte e in sedi diverse che l’applicazione dell’accordo deve essere calibrata sulla versione italiana del testo, molto più estensiva. Una ostinazione che sconfina in una consapevole doppiezza politica, dettata dal desiderio di giocare su più tavoli sfruttando ambiguità costruite a tavolino.
Oltretutto una versione minimalista, quella della Svp sulle «Ortschaften», filosoficamente non innocua. Il perchè è presto detto. Posto che la linea del partito di raccolta è quella di ridurre al minimo l’impatto della toponomastica italiana, optare per una versione bilingue che tocchi esclusivamente le località abitate è figlia di un’idea preconcetta e ben radicata, anche se teorizzata sempre un po’ sottovoce. È l’idea ricorrente che in fondo agli italiani bastino le città, i paesi, perchè quello è il loro orizzonte. Un orizzonte urbano, fatto di pochi riferimenti certi negli spazi in cui abitano e lavorano in quanto sostanzialmente indifferenti e disinteressati a ciò che accade intorno e al di fuori di quegli spazi. È la logica del fortino vista dall’altra parte. Non da dentro quindi, ma da fuori. Ed è l’idea di una comunità, quella di lingua italiana, che vive sul territorio ma non vive il territorio. Anzi che è estranea al territorio.
Questo, nella testa della Volkspartei, è all’origine del compromesso col ministro: vi diamo i nomi che vi servono, vi diamo quei nomi e voi state lì, non vi muovete. Il resto è roba nostra.
Alla fine l’istantanea della comunità italiana disegnata tra le righe della scelte politiche della Volkspartei, è sconfortante. Il sudtirolese italiano medio è uno che strizza l’occhiolino al duce (in quanto difende «le invenzioni di Tolomei»); che si mostra spaesato e confinato nelle città, che vive dentro fortini artificiali vissuti come bolle di italianità virtuale; che non ha diritto di rappresentanza in quanto rappresentato e difeso dallo Stato, da Roma. Tutto quello che non è comprimibile in questo modello fatica ancora enormemente a trovare spazio, anche e soprattutto nelle teste. Siamo fermi a Magnago insomma. In questo contesto anche le parole di Theiner sul superamento delle diatribe etniche, all’atto pratico finiscono col diventare un vuoto esercizio di retorica. Le teste, appunto, sono il vero problema. Lo statuto di autonomia ha un potenziale enorme, ma averne istituzionalizzato e codificato le modalità con il massimo delle garanzie formali non significa averne interiorizzato lo spirito e i contenuti. Questo è ancora un obiettivo lontano.



Svp e Avs: difficile sostituire i cartelli

FRANCESCA GONZATO
BOLZANO. Sostituzione dei cartelli monolingui: la commissione governo-Provincia deve ancora iniziare il lavoro e già l’Avs tira il freno. «I rappresentanti delle nostre sezioni ci avvertono che potranno esserci dei problemi: i volontari devono essere motivati». Lo hanno annunciato alla Svp.
 E’ già terminato il periodo di tregua seguito alla firma dell’accordo sulla segnaletica di montagna tra il presidente Luis Durnwalder e il ministro Raffaele Fitto.
 Da un lato l’Avs, che torna a difendere il proprio operato. Dall’altro lato la polemica sulle nomine provinciali nella commissione. Dopo il voto negativo in giunta degli assessori Tommasini e Bizzo per l’assenza di un commissario italiano, ieri bordate per la connotazione «tutta Svp» dei prescelti, Karl Rainer, Ferdinand Willeit e Hugo Valentin.
 Prima l’Avs. L’ufficio di presidenza della Svp ha incontrato l’altro pomeriggio la delegazione di una ventina di esponenti dell’Avs guidati dal presidente Georg Simeoni. E’ stato proprio Simeoni ad avvertire che sarà difficile coinvolgere i volontari nella sostituzione dei cartelli monolingui installati dalla stessa associazione. E poi, è stato specificato, serve la copertura finanziaria.
 Non c’è solo questo. Dalla discussione con la presidenza Svp è uscita questa interpretazione dell’accordo: andrà garantita la versione bi-trilingue dei nomi di Comuni e frazioni, oltre alle denominazioni generiche come «montagna» o «sentiero». Nella nota di via Brennero viene definita una conquista l’accordo là dove si riconosce che i nomi storici non dovranno essere tradotti.
 Insomma, rispuntano le iniziali interpretazioni discordanti dell’accordo, perché nel testo viene in realtà prevista la versione bi-trilingue delle denominazioni «diffusamente utilizzate per i Comuni e le località». Località, non «frazioni» come l’Avs torna ora a rivedicare.
 Reazione immediata. La deputata Pdl Michaela Biancofiore: «Dall’Avs ancora una volta scuse di bassa lega e provocazini. Non cambieranno i cartelli? Ci penserà qualcun altro, magari il Cai o i carabinieri». Gelido anche il deputato Pdl Giorgio Holzmann: «Se la Svp fa propria questa lettura dell’accordo, si torna al punto di partenza. Il governo ha concepito quel testo come una derivazione diretta dai precetti dello statuto sul bilinguismo obbligatorio. Se non sarà possibile in commissione, restano sempre gli eventuali poteri sostitutivi del ministro».
 L’Obmann della Svp Richard Theiner smorza: «L’accordo parla di “Comuni e località” e staremo a quelle indicazioni. C’è la commissione, lasciamola lavorare».
 Fitto ha nominato il vice prefetto Francesca De Carlini e Guido Denicolò. Si dà per scontato che porteranno nella commissione argomenti fondati per ridurre di molto i 1500 cartelli monolingui verificati dai carabinieri.
 Secondo l’assessore Christian Tommasini l’incontro della Svp con l’Avs punta a calmare le acque: «Il ripristino andrà fatto. La Svp cerca di gestire la vicenda».
 L’altro fronte sono le tre nomine provinciali. Rainer, ex capo di gabinetto di Magnago ed ex direttore di ripatizione alla presidenza della giunta, l’ex deputato Svp Ferdinand Willeit e l’ex assessore provinciale Hugo Valentin (per le questioni ladine). Persone conosciute, ma non in primo piano attualmente e non della cerchia stretta di Durnwalder. Se andrà male, è la lettura di qualcuno, le conseguenze saranno attenuate. Si dice infatti che Willeit non abbia accolto la nomina con entusiasmo.
 Persone competenti, ma difficilmente catalogabili come tecnici. «Sono uomini di partito», accusano Holzmann e Biancofiore, che aggiunge, «giusta la richiesta dei due assessori italiani di nominare almeno un italiano. Come al solito non ce l’hanno fatta». Luisa Gnecchi (deputata Pd): «La Provincia ha scelto persone competenti e moderate. Peccato però che non sia stata accolta la proposta di Bizzo e Tommasini. Ciò li lascia più liberi rispetto a quanto scaturirà dalla commissione».
 Guido Margheri (Sel): «I componenti della giunta non rappresentano l’autonomia provinciale, ma solo un partito. E’ evidente il rischio che con questa scelta si voglia impedire il ripristino della legalità. Se la commissione dovesse paralizzarsi o assumere orientamenti finalizzati a legittimare a posteriori gran parte dell’operato dell’Avs e della Provincia non resterebbe che chiamare nuovamente in causa la magistratura». Così anche il finiano Alessandro Urzì: «Il tentativo di trasformare il confronto in commissione in uno scontro politico diretto è quanto di meno produttivo in questo delicatissimo momento». Giusta la richiesta dei due assessori italiani, prosegue Urzì: «In questa materia deve essere rispettata la pariteticità dei gruppi linguistici». Il fatto che non sia stato garantito nella commissione «ne vanifica» lo spirito stesso.
Alto Adige 13-10-10
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lunedì, 04 ottobre 2010



Un sentiero per unire e ciclabile San Giacomo


Proprio in questi giorni il Comitato Civico San Giacomo ha ripreso la sua attività.
Numerose sono le problematiche ancora sul tappeto a cui si vanno aggiungere le presentazioni-discussioni di due nuovi grandi progetti: la Cittadella dello sport e la Centrale di pompaggio.
In questa prima riunione è stato affrontato il tema della passeggiata pedemontana che dovrà percorrere il tratto che va da San Giacomo fino a Castel Flavon.
E' stata promessa la sua realizzazione entro il 2010, ma ci stiamo domandando se questo sarà ancora possibile dal momento che la giunta comunale ha liquidato alla Provincia i 110 mila euro necessari per la realizzazione del primo lotto del sentiero, solo di recente.
E' necessario sapere quando saranno l'inizio dei lavori, ma sopratutto quando potranno essere conclusi.
La motivazione è strettamente legata alla possibilità di procedere ad una nuova programmazione della festa “Il sentiero dei cantastorie” che le Associazioni di San Giacomo insieme all'intera popolazione vorrebbero trasferire nel nuovo percorso della pedemontana.
Le esigenze espresse dagli abitanti, ma anche dalle associazioni culturali di San Giacomo e di Oltrisarco sono quelle di ottenere un sentiero quanto più facilmente percorribile in termini di pendenze e riuscire ad ottenere numerose piazzole sufficientemente ampie tali da accogliere panchine e opere d'arte (sculture o installazioni) da approntare in un percorso a cielo aperto.
Sentieri forestali di questo genere sono numerosi in Alto Adige: Sul sentiero Freud a Collalbo, Sentiero delle leggende sul Salto, Dal Rifugio Sarentino agli omini di pietra e Merano 2000, Via delle saghe etc.
Offrono la possibilità di scoprire la natura intatta ed il magico mondo delle montagne, ma possono rappresentare anche momenti socio-culturali e ludici certamente utili anche per l'economia del territorio nonché turistica.
Chiediamo pertanto alla Forestale di affrontare con sensibilità la nostra richiesta nell'esecuzione di tale opera che da molti anni sta a cuore della popolazione di Laives e Bolzano.


punto critico

Altro punto affrontato è quello della prima parte di ciclabile realizzata in San Giacomo.
Ascoltate diverse persone, in particolare quelle che usano regolarmente la bicicletta, risultano opinioni concordi nel buon risultato della ciclabile e della sua qualità. La sua esecuzione tiene conto della sicurezza dei ciclisti con aiuole spartitraffico, numerosa cartellonistica e segnaletica a terra. Di particolare efficacia sembrano essere le cunette abbassa-velocità anche se possono infastidire leggermente i passeggeri dei Bus. La combinazione delle cunette e dei semafori intelligenti che verranno riattivati dal 13 Ottobre, così garantisce il vicesindaco Forti, accompagnati da controlli dei vigili urbani possono diventare veramente un forte deterrente nella statale a sud di San Giacomo.
Unico dubbio riscontrato in termini di sicurezza è quello riscontrato all'inizio della ciclabile, (in prossimità della via Thaler, poco più a sud) chi volesse attraversare sul passaggio pedonale (sia a destra che a sinistra) non ha l'opportunità di far intervenire il semaforo a monte per bloccare il traffico. Due pulsanti risolverebbero il problema.

alcune foto della ciclabile:










Punto critico

Prima di chiudere la serata vengono anticipate alcune notizie riguardanti la Centrale di pompaggio presentata e discussa poche sere fa a Laives e il progetto della Cittadella dello sport che verrà presentato a San Giacomo il 5 ottobre prossimo alle ore 20.00 presso l'Aula Magna - Nuovo Teatro.

Per il Comitato Civico San Giacomo
Lorenzo Merlini

mercoledì, 29 settembre 2010



Broggi: pronti al dialogo con l’Avs

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. «La lista dei 1500 toponimi monilingui conferma quanto avevamo visto lungo i sentieri di montagna. - così il presidente del Cai Alto Adige, Giuseppe Broggi - «Ma la strada dev’essere quella del dialogo».
 Un dialogo che anche l’Alpenverein ha sottolineato di volere riprendere, dopo lo stop imposto dagli avvenimenti dei mesi scorsi in tema di toponomastica. «Con Georg Simeoni ci siamo visti anche se non ufficialmente, adesso dobbiamo capire come verrà composta la commissione paritetica che dovrà dirimere il nodo dei 1500 nomi posti sui cartelli nella sola lingua tedesca», sottolinea Broggi, secondo il quale «il Cai è a disposizione per una consulenza tecnica, ammesso che le parti lo vogliano». Da Roma ancora non ci sono segnali sulle scelte del ministero per i Rapporti con le regioni in merito ai due membri della commissione di nomina governativa, uno dei passaggi dell’intesa firmata dal ministro Raffaele Fitto e da Luis Durnwalder. Quest’ultimo aspetta di capire come intenda muoversi Palazzo Chigi, semplicemente per nominare i 2 componenti di spettanza provinciale che siano sulla stesso livello degli altri due. Facile che tra Palazzo Widmann e la prefettura si aprano contatti per definire la composizione della paritetica, in modo che lunedì prossimo la giunta altoatesina possa deliberare sulla sua quota di componenti. «La lista con i 1500 nomi monolingui ci è stata fatta recapitare dal Commissariato del governo e su quei toponimi ci siamo espressi, rispondendo al prefetto con le nostre osservazioni, credo che anche l’Alpenverein abbia fatto altrettanto», ancora Luigi Broggi. Ecco perché il prefetto Fulvio Testi ha già avuto modo di dire che su circa la metà dei nomi monolingui c’è già un accordo tra Cai e Avs per il loro bilinguismo. Il presidente del Club alpino italiano dell’Alto Adige si dice «fiducioso» nell’operato della commissione paritetica. «Vedremo come verrà interpretata la questione dei nomi storici, mentre credo che non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che il termine “località” in lingua italiana ha un significato più ampio di quello tedesco di “Ortschaft”, per cui il criterio dell’uso non dovrebbe valere solo per i luoghi abitati», evidenzia Broggi. Inutile dire che per il Cai il nome “Vetta d’Italia” debba rimanere, non tanto perché «inventato» da Ettore Tolomei, quanto perchè toponimo in uso nel gruppo linguistico italiano. «In effetti il cartello messo ad indicare la Vetta d’Italia è bilingue, anche se mi hanno riferito che qualcuno ci ha tolto successivamente la versione in italiano con uno scalpello», così Broggi.
 Da ricordare che tra i casi più eclatanti - secondo il rilevamento effettuato dai carabinieri ci sono città come Bolzano e Merano, oltre ad un serie di comuni più piccoli. Ma anche rifugi come il Col Rodella (di proprietà Avs), il Petrarca, il Venna alla Gerla e l’Oltradige. Solo in tedesco anche Castel Tirolo, Castel d’Appiano e Castel Masaccio. Intanto l’onorevole del Pdl, Giorgio Holzmann, interviene sul recente accordo tra governo e Provincia in merito alla segnaletica di montagna: «Una scelta ragionata, un compromesso che può andare bene ad entrambe le parti, oltre che un segnale politico di come tra il centrodestra ed il partito di raccolta si possa trovare il dialogo».

«Anche i nomi italiani sono storici»

Christoph Hartung von Hartungen, storico contemporaneista, allarga le braccia: «Era ovvio fin dall’inizio che questa storia dei nomi finisse così. D’altra parte quando si è dato l’incarico all’Avs, e lo si è messo nel gruppo di lavoro sulla toponomastica, si sapeva perfettamente dove si voleva arrivare. E ci stiamo arrivando».
 Partiamo dall’accordo appena firmato. Cos’è un nome «storico»? Ha senso parlare di «nomi storici»?
 
Si potrebbe dire che un nome «storico» è un nome non creato a tavolino, ossia che si è formato nel corso del tempo. Ma questa è solo una delle possibili definizioni. Anche i nomi creati a tavolino se usati per parecchio tempo assumono carattere storico. Nella nostra provincia, per esempio, nomi che vengono usati da 90 anni possono essere chiamati «storici»: in fin dei conti è più della vita media di una persona. E nei Paesi africani che 50 anni fa hanno raggiunto l’indipendenza e che si sono dati nuovi nomi, anche lì nel frattempo quei nomi sono diventati storici, anche se non sono vecchi come certi nomi coloniali. Il concetto di «storico» è variabile.
 Anche perché sorge un problema di «origini»: quando inizia la storia di un nome?
 
Certo, in questa direzione non si finisce più. E inoltre anche noi oggi creiamo dei nomi. Vengono costruiti nuovi quartieri e nuove strade e anche lì bisogna dare nuovi nomi, ed è un’operazione legittima. Quello che non è legittimo è dare nuovi nomi e togliere o vietare l’uso dei nomi dell’altra lingua come voleva Tolomei.
 Crede che i nomi di zone non abitate da italiani debbano restare monolingui?
 
No. Sono dell’avviso che nulla tolga al gruppo tedesco se quello italiano usa i nomi suoi: quindi perché accanirsi? Se io chiamo Radlsee quello che tu chiami lago Rodella non è intaccato né il mio né il tuo diritto. Ma tutta questa discussione nasce dal fatto che i nomi hanno anche un altro valore.
 Cioè?
 
Chi dà i nomi impone in genere anche il suo potere. Qui sta la vera posta in gioco. Se io riesco a ufficializzare solo un nome, di fatto chi usa l’altro nome è meno legittimato a vivere in questo territorio. Si è iniziato intorno al 1905, quando è stato fondato il Tiroler Volksbund, che si è messo a tradurre in tedesco i nomi trentini dicendo che il Trentino era una regione italianizzata ma che in realtà i trentini sono una popolazione di ceppo germanico. Poi Ettore Tolomei fa la stessa cosa dall’altra parte, dicendo che l’Alto Adige era una terra anticamente italica e quindi la popolazione è solo superficialmente germanizzata ma di ceppo italico. L’obiettivo di queste operazioni è togliere all’altro gruppo la legittimità di vivere qui. È un conflitto lungo un secolo... Quando noi tedeschi ci sentivamo deboli chiedevamo il bilinguismo dei nomi, e lo abbiamo ottenuto. Ora si sentono deboli gli italiani e chiedono la stessa cosa per avere più visibilità in questa terra.
 Il tema della toponomastica viene tirato fuori regolarmente dalla politica, o da associazioni molto vicine alla politica come l’Avs. Ma la popolazione secondo lei cosa pensa di questo tema? Al cittadino di Malles interessa veramente che il nome di una località in Alta Venosta non sia tradotto in italiano, se quello tedesco non viene toccato? Si toccano temi identitari, si riaprono ferite mai cicatrizzate, oppure sono argomenti calati dall’alto nel dibattito pubblico?
 
Entrambi gli aspetti. C’è sempre in una vasta parte della popolazione il risentimento per essere stati annessi dagli italiani contro la nostra volontà, a tradimento. Ma la toponomastica è anche uno di quegli argomenti che la politica o l’avant-politica ha sempre tenuto vivo. A questa domanda un anno fa avrei risposto che il cittadino di Malles non era interessato: oggi è diverso. Oggi dice: «Roma se ne è interessata, vogliono fregarci lo Statuto». Poi interviene il Grande Capo che ridicolizza i nomi italiani, dimenticandosi di essere il Landeshauptmann anche degli italiani. Infine ci mette il suo anche la stampa. Risultato: sarà difficile che la gente resti disinteressata.
 Secondo lei come se ne esce?
 
Io sarei per lasciare lo status quo. Quei nomi che sono già stati tradotti in italiano - non importa quando e da chi, e nemmeno se sono laghi o paesi - rimangano bilingui, e per i nuovi nomi di quartieri si lasci autonomia ai Comuni. Prendiamo Bolzano, il nuovo quartiere di Oltrisarco. In italiano si chiama «Mignone», in tedesco «Rosenbach». E secondo la regola dei «nomi storici» anche qui potrebbe nascere un conflitto: in fin dei conti Mignone era un militare medaglia d’oro nella campagna di Libia e domani qualcuno potrebbe chiedere di cancellare l’intitolazione a un brutale colonialista e chiedere secondo i nuovi criteri che rimanga solo «Rosenbach» (che per altro è nome medievale ma anche in questo caso messo a tavolino). Per questo dico che in casi - rarissimi - come questo è bene che decida il singolo Comune senza ricorrere a regole generali.
 In questa vicenda il gruppo italiano ha commesso errori?
 
Non vedo errori del gruppo italiano, vedo grande leggerezza sul fronte romano. Un ministro che con fare propagandistico annuncia di risolvere la vicenda, e poi si fa fregare così... E anche i parlamentari scelti dagli italiani che non dicono chiaramente cosa pensano di questa storia. Ce n’è una che voleva portare un tricolore in ogni maso per rivendicare l’italianità dell’Alto Adige, e che ora non ha detto una parola. E ci sono anche altri deputati e nessuno ha detto nulla.
 Lei ha una lunga storia di impegno interetnico e da storico si occupa da anni di questi temi. Nel 2010 siamo ancora a parlare di nomi monolingui: sente un certo scoramento?
 
Sì, è scoraggiante. Venti anni fa si sarebbe alzata dai Verdi una voce molto forte, ora invece hanno una posizione soft: il problema è che chi da 20 anni lotta per queste cose e non vede nessun progresso, viene delegittimato sempre da accordi diretti tra Roma e palazzo Widmann. Tu lotti per il censimento, poi quelli vanno a Roma, appoggiano o no il governo e la tua battaglia non è servita a niente. Io credo che con questo accordo verranno tolti molti nomi italiani, ci sarà qualche protesta ma l’Avs proseguirà sulla sua linea. Magari non faranno la legge sulla toponomastica, ma di fatto la strada è segnata per togliere sempre più Heimatrecht al gruppo italiano, che a sua volta sarà più frustrato e meno disposto a integrarsi nel territorio.

MARCO RIZZA
Alto Adige 29-9-10
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domenica, 26 settembre 2010


Nomi «storici»? Ma la nostra storia appartiene a tutti i gruppi

LUCA FAZZI
Lo è per i firmatari di un compromesso destinato a inasprire invece che migliorare i rapporti tra i gruppi linguistici. Vinti e vincitori sono parole che rimandano all’idea terribile di due schieramenti contrapposti. Due eserciti che si fronteggiano, reciprocamente ostili Pronti a aggredire l’altro nel momento in cui se ne presenta l’occasione. L’esito non poteva che essere paradossale. Rispetto agli intenti iniziali di pulizia storica dei nomi italiani patrocinati dal presidente Durnwalder e eseguiti dall’Avs non ci sono variazioni. Il toponimo Vetta d’Italia verrà cancellato ha dichiarato il presidente dopo avere firmato il giorno prima un accordo che prevede la costituzione di una commissione mista Provincia/Avs- Commissariato del Governo/Club Alpino Italiano per risolvere i casi di toponimi controversi. Ma se è Durnwalder a decidere quali nomi saranno cancellati e quali dovranno rimanere, i contenuti dell’accordo sono nulli. Qualcuno ha proposto nella blogosfera di seppellire questo pasticcio con una risata. Potrebbe essere una soluzione. Lasciare che i processi di globalizzazione, i flussi migratori, la crisi ambientale globale svolgano il loro compito. Che cancellino presto e per sempre i richiami funesti a una storia usata e consumata per esclusivo interesse di una singola parte. Se non fosse che ancora una volta, le contraddizioni sono talmente lampanti da dovere essere richiamate. La prima riguarda l’origine della querelle sui nomi. Avviata la campagna di propaganda da un gruppo di oltranzisti di destra verso la fine degli anni’90 essa ha fatto breccia nel corpo sempre più molle di un partito di raccolta scosso alle fondamenta dalle proprie contraddizione: la difficoltà di rappresentare una società sempre più stratificata, l’incapacità di proporre un disegno veramente moderno di società in prospettiva europea. Non è stata la popolazione nel suo insieme a richiedere questa operazione di pulizia etnica, ma una minoranza a cui il partito di raccolta ha scelto di dare rilevanza e peso non avendo la forza, il coraggio e la leadership per fare in modo diverso.
La seconda contraddizione è relativa all’ambiguità con cui la politica ha saputo affrontare la questione. Prima tacendo per anni sulla diffusione della cartellonistica monolingue tedesca, poi cercando goffamente di scaricare le responsabilità della soluzione del conflitto sulle associazioni affidatare del servizio di intsllazione dei cartelli il Cai e l’Avs attribuendo ad essi un ruolo politico che per stesso loro statuto non hanno. La terza è che già da subito l’accordo ha scontentato tutti. Molti italiani che si sentiranno ancora meno a casa in questa terra, coloro che per utilizzare le parole di Langer hanno ricevuto con questo protocollo l’avviso di sfratto. Ma anche le ali estreme del radicalismo tedesco che si sono fatte promotrici della campagna contro la toponomastica italiana e che oggi accusano il presidente Durnwalder di un cedimento politico alla memoria del fascismo. L’accordo ancora una volta non costituisce un punto di arrivo di una trattativa da portare finalmente a definitivo termine, ma un punto di partenza per nuove rivendicazioni destinate a subire una inevitabile accelerazione. I conflitti etnici non saranno dunque sanati, ma rinviati ad infinitum esasperandone impatto e conseguenze. La quarta contraddizione riguarda la validità giuridica dell’accordo stipulato tra Durnwalder e Fitto. Il bilinguismo in provincia di Bolzano è garantito da uno Statuto di autonomia che ha valenza di legge costituzionale. Non basta quindi un semplice protocollo per modificarlo e la sua applicazione rimane oggetto di contraddittorio sotto il profilo giuridico. Quindi il presidente può sostenere fino che vuole che nomi come Vetta d’Italia o Lago Rodella saranno eliminati, ma sotto il profilo legislativo non ha al momento facoltà di farlo. Infine, il protocollo diventa surrreale quando parla di nomi”storici”. Un bellissimo post pubblicato ieri su Facebook riportava queste parole: “noi siamo i nomi storici”. “Noi” vuol dire che sono gli abitanti della provincia di Bolzano che sono nati e cresciuti qui ad essere la storia. E’ una storia per certi versi difficile, che può non piacere, ma che è e deve rimanere una storia plurale. Una storia di tedeschi, ladini, italiani. Un storia che non può essere abolita o cancellata attraverso diktat imposti dall’alto. Una storia che è la ricchezza di questa terra, che non parte da una data che fa piacere a qualcuno perché la storia è oggi, e adesso. Una storia che presto costringerà la provincia di Bolzano a confrontarsi con la modernità di un Europa senza più confini e di un mondo ormai globale.

Ma ora si ritorna allo Statuto

 ANDREA DI MICHELE
Fitto e Durnwalder hanno tergiversato fino all’ultimo, l’uno preoccupato di dover davvero mettere in pratica la minaccia del potere sostitutivo, l’altro impensierito all’idea di essersi infilato nel vicolo cieco di uno scontro infinito con Palazzo Chigi, entrambi timorosi di perderci la faccia. Alla fine, l’ultimo giorno utile, hanno firmato un testo ambiguo e un po’ pilatesco, che non ci indica chiara la via d’uscita e che accoglie passaggi che sollevano più di una perplessità. Il preambolo richiama l’intento comune di addivenire a una soluzione condivisa e lo “spirito primario di consolidare la pacifica convivenza”, mentre l’articolo 1 afferma che il protocollo intende favorire”l’attuazione del principio del bilinguismo e del trilinguismo, ove previsto”. Le premesse sembrerebbero buone, anche se un po’ scontate, e farebbero ben sperare circa la volontà sincera di sanare il monolinguismo dell’Alpenverein. Il problema è che poi la soluzione non si trova e semplicemente si trasferisce la patata bollente nelle mani della sventurata commissione che moltiplicherà per due le persone destinate a litigare sui nomi italiani da salvare e su quelli da eliminare. Ma la palla è destinata a tornare nelle mani della politica, perché la commissione, nell’eventualità assai probabile che non trovi un accordo, demanderà la soluzione alle competenti sedi politiche. Più che un accordo, dunque, un escamotage per prendere tempo, che fa comodo a entrambi i firmatari, che così possono presentarsi come gli artificieri capaci di disinnescare la bomba dei cartelli, mentre hanno soltanto allungato di un po’ la miccia. Il ministro Fitto, da quanto si legge sui giornali, è impegnato proprio in questi giorni a convincere deputati centristi a entrare nella maggioranza e si sa che anche la “legione straniera” composta dai parlamentari dell’Svp e dell’Union Valdaitaine è stata oggetto degli interessamenti degli uomini di Berlusconi. E’ difficile non pensare anche a questo nel valutare la firma dell’accordo. Le ultime cronache dal Palazzo, inoltre, danno Fitto come destinato a traslocare sull’ambita poltrona di ministro allo Sviluppo economico, attualmente vacante, lasciando il ministero dei Rapporti con le regioni niente meno che a Giancarlo Galan, l’ex governatore del Veneto, autore nel recente passato di durissimi scontri con Durnwalder sui “privilegi” dell’autonomia sudtirolese. Tutti volevano mettere un punto fisso e l’hanno fatto in modo vago, tant’è che le diverse forze politiche possono interpretare l’accordo come preferiscono. Una cosa è certa e cioè che le istituzioni dell’autonomia bolzanina non sono state in grado di risolvere il problema e che c’è voluto l’intervento di Roma per giungere a un protocollo d’intesa che resta da riempire di contenuti e che comunque, occorre sottolinearlo, non ha certo la valenza giuridica dello Statuto d’autonomia e del suo richiamo al bilinguismo. Non è un caso che tutti i partiti italiani, di destra e di sinistra, con maggiore o minore preoccupazione, nel riconoscere l’importanza dell’accordo hanno ribadito che la soluzione andrà ricercata nell’ambito dei confini disegnati dallo Statuto. Insomma, siamo daccapo, alla ricerca di una soluzione che forse non c’è.
Alto Adige 26-9-10
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sabato, 25 settembre 2010



Fitto: la commissione risolverà tutti i problemi anche la Vetta d’Italia

BOLZANO. Il governo ha preso atto ieri dell’intesa con la Provincia sui cartelli di montagna. «La commissione paritetica inizierà a lavorare presto»: il ministro Fitto risponde così alle polemiche sulle interpretazioni discordanti. E’ un testo che parla chiaro, rivendica Fitto, «nel segno di collaborazione e riaffermazione del principio dei bilinguismo».
 Era stato il consiglio dei ministri ad avviare il 22 luglio la procedura di attivazione del potere sostitutivo rispetto alla Provincia. E’ stato invece trovato un accordo e ieri Fitto ne ha presentato il testo al consiglio dei ministri. Dal giorno dopo la firma però le frasi di Durnwalder su «addio alla Vetta d’Italia» hanno provocato dubbi sulla reale portata del protocollo d’intesa. Fitto accuratamente evita di entrare in polemica con il presidente provinciale e rinvia la verifica al lavoro della commissione paritetica: quattro «esperti», due di nomina ministeriale e due di nomina provinciale. Viene data per certa la presenza di due calibri pesanti come il commissario del governo Fulvio Testi da un lato e il direttore generale della Provincia Hermann Berger dall’altro. Arriveranno rappresentanti del Cai e Avs? Una soluzione non caldeggiata dall’assessore Christian Tommasini.
 La commissione sarà il banco di prova di un testo nato da un compromesso tra le due parti e che potrà produrre risultati o un braccio di ferro infinito. I pessimisti pronosticano «l’accordo rischia di essere già morto».
 La provocazione di Durnwalder mirava ai criteri che dovranno guidare, secondo il testo, il rifacimento dei cartelli oggi monolingui (entro la stagione alpinistica 2013) e la segnaletica del futuro: bilinguismo garantito per le «denominazioni diffusamente utilizzate per i comuni e per le località» e mantenimento invece nella dizione tedesca o ladina dei «nomi storici». Durnwalder interpreta «località» secondo la dizione riportata nella versione in tedesco dell’accordo, «Ortschaften», che significa soltanto zone abitate. E’ stato chiarito però che farà fede il documento in italiano.
 Fitto glissa: «Non ritengo opportuno partecipare alla individuazione a mezzo stampa dei vari toponimi che in questi giorni affolla le cronache locali, ma ritengo che un pronto avvio dei lavori della commissione possa dare la riposta giusta in tempi brevi ad un problema troppo spesso trascurato». Ai timori di colpi di mano con cancellazione di nomi simbolici («e non solo», chiarisce Alessandro Urzì del Pdl) Fitto risponde così: «Si tratta di un importante accordo raggiunto nel segno della collaborazione e della riaffermazione del principio del bilinguismo in linea con lo statuto di autonomia. Questo risultato è frutto del dialogo che ha contraddistinto il rapporto tra il governo e la Provincia fin dalla sua genesi e che ha evitato l’ulteriore protrarsi della controversia. E’ proprio alla collaborazione che si ispira l’intesa raggiunta, nel momento in cui prevede la costituzione di un’apposita commissione paritetica, che avrà il compito di concordare e risolvere le questioni controverse in materia di indicazione sui cartelli di montagna, attraverso una valutazione congiunta del governo e della Provincia». (fr.g.)
Alto Adige 25-9-10
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venerdì, 24 settembre 2010



Ecco il testo integrale: la versione ufficiale è quella in italiano

BOLZANO. Ecco il testo integrale del protocollo d’intesa sui cartelli segnaletici di montagna firmato dal ministro Fitto e dal presidente della Provincia Durnwalder. Per quanto riguarda l’interpretazione autentica e la sua applicazione vale questo testo, redatto in lingua italiana, e non eventuali traduzioni di “comodo” fatte in tedesco.
 Protocollo d’intesa tra il Consiglio dei Ministri e per esso il Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale e la Giunta Provinciale della Provincia Autonoma di Bolzano e per essa il Presidente della Giunta.
 Oggetto: installazione di cartelli segnaletici sui sentieri di montagna della provincia di Bolzano.
 Le parti - facendo seguito ad incontri, contatti e corrispondenza intercorsi; nell’intento di addivenire ad una soluzione condivisa per superare i contrasti insorti in merito alla cartellonistica di cui in oggetto, nel rispetto degli accordi internazionali, dei principi costituzionali e statutari, nonché delle normative statali e provinciali in vigore; nel rispetto della storia del territorio con i suoi tre gruppi linguistici; nello spirito primario di consolidare la pacifica convivenza tra i gruppi linguistici in Alto Adige e di incentivare una proficua collaborazione tra Stato e Provincia.
 Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430 con cui è stata data esecuzione all’Accordo del 5 settembre 1946, riportato come allegato IV del trattato di pace fra l’Italia e le Potenze alleate ed associate firmato a Parigi il 10 febbraio del 1947, che riconosce l’utilizzo paritario della lingua italiana e della lingua tedesca in Provincia di Bolzano;
 gli articoli 8, primo comma n. 2, 99 e 101 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica il 31 agosto del 1972, nº670; la legge provinciale 7 giugno 1982, n. 22; l’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, che contempla la possibilità per le pubbliche amministrazioni di concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.
 Considerato - che l’Alpenverein Südtirol Avs, nell’implementazione del progetto finalizzato alla digitalizzazione della rete dei sentieri montani e alpini siti sul territorio provinciale e all’operatività di forme di orientamento supportate con tecnologie Gps ha programmato l’apposizione di circa 73.000 segnavia cartelli lungo i sentieri di montagna della Provincia di Bolzano;
 che quasi la metà di tali cartelli è stata già apposta per un numero pari a circa 36.000, mentre la parte restante deve ancora essere apposta per un numero pari a circa 37.000; che l’iniziativa dell’Avs è stata seguita dal confronto tra le Parti sul tema particolarmente sentito dalle comunità locali; che l’Autorità di Polizia Giudiziaria ha individuato circa 1.500 cartelli segnaletici contenenti indicazioni esclusivamente monolingui; che la questione interessa la tutela e salvaguardia delle caratteristiche etniche e culturali dei gruppi linguistici presenti sul territorio della Provincia Autonoma; che l’intesa lascia impregiudicata la competenza legislativa della Provincia di Bolzano in materia della toponomastica che non è oggetto dell’intesa; che la situazione venutasi a creare evidenzia difficoltà oggettive, connesse all’attuazione del principio del bi- e, dove previsto, del tri-linguismo; che le Parti concordano sulla necessità di individuare una soluzione condivisa del problema affinché, in tempi ristretti ma oggettivamente ragionevoli, venga disciplinata l’apposizione dei cartelli sui sentieri di montagna con l’individuazione di criteri oggettivi e chiari, nel rispetto dell’autonomia provinciale in materia di toponomastica.
 Tutto ciò premesso e considerato si conviene quanto segue: articolo 1 (Finalità e obiettivi)
 1. Il presente Protocollo intende favorire, nel rispetto dei valori costituzionalmente e statutariamente tutelati, l’attuazione del principio del bilinguismo e del trilinguismo, ove previsto, in materia di cartellonistica sui sentieri di montagna, apposta con contributo pubblico.
 Articolo 2 (Attuazione)
 1. Le parti si avvalgono delle proprie strutture organizzative per l’attuazione del presente Protocollo e per l’attività di verifica periodica dell’andamento dell’intesa. Il Consiglio dei ministri si avvale, in particolare, del Commissario del governo per la Provincia di Bolzano.
 2. Le parti o per esse i propri delegati entro quindici giorni nomineranno una commissione di esperti, composta da quattro membri, pariteticamente costituita.
 3. La commissione dovrà verificare, concordare e proporre alle parti le indicazioni segnaletiche da redigere in forma bilingue ovvero trilingue nell’ambito dei ca. 1.500 casi individuati dall’autorità di polizia giudiziaria quali contenenti indicazioni monolingui.
 4. Le determinazioni della commissione, anche per le parti non condivise, saranno rimesse alla valutazione congiunta delle parti, alle quali spetterà ogni determinazione in merito nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 5, entro termini oggettivamente ragionevoli e comunque in tempo utile da consentire la sostituzione della cartellonistica esistente entro la stagione alpinistica 2013.
 Articolo 3 (Cartellonistica esistente).
 1. La Provincia Autonoma di Bolzano si adopererà per far adeguare i cartelli, di cui all’art. 2, comma 3, già apposti ed attualmente esistenti lungo i sentieri di montagna del territorio provinciale, come ai sensi e nei termini di quanto stabilito dall’art. 2, comma 4.
 Articolo 4 (Nuova cartellonistica).
 1. La Provincia Autonoma di Bolzano si adopererà per far installare i restanti cartelli, rientranti nel progetto dell’Avs di cui in premessa, nel rispetto dei principi e criteri enunciati con il presente protocollo d’intesa.
 Articolo 5 (Indicazioni bi- trilingui da riportare sui cartelli).
 1. I cartelli da apporre secondo le modalità descritte agli articoli 2, 3 e 4 devono riportare la forma bilingue (o trilingue laddove prevista) nel rispetto dei seguenti criteri:
 a) indicazione delle denominazioni diffusamente utilizzate per i comuni e per le località nelle rispettive lingue e delle informazioni generali
.
 b) mantenimento, invece, nella loro dizione originaria, in lingua tedesca e/o ladina, dei nomi storici ferma restando in ogni caso la traduzione dei termini aggiuntivi come ad esempio “malga”, “lago”, “montagna”, “fiume”.
 Articolo 6 (Collaborazione e vigilanza).
 1. Le Parti, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, si impegnano a collaborare per il raggiungimento degli obiettivi del presente Protocollo e per l’attuazione delle attività da esso previste.
Bolzano, 22 settembre 2010.
Il Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano - Luis Durnwalder
Il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale - Raffaele Fitto

Il Cai accusa: «Ci aspettavamo di più Sui nomi storici si rischia il caos»

BOLZANO. Altro che «né vincitori né vinti». Il mondo del Cai è in subbuglio per il protocollo d’intesa Durnwalder-Fitto sulla segnaletica di montagna.
 «Il quel testo vediamo troppi margini di ambiguità. Ci aspettavamo di più», fa sapere il presidente Giuseppe Broggi.
 Una presa di posizione ufficiale arriverà dopo la riunione del consiglio direttivo. A Broggi intanto sono bastate, fa sapere, «le telefonate ricevute a partire da questa mattina (ieri, ndr) da soci arrabbiati».
 Il Cai ha affrontato in prima linea la battaglia per il ripristino del bilinguismo. L’accordo non li mette a riposo. «Non ci fermiamo qui».
 Nei mesi scorsi il Cai ha effettuato un lungo lavoro di cernita delle denominazioni legate alla segnaletica di montagna. La lista consegnata al prefetto Fulvio Testi all’inizio di settembre contiene 2775 denominazioni bilingui. «Tutti nomi utilizzati dalla comunità italiana», ricorda Broggi, «nomi ricavati dalle cartine Tabacco o andando direttamente sul luogo».
 Così Broggi dopo avere letto il testo.
 Lei conosceva il protocollo in anticipo?
 
«No. L’ultima fase è stata gestita con assoluta riservatezza. Nessuno ci ha contattato alla vigilia dell’incontro per chiedere un nostro parere. Ho ricevuto il testo a cose fatte».
 E come l’è sembrato?
 
«Ci aspettavamo di più. E’ un testo ambiguo, che rischia di non garantire quello che tanti hanno chiesto: il ripristino del bilinguismo violato dai cartelli monolingui. Ma prima devo dire che non ci torna neppure quella cifra che è stata inserita nel testo: 1500 indicazioni esclusivamente monolingui individuate dall’autorità di polizia giudiziaria e moltiplicate in migliaia di cartelli».
 Perché contestate questo numero?
 
«Perché siamo certi che le denominazioni monolingui siano molto più numerose. Abbiamo le foto, pronti a mostrarle».
 Passando al contenuto dell’accordo, quali sono i punti che vi preoccupano?
 
«La storicità delle denominazioni viene riconosciuta solo in tedesco e in ladino. Così viene cancellato il patrimonio linguistico del gruppo italiano. Così impostato il testo, è chiaro il rischio che corriamo».
 Quale?
 
«Che si perda per sempre il bilinguismo. Intanto in montagna, poi si vedrà. Quello che fa rabbia è che per noi italiani ormai non è più argomento di discussione il rispetto dei nomi di famiglia. Sulle denominazioni dei masi, che devono rispettare il nome tedesco, nessuno spenderebbe una parola. Perché allora voler annullare il patrimonio culturale degli italiani?».
 Come pensate di muovervi?
 
«Chiederò al direttivo di non stare fermi. Non escluderei neppure iniziative forti».
 Altri punti di perplessità?
 
«Nel testo non si dice nulla a proposito della distinzione tra suolo pubblico e privato. E’ un tema su cui il presidente Durnwalder ha insistito nelle scorse settimane. Non vorrei che il testo lasciasse spazi per forzature anche in questo senso».
 Firmato l’accordo, la discussione si trasferirà alla commissione paritetica che verrà costituita tra Provincia e ministero. Che cosa chiederete?
 
«Che venga sciolta l’ambiguità del riconoscimento dei nomi storici solo in tedesco e ladino».
 E’ stato precisato che Cai e Avs hanno discusso fino agli ultimi giorni della lista dei famosi 1500 nomi.
 
«Sì, ma quando ci siamo accorti che mancavano troppe denominazioni ci siamo fermati». (fr.g.)
Alto Adige 24-9-10
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venerdì, 24 settembre 2010



Nomi sui cartelli di montagna: scontro sul testo dell’accordo

FRANCESCA GONZATO
BOLZANO. Cartelli di montagna. Il giorno dopo la firma, piovono dubbi sull’accordo Durnwalder-Fitto. Spiazza tutti Durnwalder stesso, dando per scontato che cadranno denominazioni come «Vetta d’Italia» e «lago Rodella». Il testo garantisce i «nomi storici» in tedesco e ladino. Cosa significa?
 Provincia e governo martedì, giorno in cui scadeva l’ultimatum posto dal ministro per i rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, hanno raggiunto a Roma il compromesso sui cartelli di montagna. Mercoledì pomeriggio in commissariato del governo la firma del testo. Ieri il documento è arrivato nelle mani degli esponenti politici. E si è aperta la diga delle interpretazioni sulle ambiguità da sciogliere e sulle novità positive, come la commissione paritetica Stato-Provincia con 4 «esperti» delegata a risolvere i casi dubbi. Ma chi entrerà in quella commissione? Quanti italiani e quanti tedeschi? Anche su questo sono già iniziate le prime fibrillazioni. Al ministero fanno sapere: «La presiederà il commissario del governo».
 Ha aperto le danze Luis Durnwalder. Secondo il presidente provinciale non ci sono dubbi: il testo permetterà di cancellare «nomi inventati da Tolomei come Vetta d’Italia o lago Rodella».
 Vediamo perché. Alla base c’è l’interpretazione del passaggio-chiave del protocollo d’intesa che garantisce il mantenimento delle denominazioni «storiche» in tedesco e ladino e sancisce il bilinguismo soltanto nelle denominazioni di Comuni e «località». Ma se «località» in italiano ha una valenza estesa e può comprendere tanto una frazione quanto un lago, il testo tedesco dell’accordo parla di «Ortschaften», che indica le località abitate.
 Nasce anche da qui dunque la presa di posizione di Durnwalder. Come reazione, precisazioni e richieste di chiarimento a Roma arrivate da centrosinistra e centrodestra. Anche il presidente del Cai Giuseppe Broggi parla di «un testo da chiarire».
 Allarmato il finiano Alessandro Urzì: «Perché Durnwalder è così sicuro? Ci facciano capire qual è l’interpretazione autentica, perché un nome simbolico come Vetta d’Italia non può essere cancellato».
 Si dichiara tranquillo il vicepresidente della giunta provinciale Christian Tommasini (Pd), che precisa: «Farà fede il testo italiano dell’intesa».
 Il testo segnala che tra i 36 mila cartelli installati dall’Avs sui sentieri, l’autorità giudiziaria ha riscontrato 1500 denominazioni monolingui (ciascuna delle quali ripetuta in più cartelli). Provincia e governo hanno firmato un testo che punta, si legge, a risolvere una situazione che «evidenzia difficoltà oggettive, connesse all’attuazione del bi e, dove previsto, trilinguismo».
 Questo dunque l’obiettivo dell’accordo, «favorire, nel rispetto dei valori costituzionalmente e statutariamente tutelati, l’attuazione del principio del bilinguismo». La novità consiste nell’individuare insieme, Roma e Bolzano, i principi che dovranno essere seguiti nella stesura dei nuovi cartelli e nella sostituzione di quelli contestati.
 Durnwalder ha aperto il caso lanciando la propria interpretazione dell’articolo 5 del testo che regola le «indicazioni bi-trilingui da riportare sui cartelli». L’accordo prevede che vengano rispettati due ordini di criteri. Primo: «Indicazione delle denominazioni diffusamente utilizzate per i Comuni e per le località nelle rispettive lingue e delle informazioni generali».
 Secondo, mantenimento, invece, «nella loro dizione originaria, in lingua tedesca e/o ladina, dei nomi storici ferma restando in ogni caso la traduzione di termini aggiuntivi come ad esempio “malga”, “lago”, montagna”, “fiume”».
 Durnwalder ieri ha festeggiato con lo staff e in famiglia il suo sessantanovesimo compleanno. Di ottimo umore, rivendica la sua interpretazione, basata sul termine tedesco utilizzato nel testo per «località»: «L’accordo prevede il bilinguismo solo in Comuni e Ortschaften, le piccole comunità abitate. Per il resto ci saranno i nomi tradizionali in tedesco. Si potrà discutere di alcuni nomi entrati nel patrimonio italiano, ma l’indicazione per lago Rodella dovrà diventare “lago Radlsee”». Durnwalder nega di essere il vincitore della partita, come qualcuno insinua: «Secondo Eva Klotz quel testo è un fallimento perché le località avranno anche il nome italiano».
 Ma Urzì accusa: se viene chiamata in causa la Vetta d’Italia, «figuriamoci cosa succederà all’interno della commissione per decine di località meno simboliche».
 Tommasini ribadisce: «Negli stessi ambienti del commissariato del governo confermano che farà fede il testo italiano. Ed è chiaro che in italiano il termine “località” comprende non solo le frazioni, ma anche luoghi geografici come i laghi o, appunto, la cima delle montagne. Monticolo, Vetta d’Italia e altri nomi non corrono pericoli. Confermo il mio giudizio: è un buon accordo perché contempera il principio dell’uso e della storicità».
 Così anche il deputato Gianclaudio Bressa (Pd): «Durnwalder non ha appigli per annunciare la scomparsa della dicitura “Vetta d’Italia”. Il protocollo d’intesa potrà forse essere stato scritto frettolosamente, ma ogni margine di ambiguità verrà comunque sciolto alla luce delle norme. Lo statuto garantisce il bilinguismo dei toponimi. Montagne e fiumi sono località geografiche di interesse generale, e quindi sono toponimi. Difficile immaginare che all’interno della commissione potrà passare una interpretazione discordante». Guido Margheri (Sel) annuncia: «Siamo pronti a presentare nuovi esposti, se ci saranno furbizie».

LE OMBRE DELL’ACCORDO

MAURO FATTOR
Il crinale che separa il bilinguismo flessibile da un bilinguismo zoppo e di facciata è un crinale sottile e l’accordo siglato ieri dal ministro Fitto e dal presidente della giunta provinciale Durnwalder non aiuta in questo a fare chiarezza. Anzi. Solo le premesse sono cristalline: «le parti - così è scritto - intendono favorire, nel rispetto dei valori costituzionalmente e statutariamente tutelati, il principio del bilinguismo e del trilinguismo». Quello che segue contiene, al contrario, elementi di ambiguità che rischiano di rovesciarsi sulle premesse svuotandole di ogni significato. E così, ciò che a caldo poteva sembrare un buon compromesso e un utile punto di partenza in vista dell’arrivo in consiglio provinciale della legge sulla toponomastica, rischia di trasformarsi in un punto di non ritorno, una pietra tombale sulle ambizioni di quanti lavorano ad una soluzione equilibrata del problema. A dare una spallata all’ottimismo della volontà e alle intepretetazioni benevoli della prima ora, ci ha pensato Durnwalder. L’approdo prospettato dal presidente in un’intervista al Dolomiten, è infatti un sostanziale monolinguismo con l’eccezione dei nomi delle località abitate.

Alto Adige 24-9-10
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venerdì, 24 settembre 2010



Cartelli: nasce il bilinguismo flessibile

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. «Un compromesso, senza vinti né vincitori». Lo sottolineano più volte sia il ministro Raffaele Fitto che il presidente Durnwalder, dopo la firma del protocollo d’intesa sulla segnaletica di montagna tra Provincia e Governo. Viene riaffermato il principio del bilinguismo per i toponimi, anche se si tratta di una sua forma «flessibile». Non più quello totalizzante per ogni nome sul modello-Tolomei, quanto una versione legata ai criteri dell’uso da parte di un gruppo linguistico e della storicità del singolo toponimo in lingua tedesca e ladina. Fermo restando la traduzione dei termini aggiuntivi come «malga», o «lago».
 Una commissione paritetica cercherà una soluzione per i 1500 toponimi che i carabinieri hanno riscontrato essere monolingui nei cartelli posti dall’Avs, in modo tale che entro l’estate 2013 i segnali possano essere sostituiti con le dizioni bi- o trilingui, secondo i criteri stabiliti nell’intesa. Un ruolo di primo piano nelle trattative è stato giocato dal Commissario del governo, Fulvio Testi. «Lasciamo stare il Prontuario Tolomei, vale il criterio dell’uso odierno», evidenzia il prefetto, ricordando il lavoro svolto da Cai e Alpenverein per cercare un accordo sui 1500 toponimi monolingui trovati sui cartelli già installati dall’Avs. «Per la metà circa di questi nomi è già stata trovata un’intesa tra le due associazioni, il cui lavoro è stato utile e potrà essere d’aiuto anche ai lavori della commissione paritetica», ancora Testi. Non è stato ancora deciso chi farà parte della commissione, anche se potrebbero parteciparvi proprio il prefetto ed un esponente del Club alpino italiano e dall’altra parte un membro della Provincia ed uno dell’Alpenverein. L’accordo è frutto anche di una comunanza di interessi tra Roma e Bolzano. Nessuno voleva finire in un vicolo cieco. Il Governo ha voluto riaffermare di non tollerare uno smaccato allontanamento dalla toponomastica bilingue, sancito dallo Statuto. La Provincia porta a casa l’addio a Tolomei e una flessibilità del bilinguismo nella toponomastica. L’attualità politica - con il distacco dei finiani e la ricerca di Palazzo Chigi di una sponda parlamentare nella Stella alpina - ha fatto il resto. Anche se sia Fitto, che Durnwalder smentiscono questa ricostruzione. «L’accordo l’avremmo trovato comunque», così il ministro. Quest’ultimo si dice pronto - nel caso - ad ascoltare la Provincia anche in materia di monumenti d’epoca fascista: «Non è detto che non se ne possa discutere, anche se nessuno finora mi ha posto questo problema».
 Puntuale, ieri pomeriggio alle 17.30 la firma dell’intesa in prefettura, poi la conferenza stampa a Palazzo Widmann col ministro per i Rapporti con le regioni, il presidente della Provincia e il Commissario del governo. «Con questo accordo andiamo nella direzione della pacifica convivenza», dice il Landeshauptmann. «Abbiamo trovato una soluzione pragmatica che regola però solo la segnaletica di montagna, non la toponomastica che sarà oggetto di una legge in consiglio provinciale», ancora Durnwalder.
 «Ritengo positiva la convergenza su questo testo nell’ottica di sviluppare il rapporto di collaborazione, affermando il principio del bilinguismo», spiega Raffaele Fitto, citando anche il lavoro svolto da Cai e Avs. «Il tempo indicato per sostituire i cartelli, laddove siano da sostituire, è sufficiente per affrontare questo percorso», sottolinea il ministro, che domani porterà il protocollo d’intesa in consiglio dei ministri per la presa d’atto.

Da definire l’accordo per 1500 nomi quelli storici saranno solo in tedesco

BOLZANO. Cinque articoli per suggellare un accordo che soltanto due mesi fa sembrava irraggiungibile. Non esiste più la distinzione tra pubblico e privato, ma vale per i segnali realizzati solo con contributo pubblico. Nel protocollo d’intesa firmato ieri da Raffaele Fitto e Luis Durnwalder c’è tutta la storia della vicenda riguardante i cartelli installati dall’Alpenverein negli ultimi anni e le premesse legislative in materia che partono però in linea temporale solo dal 1947 in avanti, ovvero dall’Accordo di Parigi. Infatti non sono citate i decreti regi sulla toponomastica in Alto Adige, comprensivi delle denominazioni frutto dell’opera di Ettore Tolomei. Si fa riferimento, invece, allo Statuto d’autonomia. Nel protocollo troviamo anche le cifre sul lavoro dell’Avs. «Quest’ultimo, nell’implementazione del progetto finalizzato alla digitalizzazione della rete di sentieri montani e alpini in Alto Adige e all’operatività di forme di orientamento supportate con tecnologie Gps, ha programmato l’apposizione di circa 73 mila segnavia; quasi la metà dei cartelli è stata già apposta per un numero pari a circa 36 mila, mentre la parte restante deve essere ancora apposta per un numero pari a circa 37 mila; la polizia giudiziaria ha individuato circa 1500 toponimi monolingui», si legge nell’intesa. Ciò significa che i carabinieri hanno «scovato» 1500 nomi nella sola lingua tedesca da moltiplicare per migliaia di cartelli dove lo stesso toponimo si ripete anche 4 o 5 volte, tanto che i segnali «sotto accusa» sono molti di più.
 Con il protocollo Governo-Provincia si «intende favorire l’attuazione del principio del bilinguismo e del trilinguismo, ove previsto, in materia di cartellonistica sui sentieri di montagna, apposta con contributo pubblico». Ed ancora, per quanto riguarda l’attuazione «le parti nomineranno entro quindici giorni una commissione d’esperti paritetica, composta da 4 membri». La commissione «dovrà verificare, concordare e proporre alle parti le indicazioni segnaletiche da redigere in forma bilingue ovvero trlingue per i 1500 casi di toponimi monolingui individuati dalla polizia giudiziaria». Le determinazioni della commissione, «anche per le parti non condivise, saranno rimesse alla valutazione congiunta di Governo e Provincia entro termini ragionevoli e comunque in tempo utile da consentire la sostituzione della cartellonistica esistente entro la stagione estiva 2013». La Provincia di Bolzano si adopererà per fare adeguare i cartelli già installati alle norme sul bilinguismo previste nell’intesa e per fare installare i restanti cartelli del progetto Avs nel rispetto dei principi e criteri enunciati nell’intesa. I cartelli devono riportare la forma bilingue o trilingue nel rispetto dei seguenti criteri: a) indicazione delle denominazioni diffusamente utilizzate per i comuni e per le località nelle rispettive lingue e delle informazioni generali; b) mantenimento, invece, nella loro denominazione originaria, in lingua tedesca e/o ladina, dei nomi storici, fermo restando in ongi caso la traduzione dei termini aggiuntivi, come ad esempio malga, lago, montagna, fiume. Cosa significa in soldoni? Che su nomi come Vetta d’Italia o Lago Rodella ci si dovrà rimettere alla commissione, ma per altri centinaia di toponimi del prontuario Tolomei - non più utilizzati - l’accordo prevede la soppressione.

Alto Adige 23-9-10
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mercoledì, 22 settembre 2010



C’è l’accordo sui cartelli Oggi Fitto a Bolzano «Tornerà il bilinguismo»

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. Arriva all’ultimo giorno utile il compromesso sui cartelli di montagna. Ieri Durnwalder a Roma ha trovato l’accordo col ministro Fitto, che oggi sarà a Bolzano per siglare l’intesa sulla toponomastica. Il caposaldo dell’accordo è il rispetto del bilinguismo.
 Per Durnwalder «è solo un caso». Sarà, ma proprio il giorno in cui scadeva l’ultimatum imposto dal governo per risolvere la questione dei cartelli di montagna monolingui, il presidente della Provincia è volato a Roma di prima mattina per incontrare il ministro per i rapporti con le regioni Raffaele Fitto. L’annuncio ufficiale dell’intesa raggiunta arriva proprio dal ministro poco dopo mezzogiorno: «L’incontro al quale hanno partecipato anche il commissario del governo Fulvio Testi e i tecnici del ministero ha consentito di chiarire gli aspetti controversi della vicenda e di raggiungere l’accordo che disciplinerà l’apposizione dei cartelli sui sentieri di montagna in Alto Adige».
 I contenuti resteranno top-secret fino a questo pomeriggio. Alle 17.30 Fitto e Durnwalder si troveranno a Bolzano, presso il commissariato del governo, per firmare l’intesa. Subito dopo si trasferiranno in Provincia per presentare l’accordo in una conferenza stampa congiunta. L’organizzazione della giornata di oggi (prima la firma a Palazzo Ducale, poi la conferenza stampa a Palazzo Widmann) dimostra che l’accordo è tutto incentrato al compromesso. «Non ci sono né vincitori né vinti», sintetizza Durnwalder, che non vuole dire di più se non che «sono soddisfatto, perché altrimenti non avrei firmato».
 Nel corso della giornata però qualche dettaglio trapela. Il caposaldo dell’intesa è lo statuto di autonomia e quindi il rispetto del bilinguismo. Questo significa che i cartelli dovranno riportare la dizione sia italiana sia tedesca per tutte le indicazioni di luoghi (malga, rifugio, lago, sentiero eccetera) e per tutti i toponimi già fissati da specifiche leggi, a partire dai comuni, ma anche da quelli oggettivamente già entrati in uso. L’intervento sui cartelli dovrà iniziare subito: le segnalazioni monolingui dovranno essere sostituite oppure completate con l’aggiunta della dizione italiana.
 L’altro elemento importante dell’accordo è la costituzione di una commissione paritetica tra Stato e Provincia che dovrà decidere su tutti i punti controversi, ad esempio su particolari toponimi oppure sulla distinzione tra terreno pubblico e terreno privato. E le liste dei toponimi preparate da Cai e Alpenverein? C’è chi dice che quella del Cai (2.775 località con la doppia versione) è il punto di partenza per ripristinare le dizioni italiane lì dove mancano, ma Durnwalder taglia corto: «L’accordo non menziona né la lista del Cai né quella dell’Avs».
 Altro il presidente non aggiunge: «Abbiamo trovato un compromesso tra la proposta avanzata dal ministro e il documento approvato dalla giunta provinciale». C’è però chi polemizza per un accordo siglato «in segreto» da Durnwalder, senza il coinvolgimento di tutte le parti politiche: voci critiche si levano sia dal centrodestra italiano che dalle opposizioni di lingua tedesca.

PAOLO CAMPOSTRINI
Se l’Alto Adige sta ancora insieme è perchè abbiamo capito da sessant’anni che è inevitabile metterci d’accordo. Anzi: che un compromesso è qualche volta meglio di una soluzione. La storia ha insegnato che qui le soluzioni rischiano di essere sempre finali. Dalle guerre alle opzioni, dalla petizioni dei sindaci all’autodeterminazione, il pericolo si è spesso nascosto dentro la ricerca di un orizzonte ultimo e definitivo, un tratto di penna sulla carta geografica. Anche sui nomi l’Svp si è a lungo cullata nell’illusione di poter ricostruire un territorio con una identità netta, senza se e senza ma: mista nei centri urbani ma univoca (e dunque tedesca) nel territorio. Come la provincia divisa di Acquaviva, di qui gli italiani, di là i tedeschi.
 Invece l’intesa raggiunta ci riconsegna un’Alto Adige naturalmente indefinito nei suoi contorni linguistici, un poco meticcio, ancora in grado di spostare i confini della sua Mischkultur a macchia di leopardo, senza steccati artificiali, guidato solo dalla mobilità intrinseca alle lingue, che sanno cambiare nell’uso che la gente fa di luoghi e nomi. L’uso è mobile, fluido e soprattutto non strettamente identitario.

Alto Adige 22-9-10
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martedì, 21 settembre 2010



Segnaletica, oggi scade la diffida di Fitto Durnwalder: avviato dialogo tra Cai e Avs

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Scade oggi l’ultimatum del governo alla Provincia in merito alla segnaletica di montagna monolingue. Il presidente Durnwalder sottolinea di non aver mai ricevuto risposta alla lettera inviata al ministro Fitto con la quale si ribadiva la volontà di Palazzo Widmann di trovare un accordo, «mettendo intorno ad un tavolo il Cai e l’Alpenverein alla ricerca di una soluzione condivisa». Intanto il presidente del Cai Alto Adige sottolinea di «essere sempre pronto al dialogo con l’Avs». «Con Georg Simeoni (presidente Avs, ndr) ci siamo visti di recente e l’obiettivo è quello di giungere ad una soluzione che vada bene a tutti», così Giuseppe Broggi. Dal ministero per i Rapporti con le regioni fanno sapere che in questi due mesi la situazione è stata sempre monitorata e che il ministro avrà modo di spiegare i suoi nuovi intendimenti non appena sarà scaduto il termine dei 60 giorni posto dal Consiglio dei ministri. Intanto il senatore Sergio Divina (Lega Nord) rilancia l’idea dei pittogrammi accanto ai nomi di luogo, dopo un incontro con lo stesso Simeoni.
 Era il 22 luglio scorso quando Palazzo Chigi aveva diffidato la Provincia a sostituire i 36 mila cartelli esistenti nella versione monolingue tedesca. Un termine perentorio di 60 giorni, altrimenti sarebbe stato attivato il potere sostitutivo previsto dell’art. 120 della Costituzione: in pratica il governo si sarebbe sostituito alla Provincia nel ripristinare segnali bilingui. La decisione del Consiglio dei ministri era arrivata dopo alcuni mesi di confronto tra Roma e Bolzano sui segnali monolingui installati in gran parte dall’Alpenverein. «L’intenso lavoro finalizzato alla stipula di un’intesa tra governo e Provincia non ha sortito gli effetti sperati, affinché fosse ripristinata una corretta applicazione del principio del bilinguismo», così, allora, il ministro Raffaele Fitto. Nel frattempo la giunta provinciale ha emenato le linee guida per la segnaletica di montagna, inviate a Cai, Avs, Comuni e associazioni turistiche. Le medesime linee guida dovrebbero servire - chiarisce Luis Durnwalder - per la soluzione del problema della segnaletica esistente su cui Fitto attende una risposta. Il presidente della Provincia ha invitato le due associazioni «a sedersi a un tavolo e trovare dei criteri comuni per la segnaletica di montagna». Secondo Palazzo Widmann si dovrebbe fare una distinzione tra terreni pubblici e privati. Nel primo caso varrebbe il criterio dell’obbligo del bilinguismo nell’indicazione dei comuni, dei comuni catastali e delle indicazioni come sentiero, malga, rifugio o fiume. Per il nome del toponimo, «in attesa di una legge provinciale che possa fare definitivamente chiarezza, ci si potrà affidare alle denominazioni storiche e a quelle di uso comune tra la popolazione», ancora Durnwalder. La giunta ha confermato poi l’appoggio all’utilizzo di pittogrammi al posto delle diciture generiche. Sui cartelli contestati, questa l’indicazione uscita da Palazzo Widmann: «La segnaletica che non rispetta i parametri fissati dall’esecutivo dovrà essere sostituita rispettando una tempistica dettata dalle possibilità e dal buon senso».
 Nelle settimane scorse il Cai ha consegnato al Commissariato del governo un elenco di 2775 nomi bilingui ritenuti indispensabili per la segnaletica di montagna. A questo punto la palla passa a Palazzo Chigi. Il ministro Fitto dovrà chiarire se è soddisfatto o meno della risposta avuta dalla Provincia. «In queste ultime settimane il dialogo in merito alla toponomastica mi sembra più sereno», sottolinea anche l’assessore provinciale Christian Tommasini.
Alto Adige 21-9-10

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martedì, 07 settembre 2010



Durnwalder: «Ecco le regole sui cartelli Alpenverein e Cai si mettano d’accordo»

BOLZANO. E’ arrivata ieri la presa di posizione della giunta provinciale sui cartelli di montagna dopo la diffida firmata a luglio dal ministro Raffaele Fitto. Si muove dunque qualcosa sui 36 mila cartelli in tedesco installati da Avs e associazioni turistiche. Palazzo Widmann ha deliberato le proprie linee guida, che invierà a Cai, Avs, Comuni e associazioni turistiche.
 Le medesime linee guida dovrebbero servire, ha chiarito ieri il presidente provinciale Luis Durnwalder, per la soluzione del problema della segnaletica esistente su cui Fitto attende una risposta.
 Cai e Avs tornano in primo piano. Durnwalder ha invitato le due associazioni «a sedersi a un tavolo e trovare dei criteri comuni per la segnaletica di montagna». Un appuntamento dovrebbe essere fissato nei prossimi giorni.
 Il 21 settembre scadrà il termine indicato dal ministero, che si riserva di applicare poteri sostitutivi sulla Provincia.
 Queste le linee anticipate da Durnwalder, sulla cui interpretazione intervengono però gli assessori Bizzo e Tommasini.
 Premesso che «la giunta provinciale non è responsabile per la segnaletica installata da associazioni private», Durnwalder ha annunciato che ci sarà una distinzione da terreno privato e pubblico: «Per quanto riguarda i cartelli situati su terreni privati non abbiamo alcuna possibilità di intervento».
 Per quanto riguarda i cartelli situati su terreni pubblici, prosegue Durnwalder, «dovranno rispettare l’obbligo del bilinguismo nell’indicazione dei comuni, dei comuni catastali e delle indicazioni come sentiero, malga, rifugio o fiume». Per il nome del toponimo, precisa, «in attesa di una legge provinciale che possa fare definitivamente chiarezza, ci si potrà affidare alle denominazioni storiche e a quelle di uso comune tra la popolazione». La giunta ha confermato poi l’appoggio all’utilizzo di pittogrammi al posto delle diciture generiche. Quanto all’«uso comune», Durnwalder ha prima escluso «le invenzioni di Tolomei», per poi fare riferimento ai «nomi in uso, nati nella storia», come pure «ai nomi italiani usati abitualmente in loco».
 Sui cartelli contestati, questa l’indicazione uscita ieri da Palazzo Widmann: «La segnaletica che non rispetta i parametri fissati dall’esecutivo dovrà essere sostituita rispettando una tempistica dettata dalle possibilità e dal buon senso».
 Due i punti su cui Roberto Bizzo precisa la propria lettura. Prima di tutto sul concetto chiave ma sfuggente di «denominazioni in uso». Così Bizzo: «Le denominazioni in uso dal mio punto di vista sono quelle che si trovano, tra l’altro, sulle carte di montagna. Il lavoro del Cai è un’ottima base di discussione. Non è blindata, ma la ritengo sensata». Secondo Bizzo, «si riparte insomma dalla lista del Cai e da quella preparata dall’assessore Berger e dall’Avs». Nei giorni scorsi il Cai ha consegnato al Commissariato del governo un elenco di 2775 nomi bilingui ritenuti indispensabili per la segnaletica di montagna. Anche sulla distinzione pubblico-privato Bizzo e Tommasini precisano: «E’ scontato che il nome delle proprietà private non è in discussione, ma se un sentiero passa su una proprietà privata, allora ci deve essere la possibilità di installare anche lì cartelli bilingui che riguardano il percorso degli escursionisti». Secondo Tommasini la seduta di ieri «contribuirà a sciogliere alcuni nodi. L’Avs chiedeva alla giunta indicazioni precise, ora ci sono. Bene anche impostare il ragionamento sull’uso: questo ci consente di spostare la discussione da un livello ideologico a uno concreto». (fr.g.)

Monumento e cartelli: la reciproca accettazione

Proprio per questo se ora la politica provinciale farà un passo indietro pronunciandosi a favore dei cartelli bilingui, si tratterà in realtà di un bel passo in avanti nella direzione della convivenza pacifica e un segnale che dal Sudtirolo si propagherà ad altre regioni dove gruppi ed etnie stentano a trovare un terreno d’intesa.
 Ma proprio perché sul tema della toponomastica s’invoca il superamento di un vecchio atteggiamento di nazionalismo pratico e ideologico, non è affatto fuori luogo porre anche la questione del nome di piazza della Vittoria. Premesso che il monumento (come ogni monumento) deve restare al suo posto, semmai deve essere spiegato, reso accessibile, dotato di nuovi significati, non si può però in buona fede negare una rinnovata e decisiva riflessione sul nome della piazza. Non si può tacere il fatto che “vittoria” sia un concetto oggi inadeguato alla convivenza. Richiama un evento che ha contrapposto popolo a popolo, nazionalità a nazionalità. Ha avuto senso, forse, a suo tempo, oggi non più. Avviare una riflessione su questo tema sarebbe un atto di buona volontà da parte del gruppo italiano che darebbe piena credibilità alla buona fede di quest’ultimo nel rivendicare la bilinguità dei toponimi.

***
 Non si tratta ora di dire: toponimi bilingui in cambio di un nuovo nome per piazza Vittoria. No, la cosa non è così banale. E il diritto al bilinguismo non è negoziabile. Tuttavia le due cose, come si diceva, non sono così avulse l’una dall’altra. E come tutta la popolazione avrà da guadagnarci con i cartelli bilingui, così tutti potrebbero andar fieri di aver voltato pagina anche di fronte al concetto, ormai superato, di “vittoria”.
 E’ vero, c’è stato un referendum, la cittadinanza di Bolzano si è già espressa. Ma quanto ha pesato proprio la questione della toponomastica? Non si è trattato allora di una sorta di avvertimento lanciato dai bolzanini a chi avrebbe voluto introdurre i nomi monolingui? Ecco, se ora questo pericolo verrà a cadere, gli abitanti di Bolzano saranno certamente i primi a voler davvero voltare pagina, intitolando la loro piazza alla pace o alla convivenza. E sarebbe per tutti una splendida “vittoria”.
PAOLO VALENTE
Alto Adige 7-9-10
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venerdì, 03 settembre 2010



IL DIRITTO ALLA VITA

PAOLO CAMPOSTRINI
Parlare di nomi è una cosa, scriverli nero su bianco è un’altra. Il dossier del Cai, finalmente completo sul tavolo del prefetto, chiude una fase: quella degli equivoci. Adesso tutti, anche l’Svp, anche l’Alpenverein, possono smettere di dare i numeri. Adesso ci sono i nomi. Quelli che è giusto che ci siano, quelli che usiamo e dunque non tutti. Perchè non tutti i nomi che disegnano l’Alto Adige così com’è hanno una traduzione italiana.
Anzi, quelli che se la ritrovano sono una minoranza. Ma ci sono e ora sono documentati. Chi vorrà d’ora in avanti discutere della questione dovrà dire soprattutto se desidera costruire un Alto Adige-Südtirol in cui tutte le sue culture conviventi siano rappresentate oppure se vuole assumersi la responsabilità culturale, prima ancora che politica, di decidere se e quanto cancellare, e perchè. Togliendo ai diretti interessati (siano essi italiani o tedeschi rispettivamente) la libertà di continuare ad usare i propri nomi. Il dossier del Cai documenta un uso più che un diritto inalienabile e dunque è un contributo costruttivo, non una imposizione ideologica. E si contrappone, anche se non frontalmente, all’elenco dell’assessore Berger. Perchè stabilisce una prassi più che un confine glottologico. Ad esempio: laddove Berger traduce il tedesco Göller-see nell’italiano lago Göller, il Cai contrappone «lago del Colle». Perchè gli alpinisti italiani così lo chiamano. C’è una traduzione legittima e questa traduzione è stata registrata. Così come, all’inverso, la tedesca Kofleralm nel dossier Cai viene mantenuta come «malga Kofler». Nessuna pulizia etnica. Non si calpestano i patronimici ma non si accettano semplificazioni forzate. Ora, sui cartelli di montagna, esistono strumenti completi di conoscenza; ora, si dovrebbe togliere da sotto ai piedi del dibattito ogni frattaglia ideologica. Il prefetto, il ministro Fitto ma sopratutto noi, qui, che ci strappiamo le vesti su un problema di «sovrastrutture» hanno la strada aperta verso l’attuazione di una possibile intesa, fuori dalle brume rivendicative. Il bilinguismo in Alto Adige è un fatto: questo ci dice il dossier del Cai. La sua legittimità è forte dell’uso di almeno tre generazioni di altoatesini, non si poggia più sull’irredentismo nazionalista dei geografi novecenteschi. Questo «diritto alla vita» dei nomi italiani è stato messo in discussione dal fatto compiuto posto in essere dall’Alpenverein con i suoi cartelli monolingui e nella sostanza ribadito dall’acquiescenza Svp. Ora il Cai ristabilisce il bilinguismo violato. Forse non tutti i nomi che compaiono nel dossier saranno confermati ma, semmai spariranno, sarà per un accordo tra le parti su basi di reciproca accettazione non attraverso una prova di forza, farisaicamente giustificata dall’assenza di una letteratura in materia. Il 21 settembre scade il termine stabilito dal ministro perchè «le parti» trovino un accordo. Ora possono trovarlo.
Alto Adige 3-9-10
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venerdì, 03 settembre 2010



Cartelli, ecco la lista Cai «Così si ristabilisce il bilinguismo violato»

FRANCESCA GONZATO
BOLZANO. La proposta Cai sui cartelli di montagna, consegnata al Commissariato del governo, è sul tavolo. «A disposizione del prefetto e del ministro Fitto. La consideriamo una buona soluzione per tornare al bilinguismo» spiega il presidente Broggi. 2775 nomi.
 La lista del Cai equivale come numeri a quella proposta dall’assessore provinciale Hans Berger. Più o meno 3 mila toponimi nell’una e nell’altra. «Ma nella sostanza le differenze sono profonde», spiega Broggi, «per questo avevamo ritenuto non accettabile l’elenco dell’assessore. Mancano denominazioni in italiano di cime di montagne e sono lasciati nella versione solo tedesca luoghi che invece una denominazione italiana ce l’hanno eccome».
 Su tutta la vicenda pende l’ultimatum del ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto.
 Scadrà il 21 settembre il termine che Fitto ha posto al presidente provinciale Luis Durnwalder per sostituire i 36 mila cartelli in tedesco. Una volta scaduto il termine, ha fatto sapere Fitto, verranno attivati i poteri sostitutivi.
 «Spero che il ministero terrà in considerazione il nostro lavoro», esordisce Giuseppe Broggi, presidente provinciale del Cai. Risponde così al gelo di Berger che nei giorni scorsi aveva dichiarato «la lista del Cai così vicina alla mia arriva troppo tardi». In realtà le differenze sono sostanziali, secondo Broggi, sfogliando le tabelle preparate dai volontari del Cai partendo da una base di circa 7 mila toponimi: «Abbiamo lavorato Comune per Comune, cartina per cartina, tenendo come base di riferimento le carte Tabacco, con la supervisione del cartografo Johann Kammerer».
 La lista di Berger a sua volta rappresenta un tentativo di correggere le forzature più vistose dei cartelli installati da Avs e associazioni turistiche. Broggi: «Nella lista di Berger lo sforzo c’è stato e lo riconosciamo. Diciamo che a nostra volta abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, perché anche l’elenco di Berger non rappresenta secondo noi il necessario rispetto del bilinguismo nella segnaletica di montagna».
 Così la lista di Berger ristabilisce almeno le diciture bilingui di tutti i Comuni, mentre ci sono fior di esempi di cartelli installati con solo la dicitura «Bozen», «Girlan» e avanti elencando.
 Ancora, come ribadito più volte, nella lista di Berger viene garantita la presenza in italiano di diciture come «sentiero», «lago», «forcella», «malga» quando il toponimo resta invece tedesco. Avs e associazioni turistiche invece non avevano garantito neppure queste indicazioni minime. Ma la lista del Cai si inserisce spesso lì, dove la lista Berger termina. Così Broggi: «I nostri 2775 toponimi sono tutti bilingui, a differenza dei 3000 di Berger, dove molti toponimi restano in tedesco».
 Broggi ricorda il criterio adottato nella stesura della lista: abbiamo lasciato in tedesco i nomi di famiglia. Per fare il solito esempio, «Kofleralm» potrà essere solo «malga Kofler». Ma Flatschspitz (Comune di Brennero) nella lista di Berger è presente solo così, mentre il Cai propone Cima Vallaccia, «perché il gruppo italiano la conosce così».
Alto Adige 3-9-10

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domenica, 29 agosto 2010



Noi turisti diciamo: l’Alto Adige sta regredendo

 Siamo una famiglia di fedeli frequentatori del Sudtirolo da 25 anni. La nostra base è la Valle Aurina, ma ci piace frequentare anche altre Valli, cercando di leggere e comprendere la storia, la cultura e le tradizioni di questo paese a cui vogliamo bene. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva modificazione dell’ambiente sia nelle valli che in montagna, basti contare il numero delle gru utilizzate per nuove costruzioni magari con torri di vedetta, e quello delle automobili che raggiungono le malghe o i rifugi. Anche l’approccio ai turisti è cambiato; per esempio nei rifugi e nelle malghe l’uso dell’acqua dell’acqua di fonte è scomparso, sostituito da ottima acqua minerale che ha certamente un gusto e soprattutto un costo superiore. Per questo ci sentiamo vicini alle proteste per la realizzazione di nuove strade in Val Badia e sui monti di Fundres. Siamo sicuri che il mantenimento delle malghe, il lavoro in montagna e l’allevamento degli animali le renda così necessarie? Forse una maggiore attenzione all’ambiente e alla cultura potrebbe valorizzare anche l’economia e creare un turismo più rispettoso.
Alessandro e Carla Nanni BOLOGNA
Alto Adige 22-8-10
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domenica, 29 agosto 2010



Solo in tedesco il Sentiero europeo

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. Anche a San Genesio sempre più cartelli monolingui sui sentieri. Il colmo è stato raggiunto ora: cofinanziato dall’Ue, si è risistemato un tratto del celebre sentiero europeo E5. Peccato che i cartelli portino scritto solo “Europäischer Fernwanderweg”.
 San Genesio, una manciata di chilometri da Bolzano, si sta preparando alla stagione del Törggelen, quando i bolzanini, a frotte, assieme ad altrettanti turisti, si accalcheranno nei masi per assaggiare castagne e vino nuovo. Come in altri paesi, anche sull’altopiano del Salto tengono molto a che tutto sia perfetto, in ordine. Allo scopo, quest’anno la ripartizione Foreste della Provincia ha risistemato un tratto di sentiero proprio poco sopra il paese, dove si sale verso il noto albergo Edelweiss, da cui parte l’amatissima passeggiata per Lavenna. Almeno una volta nella vita, i bolzanini ci sono stati tutti. Insomma, un posto assai frequentato. Il sentiero è stato ampliato, sfrondato, livellato, recintato, cosparso di ghiaia finissima. Una sciccheria che solo in Alto Adige. Il tutto, come si legge in un cartellone apposto a inizio sentiero, cofinanziato dall’Unione europea. Non si tratta di un itinerario qualsiasi, bensì di un tratto del Sentiero europeo n. 5: lungo 1.600 chilometri, è il più noto dei sentieri europei. Ideato da Hans Schmidt, attualmente prende il via dal lago di Costanza e raggiunge Verona. Oggi attraversa Svizzera, Germania, Austria e Italia. Il tratto Brest-Costanza è allo studio. In tal modo, si unirebbe anche la Francia. Assieme al sentiero E1 fu inaugurato il 2 luglio 1972; per molti anni rimasero i soli sentieri europei percorribili. La sua bellezza è forse dovuta, oltre alla suggestione dei luoghi attraversati, anche alla relativa brevità di percorrenza: 30 giorni da Costanza a Verona, 15 giorni da Bolzano a Verona. È uno dei tre sentieri europei che transitano per la nostra nazione, di certo il più frequentato.
 Detto altrimenti, uno di quei sentieri dove ti aspetti di leggere i cartelli indicatori almeno in quattro lingue. E invece, l’associazione turistica di San Genesio ha pensato bene di non tradurre. Si va verso Langfenn o verso Salten, il tutto seguendo l’Europäischer Fernwanderweg. Ma qualche escursionista se l’è presa, e a penna ha aggiunto sul legno: Sentiero europeo, Lavenna, Salto.
 È la più significativa, ma non l’unica indelicatezza compiuta dal Turismusverein, e dunque indirettamente dal Comune, a San Genesio come ad Avigna.
 Si sono tradotti solo i nomi dei comuni principali, niente frazioni o altro. E non stiamo parlando di toponimi, ma anche di indicazioni geografiche tipo ponte, cima, passo, croce, sentiero circolare.
 Lo stesso anche sul cartellone geografico nuovo di zecca a inizio sentieri. Per chi non dovesse crederci, ecco qualche esempio: Rundweg, Rundwanderweg, Putzer Kreuz, Jochwald, Vorderafing, Stoanerne Mandln, Garberbrücke. Mai tradotti i laghetti: Kreuzer Weiher, Noaner Weiher, Fahrer Weiher, Pircher Weiher. I nomi italiani dei castelli? Nemmeno l’ombra: Ruine Greifenstein, Gscheibter Turm. Sulla cartina si mostra un paio di siti particolari. Chissà quanti turisti italiani andrebbero a vederli, se sapessero cosa sono. Il primo è il Knottenkino. Un cinema all’aperto: poltroncine di legno per ammirare dall’alto la val d’Adige. Il secondo è Flak. Ci fosse scritto qualcosa tipo postazione antiaerea della Wehrmacht, ci andrebbero a frotte. Così, non ci va nessuno.
Alto Adige 22-8-10
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domenica, 29 agosto 2010


Turisti delusi: mai più in Alto Adige

BOLZANO. «Ci dispiace, ma non verremo più in vacanza in Alto Adige». Cartelli monolingui sui sentieri, guide ai masi con indicazioni geografiche solo in tedesco, il diario scolastico di Eva Klotz scovato dal tabaccaio, il menù in tedesco nei rifugi, qualche scortesia di troppo. E così 10 famiglie di Como, Roma e Milano - tutti amici fra loro - hanno deciso: «La prossima estate i 45 mila euro spesi quest’anno in Alto Adige, nel 2011 li spenderemo altrove: in Trentino o val d’Aosta». A raccontarlo è il portavoce del gruppo, Giovanni Besana, di Mariano Comense. «Ci spiace, ma negli ultimi anni il clima da voi è peggiorato».
 «La prima volta - racconta il turista lombardo - venni in Alto Adige nel 1979, per la naja negli Alpini, a Brunico. Il posto mi piacque tantissimo, e da allora, con moglie e figli e altre quattro famiglie di ex commilitoni, abbiamo trascorso spesso le ferie estive in provincia di Bolzano. Risparmiamo tutto l’anno, e qualche volta preferiamo il mare, ma per noi montagna voleva dire solo Alto Adige. Quest’anno abbiamo scelto Campo Tures e con noi abbiamo portato altre famiglie di amici, di Milano, Roma eccetera. In tutto, abbiamo fatto due conti, con dieci gruppi familiari abbiamo speso fra i 40 e i 50mila euro. In albergo ci hanno trattato benissimo, nulla da dire; ma fuori, fuori il clima è peggiorato molto. Noi un po’ sappiamo com’è, perché conosciamo la vostra terra, ma il peggioramento lo abbiamo notato. E chi è venuto per la prima volta ha giurato: se è così, se ci pare di essere indesiderati, mai più. E i 45mila euro, l’anno prossimo li spenderemo altrove».
 Il comasco prosegue: «Negli anni Ottanta il clima era per certi versi più pesante, ma negli ultimi due o tre anni a nostro avviso le cose si sono guastate. È iniziato tutto con quei cartelli sui sentieri, ma anche nelle strade dei paesini. Noi un po’ di tedesco, il minimo indispensabile, lo conosciamo; insomma, in giro non ci si perde. Ma quest’estate abbiamo avuto difficoltà: più d’una volta non ci siamo ritrovati con i nostri amici, neofiti dell’Alto Adige. Cartina in italiano e cartelli in tedesco, si sono persi e non sono riusciti a arrivare al posto concordato». Il gruppo di turisti non è stato solo in valle Aurina e dintorni. «Siamo andati un po’ dappertutto, in due settimane: Dobbiaco, San Candido, lago di Carezza, Merano, Pietralba; un sacco di gite ai rifugi, un sacco di ristoranti: tutte le sere a mangiar fuori». E anche qui, qualche problema: «Un giorno, a Pietralba abbiamo ordinato tre volte con garbo e gentilezza, ma ci hanno ignorati, continuando a parlare fra loro in tedesco. Alla quarta ci hanno servito, ma solo perché abbiamo detto che altrimenti avremmo chiamato i carabinieri». In un maso, poi, «ci hanno dato una bella brochure: tutte le indicazioni geografiche in tedesco, i nomi dei piatti quasi solo in tedesco». Gli episodi narrati sono innumerevoli, dal menu solo in tedesco alla scoperta, al tabacchino, del diario della Klotz: «Pensavamo fosse una cosa storica e lo abbiamo comprato per ricordo. Poi la sera un amico che sa il tedesco ce lo ha tradotto e siamo rimasti esterrefatti: paragonare i terroristi sudtirolesi a Martin Luther King, bisogna essere folli!».
 Insomma, è chiaro: «Ci dispiace, ma il clima non è dei migliori, quindi non torneremo. E i soldi andranno a finire altrove, dove ci vogliono».
 Stupito si dice il presidente degli albergatori altoatesini (Hgv), Walter Meister. «Non abbiamo mai ricevuto lamentele di questo genere e, sinceramente, non credo che negli ultimi due o tre anni sia cambiato qualcosa. Denunce di questo genere mi sembrano fatte un po’ per apparire sui giornali, un po’ per buttarla in politica». Comunque sia, conclude Meister, «un fatto è certo: la questione dei cartelli va risolta e basta. Tutti si mettano una mano sulla coscienza e agiscano di conseguenza. Perché se il cartello è in tedesco e la cartina in italiano, non funziona. Via la politica, ma risolviamo la questione».
Alto Adige 21-8-10
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mercoledì, 18 agosto 2010



Toponomastica: ci sono già le leggi

Riflettendo sulla questione della micro e macrotoponomastica il GEIS (Gruppo ecclesiale di impegno socio-politico) intende condividere le seguenti considerazioni e proposte: 1. La problematica va inquadrata senza dubbio in riferimento al passato ma anche al presente ed ai possibili scenari futuri. 2. Molti toponimi italiani sono frutto dell’arbitrio fascista, altri erano precedenti o sono nati successivamente. 3. In ogni caso un torto non si sana con un altro torto e la legalità deve essere sempre rispettata. Nel nostro caso la cornice di riferimento è segnata dalla Costituzione italiana e dallo Statuto di autonomia. 4. Mentre la macrotoponomastica vede termini per città, paesi, monti e fiumi condivisi da tutti, il problema più acuto è rappresentato dalla microtoponomastica. 5. A questo livello si dovrebbe far valere il criterio dell’utilizzo corrente e dell’uso comune dei vari termini da parte dei rispettivi gruppi linguistici. 6. Una simile verifica andrebbe attuata ad opera di esperti (storici, sociologi, linguisti), che dovrebbero tuttavia coinvolgere nel dibattito le comunità territoriali interessate. Ciò favorirebbe una sana dinamica di partecipazione democratica. 7. Impostante è che vengano tradotte in ogni caso le informazioni di fondamentale utilità quali malga, funivia, rifugio, ferrata, lago, sorgente, ecc. 8. Tale sforzo deve essere vissuto in spirito di dialogo, con correttezza metodologica, perseguendo l’intenzioen di costruire un futuro di convivenza reale e non di conflittualità, sfuggendo alle tentazioni della demagogia e del facile populismo. 9. Proprio in tal senso si auspica che vengano proseguiti gli incontri che la Svp ha organizzato lo scorso anno a Bolzano sotto il motto “Parliamoci”.
Alto Adige 18-8-10
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domenica, 15 agosto 2010



QUELL’EREDITÀ DIFFICILE

MAURO FATTOR
Brugger, Dorfmann, Theiner, forse Bergmeister. Todos caballeros ma nessun predestinato. L’addio di Durnwalder da ieri è diventato quasi ufficiale ma la corsa alla sua successione è destinata ancora a restare sottotraccia. Un po’ per scelta e un po’ per necessità. Per scelta perchè la Volkspartei non può e non vuole infilarsi in un dibattito che rischia di dilaniare un partito già sfilacciato; e per necessità perchè all’ombra di Durnwalder, in questi due decenni al timone della giunta, non sono emerse personalità tali da imporsi sulla scena come candidature naturali. Un cambio ai vertici della giunta provinciale rappresenta in Alto Adige - assai più che altrove - un momento politicamente delicato. Stabilità del quadro di riferimento e continuità nell’azione politica come esigenze primarie, hanno fatto storicamente del presidente della giunta un punto di equilibrio e di mediazione. Dentro la Svp, in primo luogo, dove la natura stessa di partito di raccolta costringe ad un incessante lavoro di tessitura tra le diverse anime del partito; e poi - fuori dal partito - nel rapporto tra i gruppi linguistici, come garante dell’intero sistema autonomistico.
Conciliare queste due esigenze non è facile al punto che dal 1972 ad oggi, cioè da quando è entrato in vigore il nuovo Statuto di autonomia, solo due uomini hanno occupato lo scranno più alto della giunta provinciale: Silvius Magnago e Luis Durnwalder. Il passaggio dal primo al secondo fu all’epoca politicamente indolore, un passaggio di testimone pianificato senza scossoni. Questa volta invece non sarà così. Tra i caballeros non c’è un vero delfino. Certo, crescere politicamente all’ombra di una personalità come quella di Durnwalder, non è facile, ma il problema di fondo non è questo. Era difficile anche crescere e affermarsi all’ombra di un padre della patria come Magnago, eppure Durnwalder ne è stato capace. Posto che l’onere della scelta anche questa volta sarà della Volkspartei, l’incertezza che ancora domina è segno di una difficoltà politica del partito. Avere degli obiettivi chiari, avere un progetto sul futuro dell’autonomia sono le condizioni necessarie per orientare le scelte sugli uomini. Se so dove voglio andare riesco in fondo anche ad individuare più facilmente chi è in grado di condurre la nave. Se invece si naviga a vista è tutta un’altra storia. E l’impressione è che si navighi a vista da un bel pezzo, dunque la scelta questa volta non sarà facile e forse non sarà neppure indolore. Da ciò la prudenza della Volkspartei e la disponibilità di Durnwalder, se proprio il partito non ne venisse a capo, a rimettersi in gioco ancora una volta. Se dovesse succedere sarebbe però una sconfitta, un segnale di debolezza estremo del disegno autonomista nel suo complesso, oltre che del suo partito. Le difficoltà nell’indivuare un successore di Durnwalder riflettono dunque una più generale difficoltà di sistema. Se è vero poi che stabilità e continuità nell’azione politica sono state le esigenze primarie della politica della Volkspartei, è altrettanto vero che esiste comunque una linea di discontinuità nella percezione e nella proposizione dell’autonomia da parte di Durnwalder rispetto agli anni duri Magnago, a dimostrazione che non esistono uomini buoni per tutte le stagioni e che c’è una cifra caratteriale ed anagrafica che si traduce naturalmente in azione politica. Così sarà verosimilmente anche stavolta. Chiunque verrà dopo Durnwalder, a maggior ragione in un quadro di più generale incertezza, avrà la possibiltà di fare la stessa cosa. Se ne avrà la capacità e la voglia, e se non cederà alla tentazione di amministrare evitando di confrontarsi con i nodi politici che la gestione Durnwalder lascia irrisolti.
Alto Adige 13-8-10
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mercoledì, 11 agosto 2010



La toponomastica e l’importanza del buon senso

PAOLO VALENTE
Aproposito di nomi e toponimi si moltiplicano gli appelli all’uso del buon senso. Un segnale positivo. Vuol dire che l’interesse primario è legato ad una soluzione il più possibile condivisa e non all’utilizzo della materia come strumento di offesa politica, di autoaffermazione e di guerra. Però bisogna capire bene cosa si intenda per “buon senso”. Semplicemente la disponibilità al compromesso? A rinunciare ognuno a qualcosa “pro bono pacis”? A non insistere su certe posizioni che non si riesce a far passare, a lasciar perdere, ad occuparsi d’altro? Non sarebbe in tal caso un atteggiamento responsabile. Il “buon senso” non richiede studi complessi, grandi conoscenze, abilità particolari. Esso è patrimonio anche della cosiddetta “gente semplice” che riesce a cogliere al volo il senso di determinate situazioni. “Buon senso” significa essenzialmente saper valutare le conseguenze di una determinata azione.
 Facciamo un esempio: lanciare sassi da un cavalcavia. Tutti capiscono che può andare a finire male. Non occorrono studi particolari per stabilirlo, né commissioni o sondaggi.
E anche se un voto stabilisse che lanciare pietre sulla strada è una cosa che si può fare, le persone di buon senso continuerebbero a scuotere la testa. Altro esempio: è sensato andare a svegliare il can che dorme? La saggezza popolare suggerisce di no. Perché è facile comprendere cosa può succedere. Su quel cane si possono costruire teorie, si può indagare sul suo passato, si possono abbozzare analisi e aprire dibattiti, tuttavia prima di mettergli la mano sul muso chi è dotato di buon senso ci pensa due volte. Perché sa cosa rischia.
 Ora, se la questione toponomastica viene valutata alla luce delle conseguenze che possono provocare le soluzioni proposte, stiamo usando il buon senso. Altrimenti no.
 Viene da dire, tanto per cominciare, che chi vent’anni fa cominciò a tirare fuori il problema nei termini della cancellazione dei nomi italiani, non era dotato di buon senso. Le conseguenze oggi sono: l’aumento della diffidenza e dei pregiudizi tra i gruppi, un maggiore tasso di disagio nel gruppo italiano, un uso distorto della storia, l’indebolimento della componente italiana più disposta al dialogo, il rafforzamento della destra tedesca e delle sue argomentazioni. Ne valeva davvero la pena?
 Le conseguenze di un provvedimento che accetti il principio che una denominazione ufficiale bilingue possa diventare monolingue (come nella maggior parte delle proposte formulate in questi anni), quali sarebbero? Il venir meno del principio statutario del bilinguismo inteso come pari dignità tra le lingue. Una ferita difficilmente sanabile con effetti a breve e lungo termine nefasti per chiunque, non solo per il gruppo linguistico italiano.
 Le conseguenze di sondaggi e di decisioni distinte per ogni singolo nome? L’aprirsi di una serie infinita di contenziosi. Per ogni singolo toponimo potrebbe scoppiare una guerra, potrebbero essere inoltrati ricorsi e la storia andrebbe avanti in eterno. E’ questo che si vuole?
 Le conseguenze dell’equazione “nomi italiani” uguale “nomi fascisti” (o “di Tolomei”), quindi da sopprimere? La delegittimazione storica e morale non solo dei nomi ma dell’esistenza stessa della comunità italiana. Seguendo la medesima logica (ciò che è stato introdotto durante il Ventennio va cancellato) bisognerebbe radere al suolo la zona industriale, far saltare qualche centrale elettrica, piantare a patate l’ippodromo di Merano, insabbiare il lido, bombardare buona parte del capoluogo ed infine espellere dall’Alto Adige (nome, questo, da mettere all’indice) decine di migliaia di persone.
 Come si vede gli appelli al buon senso sono quanto mai urgenti. Una soluzione di buon senso non è così difficile da trovare. Si tratta, per cominciare, di rispettare il principio del bilinguismo (o trilinguismo). Mantenere i nomi nelle due o tre lingue laddove essi ci sono (indipendentemente da chi li ha creati ed introdotti) senza l’obbligo di tradurre i toponimi là dove essi non ci sono; applicare il plurilinguismo nelle nuove denominazioni, vegliare che l’uso del bi-trilinguismo sia rispettato. Punto. Le conseguenze? Ognuno si sentirebbe a casa. Ognuno sarebbe costretto a riconoscere ed accettare che viviamo in un condominio dove nessuno è più padrone di casa dell’altro, anche se riveste il ruolo di amministratore.
Alto Adige 11-8-10
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lunedì, 09 agosto 2010



SUI TOPONIMI PIU’ BUON SENSO

ANDREA DI MICHELE
Su una cosa, almeno, sembra che tutti siano d’accordo sulla querelle toponomastica, e cioè sulla rilevanza del valore simbolico e identitario dei nomi di luogo. Che il significato dei toponimi vada ben al di là dell’essere semplici indicatori di luogo da riprodurre sui cartelli stradali è ammesso da tutti.
Nessuno crede più di tanto a chi sostiene che i nomi italiani servano a non far perdere i turisti nei boschi. In verità, da parte di ognuno c’è la consapevolezza che chi “possiede” i nomi di un luogo, in qualche misura possiede il luogo stesso; chi può chiamare un dato territorio con i propri nomi, in quel territorio può sentirsi a casa.
 Del valore simbolico dei nomi era ben consapevole Ettore Tolomei, l’ossessivo italianizzatore dei toponimi e dei cognomi sudtirolesi. A chiarircelo al meglio vi è un episodio che lo vide protagonista pochi giorni dopo la fine della guerra. Sui nomi Tolomei ebbe un duro scontro con il governatore militare del Trentino Alto Adige, il generale Guglielmo Pecori Giraldi, chiamato ad amministrare provvisoriamente la regione a guerra appena conclusa e ad annessione non ancora formalizzata. Già nel novembre 1918 Tolomei pretendeva che tutte le denominazioni di luogo ma anche le insegne private, dai negozi agli alberghi, apparissero esclusivamente in lingua italiana, quale “sigillo perenne del nazionale dominio”. Questo avrebbe dovuto stabilire e comunicare alla popolazione il primo proclama scritto dal governatore militare, da esporsi in tutto l’Alto Adige. Ma Pecori Giraldi si rifiutò e fece apporre un bando bilingue in cui, tra le altre cose, affermava che l’Italia si presentava “aliena da ogni spirito di sopraffazione verso cittadini di altra razza o lingua, coi quali, invece, intende stabilire rapporti di fratellanza”. Nessun accenno alla questione toponomastica in un proclama scritto anche in tedesco. Ciò naturalmente irritò alquanto Tolomei, che di una cosa però poté rallegrarsi: pur in assenza di disposizioni sull’italianizzazione dei nomi, il bando, sia nella versione italiana che in quella tedesca, riportava alcuni nomi di luogo esclusivamente nella loro forma italiana. Era un primo passo significativo, un intervento piccolo ma dall’importante valore simbolico: sullo sfondo di un messaggio di rispetto e tolleranza per la popolazione di altra lingua si intravedeva la volontà chiara di marcare il territorio, di farlo proprio in prospettiva della vicina annessione al Regno d’Italia. Tolomei, dunque, pur non gradendo la sostanza del messaggio di Pecori Giraldi, in fondo se ne rallegrò per la forma.
 Anche oggi in qualche misura il problema sembra ruotare attorno a forma e sostanza. Sulla sostanza, fino a poche settimane fa sembrava che il problema fosse facilmente risolvibile e che discutendo attorno a poche decine di nomi contesi, la bomba dei cartelli dell’Alpenverein potesse essere disinnescata. Ma poi tra le parti in causa ha preso il sopravvento l’ossessione della forma: quale accordo avrebbe consentito alla propria parte di salvare la faccia? La conseguenza è stato il reciproco irrigidimento, la messa in un angolo del problema concreto (i cartelli di montagna) e l’esasperazione del significato simbolico della disfida. Oggi si tratta di ricominciare a ragionare partendo da alcune domande semplici e concrete. Per la rappresentanza politica italiana è possibile deflettere dalla linea del “bilinguismo perfetto”, dal principio secondo cui tutto andrebbe tradotto, anche se sappiamo benissimo che i toponimi tedeschi sono alcune centinaia di migliaia, che lo stesso Tolomei si è fermato a 16.000 denominazioni italiane e che non sarebbe il caso di proseguire il suo lavoro? E da parte tedesca è possibile superare il principio, scientificamente piuttosto fragile, dell’accettazione dei soli nomi italiani “storicamente fondati”, abbandonando al contempo la visione secondo cui ogni altoatesino che nel 2010 usi toponimi italiani altro non sarebbe che un epigono di Tolomei? Se si muove da queste domande, se si è disposti ad ascoltare le ragioni dell’altro, avendo quale obiettivo “soltanto” il superamento di un problema concreto, la soluzione può essere a un passo; se su questo tema si vuole invece giocare una partita più grande allo scopo di stravincere e umiliare la controparte, allora il rischio è di avvitarsi in un escalation di minacce e reazioni dall’esito imprevedibile ma sicuramente preoccupante.
Alto Adige 8-8-10
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lunedì, 09 agosto 2010



Broggi all’Avs: gestire insieme i rifugi

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Giudica positivamente il clima con cui la Svp ha avviato le trattative del disegno di legge provinciale sulla toponomastica. Apprezza il contributo dato dal governo alla sua associazione - «ma non l’abbiamo richiesto» - e lancia la proposta di una gestione in comune tra Club alpino italiano e Alpenverein dei rifugi alpini che a fine anno vedranno la scadenza della concessione. «Mi sembra che anche sulla questione dei cartelli monolingui si stia muovendo qualcosa», sottolinea Giuseppe Broggi, presidente del Cai Alto Adige.
 Se l’aspettava il regalo di Palazzo Chigi, con i 40 mila euro che arriveranno al Cai grazie alla cosìddetta legge mancia?
 
«Non li abbiamo cercati, ma ci fanno piacere. Forse a Roma hanno visto il lavoro che abbiamo fatto in questi due anni per il rilevamento dei toponimi riferiti alla segnaletica di montagna e che abbiamo consegnato al Commissario del governo per la provincia di Bolzano».
 Come userete questo denaro?
 
«I soldi li utilizzeremo per l’attività associativa».
 Quanti soci avete e quali contributi prendete dalla Provincia ogni anno come Cai Alto Adige?
 
«Abbiamo circa 6 mila iscritti. Dalla Provincia arrivano 10 mila euro all’anno per la sentieristica: a nostra cura ci sono soprattutto sentieri in val Badia, Meranese e Bassa Atesina. Altri 20 mila dalla Cultura italiana e Servizio giovani, sempre della Provincia. Poi ci sono gli aiuti per la manutenzione dei rifugi, denaro che viene subito utilizzato per mantenerli in condizioni di agibilità di anno in anno».
 Come giudica la proposta di legge provinciale sulla toponomastica targata Svp?
 
«Mi sembra che un po’ alla volta si stia capendo l’importanza del dialogo, senza imposizioni da una parte e dall’altra. Mi auguro, per la parte riguardante la segnaletica di montagna che ciò porti a cartelli bilingui e trilingui guardando alle sensibilità di ognuno. Spetta ai politici trovare le soluzioni nel rispetto delle diversità. I primi passi mi sembrano positivi».
 Che fine ha fatto il vostro studio sui toponimi di montagna?
 
«È completato e contiene circa 7 mila toponimi in totale, ma sono la metà quelli che riguardano specificatamente la segnaletica in montagna. Ad esempio sui cartelli non finiscono quasi mai i nomi di torrenti e ruscelli di montagna che sono presenti nella nostra lista in senso lato. Men che meno ci sogniamo di tradurre i nomi propri».
 In questi mesi la discussione sulla toponomastica si è fatta a tratti incandescente. Pensa che si arriverà ad una soluzione che accontenti tutti?
 
«Qualcosa si è messo in moto, mettendo insieme il lavoro, le scelte e le prese di posizione di tutti. Ci hanno fatto piacere le indicazioni arrivate da albergatori e industriali. Il problema è che in questi anni nei cartelli monolingui la lingua tedesca è stata portata all’eccesso, se pensiamo che neppure i centri urbani del fondovalle sono stati tradotti in italiano, da Bolzano a Laives».
 Altro tema da risolvere entro la fine dell’anno, la questione dei rifugi dati in concessione dalla Provincia al Cai, con scadenza il 2010. Qual’è la vostra proposta?
 
«Si potrebbe pensare ad una gestione in comune con l’Alpenverein, in uno spirito europeo che dovrebbe accomunare gli amanti della montagna».
Alto Adige 7-8-10
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lunedì, 09 agosto 2010



LA DIGNITA’ E’ UN PRINCIPIO

PAOLO CAMPOSTRINI
L’Svp chiede che della sorte dei nomi in odore di Tolomei decida una commissione composta su base proporzionale così da rispettare i rapporti di forza tra i gruppi. Gli alleati italiani, segnatamente il Pd, le hanno risposto che per avviare un confronto sulla norma, la consulta dovrà essere paritetica. Non è questione da poco: è «la» questione. Che tocca una delle architravi su cui poggia la nostra architettura della convivenza.
Perchè la proporz è un mezzo ma la pariteticità è il fine. Perchè il patto tra genti diverse che prende il nome di Pacchetto (Roma e gli altoatesini da una parte, Vienna e i sudtirolesi dall’altra) altro non è che la magna charta in cui si definiva il disegno etico prima ancora che politico di una società paritaria nella sostanza (pari dignità e dunque, pari opportunità) e in cui la proporzionale avrebbe dovuto essere sfruttata in termini esclusivamente risarcitori. Tanto che i padri fondatori si confrontarono a lungo se darle o meno un termine oltre il quale i suoi effetti avrebbero dovuto a poco a poco diluirsi fino a scomparire. Che ora lo schema proporzionale sia vantaggioso per l’attuale minoranza (gli italiani al posti dei tedeschi degli anni Settanta) nulla toglie alla sua intrinseca fragilità di prospettiva. Una società proporzionale è infatti una società meramente distributiva, che non sa scegliere, che accetta all’infinito la legge del più numeroso e non del più bravo. Che frustra la competitività e congela le opportunità.
 Il fatto che ora, nel pieno del dibattito sulla toponomastica entri la richiesta del Pd è dunque un buon segno. Come lo è la disponibilità dell’Svp di non rigettarla. Perchè una questione deve essere chiara: quando si tratta di principi, la pariteticità è l’unico schema possibile. Perchè sui principi la condivisione deve essere esplicita e assoluta. Non c’è maggioranza che possa porre in discussione la pari dignità tra i gruppi, la piena legittimità della presenza qui di ogni cittadino, indipendentemente dal gruppo etnico, la possibilità senza se e senza ma dell’uso della propria lingua madre nei rapporti pubblici e sociali. La proporzionale potrà essere il mezzo attraverso il quale far ricadere i principi nella vita di tutti i giorni, modulandoli nel tempo e nello spazio ma senza incidere nella sostanza. Il Pd, ponendo la pariteticità dentro il confronto sul disegno di legge Svp, ha definito indirettamente l’uso dei nomi uno dei principi della convivenza. E la possibilità di chiamarli nella propria lingua madre uno snodo che appartiene al terreno della pari dignità e della legittima presenza di ogununo di noi in Alto Adige. Indipendentemente dalla pregiudiziale storica o dal fatto che un toponimo sia in uso tra la gente dal 1600 o dal 1918. Ormai quattro generazioni di altoatesini chiamano in italiano tanti monti e paesi: è giusto che siano chiamati a deciderne la sorte «accanto» ai tedeschi e che nessuna cancellazione possa essere messa in atto senza il loro consenso. La pariteticità lo garantisce, la proporzionale no. L’Svp deve prenderne atto.
Paolo Campostrini p.campostrini@altoadige.it
Alto Adige 7-8-10
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lunedì, 09 agosto 2010



Il Pd e i toponimi: «Chiarire l’uso ma la commissione sia paritetica»

MAURIZIO DALLAGO






BOLZANO. Sì al dialogo, ma anche alcune condizioni alla Svp. In merito alla legge provinciale sulla toponomastica il Pd ha le idee chiare: la Consulta dev’essere formata in modo paritetico tra gruppi linguistici e la norma dovrà contenere la definizione di cosa siano i nomi in uso e chi li decide.
 La Stella alpina - con il suo capogruppo in consiglio provinciale - cerca di impostare il dibattito politico che si aprirà dopo le ferie, dapprima in commissione e poi in aula, sulla ricerca del dialogo. «Il testo non è blindato», dice Elmar Pichler Rolle, riferendosi al disegno di legge sull’istituzione del Repertorio toponomastico provinciale e della Consulta cartografica che deve decidere sui nomi di luogo in Alto Adige. La Svp presenta il ddl, praticamente uguale a quello dell’autunno 2007 e che dà ampi poteri alla Consulta. Quest’ultima è formata da cinque componenti - 4 rappresentanti di altrettante ripartizioni della Provincia ed uno del Consorzio dei comuni - scelti in modo da rispettare la proporzionale etnica: 3 tedeschi, un italiano ed un ladino. «Pronti al dialogo, tanto più che questa volta il partito di raccolta - come ha spiegato Pichler Rolle - non è intenzionato a stare fermo sul testo presentato. Siamo contenti, alla luce, di quanto affermato dal capogruppo Svp, che la Stella alpina non sia più intransigente nel negare che i nomi usciti dal Prontuario Tolomei, una volta entrati nell’uso del gruppo italiano, siano da mantenere», evidenzia il vicepresidente della giunta provinciale, Christian Tommasini. «Ma ci sono da chiarire alcune questioni di non secondaria importanza. Premesso che la posizione del mio partito - il Pd - non prevede di tradurre in italiano i nomi propri dal tedesco, non è possibile che su questo tema così delicato la Consulta cartografica provinciale sia composta secondo la proporzionale», ancora Tommasini. Per quest’ultimo «un gruppo non può decidere sull’altro». E inoltre si potrebbe pensare «alla presenza nella Consulta di tecnici esterni all’amministrazione provinciale».
 Al Partito democratico non piace la genericità - del ddl - sul rilevamento dei toponimi, magari solo con interviste e sondaggi a livello di paese o di vallata. «Occorre definire il significato della frase “raccolti localmente” riferito ai nomi. Bisogna fissare i criteri già nel disegno di legge e certamente non può essere, ad esempio, che sul nome del Catinaccio decidano solo gli abitanti ai piedi di quel gruppo, perché lo chiamerebbero soltanto “Rosengarten”. Quindi «deve essere chiaro già nella legge chi decide rispetto all’uso di un toponimo». «Ci piace l’apertura manifestata da Pichler Rolle e siamo sulla stessa lunghezza d’onda con la Svp per quanto riguarda la necessità di risolvere in loco il problema della toponomastica, né a Roma oppure a Vienna», dice Roberto Bizzo (Pd). «Occorre lavorare sul concetto di uso dei toponimi e sulla composizione della Consulta», spiega l’assessore provinciale al bilancio, che comunque giudica «un passo in avanti le dichiarazioni del capogruppo Svp». Quest’ultimo è il firmatario del disegno di legge, insieme all’assessore ladino Florian Mussner. Christian Tommasini si spinge un passo più in là, ricordando che «se c’è la volontà di trovare un accordo sulla legge provinciale, si potrebbe preventivamente lavorare sulla questione dei segnali monolingui sui sentieri di montagna», perché «servirebbe a tranquillizzare quanti in questi anni hanno visto quasi azzerati i nomi italiani sui cartelli».
Ato Adige 6-8-10

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giovedì, 05 agosto 2010



L’Svp: testo non blindato pronti a dare garanzie al gruppo etnico italiano

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. L’Svp ha depositato il suo disegno di legge in materia di toponomastica. «Non è un testo blindato, siamo pronti a recepire le proposte degli altri partiti», assicura il capogruppo Elmar Pichler Rolle. Qualche apertura ai partiti italiani è già stata fatta.
 Sulla carta il disegno di legge presentato dalla Svp è praticamente identico a quello naufragato in commissione legislativa la scorsa legislatura. Cambia però lo spirito. Se quella proposta era considerata un punto di arrivo, stavolta viene definita come una base per iniziare la discussione con gli altri partiti. «Mi sorprende solo - dice Pichler Rolle nella conferenza stampa indetta per ieri mattina, subito dopo il deposito del ddl in consiglio - che siano arrivate critiche dal Pd visto che nell’accordo di coalizione viene detto espressamente che è dalla proposta Durnwalder che bisogna ripartire».
 La Volkspartei è pronta a discutere. Ad esempio cade il no pregiudiziale ai 12 mila toponimi introdotti da Tolomei. «Valgono i nomi in uso, e se si accerta che è in uso anche la dizione “Lago Rodella” per il “Radlsee”, dobbiamo accettarla. Il gruppo tedesco deve entrare nell’ordine di idee che non si può azzerare tutto il Prontuario, il gruppo italiano deve capire che non si possono accettare nemmeno tutte le invenzioni fatte dal fascismo».
 Pichler Rolle parla spesso di «garanzie». Ad esempio sulla composizione della consulta cartografica, che nel disegno di legge prevede la presenza di tre membri di lingua tedesca e di un italiano soltanto. «Possibile un correttivo, ad esempio portando il numero dei tecnici a sette, in modo da avere almeno due rappresentanti italiani. Ma siamo pronti anche ad altri tipi di riequilibrio, senza contare forme di garanzia già previste, come ad esempio quello del voto separato per gruppo linguistico».
 Altra apertura è quella relativa al sondaggio. «Non si può rinunciare alla rilevazione statistica tra la gente del luogo, ma va chiarito che non è questo l’unico modo per accertare se un toponimo è in uso oppure no. Ci sono anche studi fatti in passato, tra cui quello dell’università di Innsbruck, dell’archivio provinciale o le rilevazioni fatte in occasione dei censimenti. E non è prevista neppure una percentuale minima, ci affidiamo ai criteri indicati dall’Onu».
 Pichler Rolle chiede ai partiti di fare un passo indietro («sono i tecnici che devono dirci quali criteri adottare»), ma soprattutto di non sottrarsi al confronto politico: «Se continuiamo a non fare niente, a far decidere per noi ministri e tribunali, allora non ne usciamo più. Dobbiamo avviare un confronto politico su questa proposta che non prevede di “stabilire” dei nomi, ma solo di “rilevarli”. Dobbiamo metterci d’accordo sul metodo fidandoci di quello che ci consigliano gli esperti in materia».
 Il disegno di legge arriverà in commissione in autunno, ma gli incontri tra l’Svp con le varie forze politiche saranno avviati fin da subito. «Vogliamo iniziare a parlare con tutti prima di arrivare in aula», chiude il capogruppo della Volkspartei che ha già avuto dei colloqui col centrodestra italiano.
Alto Adige 5-8-10
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mercoledì, 04 agosto 2010



La proposta di legge provinciale sulla toponomastica

MAURIZIO DALLAGO
 BOLZANO. La proposta di legge provinciale sulla toponomastica targata Svp verrà presentata questa mattina, ma trova subito l’altolà dei partiti italiani. Non tanto sul metodo di confronto che la Stella alpina vorrebbe instaurare con tutte le forze politiche, quanto sui contenuti. «Se si vuole fare una nuova norma, deve partire semplicemente con questo spirito: non togliere i nomi italiani giù ufficiali, ma aggiungere quelli tedeschi, quanti se ne voglia», dice Maurizio Vezzali del Pdl. «Nessuno vuole fare le barricate a priori, però su un tema così delicato - che riguarda l’identità di un gruppo linguistico - il partito di raccolta deve capire che non si può decidere a maggioranza», sottolinea il capogruppo del Popolo della libertà, Alessandro Urzì. Riferendosi sia alla composizione della Consulta cartografica che dovrebbe decidere sui nomi, sia al metodo di rilevamento che si vorrà scegliere. «Il problema è che sulla bilinguità non devono decidere solo quelli che ci vivono, ma anche quelli che ci vanno in un determinato luogo della nostra provincia», evidenzia l’onorevole Luisa Gnecchi del Pd.
 Il suo partito vorrebbe tenere distinta la questione dei segnali monolingui con l’attuale braccio di ferro tra Palazzo Widmann e Palazzo Chigi e il disegno di legge presentato dalla Svp.
 LA PROPOSTA. Il disegno di legge della Stella alpina ricalca quello presentato in consiglio provinciale nell’autunno 2007. Vengono istituiti il Repertorio toponomastico provinciale e la Consulta cartografica. Quest’ultima - con lo scopo di assicurare un adeguato supporto scientifico all’organizzazione del repertorio dei toponimi - sarà composta da 5 persone, di cui quattro rappresentanti delle Ripartizioni provinciali urbanistica, statistica, archivio provinciale, libro fondiario e catasto e da un membro designato dal Consorzio dei comuni. Verrà rispettata la proporzionale e la presenza del gruppo ladino, con 3 componenti tedeschi, un italiano ed un ladino. Le decisioni verranno prese a maggioranza assoluta dei presenti alle sedute della Consulta. Il ddl prevede anche una norma riguardante l’odonomastica, ovvero i nomi di vie e piazze.
 LA RILEVAZIONE. I nomi verranno rilevati secondo criteri definiti dalla Consulta. Il lavoro che porterebbe al Repertorio toponomastico durerà anni e prevede che la Consulta decida sulle linee guida per la regolarizzazione dei nomi geografici provinciali e quindi sul complesso dei criteri per la rilevazione in loco finalizzati all’acquisizione dei nomi dalla popolazione autoctona delle zone interessate.
 LA STELLA ALPINA. Il partito di raccolta vuole ricondurre il dibattito sulla toponomastica in consiglio provinciale. «È questa la sede istituzionale appropriata, dato che la Provincia ha competenza primaria in materia», sottolinea il capogruppo Elmar Pichler Rolle. «L’argomento è complesso, in passato è mancato il dialogo e credo che anche con questa proposta nessuno sarà completamente soddisfatto, perché in fondo è un compromesso», ancora Pichler Rolle.
 I PARTITI ITALIANI. «Comunque sia il metodo di rilevazione, il concetto che deve passare è quello che non possono decidere sui toponimi gli abitanti di un singolo paese o frazione, ma anche quelli che in quei posti ci vanno, quindi l’accertamento deve essere sui nomi in uso», spiega l’onorevole Luisa Gnecchi, già vicepresidente della Provincia. «Perché la percezione è diversa, magari tra fasce d’età differenti o tra altoatesini che vivono in paese, oppure in città: 20 anni fa nel rione Don Bosco di Bolzano i residenti avrebbero detto di vivere a Shanghai», ricorda la Gnecchi.
 «L’obiettivo di questa legge dev’essere quello di aggiungere dei toponimi all’ufficialità, non di toglierne. Per cui la Svp dovrebbe approvare una normativa molto semplice: ai nomi italiani già ufficiali, aggiungerne quanti ne vuole», così Maurizio Vezzali, consigliere provinciale del Pdl. Per quest’ultimo «la Stella alpina non deve agire come se dovesse fare una rappresaglia ad oltre 60 anni dalla fine del fascismo». «Il tema non può essere deciso su base di numeri etnici, altrimenti la convivenza va a rotoli», chiude il capogruppo Pdl, Urzì.
Alto Adige 4-8-10
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lunedì, 02 agosto 2010




Cartelli bilingui



La perfezione della toponomastica

Non è un montaggio. Se passate per Collalbo si può vedere il cartello
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domenica, 01 agosto 2010



Legge sui nomi: le condizioni del Pd

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Dopodomani la Svp depositerà la sua proposta di legge in materia di toponomastica. Poi in autunno inizierà l’iter nell’apposita commissione del consiglio provinciale. Il Partito democratico pone subito delle condizioni. Lo scetticismo regna sovrano nel partner di giunta. «Nei dettagli vedremo cosa conterrà la proposta della Stella alpina quando verrà presentata, ma non potremo mai accettare una soluzione del problema che non sia in linea con questo sunto: tolti i nomi propri di persona, tutti i toponimi devono essere bilingui secondo l’uso di ognuno», così l’assessore provinciale Roberto Bizzo (Pd). Piuttosto freddo sull’argomento anche il suo collega di partito, nonché vicepresidente della giunta, Christian Tommasini. Per entrambi una legge che non portasse alla bilinguità della gran parte dei toponimi, non avrebbe grandi possibilità di passare indenne al vaglio della Corte costituzionale, una volta che qualcuno facesse ricorso. Non fosse lo stesso governo a farlo. «Quando la Svp presenterà la proposta, la valuteremo, sempre disponibili al dialogo, ma il sondaggio che si vorrebbe fare a livello comunale non ci piace e non possiamo essere d’accordo. Vediamo se ci saranno delle novità rispetto al testo della precedente legislatura», spiega Tommasini. Per quest’ultimo comunque sarebbe meglio tenere distinti i due argomenti: quello del ripristino della cartellonistica bilingue ed il secondo della regolamentazione provinciale dell’intera materia. Un concetto espresso anche dal segretario provinciale Antonio Frena: il problema della segnaletica di montagna e la legge provinciale sulla toponomastica vanno tenuti ben distinti. «Un compromesso sui cartelli si può trovare e le prossime settimane, con la pausa dell’attività politica, potranno servire proprio a ragionare a mente fredda, con il metodo che si era iniziato ad utilizzare nei lavori portati avanti da Cai e Alpeneverein, sicuramente da proseguire», evidenzia Christian Tommasini.
 La Stella alpina vede la legge provinciale in modo diverso. Per il capogruppo Svp in consiglio provinciale «la nostra proposta di legge è importante soprattutto per dare un segnale sul fatto che il tema deve rimanere all’interno delle sedi istituzionali altoatesine». «Per giungere ad una soluzione ci vuole tanta buona volontà e pazienza da tutte le parti, aprendo un dialogo in consiglio che sia costruttivo, perché questo problema non si deve risolvere né a Roma né a Vienna», ancora Elmar Pichler Rolle. Quest’ultima visione è la stessa del Pd. Secondo il capogruppo della Stella alpina «la proposta di legge non conterrà una lista di toponimi, ma indicherà soltanto il meccanismo con cui procedere in futuro» per istituire il Repertorio toponomastico provinciale e la Consulta cartografica provinciale. In pratica la Consulta deciderebbe sui toponimi di tutta la provincia. Nominata da Palazzo Widmann, sarebbe composta da un rappresentante ciascuna delle ripartizioni provinciali urbanistica, statistica, archivio provinciale, catasto e libro fondiario oltre ad un. rappresentante del Consorzio dei comuni. Il tutto conformemente alla proporzionale linguistica.
 Intanto nei prossimi giorni il presidente Luis Durnwalder scriverà una lettera a Raffaele Fitto, come risposta alla missiva del ministro per i Rapporti con le Regioni sul tema dei cartelli monolingui nella segnaletica di montagna. Durnwalder non vuole la traduzione di tutti i toponimi, molti resterebbero soltanto in lingua tedesca. Non solo quelli legati a nomi propri. Come cornice, rimangono sempre i 60 o 90 giorni dati dal governo alla Provincia come ultimatum per iniziare a sostituire i segnali solo in tedesco che si trovano un po’ in tutto l’Alto Adige e posti in essere quasi sempre dall’Alpenverein. Altrimenti Palazzo Chigi agirebbe d’imperio, secondo l’art.120 della Costituzione e toglierebbe la competenza sulla toponomastica a Palazzo Widmann. Con tutto quello che ne conseguirebbe in termini di ricorsi e controricorsi.
Alto Adige 1-8-10
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giovedì, 29 luglio 2010



L’accordo sui nomi non si trova.

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. L’accordo non si trova. Il ministro Fitto ha detto che si aspetta dalla Provincia il via libera all’Intesa proposta dal governo per risolvere la querelle sui cartelli, ma la Volkspartei è compatta nel ribadire il suo no a questa ipotesi: «Non troverete un solo dirigente del partito disposto ad accettare quel testo», sostiene il deputato della Svp Karl Zeller.
 In effetti in questi giorni le prese di posizione sono state univoche. «Non possiamo legalizzare i nomi di Tolomei, firmare l’accordo proposto da Fitto sarebbe un suicidio politico», le parole del presidente Luis Durnwalder. «La soluzione sulla toponomastica va trovata in casa nostra, non accettiamo diktat da Roma», ha ribadito l’Obmann Richard Theiner.
 Eppure nel documento che il ministro Fitto ha voluto rendere pubblico ci sono alcuni passaggi che fanno pensare ad un’apertura. Alla Provincia vengono dati due anni di tempo per sostituire i cartelli monolingue e viene anche specificato che i nomi storici non traducibili in italiano possono restare nella sola lingua tedesca.
 Così Siegfried Brugger: «È inutile fare gli ipocriti. La vera questione è cosa si intende per nomi storici. Io sono favorevole a trovare una soluzione pragmatica e probabilmente non avrei usato i toni di Durnwalder, ma nel merito il presidente della Provincia ha ragione: non si può certo pensare che la Provincia accetti di istituzionalizzare i toponimi di Tolomei così come non si può pensare di intervenire anche sui terreni privati, perché a quel punto potremmo arrivare al paradosso che un albergatore venga costretto a chiamare il suo esercizio in una forma imposta dalla Stato e non scelta da lui stesso».
 Zeller è ancora più secco: «In questi giorni Durnwalder e il partito hanno mandato segnali distensivi. Noi siamo per il bilinguismo per quanto riguarda Comuni, frazioni e per i toponimi più importanti, ma Fitto chiede di accettare tutti i nomi inventati da Tolomei, anche quelli che la popolazione italiana non ha mai usato. È evidente che non possiamo dire sì a un falso storico. Non è certo auspicabile arrivare al muro contro muro, ma se il governo non cede e vuole lo scontro allora anche noi abbiamo qualche asso nella manica. L’80% dei cartelli è su suolo privato: non possiamo obbligare nessun contadino a fissare sul proprio terreno un cartello che lo stesso non vuole. E immagino che i cartelli con le invenzioni di Tolomei non sarebbero ben accetti. Senza contare che si trovano in periferia, in luoghi impossibili da controllare: così come qualcuno ha reagito scrivendo le dizioni italiane accanto ai cartelli solo in tedesco dell’Avs, si può pensare che i cartelli con le invenzioni di tolomei non resterebbero in piedi a lungo...».
 Intanto torna a farsi sentire anche l’associazione degli albergatori: «Il direttivo dell’Hgv - afferma il presidente Walter Meister - chiede di tornare su un terreno più pragmatico perché una discussione portata avanti sul piano delle emozioni non porta da nessuna parte. In una terra bilingue anche i cartelli dovrebbero essere in due lingue. Siamo favorevoli alla proposta portata avanti dall’assessore Berger e dal presidente Durnwalder: i nomi di Comuni e frazioni devono essere tutti bilingui, così come le definizioni informative come “lago” o “malga”. I nomi storici è invece giusto che restino nella lingua tedesca. Le continue discussioni sulla toponomastica non servono a niente se non a creare insicurezza tra gli abitanti di questa terra e i turisti: chiediamo quindi alla politica di trovare al più presto una soluzione per chiudere una volta per tutte la questione».
Alto Adige 29-7-10
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martedì, 27 luglio 2010



VIRGOLO E CARTELLI MANCA LA CULTURA

UMBERTO TECCHIATI
Quali affinità legano tra di loro, più o meno nascostamente, due vicende così diverse come la questione del Virgolo e quella dei cartelli di montagna? Apparentemente nessuna, ma a ben vedere abbiamo a che fare in entrambi i casi con un tentativo, non consentito né avallato dalle leggi e dai regolamenti, di snaturare nell’interesse di pochi il significato e la sostanza fisica di beni culturali, e in quanto tali appartenenti a tutti.
 Nel caso del Virgolo, infatti, un noto imprenditore, sostenuto personalmente dalle massime cariche cittadine e provinciali, ha tentato di farsi autorizzare un progetto edilizio di eccezionale impatto in un contesto ambientale che il documento comunale di Tutela Insiemi definisce come particolarmente delicato e sensibile. Necessario rammentare che questo progetto è conosciuto solo alle grandi linee e non è mai stato seriamente discusso con la città né con le numerose associazioni ambientaliste che rappresentano l’amplissimo fronte del no al medesimo, nonostante le numerose accorate richieste in tal senso. Perché ciò sia successo resta un mistero.
Il Sindaco Spagnolli ha commesso un errore, forse prima umano che politico, a non ricercare il consenso attraverso un leale scambio di opinioni. Se infatti il progetto Thun è così meraviglioso come ce lo racconta, così rispettoso del verde, così risolutivo per la riqualificazione del Virgolo, e così in linea con i dettami del documento di Tutela Insiemi, perché mai le associazioni ambientaliste non avrebbero dovuto conoscerlo, approfondirne i contenuti, e una volta apprezzato sostenerlo?
 La tattica di temporeggiamento attuata dal sindaco ha prodotto intanto che Thun si è ritirato, ma vorrei ricordare a tutti che presto o tardi qualcuno si rifarà vivo con un nuovo progetto, è nella natura delle cose. Italia Nostra ha scritto infatti il suo primo no a qualsiasi edificazione sul Virgolo dieci anni fa (!), quando la collina delle favole non esisteva ancora nemmeno nei precordi di Thun.
 I sostenitori della sua iniziativa non sono poi tanti, ma importa poco, perché sono quelli che contano, e che decidono per tutti anche quando è evidente che non possono vantare un grande consenso. Le ricadute del progetto sulla città sono incognite, ma molto sbandierate. Suggerirei di non fidarsi troppo. La medesima tattica di chi si affretta lentamente, cui si aggiunge la proterva tendenza ad alzare costantemente l’asticella del revanchismo, si è vista nel caso dei toponimi nei cartelli di montagna.
 Per non sapere né leggere né scrivere l’Alpenverein avrebbe potuto e dovuto, come peraltro suggeriva anche il senatore Andreotti, che non è conosciuto per essere un pericoloso nazionalista, conservare lo status quo. Peccato però che tra coloro che hanno l’autorità per cambiare le carte in tavola e tengono i cordoni della borsa, c’è chi sa leggere e scrivere benissimo, immagina di poter cambiare lo statuto di autonomia, adoperandosi attivamente in tal senso, senza attendere le lungaggini che caratterizzano sì il dibattito politico ma lo rendono comunque anche aperto e leale, e smonta nei fatti l’idea di bilinguismo nella toponomastica lì dove teoricamente doveva vedersi meno, e cioè in montagna.
 Qualcosa non ha funzionato. Per accontentare la destra estremista di lingua tedesca Durnwalder esce con un “me ne frego” che è così triste sentire pronunciare da un governante, se solo pensiamo a chi portò in auge l’espressione. Contemporaneamente, però, quella destra razzista e xenofoba, ma prima di tutto culturalmente marginale e socialmente “coatta”, che l’establishment politico tedesco blandisce nei fatti, è rintuzzata dal medesimo con iniziative di tipo culturale che dovrebbero minimizzarne la portata e il consenso nella società. Un’idea in sé buona, ma tardiva (e un po’ schizofrenica), e che poteva essere tempestivamente sostituita da interventi di tipo sociale. Essa instilla tuttavia nella gente l’idea che la colpa sia degli intellettuali, e non della politica, se nel 2010 ancora esiste il nazionalismo e la contrapposizione etnica.
 Vorrei fare osservare che la mancanza di educazione e di sensibilità culturale, storica e politica, che non è possibile non ricondurre anche alla diffusa latitanza di una buona istruzione tra coloro che ci governano, è certo alla base della rozza pretesa di impedire alla minoranza di lingua italiana di decidere da sé quali e quanti toponimi tenere e quali no, e come chiamare un monte o un torrente, posto che gli utenti di quei toponimi sono, per motivi ovvi ma non immediatamente comprensibili a tutti, i cittadini di lingua italiana. E’ importante non dimenticare che è più o meno ciò che fece il fascismo, imponendo con la violenza una toponomastica italiana che non era quasi esistita, in quanto tale, prima del 1918.
 Delle violenze del fascismo sarebbe bene ricordarsi sempre, e non solo quando conviene, per evitare che nuovi fascismi ne continuino più o meno occultamente la pratica e la filosofia.
 Le vicende del Virgolo e rispettivamente dei toponimi italiani nella segnaletica di montagna sono emblematiche, e gravi, ma non più del diffuso sentimento di deriva e di perdita di peso civile che viviamo tutti i giorni immersi come siamo in un pantano dove le regole le fa un’oligarchia affaristica, usa allo sconsiderato consumo del territorio e al disprezzo delle regole.
Umberto Tecchiati presidente Italia Nostra Bolzano

Il principio di rielezione: così per quattro anni i politici non hanno deciso sul Virgolo
di R. Viola

Sono decenni che il Virgolo rappresenta una grande risorsa sprecata per Bolzano. E sono decenni che i nostri politici comunali non se ne accorgono. Non basta. Quattro anni fa una impresa cittadina nota nel mondo, la Thun, ha presentato un progetto per valorizzare l’area. E per quattro anni la giunta comunale non ha risposto: elettroencefalogramma piatto. Dico subito che qui non si tratta di cecità, come potrebbe pensare qualcuno. Assurdo sul piano razionale, questo modo di agire è invece del tutto normale sul piano politico. Certo, nella maggioranza del consiglio comunale vi sono anche alcuni consiglieri che sono contrari al progetto Thun in via pregiudiziale: per loro costruire è sinonimo di inquinare e imprenditore privato è sinonimo di speculatore. Ma gli altri consiglieri e il sindaco, in fondo, sarebbero favorevoli. Se hanno paura di decidere è perché seguono quel postulato principe della politica che si chiama «principio di rielezione». Secondo questo principio non basta che una proposta sia valida in sé, ma deve garantire anche la rielezione dei politici che la sostengono.
 Decisivo, allora, non è che la Thun proponga per il Virgolo un investimento da 200 milioni di euro con 500 nuovi posti di lavoro. E neppure che ci sia il problema reale di garantire la tutela dell’ambiente e l’utilizzo pubblico della zona. La questione decisiva è quella delle conseguenze del progetto Thun sulle future elezioni comunali. Se c’è anche solo il sospetto (fondato o immaginario) che il progetto possa far diminuire i voti alla maggioranza, allora, come il matrimonio di Renzo, «non s’ha da fare, né domani, né mai».
 Nemmeno se il progetto fosse degno di un Leonardo da Vinci, di un Michelangelo o di un Palladio. Nemmeno se fosse molto utile alla città. Quel che davvero conta è che sia compatibile col ferreo «principio di rielezione».
 Se no, no.
Alto Adige 27-7-10
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domenica, 25 luglio 2010



Toponimi: la politica debole della Svp

SERGIO BARALDI
La capacità tutta politica di sapere calcolare quello che si può o non si può, senza dimenticare ciò che è giusto secondo la legge e ciò che non lo è, sembra essersi appannata al vertice della Svp. L’inadeguatezza della risposta rispetto al problema, un caso simbolico, denso di significati storici, ma poco influente sulla vita quotidiana della gente, ha reso manifesto che esiste un problema politico a Bolzano. Lo scarto tra azione e reazione è stato percepito non solo dai cittadini di lingua italiana, forse anche dai ceti di lingua tedesca più moderni, come una precarietà che si è insinuata nella guida politica, che non riesce a garantire, come un tempo, la stabilità dei rapporti (e dei vantaggi) con il governo nazionale. Vale a dire che non controlla la situazione. Forse è arrivato il momento per il nostro presidente di riflettere sul perché la Svp non riesce a esprimere un’egemonia, cioè una direzione culturale prima che politica che orienti la società. Dietro quel “me ne frego”, alle spalle di una baldanza politica poco giustificata, appare questa crisi strategica, che preoccupa perché anche il “capitano” non sembra sapere bene dove andare. L’aggressività dello stile diventa la chiave per decifrare la frustrazione politica che affiora al vertice del partito di raccolta: la posta in gioco è chi ha il potere di decidere. Il potere locale è messo in discussione, può sfuggire di mano.
 In questi giorni, è stata messa in scena una forma di difesa dall’incertezza, il bisogno di farsi coraggio di fronte al rivale-governo, che racconta la fragilità della politica sudtirolese. E’ comparsa persino la buffa retorica militare di una politica della paura (Durnwalder ha evocato una “guerra” che non si combatte, il “Dolomiten” ha pubblicato foto di soldati e cartelli) innescata dalla scoperta che i meccanismi collaudati nelle trattative con il governo nazionale oggi non funzionano. Né si sa come sostituirli senza apparire “sconfitti”. Del resto, la minaccia del presidente di ricorrere alla Corte Costituzionale sembra una pistola puntata contro la Svp: i giuristi sembrano concordi nel ritenere che lo Statuto sia molto chiaro sul bilinguismo, e, per quanto possa sembrare paradossale, il governo Berlusconi, in questo caso, interpreta correttamente la legge. Non c’è nulla di peggio di una minaccia che non minaccia nessuno. La reazione fuori misura rispetto alla realtà dei fatti, l’aver dato la sensazione di aver perso il controllo della situazione, una lotta per il potere di decidere nella quale la Svp sembra arretrare nonostante i proclami, tutto ha trasmesso la percezione di un ridimensionamento del governo locale, di una sua subordinazione. Rinchiudersi nell’identità, nelle astuzie passate, atteggiarsi a vittime mostrando i muscoli nelle osterie (”Vi seghiamo i cartelli”), forse rassicura il possibile perdente della contesa, la Svp, ma non la società che guarda oltre. E’ stato commesso l’errore di lasciare che la questione si trasformasse in problema, quando c’era il tempo per costruire una soluzione equilibrata, che adesso Durnwalder deve trovare: gli italiani non vogliono cancellare i nomi tedeschi, chiedono di non cancellare quelli italiani, secondo i principi dello Statuto. E’ stata sottovalutata la mossa di Fitto. Non è stato previsto il contropiede del governo, pensando che l’azzardo fosse possibile come in passato. Si è finto di dimenticare che la Svp ha votato lo Statuto e le sue regole. Quando si mette in discussione la sovranità della legge, quale ordine regna in Alto Adige? Quello secondo cui non conta il “che cosa” è pre-scritto, ma il “chi” lo pre-scrive? Ma è proprio questo arbitrio sulle regole che rischia di delegittimare la stessa istituzione provinciale. Da tempo il nostro giornale segnala l’incertezza strategica della Svp e i fatti offrono conferme. Gli industriali dicono che il polo tecnologico così come vorrebbe realizzarlo la Provincia non va bene? Il presidente minaccia di non farlo. Non lo faccia presidente, ma il polo tecnologico non è un favore alle imprese è un investimento per il futuro di tutti. I medici protestano per l’inutile duplicazione del primariato di ematologia a Merano? Theiner fa rispondere che decide la politica, i medici diano pareri e basta. A Merano i cittadini votano un sindaco con una maggioranza e si trovano un’altra maggioranza? Se ne facciano una ragione, la Svp deve comandare indisturbata.
 La difficoltà della Svp a governare la complessità delle questioni affiora in tutta evidenza. Gli atti di forza non bastano a esorcizzarla. Sembra quasi che più la società altoatesina si pluralizza, più avanza il processo di differenziazione sociale (con le sue critiche), meno la Svp riesce ad adattarsi alle soluzioni nuove che sono richieste. Ma il disorientamento della Svp, non è un problema solo tedesco, perché il partito di raccolta è il partito cardine del sistema. Se la Svp è bloccata, il sistema funziona male. La conseguenza, che riguarda italiani e tedeschi, è la difficoltà di realizzare la modernizzazione, di progettare il futuro, di pensare l’Alto Adige come parte della nazione italiana e parte dell’Europa. Si apre un vuoto politico. E la politica italiana può contribuire a colmarlo. Ha fatto bene il vice presidente Tommasini a proporre una linea strategica diversa dal “me ne frego”, imperniata sulla trattativa nel rispetto della legge. Per uscirne si dovrà passare da questo snodo. Il problema non è mortificare la Svp, come a volte sembra volere - sbagliando - il governo, ma convincerla a cambiare passo e sguardo sulle cose. A non percepirsi come una minoranza, a non agire come tale pervasa dall’insicurezza, ma ad assumersi le responsabilità che le competono per l’intera società. La crisi offre un’occasione per aprire una nuova stagione dell’autonomia. E il nostro presidente può favorire questa fase. In fondo, è stato un grande prussiano, il generale von Clausewitz, a insegnarci che la “guerra”, anche quella che non c’è, è la continuazione della politica con altri mezzi.
Alto Adige 25-7-10
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domenica, 25 luglio 2010



Fitto: ecco il testo dell’accordo rifiutato

BOLZANO. Il ministro Raffaele Fitto vuole sgomberare il campo da equivoci, su quali erano i termini dell’accordo sulla toponomastica tra Roma e Bolzano, poi saltato per il «niet» di Durnwalder. “Il governo - sostiene il ministro per i Rapporti con le Regioni - ha tenuto in tutti questi mesi un comportamento corretto nei modi e nei tempi nella pervicace ricerca di un’intesa che individuasse una soluzione ragionevole ad uno stato di fatto che viola platealmente quanto stabilito dallo Statuto in tema di bilinguismo”. “Con questo stesso spirito costruttivo - prosegue Fitto - intendiamo continuare a lavorare nei 60 giorni che ci separano dalla scadenza del termine posto dal Consiglio dei ministri per la ricerca di una soluzione”. Il ministro sottolinea poi che una lettura integrale “dell’intesa proposta al presidente Durnwalder e da questi all’ultimo momento rifiutata” servirà a «sgomberare il campo dalle tante inesattezze contenute nelle dichiarazioni di alcuni, tra quanti sono intervenuti nella querelle».
 E così ieri è stato reso pubblico il testo dell’accordo, poi sfumato, che prevede 7 articoli in totale. Nel primo si afferma che «il presente Protocollo intende favorire, nel rispetto dei valori costituzionalmente e statutariamente tutelati, la tempestiva e efficace attuazione del principio del bilinguismo in materia di cartellonistica apposta sui sentieri di montagna». Col secondo articolo «le Parti si avvalgono delle proprie strutture organizzative per l’attuazione del presente Protocollo e per l’attività di verifica periodica dell’andamento dell’iniziativa. Il Ministro si avvale, in particolare, del Commissario di Governo per la Provincia di Bolzano». Poi nel 3º articolo «la Provincia autonoma di Bolzano si impegna a far rimuovere i cartelli monolingue già apposti ed attualmente esistenti lungo i sentieri di montagna del territorio provinciale e a sostituirli con altrettanti cartelli riportanti indicazioni bilingue, o trilingue ove previsto, secondo i modi e i tempi di seguito previsti: a) a partire dal 1º agosto 2010 sarà sostituita, con priorità per quelli deteriorati e vetusti, una percentuale del 90% dei circa 36.000 cartelli già installati». «Tale programma sarà eseguito mediante la sostituzione annuale del 45 per cento dei circa 36.000 cartelli di cui sopra, da completare entro e non oltre la stagione alpinistica 2012, ossia 30 settembre 2012. b) la restante parte dei cartelli attualmente esistenti sarà sostituita, tenuto conto del loro deterioramento, della loro vetustà e della loro ubicazione in zone impervie, entro e non oltre la stagione alpinistica 2013, ossia 30 settembre 2013».
 Nel quarto articolo «la Provincia autonoma di Bolzano si impegna a far installare con l’indicazione bilingue, o trilingue ove previsto, tutti i restanti cartelli, a partire dai circa 37.000 non ancora apposti, di cui alla convenzione 8 novembre 2004 indicata in premessa, entro e non oltre il biennio 1º agosto 2010 - 31 luglio 2012. Il numero dei nuovi cartelli da installare annualmente non deve essere inferiore al metà del totale. Nel 5º articolo «i cartelli da apporre secondo le modalità descritte agli articoli 2, 3 e 4 devono riportare la forma bilingue (o trilingue laddove prevista) secondo la normativa vigente in materia, seguendo i criteri di seguito indicati: a) l’indicazione bilingue riguarda tutti i toponimi e le informazioni generali nonché i nomi e i termini traducibili in lingua italiana; b) mantengono, invece, la loro dizione originaria in lingua tedesca i nomi storici per i quali non è possibile una traduzione corrispondente in lingua italiana o ladina, ferma restando la traduzione dei termini aggiuntivi come ad esempio “malga”, “lago”, “montagna”, “fiume”». «Le Parti si impegnano a verificare entro e non oltre il 31 ottobre 2010 eventuali casi dubbi che saranno individuati a cura delle parti medesime circa l’effettiva traducibilità in lingua italiana dei toponimi e delle dizioni riportati sulla segnaletica già apposta. Le Parti si impegnano a verificare entro e non oltre il 31 dicembre 2010 l’effettiva traducibilità in lingua italiana dei toponimi e delle dizioni della segnaletica non ancora apposta».
 L’articolo 6 parla di risorse finanziarie: «L’attuazione del presente Protocollo, e in particolare la verifica, la rimozione e la sostituzione dei cartelli, resta a carico della Provincia che provvederà con proprie risorse finanziarie». Infine, con il 7º articolo governo e Provincia si impegnano a vigilare sull’attuazione dell’accordo.    (m.dal)
Alto Adige 25-7-10
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sabato, 24 luglio 2010



Toponomastica: ora la palla passa alla politica
PAOLO CAMPOSTRINI
Èdifficile per Durnwalder dire: ho sbagliato. Ma questa volta dovrebbe farlo. Invece ha detto “me ne frego” mostrando politicamente la corda. Perché se Fitto ha sbagliato una volta (nei tempi) lui lo ha fatto tre volte, nei modi, nei toni e nella sostanza. Durnwalder sa che l’unico dosso non scavalcabile dello Statuto è quello del bilinguismo ma ha ugualmente voluto spingersi oltre quasi a voler valutare il grado di reattività istituzionale del suo interlocutore romano. E’ stato un azzardo. Anche se di questi azzardi è piena la storia dei rapporti tra Svp e governo centrale. Tempo fa, un democristiano di vecchia scuola, ha dato una sua interpretazione bertoldesca della tecnica diplomatica Svp che fa evidentemente leva sull’antico spirito commerciale sudtirolese: «Loro fanno come Gian Burrasca: rubano la marmellata e se ne mangiano un poco. Poi fanno conto sulla mamma. Lei si arrabbia ma non pretende quasi mai che restitusca “tutta” la marmellata, le basta che Gianburrasca riponga nella dispensa il vasetto con quella che è rimasta». E’ l’equazione del 50% teorizzata da Benedikter.
Se lo status quo (o la legalità) è 0, io chiedo 100; Roma, alla fine si accontenterà di farci scendere della metà. Durnwalder e con lui tutta la Svp non hanno compreso che sul terreno della toponomastica bilingue il governo e il Pdl non avrebbero ceduto. Per la semplice ragione che non hanno nulla da perdere. La sconsideratezza dell’offensiva dell’Avs, l’atteggiamento farisaico della Svp nei confronti di un’operazione che avrebbe potuto controllare sin dall’inizio, il consenso che il governo avverte tra l’opinione pubblica italiana, sia nazionale che locale, l’adesione trasversale tra i partiti anche d’opposizione (come il Pd) nei confronti di un’azione di pura difesa della legalità statutaria violata, hanno posto Fitto in una posizione politicamente inattaccabile. Il ministro avrebbe potuto non forzare i tempi. E i tempi, in Alto Adige non sono dettagli. Ma evidentemente anche i tempi sono cambiati. Quando, da Magnago a Durnwalder, la Svp si trovava a trattare di competenze con i governi centrali questi agivano, fino all’avvento di Berlusconi, secondo lo schema classico dei mediatori di scuola democristiana: piuttosto che rompere le trattative si sarebbero fatti spezzare una mano. C’era, tra i due, una chiara convergenza di interessi: ai governi di centrosinistra premeva mostrarsi fedeli alla tradizione morotea ed assicurarsi nel contempo i voti Svp in Parlamento visto le maggioranze spesso risicate di cui disponevano; alla Svp premeva mostrare al proprio elettorato la convenienza di un’alleanza spesso malmostosa e soprattutto ribadire che la via scelta col Pacchetto avrebbe potuto spremere Roma più che le campagne dinamitarde. Ora questa convergenza di interessi mostra la corda. Era sopravvissuta all’avvento del centrodestra perché gli orizzonti tattici della Lega (l’asse Brugger-Calderoli) avevano posto sotto traccia le spinte identitarie della vecchia An ma ora gli spazi si sono ristretti. La sconfitta alle comunali della coalizione Pdl-Lega è stata una umiliazione senza precedenti non compensabile con le inquietudini federaliste che avrebbero potuto mettere in difficoltà il Pdl nei confronti delle sue marche di confine con le autonomie in debito di ossigeno. Durnwalder a tutti questi elementi non ha pensato. Contava sul suo pragmatismo passepartout ma non ha saputo trattare. A sentire i bene informati di questioni pidielline due passaggi sono stati negativamente decisivi.
 Quello in cui il Landeshauptmann ha dichiarato di “non volere più comunque” un ripristino totale del bilinguismo, anticipando così in sostanza i contenuti del suo disegno di legge sulla toponomastica ben lontano dall’essere discusso e il passaggio in cui proponeva di voler attendere il “deperimento” dell’80% dei cartelli illegalmente monolingui prima di sostituirli. Una proposta che gli uomini di Fitto hanno definito “levantina” nel suo essere priva di qualsiasi orizzonte temporale e di un minimo di assunzione di responsabilità. Che Durnwalder, a sua volta, insiste nel non caricarsi sulle spalle a proposito dell’azione dell’Avs. Come se una campagna così estesa, nel tempo e nello spazio, così territorialmente invasiva avesse potuto dispiegarsi senza un assenso sostanziale del partito di raccolta attraverso i suoi organismi di controllo nei Bezirk e in sede centrale. Farebbe torto alla riconosciuta capacità della Svp di monitorare il suo terreno pensare il contrario. Detto delle molte e concomitanti responsabilità (del governo di centrodestra che ha scelto la via più brutale e della Svp che ha condotto un azzardo senza rete), la prima procedura di poteri sostitutivi mai varata da un governo della Repubblica contro la Provincia richiede ora una risposta comunque politica. Perché resta inimmaginabile una risposta esclusivamente etnica o, alla peggio, militare. Ed è la politica che deve trovarla in questi mesi. Con la responsabilità che la Svp non ha mostrato in questi ultimi passaggi della trattativa. E’ Durnwalder che dovrà elaborare una proposta capace di tenere insieme un partito che è stato lasciato correre a briglia sciolta su un terreno scosceso ma anche in grado di dare un’immagine di recupero sostanziale del bilinguismo violato. La Svp deve tornare ad essere credibile non tanto nei confronti dei suoi interlocutori romani ma agli occhi degli italiani di qui. Agli occhi del Cai, degli alleati di giunta, degli intellettuali, di tutti quegli altoatesini che hanno sofferto una deriva fortemente identitaria e evidentemente inattesa in queste forme e in questa durezza. Il governo dovrebbe privilegiare come possibili referenti in una inevitabile trattativa le sue forze sul campo più responsabili: dai consulenti del Club Alpino al Commissariato del Governo. Forse proprio il prefetto Testi, con la sua riconosciuta capacità di mediazione e la conoscenza del territorio e dei suoi equilibri, potrebbe essere individuato in questi mesi come il luogo di snodo delle trattative. Perché è sulle trattative che ci si dovrà impegnare da qui in avanti. Credere, al contrario, che tutto possa essere risolto dai ricorsi alla Consulta, potrebbe trasformare una convivenza ancora possibile in una coabitazione sospettosa e malata. Meglio parlarsi. A Roma e soprattutto qui. E farlo subito.
Alto Adige 24-7-10
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venerdì, 23 luglio 2010



Sulla toponomastica una difficile via d’uscita

ANDREA DI MICHELE
 Ma è anche vero che già in precedenza era stata la politica a ridare vita a un argomento che sembrava definitivamente sopito e che in questi giorni è stata ancora una volta la politica a non riuscire a concludere un accordo che sembrava a portata di mano per ripristinare la segnaletica bilingue. Non sembra dunque possibile, come qualcuno ha cercato di fare nelle settimane e nei giorni scorsi, scaricare tutte le responsabilità sull’Alpenverein, che, tra il resto, non può che avere agito utilizzando fondi pubblici.
 Ma forse, in questa occasione Durnwalder ha voluto giocare una partita politica con Roma attribuendogli un valore che andava ben al di là della questione specifica. Ha voluto vedere fino a che punto poteva spingersi facendosi forte del fatto compiuto, ovvero i 36.000 cartelli ormai installati. Ha voluto verificare se, data la situazione, non fosse possibile spostare un po’ più in là il confine oltre il quale la Provincia non può intraprendere azioni concrete senza concordarle con Roma, addirittura forzando il dettato dello stesso Statuto di autonomia, che sul bilinguismo dei toponimi parla chiaro. Ma probabilmente ha giocato questa partita sul tema e nel momento sbagliati.
 Il tema è quello sbagliato in quanto troppo denso di valori simbolici perché da parte italiana, a Roma e a Bolzano, ci si potesse chiudere un occhio sopra. Un’eventuale cancellazione di parte dei toponimi italiani è vista, a torto o a ragione che sia, come il segno concreto della volontà di cancellare la legittimità della stessa presenza italiana in provincia di Bolzano, dunque come un attacco al quale si deve rispondere. Non si tratta dunque solo di un tema caro alla destra e sul quale il governo romano e il Pdl locale, dopo l’iniziativa del Consiglio dei ministri, possono contare di aumentare i propri consensi. Tutte le forze politiche italiane chiedono il ripristino della segnaletica bilingue, anche il Pd che in provincia governa insieme all’Svp e che più degli altri partiti si troverà in difficoltà a gestire la situazione che andrà determinandosi nei prossimi mesi. Si tratta di una questione estremamente sensibile, che è capace di farsi rivelatrice anche delle fragilità, oggettive e soggettive, della comunità italiana dell’Alto Adige. Insomma, Fitto e il governo non potevano lasciar correre e questo era da mettere in conto, anche se il ricorso da parte del governo al potere sostitutivo appare una reazione politicamente e giuridicamente avventata.
 Anche il momento è quello sbagliato, poiché mai come in questi mesi il governo sta mettendo in scena la sua schizofrenia, tra pronunciamenti federalisti e pratiche accentratrici. La bandiera del federalismo continua a sventolare sul governo e sulla Lega, ma poi, concretamente, le più significative iniziative di Roma castrano qualsiasi velleità di autogoverno locale. Basti pensare al durissimo scontro in atto con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome per i pesantissimi tagli previsti ai loro bilanci dalla manovra economica, che ridurranno enormemente i margini d’azione degli enti locali. O alle difficoltà dei Comuni in seguito alla cancellazione dell’Ici. Se da una parte si promette federalismo, dunque, dall’altra si attuano tagli di trasferimenti che finiscono per svuotare il valore di simili promesse. Senza parlare dell’aumento esponenziale dei casi d’intervento della protezione civile nelle situazione più disparate, con il commissariamento di amministrazioni sostituite da commissari delegati. Non è dunque il momento migliore per le autonomie locali e ciò ha forse avuto un riflesso negativo anche nell’esito della trattativa tra Fitto e Durnwalder. Ma più delle rigidità di Roma sono state le forzature di Bolzano a determinare una situazione difficile, da cui ora, dopo la reazione spropositata da parte del governo, sarà difficile uscire in maniera indolore.
Alto Adige 23-7-10
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venerdì, 23 luglio 2010



Il governo esautora la Provincia

MAURIZIO DALLAGO
BOLZANO. Il Consiglio dei ministri diffida la Provincia a sostituire i 36 mila cartelli esistenti nella versione monolingue tedesca. Il termine perentorio è quello di 60 giorni, come afferma il ministro Fitto. Altrimenti verrà attivato il potere sostitutivo previsto dell’art. 120 della Costituzione.
 Una decisione mai presa prima d’ora da Palazzo Chigi nella storia dell’autonomia altoatesina. In pratica se la giunta provinciale non provvederà alla sostituzione dei cartelli, ci penserà il governo a cambiarli. Luis Durnwalder si dice pronto ad impugnare i provvedimenti governativi, ribadendo che continuerà a ricercare una soluzione che «non pregiudichi la pacifica convivenza». Il presidente altoatesino ricorda di non essere stato lui ad apporre i cartelli monolingui: «Non spettava a me prescrivere come gestirli». In soccorso al Landeshauptmann arriva la Svp, accusando il governo di provocare una progressione del conflitto etnico.
 L’accelerata governativa arriva dopo che è saltata la possibile intesa su cui si lavorava da alcune settimane. E così ieri mattina in Consiglio dei ministri è giunto - ma non era all’ordine del giorno - il tema della «cartellonistica dei sentieri di montagna in provincia di Bolzano». Il ministro per i Rapporti con le Regioni ha illustrato ai colleghi l’intera questione, trovando l’appoggio di tutti i presenti. Risultato? È passata all’unanimità la proposta di Fitto di dare inizio alla procedura di attivazione del potere sostitutivo previsto dall’art.120 della Costituzione. Se entro 60 giorni la Provincia autonoma non provvederà alla sostituzione dei circa 36 mila cartelli esistenti in versione monolingue tedesca, Palazzo Chigi si sostituirà a Palazzo Widmann, incaricando probabilmente il Commissariato del governo di procedere con il ripristino dei segnali bilingui. La Carta costituzionale prevede questa ipotesi, quando, tra il resto ci siano casi di «pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica».
 Il governo sottolinea come «nei giorni scorsi l’intenso lavoro finalizzato alla stipula di un’intesa tra governo e Provincia non aveva sortito gli effetti sperati, affinché fosse ripristinata una corretta applicazione del principio del bilinguismo o trilinguismo, ove previsto». Raffaele Fitto aveva interrotto il dialogo con Bolzano dopo una telefonata con Durnwalder avvenuta martedì scorso, in cui il presidente altoatesino si era detto contrario al bilinguismo totale nella cartellonistica di montagna. «Sono rammaricato di non essere riuscito a raggiungere un’intesa ragionevole con il presidente Durnwalder, il governo ha però inteso riaffermare il principio del rispetto del bilinguismo», spiega Fitto.
 È muro contro muro tra Roma e Bolzano. Il dialogo è interrotto, anche se il governo con la decisione di ieri si aspetta che in Alto Adige vengano sostituiti i cartelli monolingui e la diatriba finisca così. Durnwalder che di primo acchito rispolvera un «me ne frego» di dannunziana memoria, nel pomeriggio diffonde un comunicato in cui si dice che «il ministro Fitto ha sbagliato indirizzo: i cartelli apposti dalla Provincia sono tutti bilingui, quelli contestati sono stati installati da terzi (quasi sempre dell’Alpenverein, ndr) ai quali non spettava a me prescrivere come gestirli». La Provincia è pronta a ricorrere alla Corte costituzionale, ma prima vuole conoscere nei dettagli le decisioni del governo. «Potevano invitarmi a Palazzo Chigi e avrei spiegato la nostra posizione», ancora Durnwalder. La Stella alpina, con l’Obmann Richard Theiner, parla di «Diktat» e di «escalation» voluta da Palazzo Chigi a danno dalla pace etnica. Con la mossa governativa appare chiaro che questa volta Roma non vuole transigere sul principio del bilinguismo. La partita a scacchi sembra essere solo all’inizio.

Durnwalder furioso: «Della diffida me ne frego Andremo alla Consulta»

FRANCESCA GONZATO

E’ arrabbiato Luis Durnwalder per la diffida contro di lui varata ieri dal Consiglio dei ministri su richiesta del ministro Fitto. Già ieri mattina, sentiti i consiglieri più fidati, ha messo a punto la linea di condotta. Ma dopo lo sfogo «me ne frego», nel pomeriggio una nota ammorbidisce i toni.
 «Continuerò a cercare una soluzione che non pregiudichi la buona convivenza tra i gruppi. Una soluzione almeno provvisoria fino alla nuova legge, che sia dettata dal buonsenso», così Durnwalder. L’oscillazione dà conto della situazione inedita con cui Provincia ed Svp si misurano in queste ore.
 Presidente, il governo le chiede di ripristinare i cartelli bilingui o affiderà poteri sostitutivi al Commissariato del governo. Come si comporterà?
 
«Presenteremo ricorso alla Corte costituzionale. Il loro provvedimento non sta in piedi e il ministro Fitto sbaglia indirizzo. Non sono stato io a mettere i cartelli. La segnaletica della Provincia, sulle strade e nei parchi, è sempre bilingue, quindi non possono chiamare in causa me. Quelli monolingui sono stati installati da terzi e non spettava a me prescrivere come gestirli (ma in realtà la Provincia aveva richiamato l’Avs al rispetto del bilinguismo, ndr)».
 Il governo si appella a un articolo della Costituzione molto preciso.
 
«Ma quello vale per violazioni di legge gravi, mentre io, ribadisco, non ho violato nulla. Caso mai l’errore è stato dell’Avs. Secondo, avrebbero dovuto convocarmi alla seduta del consiglio dei ministri, visto che deliberavano un provvedimento di tale gravità. E’ una regola precisa. Insomma, siamo pronti a ricorrere alla Consulta».
 Al di là degli aspetti giudiziari, c’è un problema che invece di essere risolto si sta ingigantendo. Non pensa di avere resistito troppo all’accordo?
 
«Ma sono sempre stato disponibile e lo resto. Volevo esattamente evitare che questa storia sfociasse in un problema italiani-tedeschi. La toponomastica può essere risolta con buon senso, ne resto convinto. Il gruppo tedesco sa che nomi di Comuni, frazioni e altro ancora devono essere anche in italiano. Gli italiani non sono così interessati ad avere bilingui anche i nomi di prati e malghe. Siamo ridotti in questa situazione perché non riusciamo a fare la legge sulla toponomastica: ci ho provato, ma la destra italiana l’ha bloccata con l’ostruzionismo».
 Cosa accadrà se non troverete un accordo?
 
«Temo una escalation etnica. Come dicevo prima, le cose andavano bene, adesso invece c’è il rischio che esploda un problema politico. Con questa provocazione di Roma possono nascere problemi da entrambe le parti».
 Il problema l’hanno creato Avs e associazioni turistiche con 36 mila cartelli solo in tedesco.
 
«Li ho sgridati e adesso il governo se la prende con me. Non è da ridere?».
 Avesse ceduto su qualcosa, il caso sarebbe chiuso.
 
«Non potevo firmare un accordo che mi chiedeva di tradurre tutti i toponimi con una commissione Durnwalder-prefetto sui casi dubbi: non possiamo anticipare la legge».

Rispoli: «Serve solo il buon senso»

BOLZANO. «In questa vicenda non esistono né vincitori, né vinti: per risolverla basta il buon senso». Lo afferma il procuratore capo della Repubblica, Guido Rispoli, da mesi impegnato nell’inchiesta sulla segnaletica monolingue in montagna.
 «Trovo assurdo - ha detto Rispoli - che in una Provincia ottimamente amministrata come la nostra si arrivi a momenti di tensione per una vicenda come quella dei cartelli installati dall’Alpenverein».
 «La soluzione è semplice - ha proseguito il procuratore - tutti i sostantivi come rifugio, malga o via vanno indicati in italiano. Per quanto riguarda i nomi propri si utilizzino quelli già previsti dalla legge. Tra l’altro si continua a parlare di 36.000 cartelli, ma in realtà i nomi su cui si sta discutendo sono 2.000». Un po’ di più, in realtà: 2.700. E rappresentano la differenza tra la lista presentata dall’assessore provinciale Hans Berger (lista che nella sostanza corrisponde al database dell’Alpenverein) e quella elaborata invece dal Cai dell’Alto Adige. «Bisogna usare il buon senso - ha aggiunto ancora Rispoli - perché in questa storia non ci sono né vincitori, né vinti, e nessuno si deve piegare a qualcun altro».
 Sul fronte dell’inchiesta, Rispoli ha ribadito che sono in corso controlli a 360 gradi sulle spese effettuate dall’Alpenverein. Nei giorni scorsi si è aperto un altro capitolo relativo all’indagine. L’attenzione degli inquirenti si è spostata negli ultimi giorni sui finanziamenti anche internazionali che il sodalizio avrebbe tentato di ottenere. L’Alpenverein avrebbe goduto di diversi appoggi per tentare di ottenere un adeguato finanziamento europeo al progetto di digitalizzazione della rete dei sentieri di montagna dell’Alto Adige. Fu attivato anche il Fondo europeo di sviluppo regionale che mise a disposizione una somma considerevole per finanziare l’opera, inconsapevole ovviamente dei risvolti fortemente politici dell’iniziativa.
 Ora la pratica è al vaglio del dottor Pallaver, il consulente nominato dal procuratore capo Guido Rispoli proprie per verificare i canali di finanziamento utilizzati dall’Alpenverein per realizzare 35 mila cartelli non rispettosi dell’obbligo del bilinguismo previsto dallo statuto di autonomia. All’epoca del finanziamento richiesto al Fondo europeo di sviluppo regionale la fretta di procedere avrebbe anche giocato un brutto scherzo: dopo che i soldi erano stati stanziati dal fondo internazionale, proprio in sede europea venne contestato il tentativo di far ottenere la somma prevista direttamente all’Alpenverein senza l’indizione di una gara. Il finanziamento venne così revocato e a metterci una...«pezza» sarebbe stata, come sempre, mamma Provincia. Ora la vicenda è al vaglio del dottor Pallaver in stretta collaborazione con il procuratore capo Rispoli.

Simeoni (Alpenverein): sorpreso dalle scelte di Roma

BOLZANO. “Sono molto sorpreso della piega che ha preso la vicenda dei cartelli di montagna. In Italia ci sono di certo problemi ben più grossi di quello della segnaletica dei sentieri in Alto Adige”. Risponde così il presidente dell’Alpenverein (Avs), Georg Simeoni, alla presa di posizione del governo. Sono dell’Avs gran parte dei cartelli incriminati, ovvero quelli solo in tedesco. Da Simeoni ieri è arrivato un secco no comment sulla polemica che sta diventando sempre più aspra. “Non conosco - afferma il presidente dell’Alpenverein - i contenuti dell’accordo che il ministro Fitto e il presidente Durnwalder stavano trattando. L’intera vicenda ha preso una sua dinamica, sulla quale non voglio intervenire in nessun modo”.
 Per il comandante degli Schützen «da Roma non ci si poteva aspettare altro». Paul Bacher si appella ai politici locali «affinché si smetta con il ricercare soluzioni a metà in tema di toponomastica» e si scelga la cosiddetta «soluzione storica», ovvero la cancellazione della quasi totalità dei toponimi italiani.
 Al contrario il Comitato per la difesa della toponomastica italiana sottolinea come «lo Statuto parli chiaro e la competenza della Provincia riguardi esclusivamente i toponimi in lingua tedesca».

Fitto: due mesi per cambiarli

MAURIZIO DALLAGO
«In Alto Adige, come da Statuto, i toponimi devono essere bilingui», sottolinea il titolare del dicastero per i Rapporti con le Regioni, dando alla Provincia un ultimatum di 60 giorni per provvedere alla rimozione dei cartelli monolingui. «Se questo non avverrà, applicheremo il potere sostitutivo che ci è dato dalla Costituzione», spiega Fitto. Quest’ultimo è convinto che ieri, in Consiglio dei ministri, non fosse necessaria la presenza del presidente Durnwalder: «Quando avvieremo la procedura, verrà invitato alla riunione».
 Signor ministro, per quale motivo è saltato l’accordo Stato-Provincia che si stava prospettando nelle ultime settimane?
 
«Ho preso atto dal presidente Durnwalder, dopo una serie di incontri e di trattative, che non c’erano le condizioni per l’intesa».
 Gli accordi si fanno in due. Il governo cosa aveva proposto?
 
«Era prevista la rimozione entro il 30 settembre 2012 del 90% dei circa 36 mila cartelli in lingua tedesca e la contestuale sostituzione con altrettanti segnali bilingui o trilingui. Il restante 10% sarebbe stato sotituito in base alla vetustà o ubicazione entro il 30 settembre 2013».
 Quindi tutto bilingue, oppure trilingue nelle valli ladine?
 
«L’intesa salvaguardava anche i nomi storici in lingua tedesca per i quali non era possibile la traduzione. Mediante gli uffici del Commissariato del governo e della Provincia di Bolzano si sarebbe proceduto ad una verifica periodica dell’andamento dell’iniziativa e risolto i casi in cui sorgevano dubbi circa la traducibilità in italiano di alcuni toponimi».
 Niente intesa e subito un provvedimento in Consiglio dei ministri, quello di oggi (ieri,ndr), che diffida la Provincia di Bolzano a ripristinare i segnali bilingui in montagna, pena l’attivazione del potere sostitutivo previsto dalla Costituzione. Non si poteva aspettare, prima di fare questo passo?
 
«Non transigo su tempi e impegni che erano stati presi. La questione nasce da molto lontano ed ho avuto modo personalmente di prendere posizione più volte. Nelle ultime settimane mi erano sembrate ragionevoli alcune prese di posizione in sede locale. Ma adesso è il tempo di agire. Lo Statuto d’autonomia parla di bilinguità della toponomastica, senza distinzioni. La decisione presa in Consiglio dei ministri sarà comunicata immediatamente alla Provincia di Bolzano che entro 60 giorni dovrà provvedere alla rimozione dei circa 36 mila cartelli esistenti in versione monolingue tedesca».
 E se ciò non dovesse accadere?
 
«Passato il termine dei 60 giorni, il primo Consiglio dei ministri utile darà il via alla procedura di attivazione del potere sostitutivo prevista dall’art.120 della Costituzione».
 Ma chi sostituirebbe la Provincia in quest’opera di ripristino della toponomastica bilingue?
 
«Potrebbe essere il Commissariato del governo, ma non è stato ancora deciso nulla al riguardo».
 Bastano due mesi per iniziare a togliere i segnali monolingui o non ritiene che la scelta di Palazzo Chigi porti benzina sul fuoco delle polemiche etniche in Alto Adige?
 
«I tempi consentono di evitare scontri e contrapposizioni, quella del Consiglio dei ministri è stata una decisione ragionevole e presa all’unanimità».
 Ma a questo punto cosa si augura?
 
«Che la Provincia di Bolzano si attivi entro i 60 giorni previsti, in modo che il contenzioso finisca qui. Certo non sono per nulla contento di alcune dichiarazioni fatte da Durnwalder, come quella che si dovranno mandare i soldati per sostituire i cartelli. Il presidente altoatesino deve parlare a tutta la popolazione e giudico quindi inaccettabile l’atteggiamento intollerante che dimostra in alcune occasioni».
 Lei conosce la realtà altoatesina?
 
«Certo, ci vengo almeno una volta all’anno. L’Alto Adige è parte d’Italia, dove vige uno Statuto di autonomia che parla di bilinguità dei toponimi. Una terra splendida, ma da italiano e da turista credo di agire nel giusto».
Alto Adige 23-7-10
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categoria:provincia di bolzano, sentieri toponomastica
giovedì, 22 luglio 2010



Cartelli: interviene il governo

MIRCO MARCHIODI
 BOLZANO. Quando l’accordo sulla toponomastica bilingue sembrava cosa fatta, si riaccende lo scontro fra il governo di Roma e quello di Bolzano, rappresentati dal ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto e dal governatore altoatesino Luis Durnwalder. Con un comunicato diffuso ieri, Fitto ha annunciato la rottura della trattativa («Prendo atto dell’impossibilità di raggiungere un’intesa con la Provincia») ma soprattutto la decisione di passare alle parole ai fatti: «Porrò in essere le conseguenti iniziative per il ripristino della legalità violata». Immediata la replica di Durnwalder: «Faccia pure, io ho fatto il possibile ma non potevo accettare il prontuario di Tolomei. Sulla toponomastica bilingue decideremo noi con la legge provinciale».
Salta l’accordo sui cartelli lungo i sentieri di montagna. Proprio quando sembrava ormai imminente l’annuncio di un compromesso, il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto e il presidente della Provincia Luis Durnwalder hanno rotto le trattative.
 La rottura. È stato il ministro ad annunciare l’interruzione del dialogo dopo che martedì sera un’ultima telefonata tra Fitto e Durnwalder aveva sancito l’impossibilità di trovare una soluzione. «Riferirò in consiglio dei ministri», ha chiuso la chiamata Fitto. «Faccia pure, io ho fatto tutto il possibile», la secca replica di Durnwalder prima di riattaccare. Rottura definitiva? La presa di posizione di ieri del ministro è molto dura: «Prendo atto dell’impossibilità di raggiungere un’intesa con la Provincia. Si è rilevato vano ogni sforzo per addivenire ad un’intesa che consentisse di disciplinare l’apposizione dei cartelli sui sentieri di montagna nel rispetto del principio del bilinguismo, senza comprimere l’autonomia provinciale in materia di toponomastica».
 La proposta rifiutata. Da parte del ministero era stata ipotizzata una soluzione che prevedeva la sostituzione con cartelli bilingui o trilingui dei cartelli già montati dall’Alpenverein entro il 30 settembre 2012 (il restante 10%, ubicato in zone impervie e particolarmente deteriorati, avrebbe dovuto essere sostituito entro il 30 settembre 2013) ed entro il 31 luglio 2012 l’apposizione dei circa 37 mila nuovi cartelli ancora da installare. «L’indicazione bilingue - sottolinea Fitto - è prevista dallo Statuto e quindi è legge vigente. In ogni caso l’intesa salvaguardava anche l’indicazione originaria in lingua tedesca dei nomi storici per i quali non era possibile la traduzione». In caso di dubbi, avrebbe dovuto decidere una commissione composta da commissariato del governo e Provincia.
 I no di Durnwalder sono legati alla tempistica («ma l’intesa - replica Fitto - andava incontro ad una esigenza di dilazione nel tempo della rimozione dei cartelli monolingue che in base alla legge vigente non dovevano neppure esistere»), alla responsabilità politica («la competenza - sostiene Durnwalder - è della Provincia e la toponomastica va regolata con un’apposita legge, il ministro non può imporci nulla, tantomeno come spendere i nostri soldi») e al numero di toponimi da tradurre: «Accettare questa proposta significherebbe accettare il prontuario di Tolomei, sarebbe un harakiri politico». La controproposta provinciale prevedeva di sostituire solo i cartelli monolingui montati su suolo pubblico e pagati dalla Provincia e di farlo con una tempistica molto meno stringente. Il bilinguismo sarebbe stato garantito per tutti i toponimi fissati dalla legge regionale, rimandando il resto alla futura legge provinciale.
 Le conseguenze. Fitto porterà la questione in consiglio dei ministri, forse già oggi, al massimo la prossima settimana. «Constatata l’indisponibilità della Provincia a risolvere la questione di comune accordo, porrò in essere le conseguenti iniziative per il ripristino della legalità violata», annuncia Fitto. Se il governo opterà per la linea dura, le ipotesi possibili sono l’affidamento dei poteri sostitutivi al commissario del governo (improbabile) oppure la decisione di far montare all’esercito i cartelli bilingui facendo poi pagare il conto alla Provincia. A breve è più realistico un possibile ricorso giudiziario (ad esempio alla Corte Costituzionale per via del mancato rispetto dello Statuto), ma il governo potrebbe anche decidere di infliggere alla Provincia una sanzione amministrativa.

Durnwalder: sui nomi decidiamo noi Tommasini: ma un’intesa va trovata

BOLZANO. L’unico a non stupirsi è il presidente della Provincia Luis Durnwalder. I suoi due vice, Hans Berger e Christian Tommasini, si dicono invece entrambi molto sorpresi della rottura della trattativa sui cartelli dei sentieri di montagna. Evidentemente il Landeshauptmann non aveva ancora riferito a nessuno della telefonata di martedì sera tra lui e il ministro agli Affari regionali Raffaele Fitto. Una telefonata che si è chiusa in maniera certo non amichevole, con Fitto che annunciava l’intenzione di voler portare la questione in consiglio dei ministri «per porre in essere le iniziative per il ripristino della legalità» e Durnwalder a replicare «faccia pure, io ho fatto il possibile».
 Durnwalder spiega che accettare la proposta del ministero «sarebbe come fare harakiri politico, perché significherebbe accettare il prontuario di Tolomei», rivendica la competenza della Provincia in materia di toponomastica («per quanto riguarda l’obbligo del bilinguismo, fanno fede i toponimi fissati con legge regionale, il resto lo decideremo con la legge che a breve porteremo in consiglio provinciale») e spiega che i tempi strettissimi che aveva chiesto il ministro sarebbero stati impossibili da rispettare. Durnwalder non accetta di essere ritenuto il colpevole della vicenda: «Anche se ho l’impressione che il ministro la pensi diversamente, nessuno può ritenermi responsabile. Ho sempre detto e lo dirò anche in futuro a tutte le associazioni, compreso l’Alpenverein, che tutto ciò che è traducibile va tradotto e il resto viene deciso da un’apposita legge». E ora? Durnwalder attende le mosse del governo e ipotizza addirittura che una possibile decisione del governo potrebbe essere quella di ordinare agli uomini dell’esercito di montare i cartelli bilingui.
 Mentre l’assessore al turismo Hans Berger si dice molto sorpreso della presa di posizione del ministro («la trattativa l’hanno portata avanti lui e il presidente Durnwalder, ma posso assicurare che da parte nostra c’è sempre stata disponibilità a trattare, tanto che abbiamo sempre presentato le nostre proposte sia al commissariato del governo sia al Cai»), il suo collega di giunta Christian Tommasini si augura che la rottura non sia definitiva: «Le forzature, da una parte e dall’altra, vanno evitate. Spero che ora non si decida di mantenere lo status quo, anche perché discutendo sul piano pratico ci eravamo molto avvicinati, tanto che lo stesso Durnwalder ha criticato apertamente l’Alpenverein. Il nostro approccio è stato improntato tutto sui casi concreti, ovvero con i singoli cartelli. Un approccio pratico che ci ha permesso di arrivare a un accordo quasi completo, perché è vero che i cartelli sono 36 mila, ma i toponimi in questione si riducono a poche migliaia. Purtroppo dal caso concreto sembra che la questione si sia spostata su un livello più politico, legato alla legge sulla toponomastica. È noto che su questo tema noi e l’Svp abbiamo due posizioni diverse, ma di questo ne parleremo in consiglio provinciale. Sui cartelli di montagna invece eravamo arrivati a trovare una soluzione condivisa, con l’unica questione aperta rappresentata dalla tempistica. Ora aspettiamo di vedere cosa ha portato alla rottura tra Durnwalder e il ministro, ma speriamo di riprendere il dialogo per individuare una soluzione condivisa». (mi.m.)

Il comunicato integrale diffuso dal ministero

BOLZANO. Di seguito pubblichiamo il comunicato stampa integrale diffuso ieri pomeriggio dal dipartimento per gli affari regionali della presidenza del consiglio dei ministri.
 «Il Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione territoriale, Raffaele Fitto, ha preso atto dell’impossibilità di raggiungere un’intesa con la Provincia di Bolzano per una soluzione condivisa della questione della cartellonistica sui sentieri di montagna. La definizione del problema, mediante un accordo tra le parti interessate, era stata ipotizzata al termine dell’incontro dell’8 luglio con il Presidente della Provincia, Luis Durnwalder. Nei giorni successivi, tuttavia, si è rilevato vano ogni sforzo per addivenire ad un’intesa che consentisse di disciplinare l’apposizione dei cartelli sui sentieri di montagna nel rispetto del principio del bilinguismo, senza comprimere l’autonomia provinciale in materia di toponomastica. Constatata l’indisponibilità della Provincia a risolvere la questione di comune accordo, il Ministro porrà in essere le conseguenti iniziative per il ripristino della legalità violata».

Toponomastica, l’errore del presidentissimo

FRANCESCO PALERMO
E alla fine entrambi i contendenti sarebbero riusciti a salvare la faccia.
 Il guaio è che il governo aveva tutto da guadagnare e nulla da perdere da questa trattativa, perché aveva (ed ha) giuridicamente il coltello dalla parte del manico.
 Sicuro della prassi cui è abituato da decenni, Durnwalder non si è preoccupato di chiedersi cosa sarebbe successo se l’accordo non si fosse trovato, perché era sicuro che qualcosa avrebbe spuntato, almeno sui tempi di sostituzione dei cartelli monolingui.
 Avrebbe fatto invece bene a porsi la domanda, perché ha così offerto sul piatto d’argento un’occasione che questo Governo aspettava da anni: dare uno schiaffo alla Svp e alla Provincia, mostrandosi forte e sicuro ed ergendosi a difensore della legalità. Per giunta su un punto etnicamente sensibile, così guadagnando consenso nel suo elettorato di riferimento, a Bolzano e a Roma.
 La speranza è che, segnato il punto, il Governo non calchi troppo la mano. Si accontenti di vincere, e non voglia stravincere. La tolleranza e la magnanimità sono caratteristiche dei forti, e soprattutto di tutto c’è bisogno tranne che di tensioni etniche. Si scelga la via del conflitto davanti alla Corte costituzionale, non quella prefettizia. Si percorra la via del diritto, non della forza. La via delle aule di tribunali e non dei comunicati stampa.
 Da come il Governo saprà gestire questa vittoria, dalla capacità di resistere ai tentativi di calcare la mano, si potrà giudicare la sua sensibilità nei confronti delle autonomie e delle minoranze. Per le autonomie sembrano tempi difficili: se a livello declamatorio proliferano i ministeri per il federalismo, per il decentramento, per la semplificazione, nella prassi si tagliano fondi e strumenti giuridici alle Regioni come mai prima d’ora. Aumenta il numero delle Province ma le Regioni non hanno i soldi per esercitare le proprie competenze.
 Ai Comuni si taglia l’Ici costringendoli alle capriole economiche. Divide et impera. Nei confronti delle minoranze sembra emergere una crescente insofferenza, non solo e non tanto per quelle protette e pasciute delle regioni autonome, quanto per quelle più esposte a discriminazioni: immigrati, Rom, omosessuali. In queste condizioni, svegliare il can che dorme su una vicenda di cartelli, perfino tirando troppo la corda quando si è dalla parte del torto, è proprio una pessima idea.
 C’è da augurarsi che nonostante il caldo gli animi e le menti si raffreddino al più presto e non scoppino pericolosi incendi. Sia il Governo che la Provincia possono ancora essere ottimi pompieri.

Alto Adige 22-7-10
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venerdì, 16 luglio 2010



Procura: soldi dal fondo europeo per i cartelli Avs

MARIO BERTOLDI
BOLZANO. Nell’inchiesta della Procura sui cartelli monolingui installati dall’Alpeverein sui sentieri di montagna, l’attenzione degli inquirenti si è spostata negli ultimi giorni sui finanziamenti anche internazionali che il sodalizio avrebbe tentato di ottenere.
 L’Alpenverein avrebbe goduto di diversi appoggi per tentare di ottenere un adeguato finanziamento europeo al progetto di digitalizzazione della rete dei sentieri di montagna dell’Alto Adige. Fu attivato anche il Fondo europeo di sviluppo regionale che mise a disposizione una somma considerevole per finanziare l’opera, inconsapevole ovviamente dei risvolti fortemente politici dell’iniziativa. Ora la pratica è al vaglio del dottor Pallaver, il consulente nominato dal procuratore capo Guido Rispoli proprie per verificare i canali di finanziamento utilizzati dall’Alpenverein per realizzare 35 mila cartelli non rispettosi dell’obbligo del bilinguismo previsto dallo statuto di autonomia.
 All’epoca del finanziamento richiesto al Fondo europeo di sviluppo regionale la fretta di procedere avrebbe anche giocato un brutto scherzo: dopo che i soldi erano stati stanziati dal fondo internazionale, proprio in sede europea venne contestato il tentativo di far ottenere la somma prevista direttamente all’Alpenverein senza l’indizione di una gara.
 Il finanziamento venne così revocato e a metterci una...«pezza» sarebbe stata, come sempre, mamma Provincia.
 Ora la vicenda è al vaglio del dottor Pallaver in stretta collaborazione con il procuratore capo Rispoli che attende le indicazioni tecniche necessarie per verificare i flussi di finanziamento goduti.
 Come noto il procuratore ha allargato l’ambito dell’inchiesta. Oltre all’abuso d’ufficio, già previsto dal procuratore dalle prime battute dell’inchiesta, ora gli inquirenti si muovono anche con le ipotesi di malversazione ai danni della Provincia e truffa aggravata.
 In effetti l’indagine ha imboccato una nuova strada molto importante. Dopo aver fatto verificare ai carabinieri tutti i cartelli installati dall’Alpenverein sui sentieri dell’Alto Adige ed aver documentato il mancato rispetto della toponomastica ufficiale italiana (che non può dipendere da accordi privati tra Cai e Alpenverein), il magistrato vuole capire chi abbia pagato i circa 35 mila cartelli installati sui sentieri altoatesini. Più volte l’Alpenverein ha negato l’uso di soldi pubblici ma non ha mai indicato con certezza (e trasparenza) come l’intera operazione di «tedeschizzazione» delle indicazioni di montagna sia stata finanziata. Ecco perchè il procuratore è passato, ancora tempo fa, alla fase due dell’indagine. I carabinieri hanno accertato che oltre il 75 per cento dei cartelli installati non sono legittimi. Tutto il cammino dell’inchiesta è basato su presupposti giuridici ben precisi. Nulla è stato lasciato al caso o alle semplice argomentazioni dettate dalla logica. Il lavoro del procuratore si è sempre basato sul requisito di «ufficialità» di un toponimo arbitrariamente rimosso. Proprio per questo ad inizio inchiesta la Procura diede disposizione agli agenti della Digos di acquisire a Firenze tutta la documentazione in possesso dell’istituto geografico militare, con l’obbiettivo dichiarato del magistrato di verificare, in primo luogo, l’esistenza di una toponomastica ufficiale italiana in Alto Adige.
Alto Adige 16-7-10
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mercoledì, 14 luglio 2010



Cartelli, l’Alpenverein s’inchina a Durnwalder

BOLZANO. Dopo il duro botta e risposta dei giorni scorsi, originato dall’accordo fra il ministro Fitto e la Provincia per il ripristino dei cartelli bilingui, ieri si è tenuto un incontro chiarificatore fra il presidente della Provincia Luis Durnwalder e il presidente dell’Avs Georg Simeoni.
 Simeoni - dopo aver aspramente criticato Durnwalder, che sostanzialmente aveva incolpato della delicata situazione venutasi a creare l’Alpenverein Südtirol - si è praticamente inchinato al volere del presidente Durnwalder, il quale ieri, al termine dell’incontro, ha detto: «Era necessario chiarire le cose. Fra noi non c’è la minima controversia. Anche l’Alpenverein Südtirol è completamente d’accordo con questo compromesso che abbiamo raggiunto con il ministro Fitto e che soddisfa tutti».
 «Evidentemente ci sono stati degli equivoci», gli ha fatto eco Simeoni. «Qualche incomprensione. Ma noi siamo sempre stati d’accordo con la linea del presidente».
 Entrambi, in più, per giustificare almeno in parte gli attriti verificatisi nei giorni scorsi, hanno fatto ricorso all’espediente di incolpare la stampa per aver esasperato i toni nel riportare i termini della disputa fra i due presidenti.
 Durnwalder, inoltre, ha chiarito: «Noi nomineremo due persone, una da parte del commissario del governo, uno da parte della Provincia. Loro devono elaborare un testo per un accordo: una intesa fra ministero e provincia». Al termine dei lavori, ha concluso Simeoni, «la giunta ci dirà cosa fare e noi ci adegueremo». (da.pa)
Alto Adige 14-7-10
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martedì, 13 luglio 2010



Durnwalder: «L’Avs ha sbagliato»

GIANFRANCO PICCOLI
BOLZANO. «Non capisco di cosa di lamenti l’Alpenverein, visto che la situazione che si è creata, compresa l’inchiesta della Procura di Bolzano, è frutto di loro errori». Nei giorni scorsi, Luis Durnwalder aveva già scagliato qualche freccia contro l’Avs («Se si fossero attenuti alle nostre indicazioni...»). Questa volta il presidente ha pubblicamente richiamato l’Alpenverein, indicandola come principale responsabile di una querelle che, oltre agli uffici di Piazza Tribunale, è approdata direttamente a Roma, sul tavolo del ministro Raffaele Fitto.
 A Palazzo Widmann non sono per nulla piaciute le parole pronunciate dai vertici dell’associazione proprio nelle ore successive all’incontro tra Fitto e Durnwalder. In sostanza, l’Alpenverein ha criticato i termini dell’accordo romano, ritenendo difficilmente praticabile la sostituzione di tutti i cartelli monolingue in poco tempo. Durnwalder avrebbe preferito un profilo più basso da parte dell’Avs e ieri, nel corso del consueto incontro con la stampa che segue la seduta di giunta, non lo ha mandato a dire: «L’Alpenverein - ha aggiunto il presidente - dovrebbe essere contenta dell’accordo raggiunto considerando che i problemi li hanno creati loro con l’installazione dei cartelli monolingue».
 Durnwalder ha poi aggiunto di essere «rimasto male» per quanto affermato da Eva Klotz. La Klotz aveva definito l’accordo con Fitto un «diktat romano»: «Qui - è la replica del presidente - non si tratta di diktat, ma di rispetto delle leggi: se pretendiamo l’applicazione delle norme sul bilinguismo in tutte le amministrazioni pubbliche, non possiamo poi venir meno noi a questo obbligo».
 L’incontro con il ministro Raffaele Fitto, che si è svolto giovedì scorso, è stato uno dei temi principali della seduta di ieri della giunta provinciale. Il presidente ha confermato quelli che dovrebbero essere i termini dell’accordo per il ripristino della segnaletica bilingue. La ratifica dovrebbe essere fatta giovedì presso il Commissariato del Governo. Il Commissario Fulvio Testi sta lavorando con i tecnici provinciali per definire il testo: se si arriverà ad un’intesa entro giovedì (al massimo venerdì), salirà a Bolzano per la firma lo stesso ministro Fitto. Se invece non si arriverà ad un accordo - ha detto il ministro nei giorni scorsi - si dovrà procedere seguendo altre strade.
 «In giunta non abbiamo parlato di toponomastica, ma di segnaletica - ha voluto specificare Luis Durnwalder - ci è stato chiesto di rispettare la norma sul bilinguismo ed è quello che faremo per tutti i cartelli che si trovano su terreno pubblico e che sono stati installati da un’associazione sovvenzionata dall’ente pubblico. Attualmente - ha proseguito Durnwalder - i cartelli solo in lingua tedesca sono circa 36.000. Tutti i sostantivi verranno tradotti in italiano, non i nomi storici e i nomi propri». «I cartelli su terreno pubblico verranno ripristinati, ma gradualmente - ha aggiunto il presidente - non possiamo procedere con la falce: la sostituzione avverrà quando i cartelli saranno deteriorati». Tempi, dunque, non sono stati indicati. Secondo Durnwalder, è stata trovata una «forma concreta» e di «buon senso» per risolvere la questione: «Un primo passo - ha detto in conclusione - per affrontare il tema più complesso della toponomastica».
 Insomma, potrebbe essere alle battute finali (almeno sulla carta) una vicenda esplosa oltre un anno fa, quando sono arrivate le prime segnalazioni sui cartelli monolingue apparsi su moltissimi sentieri dell’Alto Adige. In alcuni casi si tratta di episodi «clamorosi», con le indicazioni per Bolzano diventate solamente Bozen. Una vicenda che, dopo l’esposto presentato dal consigliere comunale Guido Margheri, è diventato materia d’indagine della Procura di Bolzano: l’inchiesta, coordinata dal procuratore Guido Rispoli, non vede alcuna persona iscritta nel registro degli indagati.
Alto Adige 13-7-10
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sabato, 10 luglio 2010



Sui toponimi condannati al dialogo

FRANCESCO PALERMO
Il problema è il contenuto dell’annunciato disegno di legge. Da anticipazioni di stampa sembra che si intenda introdurre la distinzione, giuridicamente problematica, tra macro- e micro toponomastica e l’ancor più dubbio criterio delle rilevazioni statistiche per determinare l’uso effettivo di un toponimo per i casi incerti. Se questo sarà il contenuto della legge proposta, si tratterà di una forzatura dello statuto, destinata quasi certamente ad incorrere in una censura di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale. In altre parole, una legge siffatta avrebbe vita brevissima.
 Allora si pongono due domande fondamentali. Primo: a chi giova una forzatura dei delicati equilibri della convivenza, tanto più sapendo che la legge, anche se approvata, non sopravvivrà al vaglio della Corte costituzionale? Potrebbe trattarsi di una deliberata “strategia della tensione”, volta a rimettere in discussione i pilastri dell’autonomia come disegnata dallo statuto, ma non converrebbe a nessuno, a partire dalla Svp, che non è certo così sprovveduta da voler compiere un passo del genere. Oppure si tratta di un’ingenuità giuridica colossale, ma è impensabile che il partito non abbia acquisito le necessarie informazioni e possa incorrere in simili errori di valutazione. Resta una terza ipotesi, la più probabile: che si tratti di una pedina su uno scacchiere più ampio, da sacrificare al momento opportuno in cambio di altro. Quando sarà il momento, la proposta sarà ritirata, e ciò sarà presentato come un doloroso passo indietro che giustifica la richiesta di qualcosa di ragionevolmente ottenibile. Magari la flessibilità sui tempi del ripristino della segnaletica bilingue sui sentieri. Sarebbe una strategia ardita, ma comunque comprensibile, mentre le altre ipotesi semplicemente sono irrealistiche.
 Secondo: cosa insegna questa vicenda? E cosa dice davvero lo statuto? Si è parlato molto della competenza primaria della Provincia in tema di toponomastica, ma poco delle ramificazioni di questa competenza. Per esempio, è bene ricordare che il gruppo linguistico italiano in Consiglio provinciale può bloccare la legge prima che venga approvata, senza bisogno di aspettare che sia Roma a sollevare il ricorso. Ma soprattutto, la vicenda mostra un aspetto essenziale, che palesa sia la forza che la debolezza del sistema autonomistico. La convivenza dettata dallo statuto prevede innumerevoli meccanismi che obbligano al dialogo. Il dialogo è il metodo di governo della convivenza, e lo è per qualsiasi aspetto, anche per quelli che contraddicono lo statuto stesso e il suo spirito. Il metodo concertativo previsto dallo statuto consente dunque che si discuta anche su problemi inventati come quello della toponomastica, su cui la regola statutaria è talmente chiara che non dovrebbe ammettere discussioni. In altre parole, la vicenda mostra un paradosso dello statuto: anche se un problema è artificiale, inventato, perfino inammissibile ai sensi dello statuto, è lo stesso statuto a rendere necessario un dialogo. Il metodo, dunque, prevale sulla sostanza. Se qualcuno decide che il bilinguismo totale della toponomastica è un problema, di questo problema si deve discutere, anche se non ci sarebbe nulla da dire. Per questo siamo fortunatamente condannati al dialogo anche quando non ci piace. E per questo il sistema si regge solo in quanto la classe politica sia complessivamente responsabile ed eviti di inventare troppi problemi, specie laddove non ci sono. Perché lo statuto ci obbliga a prenderli comunque sul serio.
Alto Adige 10-7-10

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lunedì, 05 luglio 2010



I nomi e gli equivoci della Svp

Dopo trentotto anni dall’entrata in vigore di uno Statuto che avrebbe dovuto costruire una buona - se non serena - base di convivenza, ritorna il problema della toponomastica: problema che è divenuto tormentoso a causa del cinico comportamento della Svp, che si rifiuta di riconoscere che non si tratta di una questione da discutere e tantomeno da risolvere sulla base di compromessi.
Dato che l’assoluta chiarezza dello Statuto in proposito esclude problemi interpretativi. Ho aperto l’ultimo mio intervento su una questa spinosa quetione scrivendo che il tema della toponomastica, a mio parere, costituisce la cartina di tornasole su cui valutare la minore o maggiore volontà di convivenza da parte della Svp: oggi, a distanza di pochi mesi, lo penso più che mai.
 Vorrei che il partito dominante, i suoi massimi esponenti ed anche il governatore Durnwalder, maestro di pragmatismo, ci spiegassero come e perchè lo Statuto debba essere sacro ed inattaccabile anche per questioni minori (vedi la radicalizzazione del principio che non è dato il voto a chi non risiede nell’isola felice da almeno quattro anni) e possa viceversa essere calpestato quando si tratta di un principio basilare della nostra autonomia.
 Ci si vuol dimenticare perfino dell’Accordo Degasperi - Guber, di cui peraltro si è sempre pronti a invocare l’ancoraggio internazionale, quando il principio obbligatorio e vincolante del bilinguismo è stato sancito primariamente proprio da quello storico documento e trasferito poi nelle norme (art. 8 e art. 101) dello Statuto. La Svp ha avuto sempre fretta di fronte all’opportunità dell’emanazione di norme di attuazione su qualsiasi tema, mentre non ha per decenni avuto fretta per l’attuazione del basilare principio del bilinguismo.
 La cosa ha una sua logica: con il solito cinico pragmatismo si è voluto spostare la soluzione del problema al momento in cui il problema dell’Alto Adige potesse essere trattato con lo Stato con la massima arroganza e protervia, come dimostrano le reazioni alle sollecitazioni - più che giustificate - dal Ministro agli Affari regionali.
I parlamentari Svp hanno parlato di”intromissioni del Ministro Fitto da rispedirsi al mittente”. L’On. Zeller dimenticando che nell’aprile 1997 aveva sottoscritto una risoluzione della commissione Affari costituzionali della Camera, riaffermante che basi per la soluzione dello specifico problema dovevano essere unicamente lo Statuto e l’Accordo Degasperi - Gruber, oggi dice che i criteri per ufficializzare i singoli toponomi debbano essere la tradizione e l’uso; l’On. Brugger arriva a dire che”quello dello Statuto è un pretsto per lasciare immutati migliaia di nomi inventati da Tolomei” aggiungendo che auspica la soluzione del problema”senza politiche talebane”. Ed è chiaro che a questo punto i talebani sarebbero gli oppositori al progetto del grande partito.
 È vero che oggi la discussione è circoscritta alla microtoponomastica, con un’operazione antigiuridica in quanto lo Statuto non pone alcuna distinzione tra macro e micro; ma la microtoponomasrica può essere grimaldello per andare oltre: probabilmente il falco Svp Pahl nel 1992, quando avnzò una proposta che aveva come cardine la differenzazione (proposta che il presidente Durnwalder fece sua nel 1996) si rendeva conto di ciò. D’altronde questa pretesa differenziazione è statala base per quella soluzione strisciante vide vari Sindaci (Cortaccia, Termeno, Caldaro) muoversi di fatto su scelte contro statum.
Non riesco a comprendere perchè dovrebbere essere l’Avs nell’auspicato ma impossibile concorso del Cai a determinare la soluzione; tanto meno posso accettare l’ipotesi di un sondaggio per il quale e’ stata avanzata una proposta che è risibile ma che costituisce anche indice di protervia.
 Quindi mi meraviglia come i colleghi avvocati Zeller e Brugger, ottimi giuristi, che non possono non essere consapevoli di tale invalicabilità, possano giocare questa partita in modo - a dir poco - sfrontato. Ma mi meraviglia che come alcuni politici di lingua italiana possano - esplicitamente o implicitamente - auspicare compromessi, per evitare”una forzatutra del governo, ipotesi che non piace perchè ci sarebbero vinti e vincitori”. Non comprendo perche’ si possa affermare che se lo Stato sara’ rispettato ci saranno”vinti e vincitori: semmai vincerà il riconoscimento della pari dignità di diverse etnie che vivono nella stessa Nazione, cosa di cui sembra pochi tengano conto.
Adriana Pasquali *
Alto Adige 5-7-10
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sabato, 03 luglio 2010



Primo compromesso: subito bilingui i nuovi cartelli

FRANCESCA GONZATO







BOLZANO. Cartelli bilingui: Luis Durnwalder e Raffaele Fitto si incontreranno la settimana prossima. E arriva la prima proposta di Palazzo Widmann: una tranche iniziale di tabelle in versione bilingue.
 L’appuntamento a Roma nasce per fare il punto sul Fondo sociale europeo, ma lo stesso presidente provinciale fa sapere che «sarà naturale affrontare anche la vicenda della segnaletica».
 Il ministro Fitto, impegnato in prima linea nella richiesta di rispetto del bilinguismo, si è augurato anche giovedì una soluzione «nei prossimi giorni».
 Il presidente provinciale Luis Durnwalder potrebbe proporgli un primo passo avanti: «I nuovi cartelli saranno bilingui». E come regolarizzare le migliaia di tabelle solo in tedesco installate da Avs e associazioni turistiche? Durnwalder: «Potrebbero essere sostituite un po’ alla volta».
 L’assessore Christian Tommasini, che in questi mesi ha tenuto i rapporti con il Cai, commenta: «Il ministro Fitto ha riconosciuto che Bolzano sta lavorando. Sono fiducioso che in poche settimane si possa arrivare a un accordo che lasci tutti soddisfatti: non stiamo discutendo della legge sulla toponomastica, ma di un caso specifico attinente a una relazione della procura».
 In questa fase il lavoro è concentrato nelle mani dell’assessore Hans Berger, impegnato con i suoi uffici a preparare la proposta da sottoporre alla giunta. Ma l’appuntamento tra Durnwalder e Fitto per discutere di Fondo sociale europeo capita proprio nel momento giusto, perché il ministro ha preso da qualche settimana in mano la situazione. Durnwalder dovrebbe annunciare a Fitto un primo atto concreto di distensione. Il rinnovo della segnaletica non è ultimato: manca ancora la posa di diverse migliaia di cartelli.
 «I prossimi che verranno installati saranno bilingui», annuncia Durnwalder.
 Scoppiato il caso della segnaletica, la Provincia ha bloccato i finanziamenti all’Avs specifici per la nuova segnaletica. Durnwalder annuncia ora che quando si ripartirà con la posa, sarà «con tabelle bi-trilingui».
 Resta il problema delle migliaia di cartelli già presenti sui sentieri e di cui Fitto chiede la correzione. Su questo fronte Durnwalder si dimostra possibilista, ma solo a lungo termine. Questa la sua ipotesi: «Si procederà con la versione bilingue mano a mano che i cartelli dovranno essere sostituiti per l’uso».
 D’altronde, precisa, «nemmeno quando siamo subentrati all’Anas abbiamo sostituito da un giorno all’altro tutta la segnaletica. E non mi stancherò mai di ricordare che abbiamo in Alto Adige un serio problema di mancato rispetto del bilinguismo per quanto riguarda i rapporti con le forze dell’ordine. Senza cercare tanti esempi, citerò l’auto della Guardia di finanza che ho appena incontrato e che ha la scritta solo in italiano».
 Sui tempi della sostituzione delle tabelle in tedesco in realtà la giunta non ha ancora preso una decisione e attende la proposta di Berger.
 L’assessore e Obmann della Svp Richard Theienr fa sapere: «Il partito segue da vicino il lavoro di Berger ed è interamente al suo fianco. Lavora per trovare una soluzione praticabile, non populistica e accettabile per tutti. Nessuno di noi ha voglia di portare avanti questa questione in eterno».
 L’assessore Christian Tommasini si augura di poter mettere un punto «nel giro di poche settimane, purché si riesca a lavorare serenamente». Rispetto a quanti cartelli verranno sostituiti e quando, Tommasini ricorda che «c’è un lavoro di verifica dei carabinieri commissionato dalla Procura. Quella è la base cui va data risposta». Va ricordato infatti che non c’è solo la pressione del governo, con ipotesi estrema di poteri sostitutivi affidati al commissariato del governo. E’ ancora aperta l’inchiesta della Procura, che ha calcolato sui sentieri la presenza dell’80 per cento di cartelli irregolari.
 Il Cai nei giorni scorsi, dopo alcune aspre prese di posizioni di Berger nei confronti dell’associazione, ha fatto capire che intende togliersi dai riflettori. Tommasini conferma: «Il ruolo tecnico di Cai ed Avs in questo momento è esaurito».

Kammerer: 5000 nomi in italiano

BOLZANO. «Ho cercato l’equilibrio». Così il cartografo Johann Kammerer riassume il lavoro di consulenza che ha prestato per il Cai nelle scorse settimane. C’è anche il suo impegno dietro la lista di toponimi che il Cai ha consegnato al commissariato del governo e all’assessore Tommasini, ricavandolo dalle carte Tabacco. Quelle carte sono firmate dallo stesso Kammerer, che conferma quanto anticipato dai vertici del Cai: «Nell’elenco sono stati aggiunti anche molti nomi in tedesco». Di altri è stata invece fornita la versione italiana, oltre a quella tedesca. E così, dall’iniziale gruppo di 7000 toponimi si è arrivati al gruppo di 5-6000 consegnati l’altro giorno e in arrivo la settimana prossima (manca ancora la Pusteria). «Credo che 5000 dovrebbero essere bilingui». Secondo Kammerer non c’è alcun dubbio che vadano mantenuti bilingui le diciture «malga», «rifugio», «torrente», mentre sui nomi è più prudente: «Per Rossalm ho scelto “rifugio Rossalm”, senza tradurre il nome».


Alto Adige 3-7-10
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venerdì, 02 luglio 2010



Fitto: «Nomi bilingui come dice lo statuto In caso contrario interverrà il governo»

BOLZANO. Scaduto l’ultimatum imposto al presidente della Provincia Luis Durnwalder, il ministro agli affari regionali Raffaele Fitto si mostra pronto al dialogo, ma allo stesso tempo intransigente su quello che definisce un caposaldo dello statuto di autonomia: «Il bilinguismo va rispettato», detta la linea il ministro che è fiducioso sul fatto di poter arrivare a risolvere una volta per tutte la spinosa questione della toponomastica.
 Il ministro Fitto aveva chiesto al presidente della Provincia Durnwalder di risolvere la questione legata alla toponomastica e in particolare alla segnaletica di montagna entro la fine di giugno. L’ultimatum è scaduto, ma nel frattempo è arrivata la risposta di Durnwalder. «Prendo atto - dice ora il ministro - che la Provincia si è impegnata a deliberare in materia. Ora studierò la proposta e sarà mia premura accertare che gli impegni vadano rispettati».
 Quando parla di impegni da rispettare, il ministro agli affari regionali si riferisce in particolare ad un aspetto: «Io non voglio scontri con nessuno, ma il bilinguismo è un principio che va ribadito. Non ho intenzione di creare polemiche di alcun tipo, ma vorrei che almeno questo principio venisse salvaguadato». Fitto è convinto che si possa arrivare a una soluzione in tempi brevi: «Mi auguro il completamento di una questione che da troppo tempo, da anni non viene affrontata. So che a Bolzano sono al lavoro, spero che si possa arrivare a una soluzione definitiva già nei prossimi giorni».
 Realisticamente, sarà difficile chiudere la trattativa a giorni, come chiede il ministro, ma l’impegno di Durnwalder è stato chiaro: il disegno di legge sulla toponomastica sarà portato in consiglio provinciale entro quest’anno. Ma il testo, così come è stato illustrato da Durnwalder, rispetta il bilinguismo solo in parte: per i toponimi già inseriti in qualche testo legislativo (statuto di autonomia o leggi regionali e provinciali) e per quelli per i quali sarà accertato l’effettivo utilizzo da parte della popolazione locale tramite un sondaggio Astat. Il ministro non commenta la proposta in attesa di studiare più in dettaglio il disegno di legge, ma fa capire che non è questa la soluzione che ha in mente: «Mi auguro che non ci sia un “diversamente” rispetto al principio statutario del bilinguismo, ma se dovesse essere così, allora vedremo come muoverci». Tra le ipotesi c’è anche quella di assegnare poteri straordinari al commissario del governo.
 A questo punto la palla passa nuovamente alla Provincia e in particolare all’Svp che dopo gli annunci ora dovrà presentare il suo disegno di legge.
Alto Adige 2-7-10
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venerdì, 02 luglio 2010



Nomi, il ministro Fitto a Durnwalder «Sui cartelli bilingui basta con i rinvii»

 BOLZANO. Fitto non ha dimenticato il suo ultimatum sui cartelli in montagna. Il governo potrebbe decidere per una azione di forza, come l’assegnazione di poteri straordinari al commissario del governo su questo caso. Il ministro aveva fissato per fine giugno il termine per ricevere da Palazzo Widmann indicazioni su come verrà ristabilito il bilinguismo sui sentieri. Luis Durnwalder ha inviato una lettera, comunicando che verrà depositato il disegno di legge provinciale sulla toponomastica. Ma la soluzione sui cartelli ancora non c’è. C’era attesa per il Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio, ma la seduta è stata dedicata all’esame della relazione sul federalismo fiscale. Al ministero confermano che l’ipotesi dei poteri sostitutivi è allo studio. Ne è convinto anche il deputato Giorgio Holzmann (Pdl), che nei giorni scorsi ha parlato con Fitto: «Il ministro mi ha detto che non si accontenterà più di chiacchiere e rinvii». La giunta provinciale ribadisce di avere intenzione di trovare un accordo, eppure ogni giorno che passa la situazione si fa più tesa. Ieri l’assessore provinciale Hans Berger, già durissimo con il Cai nei giorni scorsi, ha lanciato stoccate al collega vicepresidente Christian Tommasini. Pur senza citarlo, Berger ha commentato così il filo diretto tra Tommasini e il Cai in questa vicenda: «Sono l’assessore al turismo e vicepresidente anch’io. Non capisco altri cosa c’entrino». Clima teso a questo punto anche nel Cai. Consegnato il proprio elenco di toponimi bilingui, il presidente Giuseppe Broggi chiama fuori l’associazione: «Il nostro lavoro è terminato».
 E’ iniziata la seconda stagione estiva con i sentieri quasi monopolizzati da cartelli monolingui installati da Avs e associazioni turistiche (l’80% secondo i rilievi della Procura). Il ministro Fitto ha chiesto alla Provincia di ripristinare il bilinguismo e attende indicazioni. Gli occhi sono puntati quindi su Roma. Lo strappo istituzionale di assegnare al commissariato del governo poteri sostitutivi per ristabilire il bilinguismo è una ipotesi allo studio di Fitto. Una azione così pesante, spiegano al ministero, verrebbe concordata all’interno del Consiglio dei ministri.
 Le prese di posizione delle scorse settimane hanno già fatto capire che la vicenda è stata messa sotto i riflettori. Fitto lo ha confermato in questi giorni a Giorgio Holzmann, autore di una interrogazione sull’argomento: «La Provincia spera di prendere per stanchezza i suoi interlocutori romani, ma non credo che sarà così. Ho chiesto al ministro come si sarebbe mosso al termine della scadenza di giugno e mi ha risposto che si aspetta fatti dalla Provincia, non prese di posizione dilatorie. E ha ribadito che spetta alla Provincia risolvere il problema». Questa linea viene sposata dal deputato, polemico sul coinvolgimento di Cai e Avs al tavolo delle trattative.
 Così Holzmann: «Basta con questa storia, veramente basta. Primo, l’Avvocatura dello Stato ha sancito che l’Avs come concessionario di pubblico servizio deve rispettare il bilinguismo. Secondo, non sono Cai e Avs che possono decidere la toponomastica in Alto Adige. Sono furbizie innescate dalla giunta provinciale che rischiano solo di compromettere la convivenza».
 Holzmann riassume: «La soluzione è assai più semplice di quanto si possa immaginare: lo Statuto di autonomia, che affida la competenza alla Provincia ma prevede l’obbligo di bilinguismo».
 Il Cai aveva ricevuto da Christian Tommasini l’incarico di preparare un elenco dei toponimi bilingui. Hanno lavorato sulle carte Tabacco, partendo da 7000 toponimi e sfrondando fino a 5-6000. Hans Berger ha in mano una lista elaborata con l’Avs di 3300 toponimi. Al Cai non hanno però intenzione di partecipare a una trattativa nome su nome. Con decisione il presidente Broggi fa capire che l’associazione lascia spazio alla politica. «Se vorranno contattarci ancora, risponderemo, ma il nostro lavoro di tecnici è terminato». Lo stesso Tommasini spiega: «Certamente tocca ora alla politica, cioè alla giunta provinciale, trovare un accordo». L’attenzione di Roma e l’attenzione mediatica ha però esasperato Berger, che pur garantendo «dove può esserci bilinguismo, ci sarà», ha preso di mira il Cai, accusandolo «di avere preso posizioni politicamente estreme» e ieri non ha risparmiato, indirettamente, neppure Tommasini, che si era proposto come mediatore per la parte italiana: «Il Cai non ha inviato a me il materiale, ma a Tommasini. Essendo io l’assessore competente, non vedo cosa c’entrino altri». Manca ancora all’appello la lista Cai sulla Val Pusteria, spiega Berger, «e aspetto anche documentazione sui rilievi. Quando avrò il quadro completo, informerò la giunta». Coinvolgerà ancora Cai e Avs? «Vedremo». (fr.g.)

I Verdi: ora tregua tra le associazioni

BOLZANO. I Verdi tornano sul caso della segnaletica con una presa di posizione in cinque punti. I consiglieri Hans Heiss e Riccardo Dello Sbarba precisano così la loro visione. Prima di tutto ricordano l’obbligo di bi-trilinguismo sancito dall’Accordo di Parigi e dallo statuto. Un dovere, ricordano, ma anche un impegno per coloro cui «sta a cuore la convivenza nella nostra provincia plurilingue». Ne consegue, dunque, il principio «del riconoscimento reciproco invece che ostilità». Il bi-trilinguismo non giustifica, proseguono i Verdi, l’opera fatta da Tolomei «il cui scopo fu la snazionalizzazione della popolazione sudtirolese». Viene poi ricordata la necessità di distinguere tra toponomastica pubblica e privata (non soggetta a obblighi). Viene lanciato un appello a Cai e Avs: «Cerchino un dialogo, concordino una moratoria di tre mesi e nominino una commissione per trovare un accordo tra le due proposte». Infine la stoccata alla politica: «Si prenda le sue responsabilità. Provincia e governo non usino le associazioni come cavie».
Alto Adige 1-7-10
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martedì, 29 giugno 2010



Disegni e numeri al posto dei nomi per i cartelli lungo i sentieri

BOLZANO. Mentre oggi il Cai presenterà la propria proposta al commissario del governo Fulvio Testi, l’assessore provinciale al turismo Hans Berger lancia una nuova idea per risolvere la questione dei cartelli lungo i sentieri di montagna, puntando sui pittogrammi.
 «Sui cartelli - afferma l’assessore - si potrebbero disegnare i simboli per definizioni come malga o rifugio. E accanto si potrebbe mettere il numero del sentiero. Questi pittogrammi dovrebbero essere una soluzione che potrebbero accettare tutti adottando un po’ di buon senso, visto che questi simboli sono riconosciuti anche a livello internazionale».
 Oggi anche Berger dovrebbe ricevere la proposta del Cai, ma l’assessore non nasconde le sue perplessità: «La soluzione che ho messo sul tavolo io prevede 3.300 toponimi bilingui e credo che si tratti già di un compromesso serio, fatto dopo un lungo lavoro. Tutto quello che era traducibile, è stato tradotto, senza penalizzare nessuno dal punto di vista linguistico. Se il Cai vuole che i toponimi bilingui siano almeno settemila, allora si tratta di una sorta di italianizzazione di tutti i nomi, visto che i toponimi tradotti da Tolomei sono ottomila. Se fosse davvero così, non potrò sicuramente accettare».
 Anche il presidente della giunta provinciale Luis Durnwalder è curioso di vedere la proposta del Cai: «In ogni caso - avverte - stiamo parlando di una proposta che riguarda i sentieri di montagna, mentre la questione della toponomastica va affrontata dalla politica. Quella delle associazioni è una soluzione pragmatica, non politica». Domani scade l’ultimatum imposto dal ministro Fitto: «Nella lettera che ho inviato a Roma - dice Durnwalder - ho spiegato che stiamo già lavorando al disegno di legge. La competenza è nostra, il ministro si occupi del rispetto del bilinguismo da parte degli enti statali che invece sono di sua competenza».

Toponimi tra convivenza e pari dignità

La questione dei toponimi sarebbe surreale e di poca importanza se non fosse l’ennesima prova dell’incapacità dei politici di lingua italiana di difendere i propri elettori. Quando Tommasini si appella ad una mediazione fra Cai e Avs manca totalmente il punto della questione e fa (consapevolmente o per palese incompetenza) il gioco dei falchi estremisti del Svp. Lo statuto di autonomia prevede oltre ai toponimi in italiano, anche quelli in tedesco. In base a quale principio tutto ciò si possa tradurre nell’eliminazione dei toponimi della lingua ufficiale dello stato dove fino a prova contraria si trova l’Alto Adige, quello italiano, rimane un mistero. Si tratta di un tentativo unilaterale di prevaricazione la cui soluzione non si può certo delegare al Cai, ma al quale ci si deve opporre fermamente in sede politica. L’errore logico alla base di questa situazione è il tentativo di cercare una mediazione con un’istanza arbitraria che di legittimo non ha nulla, quella cioè dell’eliminazione, fatta tra l’altro con soldi dello stato italiano, dei topononimi che rappresentano la lingua di una parte della popolazione di questa terra. Eliminare una lingua significa alla lunga eliminare la popolazione che quella lingua usa, questo nella testa dei dirigenti dei dirigenti Svp come in quella di qualsiasi ricercatore di scienze sociali è fin troppo chiaro. Sfugge a quanto pare invece al Pd che cercando di mediare una violenza grande con una violenza più piccola non fa che servire al suo elettorato una violenza, l’ennesima che il gruppo italiano è destinato a subire con conseguente aumento dello straniamento e dell’alienazione nella terra dove è nato e vive.
 La convivenza rimane l’unico destino auspicabile per l’Alto Adige, ma non può che passare per il riconoscimento della pari dignità dei gruppi linguistici, che devono vedere riconosciuti la loro tradizioni, la loro cultura, la loro identità e la loro lingua in maniera eguale e non unilaterale e assimilatoria. Il fascismo è stato 90 anni fa, non esiste un solo motivo per cui gli italiani nati nel dopoguerra in questa terra debbano sentirsi in colpa per qualcosa che non hanno fatto, e non possano invece essere cittadini con gli stessi diritti degli altri, sempre che non si vogliano ripetere, a parti invertite, le violenze che compii il fascismo.
Alto Adige 29-6-10
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lunedì, 28 giugno 2010



 Avs e Cai cerchino l’intesa

MIRCO MARCHIODI
BOLZANO. Settemila i nomi del Cai, tremila quelli dell’Alpenverein. Il vicepresidente della Provincia Tommasini chiede alle due associazioni di aprire il confronto, il “Landeshauptmann” Durnwalder è d’accordo: «Se arrivassero a un compromesso, sarebbe più facile trovare una soluzione politica».
 Domani il Cai consegnerà la propria proposta sulla toponomastica al commissario del Governo Fulvio Testi. I toponimi bilingui secondo il Club Alpino Italiano sono almeno settemila. Nell’ipotesi dell’Avs, che sostanzialmente è quella proposta dall’assessore provinciale al turismo Hans Berger, ne sono compresi meno della metà. Dal vicepresidente della giunta provinciale Christian Tommasini è arrivato l’invito alle due associazioni: «Cai e Avs si siedano attorno a un tavolo e aprano il confronto, poi toccherà a noi».
 Possibile che debbano essere Cai e Avs a trovare la soluzione e non i partiti? «È chiaro - replica il presidente della Provincia Luis Durnwalder - che tocca alla politica individuare la soluzione. Non potrebbe essere altrimenti, visto che la questione toponomastica va risolta attraverso una legge provinciale e che l’elenco provinciale dei toponimi non lo possono fare né il Cai né l’Alpenverein. Però è anche giusto riconoscere l’esperienza di queste due associazioni, sentire la loro opinione e valutare le loro proposte. Soprattutto, se Cai e Avs riuscissero a trovare un compromesso, per noi sarebbe più facile arrivare a una soluzione politica. Un compromesso tra Alpenverein e Club Alpino significherebbe un compromesso accettato sia dalla popolazione di lingua tedesca sia da quella di lingua italiana. Sarebbe un vantaggio per tutti se riuscissero a mettersi d’accordo».
 Il compromesso tra Avs e Cai toglierebbe le castagne dal fuoco anche ai partner della maggioranza. Il Pd ha infatti già rifiutato categoricamente la proposta di legge che l’Svp si accinge a ripresentare e che prevede il bilinguismo per tutti i toponimi già inseriti in qualche legge (e quindi tutti i Comuni), mentre per gli altri toccherebbe all’Astat effettuare un sondaggio tra la popolazione residente per verificare quale è il toponimo effettivamente in uso. «Ma il sondaggio Astat - ha subito chiuso ogni ipotesi di trattativa Tommasini - non può essere accettato». Ma una legge approvata in consiglio con i soli voti dell’Svp verrebbe certamente impugnata dal governo. Durnwalder lo sa: «Ci vuole buon senso. Non presenteremo una proposta che Roma boccia in partenza, ma nemmeno legalizzeremo un’ingiustizia storica come quella dei toponimi di Tolomei».
 Nel frattempo, Durnwalder ha spedito la risposta alla lettera del ministro Raffaele Fitto che aveva fissato entro il 30 giugno il termine ultimo per risolvere la questione. La replica è stata ferma. Il “Landeshauptmann” ha messo in chiaro che la competenza non spetta al ministero ma alla Provincia, ha detto che la legge in materia è in fase di elaborazione, ha chiesto più attenzione al rispetto del bilinguismo anche negli enti statali e poi ha risposto anche in merito alla presunta pericolosità dei cartelli monolingui lungo i sentieri di montagna: «I cartelli sono monolingui in tutta Europa e non c’è nessuno che ne fa una questione di sicurezza. Certo, capisco che possano esserci dei malintesi se sulla cartina c’è scritto un toponimo e sul segnavia se ne trova un altro. Ma allora bisognerebbe anche dire che sono sbagliate o incomplete le cartine che riportano soltanto il toponimo italiano».
Alto Adige 28-6-10
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sabato, 26 giugno 2010



Cai: salvare 7mila nomi italiani

ANTONELLA MATTIOLI






BOLZANO. Per ultimare l’enorme lavoro fatto in queste settimane dal Cai mancano ancora all’appello i toponimi della Val Pusteria. Per questo il presidente del Cai Giuseppe Broggi e il suo vice Vito Brigadoi, che ieri hanno incontrato il commissario del governo Fulvio Testi a Palazzo Ducale, hanno preferito non consegnare il dossier sui toponimi bilingui, perché sarebbe stato incompleto. C’è l’impegno a farlo martedì. Per Broggi e i suoi uomini sarà un weekend passato a mettere nero su bianco tutti i toponimi bilingui che chi va in montagna trova sulle cartine e dovrebbe trovare anche sui cartelli. «Abbiamo calcolato - spiega Brigadoi che da 20 anni segue la questione toponomastica - che i nomi bilingui sono circa 7 mila». Più del doppio di quelli indicati nell’elenco dell’assessore provinciale Hans Berger che non va oltre i 3 mila. Bastano queste due cifre a giustificare i dubbi sul fatto che si trovi un’intesa sull’annosa questione della toponomastica.
 Pressing. «Il prefetto - spiega Brigadoi - ci ha invitati a completare rapidamente il lavoro. Perché il ministro Fitto evidentemente ha fretta di chiudere». Fretta comprensibile visto che il ministro ha dato tempo alla Provincia fino a fine giugno per indicare una soluzione. E per quella data si è impegnato anche l’assessore Berger che vorrebbe che il Cai firmasse un compromesso sui 3 mila nomi. «Ci caricano - commenta Brigadoi - di una responsabilità eccessiva. Che non ci compete. Siamo un’associazione, non tocca a noi ufficializzare i nomi o avallare la cancellazione dei toponimi italiani. Non potremmo neppure farlo, visto che lo Statuto fissa il principio del bilinguismo. Lo abbiamo detto anche al commissario del governo: noi lavoriamo con l’obiettivo che vi sia un’uniformità tra i nomi che chi va in montagna trova sulle carte e quelli riportati sui cartelli». Oggi non è così, visto che dalle verifiche disposte dal capo della Procura Guido Rispoli, risulta che l’Avs ha cancellato l’80% dei toponimi italiani.
 La ricerca. Lo Statuto stabilisce che i nomi in Alto Adige devono essere bilingui, basterebbe questo per evitare qualsiasi discussione. Ma siccome non è così, le 15 sezioni del Cai stanno facendo un lavoro certosino sui 116 Comuni. «Stiamo esaminando le carte della Tabacco che ha come riferimento le tavole dell’Istituto geografico militare e si avvale della consulenza di un cartografo di Bressanone. Con l’evidenziatore celeste indichiamo tutti i nomi bilingui, con quello rosa gli altri. Quindi li riportiamo sulla tabella Berger. Il principio - lo ripeto - è quello del bilinguismo: solo i nomi privati ovviamente non si traducono. Però Bergerhof, per fare un esempio, è importante che abbia anche la dizione italiana: maso Berger. Del resto, non si vede perché non dovrebbe essere così».
 Non solo toponimi. «Secondo le osservazioni che allegheremo al dossier dei 7 mila nomi, a nostro avviso vanno indicati bilingui anche quelli che non sono veri e propri toponimi, ma chi va in montagna li trova indicati sulle cartine. È il caso del sentiero delle castagne in Val d’Isarco, del sentiero panoramico o delle cosiddette «coppelle» che si trovano scavate nella roccia: questi ovviamente sono soltanto alcuni esempi». Martedì il prefetto avrà dunque in mano il dossier dei 7 mila nomi bilingui individuati dal Cai, bisognerà vedere quali saranno le prossime mosse del governo. Visto che, già nell’autunno dello scorso anno, il prefetto aveva invitato l’Alpenverein a ripristinare i cartelli bilingui in montagna nel rispetto dello Statuto. Invito caduto nel vuoto.
Alto Adige 26-6-10



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venerdì, 25 giugno 2010



Si pensa ad una strada forestale che colleghi Vadena a Monticolo

VADENA. Una piena dell’Adige, con tracimazione delle acque nel territorio di Vadena, è evenienza che ovviamente nessuno spera di vedere mai. Però potrebbe succedere vista l’orografia del territorio e quindi occorre pensare in tempo alle contromisure. Una di queste potrebbe essere la strada forestale che dovrebbe collegare Vadena a Monticolo. Se ne è parlato in consiglio comunale e il sindaco Alessandro Beati ha spiegato che, effettivamente, se dovesse esserci una piena rovinosa dell’Adige, con la situazione viaria di oggi, Vadena rischierebbe l’isolamento. «Per questo anche la Forestale sta pensando alla possibilità di realizzare una strada forestale che da Vadena salga il versante del Monte di Mezzo - ha spiegato Beati - e raggiunga la zona di Monticolo: potrebbe diventare preziosa come unica alternativa viaria proprio in caso di una inondazione».
 Per ora si tratta solo di un’ ipotesi inserita anche nel programma quinquennale della giunta di Vadena. Se poi si arriverà alla realizzazione, sarà l’Ufficio foreste della Provincia ad incaricarsi dei lavori, come succede normalmente per gli interventi di questo genere. (b.c.)
Alto Adige 25-6-10
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giovedì, 24 giugno 2010



Presto al via i lavori della nuova pedemontana

LAIVES. Manca solo l’ultima documentazione relativa al cambio di destinazione urbanistica e quindi potranno iniziare i lavori di costruzione della passeggiata pedemontana che, partendo da San Giacomo, raggiungerà castel Flavon, sopra Bolzano. «È l’ultima documentazione che deve rilasciare la Provincia - accenna il vicesindaco Georg Forti - e quindi si potrà cominciare».
 L’intervento vero e proprio è affidato all’Ufficio foreste della Provincia guidato da Martin Schöpf, una prassi oramai per Laives e Bronzolo, segno che entrambe le amministrazioni comunali sono ampiamente soddisfatte di come lavora la Forestale. È stata quest’ultima ad esempio a realizzare recentemente la bella passeggiata a monte di Bronzolo, dove c’è la zona sportiva, così come quella lungo il rio Vallarsa a Laives, con il parco “Baden Powell” e anche il primo tratto di passeggiata pedemontana a Pineta. Adesso si tratta di andare avanti verso Bolzano e in seguito, appena possibile, si completerà l’intero tracciato realizzando la parte mancante, da Pineta Monte, fino alla chiesetta sopra San Giacomo, lungo il piede della montagna. (b.c.)
Alto Adige 24-6-10
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sabato, 19 giugno 2010



UNA TERRA BILINGUE

PAOLO CAMPOSTRINI
La questione della toponomastica continua ad essere nelle mani dei taliban della purezza identitaria, della lingua usata come una clava per mostrare l’appartenenza ad un solo sangue e un solo suolo.
 E questo è triste. Ma lo è di più osservare come la politica risponda ponendo la stessa questione su un piano esclusivamente normativo. E dunque limitandosi a bordeggiare tra i richiami statutari e quelli delle competenze autonomistiche, cercando rifugio di volta in volta nelle rade di Tolomei o in quelle dei 500 nomi di Durnwalder, fino ai bizantinismi Svp che invocano la pagliuzza dell’azione «privatistica» dell’Alpenverein sui sentieri di montagna senza vedere la trave della sostanza palesemente «pubblica» e dunque, come si dice, erga omnes di quell’operazione.
 E’ triste perchè chi ci guida dovrebbe dire una volta per tutte che alla bilinguità della toponomastica non servirebbe neppure il sostegno della sua indiscutibile forza statutaria e dunque costituzionale, semplicemente perchè essa «è» la base stessa del nostro patto di convivenza.
Senza la dizione bilingue di comuni, luoghi e strade, senza il bilinguismo attivo e passivo negli uffici pubblici, senza la certezza che tutte le identità possano prosperare nella sicurezza della reciproca accettazione, ebbene tutto ma proprio tutto ciò che abbiamo costruito finora rischierebbe di essere messo in discussione. Impedire a qualcuno di chiamare un fiume o un monte come lo ha sentito pronunciare in casa sua fin da piccolo è una prospettiva di una violenza inaudita. Tocca l’immaginario, il mondo interiore di ognuno di noi, la letteratura, la poesia. Nessuno si sognerebbe di farlo con un sudtirolese. Nessuno dovrebbe sognarsi di farlo con un altoatesino. Il bilinguismo è l’ultima trincea, il muro capace di impedire che una simile violenza possa mai manifestarsi. E come per la scuola, la questione dovrebbe essere lasciata all’autonoma gestazione dei singoli gruppi etnici. Dovranno essere gli italiani, per esempio, a stabilire nell’uso se risolversi a chiamare Castel Varco soltanto col tedesco Laimburg. Come già accade. E così per il sentiero, o il maso o il rio che manterrebbe il suo storico patronimico tedesco senza che nessuno possa sentirsi umiliato da questa naturale presa d’atto quotidiana.
 E invece tra Svp e Alpenverein, passando per gli ottocenteschi afflati identitari di Schützen e destre civiche, è tutto un intrecciarsi di discriminanti storiche (prima o dopo i Baiuvari o il dipartimento napoleonico dell’Alto Adige?), di glosse pangermaniche, di registri parrocchiali piegati come bronzo fuso nella fucina delle molto più contemporanee esigenze elettorali di valle.
 Dall’altra, la destra italiana invoca soltanto Tolomei, individuando anche nelle più ardite e improbabili traduzioni, radici retoromance e addirittura etrusche per giustificare un’operazione di novecentesca pulizia etnica. L’uno e l’altro schieramento si rinfacciano i rispettivi testi glottologici che ovviamente, com’è nella loro stessa natura «vagula e blandula» direbbe il poeta, dimostrano tutto e il suo contrario. Senza pensare che al termine di questa orribile battaglia sulla pelle della gente, resterebbero solo ferite insanabili e un vago senso di reciproca estraneità nei due gruppi conviventi.
 Il nodo è invece, come detto, un altro. E su questo dovrebbero spendersi le forze politiche più responsabili. Il nodo è che la bilinguità di questa terra non va «dimostrata», va semplicemente «accettata» per il suo intrinseco valore fondativo. Noi siamo una terra bilingue e la toponomastica «deve» esserne lo specchio. Se in passato vi sono state delle forzature (Tolomei in primis) esse non possono essere riequilibrate dal brutale contrappasso dell’Avs o dal disegno di legge Svp che deciderà tra chi deve vivere o morire. Le forzature devono essere finalmente riconsegnate alla storia, come la germanizzazione della Venosta a scapito dei ladini. Perchè quasi quattro generazioni di altoatesini-sudtirolesi hanno mondato le brutalità della storia attraverso l’uso quotidiano e famigliare dei nomi, anche dei più improbabili. L’uso è la vera giustizia. L’uso è la libertà. La libertà di sentirsi a casa propria, di non dover rispondere delle colpe dei propri bisnonni, di non essere chiamati ogni giorno ad un esame di ammissione identitario.
Paolo Campostrini p.campostrini@altoadige.it
Alto Adige 19-6-10
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categoria:cultura, sentieri toponomastica
venerdì, 18 giugno 2010



Toponimi: ultimatum del ministro

BOLZANO. Braccio di ferro tra il ministro Fitto e Luis Durnwalder sui cartelli monolingui in montagna. Ieri il presidente Durnwalder ha ricevuto una lettera perentoria di Fitto: chiede il ripristino dei cartelli bilingui. Durnwalder ha replicato: «Ha sbagliato indirizzo». Immediata replica di Fitto.
 Fitto non ha accettato gli argomenti di Durnwalder e ha voluto rispondere nella stessa giornata. Questa la cronaca. Si apre la stagione turistica estiva e Fitto, che era già intervenuto sull’obbligo di bilinguismo, presenta un problema di tutela della sicurezza e pone un ultimatum, chiedendo alla Provincia il ripristino della segnaletica bilingue, diventata largamente monolingue con nuovi cartelli di Avs e associazioni turistiche. Viene chiesta una risposta entro fine mese. Questa la lettera di Fitto: «Dall’attività di verifica effettuata dal comando provinciale dei carabinieri emerge che la violazione del principio del bilinguismo nel settore considerato raggiunge picchi elevati con circa l’80% dei cartelli segnaletici irregolari, nonostante il suo impegno al riguardo e l’invito rivolto dal Commissario di governo alle associazioni alpinistiche Avs e Cai di verificare la conformità alle disposizioni vigenti della segnaletica in esame. Ritengo la questione particolarmente rilevante sia sotto il profilo del rispetto delle norme statutarie che per la evidente ricaduta che la stessa può avere in termini di sicurezza, anche in considerazione dell’approssimarsi della stagione estiva, che incrementerà l’affluenza di turisti». Ed ecco il termine fissato per Durnwalder: «La invito a voler attivare ogni possibile iniziativa finalizzata alla regolarizzazione dei cartelli segnaletici apposti sui sentieri di montagna, così da eliminare al più presto le irregolarità riscontrate pregandola di farmi avere notizie circa le iniziative assunte e i tempi per la loro realizzazione entro il corrente mese di giugno».
 Questa la risposta di Durnwalder: «Forse il ministro ha sbagliato indirizzo. La Provincia non può fare nulla, perché non sono stati assegnati contributi per il rinnovo della segnaletica, come ha spiegato l’assessore Berger». Detto questo, Durnwalder ricorda: «Cai e Avs stanno cercando di trovare un accordo. Il mio consiglio per loro è stato di tradurre il traducibile e lasciare inalterati i nomi storici. I nomi di paesi, fiumi e catene di montagna sui cartelli lungo i sentieri vanno indicati in italiano e tedesco». Durnwalder nega problemi sulla sicurezza: «Altrimenti i turisti tedeschi sarebbero in pericolo in Italia e gli italiani in Austria».
 In serata è arrivata una risposta irritata di Fitto: «Il rispetto del bilinguismo nella cartellonistica segnaletica apposta sui sentieri di montagna costituisce un problema di cui si discute da ormai troppo tempo. Non può essere posta in dubbio la necessità di rispettare le norme statutarie che garantiscono il bilinguismo in materia di toponomastica. Del resto Bolzano si trova in Italia e il problema della mancata indicazione dei cartelli in lingua italiana assume degli aspetti incomprensibili. L’Avs quando effettua interventi per la segnalazione dei sentieri alpini assume la veste di concessionario di servizio di pubblico interesse ed è tenuta all’osservanza degli obblighi imposti in applicazione del principio indicato. La Provincia è tenuta a sua volta ad accertare il regolare svolgimento dell’attività dell’associazione. Per questo ho invitato il Presidente a darmi notizie entro questo mese di giugno sulle iniziative assunte per risolvere il problema».

Tommasini: ora non è proprio il momento di forzare la mano

BOLZANO. «Il ministro ha sicuramente ragione: una soluzione dev’essere trovata. Ma Fitto è informato: sa che stiamo lavorando assieme alle associazioni alpinistiche, però ci vorrà ancora un po’ di tempo. Non credo proprio che sia il momento di forzare la mano, né da una parte né dall’altra». È il commento del vice presidente della giunta provinciale, Christian Tommasini.
 «Stiamo lavorando con celerità», spiega l’assessore provinciale alla cultura italiana. «Ma abbiamo iniziato soltanto qualche settimana fa. Penso saremo pronti per fine giugno o per inizio luglio, ma non credo proprio sia il momento di fare pressioni. Si è avviato un percorso di riconoscimento del problema e di ripristino. Il ministro è informato di questo, come pure del fatto che abbiamo coinvolto Cai e Alpenverein, e che i tecnici hanno bisogno dei loro tempi». Il vice presidente della giunta prosegue rassicurando il ministro Raffaele Fitto: «Siamo in dirittura di arrivo, e può darsi che per fine giugno la proposta sia definita, ma poi dovremo trovarci tutti assieme per discuterne, e per farlo ci vorrà un minimo di tempo». Sicuramente, dichiara inoltre, «una soluzione dev’essere trovata, ma rassicuro il ministro: stiamo lavorando. Invito perciò tutti a non forzare la mano in questa fase. Si rischia di far naufragare il percorso di risoluzione del problema. Non dico che la missiva di Fitto vada in questa direzione, ma occorre prudenza. È già accaduto altre volte in passato: basta una scintilla per far scoppiare tutto, bloccando il processo. Forzare la mano è piuttosto semplice e, a ben vedere, ci si impiega anche poco tempo; il difficile, al contrario, è portare a casa una soluzione che possa andare bene a tutti». (da.pa)

Solo con lo statuto d’autonomia garantiti i diritti di tutti

 Tutto iniziò quando De Gasperi e Gruber, uno di fronte all’altro, diedero al Trentino-Alto Adige la possibilità di essere a statuto speciale. I due si misero d’accordo, solo che col passare del tempo, le cose presero una piega che, la furberia di una parte, addocchiata la “debolezza” dell’altra, diede inizio ad una serie, tra ricatti e pretese, alla odierna locale situazione. Così, io ti do i mie tre voti, sufficienti a farti rimanere al governo, tu mi devi dare bla, bla, bla... Oramai la strada è in discesa. Siamo arrivati al punto che il tutto è diventato abitudinario. I cittadini di lingua italiana sono diventati quasi stranieri in casa loro per colpa di questi comportamenti, perché, si lasciò che dessero troppo sfogo alla loro ingordigia ed alla loro alterigia. Se qualche cosa non va nello Statuto di Autonomia, allora lo si rilegga per bene e lo si rifaccia in modo che risulti chiaro, che i diritti degli uni non siano a discapito degli altri e come succede nelle vere Democrazie non siano gli stessi di una minoranza, che si sente inoltre straniera, essere sempre al comando del governo di una Provincia, quella di Bolzano, ma sempre, di eine Provinz von Bozen. Siamo nel 2010 e le dittature danno veramente fastidio. Allora basta falsamente usare il dai addosso al fascista, basta coi fuciletti, discussioni su micro, macro piccoli o grandi nomi di sentieri, strade asfaltate o in terriccio, vicoli o vicoletti ma che tutto sia trilingue senza distinzioni e con la priorità in ogni luogo rispettosamente, scritto in primis, nella lingua della Nazione, l’italiano. Solamente così rispettando alla lettera lo Statuto di autonomia, termineranno e per sempre, anche le polemiche sui cartelli monolingui.
Nino Malesan BOLZANO

Alto Adige 18-6-10
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mercoledì, 09 giugno 2010


Toponimi, la Finanza nella sede Avs

MARIO BERTOLDI
BOLZANO. Dopo la magistratura penale ora si muove anche quella contabile. Nello scorso fine settimana agenti della Guardia di Finanza hanno acquisito presso la sede dell’Alpenverein tutta la documentazione riguardante l’installazione di cartelli monolingui sui sentieri di montagna.
 In sostanza entra nel vivo l’inchiesta bis che la magistratura contabile aveva preannunciato dopo che il procuratore capo Guido Rispoli aveva ritenuto opportuno inviare parte degli incartamenti anche negli uffici di piazza Adriano.
 I tempi potrebbero non essere casuali in quanto la magistratura contabile ha deciso di muoversi dopo che il procuratore capo ha iscritto a registro due nuovi capi d’imputazione, seppur a carico di ignoti. In effetti oltre che per abuso in atti d’ufficio, ora la magistratura penale sta procedendo anche per malversazione e truffa aggravata ai danni di ente pubblico.
 Una svolta nell’iter dell’inchiesta che sarebbe stata ovviamente provocata da nuovi elementi finiti in mano al procuratore. Per ipotizzare la contestazione della malversazione e della truffa è molto probabile che la Procura abbia trovato documentazione in grado di sostenere che parte dei contributi pubblici ottenuti dall’Alpenverein per un determinato scopo siano stati in realtà utilizzati per la realizzazione delle decine di migliaia di cartelli non conformi alle disposizioni di legge in materia di toponomastica. Se così non fosse non si spiegherebbe la decisione del magistrato di aggiungere solo nel corso dell’inchiesta le due nuove ipotesi accusatorie.
 Potrebbe dunque non essere un caso la decisione della Corte dei Conti di avviare ora anche i propri accertamenti sotto il profilo contabile.
 Per i responsabili dell’Alpenverein la situazione, nel suo complesso, inizia ad essere pesante anche perchè qualcuno potrebbe essere chiamato a rispondere personalmente dell’eventuale utilizzo indebito di soldi pubblici. E’ probabile che le due inchieste procedano con continui contatti e raffronti. Come noto il procuratore Guido Rispoli proprio qualche giorno fa ha affidato al dottor Roberto Pallaver, noto commercialista, il compito di verificare la gestione contabile dell’Alpenverein, soprattutto in relazione alle notevoli somme ottenute dalla Provincia per la digitalizzazione delle mappe dei sentieri di montagna.
 E’ nelle pieghe della gestione di ben 3 milioni e 800 mila euro che gli inquirenti cercano la prova del possibile utilizzo indebito di parte di quei contributi per fini diversi da quelli previsti.
 Ieri intanto la vicenda è tornata, seppur indirettamente, all’attenzione dei politici locali. E’ stata una interrogazione di Sven Knoll, consigliere provinciale della «Südtiroler Freiheit» a riportare la questione a livello politico. Il consigliere provinciale ha interrogato la giunta sui progetti di gestione dei rifugi alpini per i quali è scaduta la concessione Cai e se gli stessi potranno tornare alla loro denominazione originale, al posto di quella italiana. Il presidente della Provincia Luis Durnwalder ha replicato rilevando che la problematica è riconducibile alla questione della toponomastica: «Io - ha detto - raccomando di tradurre quanto è traducibile, mantenendo però i nomi propri e i nomi storici». Nessun cenno alla ufficialità di buona parte dei nomi italiani già esistenti che è il vero punto d’appoggio giuridico dell’azione della magistratura.
Alto Adige 9-6-10
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martedì, 08 giugno 2010


Cartelli monolingui. La Procura indaga sui conti dell’Avs

BOLZANO. L’inchiesta della Procura della Repubblica sui cartelli monolingui installati sui sentieri di montagna dell’Alto Adige si allarga. Ieri il procuratore Guido Rispoli ha annotato due nuove ipotesi di reato sulla base delle quali gli inquirenti opereranno nelle prossime settimane. Oltre all’abuso d’ufficio, già previsto dal procuratore dalle prime battute dell’inchiesta, ora gli inquirenti si muovono anche con le ipotesi di malversazione ai danni della Provincia e truffa aggravata.
 In effetti l’indagine ha imboccato da qualche giorno una nuova strada molto importante. Dopo aver fatto verificare ai carabinieri tutti i cartelli installati dall’Alpenverein sui sentieri dell’Alto Adige ed aver documentato il mancato rispetto della toponomastica ufficiale italiana (che non può dipendere da accordi privati tra Cai e Alpenverein), il magistrato vuole capire chi abbia pagato i circa 35 mila cartelli installati sui sentieri altoatesini.
 Più volte l’Alpenverein ha negato l’uso di soldi pubblici ma non ha mai indicato con certezza (e trasparenza) come l’intera operazione di «tedeschizzazione» delle indicazioni di montagna sia stata finanziata. Ecco perchè il procuratore ha deciso di passare alla fase due dell’indagine. I carabinieri hanno accertato che oltre il 75 per cento dei cartelli installati non sono legittimi. Tutto il cammino dell’inchiesta è basato su presupposti giuridici ben precisi. Nulla è stato lasciato al caso o alle semplice argomentazioni dettate dalla logica. Il lavoro del procuratore si è sempre basato sul requisito di «ufficialità» di un toponimo arbitrariamente rimosso. Proprio per questo ad inizio inchiesta la Procura diede disposizione agli agenti della Digos di acquisire a Firenze tutta la documentazione in possesso dell’istituto geografico militare, con l’obbiettivo dichiarato del magistrato di verificare, in primo luogo, l’esistenza di una toponomastica e di una microtoponomastica ufficiale italiane in Alto Adige. Un iter giudiziario lungo e complesso basato sul fondamento giuridico dell’ufficialità della toponomastica italiana di montagna. Solo successivamente, cartine alla mano, sono stati effettuati gli accertamenti su tutti i sentieri mobilitando carabinieri e agenti della forestale. Una volta stabilito che oltre il 75 per cento dei cartelli installati dall’Alpenverein sono illegittimi, la Procura sta ora tentando di capire con quali soldi sia stata finanziata l’intera operazione. Proprio a tal proposito il procuratore ha affidato un importante incarico peritale al dottor Roberto Pallaver, uno dei consulenti contabili di fiducia della Procura, più volte utilizzato in inchieste complesse riguardanti riciclaggio e costituzioni di capitali all’estero. Sarà proprio il dottor Pallaver a verificare gli incartamenti contabili dell’Alpenverein con tre obbiettivi: in primo luogo stabilire l’entità dell’eventuale contributo ottenuto dalla Provincia per la digitalizzazione delle mappe dei sentieri di montagna; in secondo stabilire se quanto elargito dall’ente pubblico risulti congruo rispetto alla complessità e all’importanza del servizio fornito (verificando l’eventuale utilizzo per altri scopi dei contributi elargiti); terzo punto stabilire la provenienza dei soldi utilizzati per pagare i cartelli monolingui installati sui sentieri.
Alto Adige 8-6-10
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venerdì, 04 giugno 2010


Su 3000 toponimi si apre il tavolo tra Cai e Alpenverein

GIANFRANCO PICCOLI
Una lista di 3.000 toponimi, italiani e tedeschi, sui quali ora stanno lavorando gli esperti delle quindici sezioni provinciali del Cai: sarà loro compito valutare quali e quante integrazioni sono a loro avviso necessarie per la segnaletica sui sentieri di montagna dell’Alto Adige. La lista, che è già stata «approvata» in linea di massima dall’Alpenverein, è stata consegnata alcuni mesi fa dall’assessore Hans Berger a Giuseppe Broggi, presidente del Club alpino altoatesino. «Non so quante integrazioni proporremo, di sicuro ce ne saranno - spiega Giuseppe Broggi - sto aspettando il risultato del lavoro svolto dalle singole sezioni, che sarà completato al massimo entro una settimana». Ogni sezione Cai si è fatta carico dei comuni di riferimento (sono 116 le municipalità) e ha cominciato a spulciare i toponimi presenti nella lista presentata da Berger.
Una volta concluso il lavoro dal Cai, inizierà la parte più complicata: sedersi attorno ad un tavolo con l’Avs e confrontare le indicazioni sui toponimi, per capire dove ci possono essere contestazioni.
 Sulla proposta di Christian Tommasini di inserire l’eventuale accordo in una cornice formale, ovvero una delibera di giunta, Broggi non si sbilancia: «Che si faccia una delibera piuttosto che una legge provinciale, è un problema che riguarda la sfera politica - commenta - il nostro obiettivo deve essere trovare un accordo per garantire la sicurezza di alpinisti ed escursionisti. Da parte nostra, lo abbiamo già detto all’assessore Christian Tommasini, con il quale ci confrontiamo di frequente, c’è la piena volontà di trovare una soluzione».
 «Una delibera della giunta provinciale? Non aspettiamo altro», è il commento di Georg Simeoni, presidente dell’Alpenverein. «Da tempo chiediamo alla politica di darci un riferimento preciso per sapere come dobbiamo comportarci». La lista di Berger? «L’abbiamo vista e a grandi linee siamo d’accordo». Quello che invece Simeoni non vuol sentir dire, è che l’Avs ha ricevuto contributi pubblici per la nuova segnaletica: «E’ una falsità - spiega - è vero che era nostra intenzione chiedere il contributo una volta conclusi i lavori, ma alla luce di quanto è accaduto e dell’inchiesta in corso, abbiamo bloccato la domanda. Per questo motivo mi sento tranquillo, anche nei confronti della legge».
 «Una delibera? Non posso che essere d’accordo, visto che la paternità della proposta è mia», replica lanciando frecciate l’assessore Hans Berger. Che aggiunge: «Dubito, tuttavia, che una delibera possa contenere un elenco di toponimi. Diciamo che la delibera potrebbe definire un metodo di lavoro una volta trovata la soluzione ad una vicenda che si sta trascinando da troppo tempo». L’assessore conferma che la Provincia non ha speso un euro per la segnaletica: «E non lo faremo - precisa - fino a quando non sarà chiaro se sono state violate delle norme».
 Secondo Berger qualcuno ha voluto strumentalizzare politicamente la questione della segnaletica di montagna. E non si riferisce solamente al documento del ministro Fitto, con il quale, rispondendo ad un’interrogazione di Giorgio Holzmann, è stato ribadito l’obbligo del bilinguismo e l’inesistenza di un doppio binario per macro e micro toponomastica.
 «Ci sono state delle scorrettezze e su questo non c’è discussione, tuttavia ho colto anche atteggiamenti strumentali, visto che da anni ci sono in Alto Adige cartelli monolingue e nessuno ha avuto nulla da ridire. All’improvviso, qualcuno ha alzato la voce. Per questo - prosegue - ribadisco che faremo di tutto per trovare una soluzione, per il bene di chi frequenta la montagna, ma quando dico “fare di tutto” non significa cedere alle strumentalizzazioni politiche». Berger ha, infine, parole di elogio per il presidente del Cai: «Un uomo pragmatico, che ha a cuore soprattutto la montagna».
Alto Adige 4-6-10
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giovedì, 03 giugno 2010

I toponimi, una ricchezza

GIORGIO DELLE DONNE
Dopo la risposta del ministro per i rapporti con le Regioni, Fitto, ad un’interrogazione presentata dall’unico deputato del Centrodestra eletto localmente.
 Nulla di nuovo né nella risposta del ministro, che ha giustamente risposto che lo Statuto prevede certamente la competenza provinciale sulla toponomastica ma che il bilinguismo non dev’essere messo in discussione e quindi si tratta solamente di ufficializzare la toponomastica tedesca senza cancellare quella italiana, né nelle risposte di Durnwalder che ha ribadito la sua volontà di cancellare la maggior parte della toponomastica italiana.
 In una città che si candida a capitale europea della cultura per la presenza storica di più gruppi linguistici ed in una Provincia che argomenta la ricca ed eccezionale autonomia per la presenza di minoranze nazionali abbiamo quindi il vicesindaco, quello che continua a ribadire di essere stato liberato dal fascismo dai nazisti, che chiede continuamente l’eliminazione dei simboli fascisti ed il Landeshauptmann, quello che 40 anni fa era contrario alla nuova autonomia, schierandosi con Brugger per l’autodeterminazione contro Magnago per l’autonomia, che chiede il ridimensionamento della toponomastica italiana perché emanata durante il fascismo, rivendicandone il progetto e facendolo subdolamente applicare “all’italiana” dall’Alpenverein.
 Certamente se la proposta di eliminare i simboli fascisti fosse stata formulata immediatamente dopo la Liberazione forse avrebbe avuto maggiore successo e se la liberazione dal fascismo fosse avvenuta realmente da parte dei nazisti, come afferma il vicesindaco della coalizione SVP-Centrosinistra, non ci sarebbero più né la toponomastica italiana né la popolazione che continua ad utilizzarla, creando questo fastidiosissimo problema alla minoranza meglio tutelata al mondo, ma purtroppo, o per fortuna, a seconda dei punti di vista che qualche volta coincidono con i ragionamenti che si fanno e qualche volta coincidono con la lingua con la quale si ragiona, le cose sono andate diversamente e così come storicizzare i monumenti è l’unica alternativa al loro abbattimento, nella speranza che gli italiani si rendano conto che non è il caso di identificarsi in un monumento chiaramente fascista, anche se dedicato alla vittoria nella Grande Guerra, altrettanto si dovrebbe fare con la toponomastica, cercando di sviluppare un percorso culturale di integrazione, non di assimilazione, che porti alla libera scelta di utilizzare la toponomastica storica, che quasi ovunque nel settore della microtoponomastica è di lingua tedesca, evitando odiose imposizioni che, anche se fatte in nome di odiosi torti subiti novanta anni fa, non risulterebbero al giorno d’oggi meno odiose.
 Risulta infatti evidente che un eventuale impedimento legislativo nei confronti della comunità italiana del diritto di esprimersi nella propria lingua per definire ed identificare, secondo criteri ormai famigliari, i luoghi in cui la comunità si è sviluppata da più di novanta anni, significherebbe incentivare una frattura fra la comunità e il territorio, creando una ulteriore e progressiva estraneità rispetto alla realtà locale. Sarà sicuramente il buonsenso, insieme ad una maggiore conoscenza della seconda lingua, della storia, della geografia e dell’antropologia locale, che renderanno inevitabile, nel corso del tempo, la conoscenza e speriamo anche l’uso per scelta, non per imposizione, della lingua tedesca per quanto riguarda la microtoponomastica, così immediatamente legata alla storia, alla geografia ed all’antropologia. Riteniamo che questo tipo di scelte politiche, relative a politiche culturali, rappresentino la strada da seguire per fare in modo che il terreno della toponomastica si trasformi, nel corso del tempo, da un terreno minato - minato abilmente dai nazionalisti di entrambe le parti - in un terreno di confronto e di studio per il reciproco arricchimento di tutti coloro i quali intendono vivere pacificamente in questo territorio, nonostante l’insopportabile retorica della politica della convivenza e del nazionalismo.

Tommasini: delibera sui toponimi

Gianfranco Piccoli
BOLZANO. «Non sono maturi i tempi per una legge provinciale sulla toponomastica, ma quando Cai e Avs troveranno un accordo sui nomi, potrebbero essere ratificati con una delibera della giunta provinciale».
 E’ il pensiero di Christian Tommasini, vicepresidente della giunta provinciale: Tommasini è certo della volontà di dialogo tra tutte le parti coinvolte.
 Una posizione che spinge l’assessore ad evitare, soprattutto in questa fase delicata, possibili frizioni con gli attori in campo, politici e non. «Responsabilità politiche per quanto accaduto? Non certo di questa giunta, dove tutti riconoscono che c’è stato un errore», risponde Tommasini quando gli chiediamo come sia stato possibile installare a spese della Provincia autonoma di Bolzano 60 mila cartelli monolingue senza che nessuno battesse ciglio. Una provocazione dell’Avs? «Sui cartelli c’è un’inchiesta della Procura in corso e noi abbiamo fiducia nella magistratura», ribatte ancora Tommasini.
 Sul principio di bilinguismo sancito dallo Statuto di autonomia e ribadito dal ministro Raffaele Fitto in una risposta ad un’interrogazione parlamentare di Giorgio Holzmann, il vice presidente della giunta non ha dubbi: «La toponomastica è bilingue o trilingue, questo è il principio dal quale non si può prescindere, così come non mi convince la distinzione che qualcuno vuole fare tra micro e macro toponomastica - afferma Tommasini - anche se sono convinto che non ha senso tradurre i toponimi tedeschi che derivano da nomi propri».
 Sui principi, dunque, sono (quasi) tutti d’accordo. Detto questo, c’è un problema concreto da risolvere: la segnaletica di montagna: «Non c’è dubbio, l’Avs ha messo una cartellonistica monolingue non solo in zone periferiche, ma anche in comuni di grandi dimensioni. Penso ad esempio ad Appiano, dove nel centro del paese l’indicazione per Monticolo viene riportato sui cartelli solo con il toponimo tedesco, Montiggl. Una soluzione va trovata. In giunta - prosegue l’assessore - sono tutti d’accordo nel sostenere che è stata commessa una scorrettezza, ma c’è anche la disponibilità a trovare una soluzione condivisa: non possiamo continuare a discutere di questa cosa per i prossimi dieci anni. Visto che in questo momento non è percorribile la strada della legge provinciale, puntiamo almeno ad avere una delibera che metta fine alla querelle sulla segnaletica di montagna».
 L’Avs, per bocca dell’assessore Hans Berger, ha messo sul piatto la proposta: bilingui tutti i toponimi usati comunemente anche in lingua italiana, solo tedesco per i microtoponimi (sostanzialmente riprende il pensiero del presidente Luis Durnwalder): «Il Cai dell’Alto Adige sta elaborando una lista di nomi sulla quale poi ci si dovrà confrontare con l’Alpenverein. Lo ripeto, la volontà di dialogare c’è: cerchiamo di farlo - conclude Christian Tommasini - senza enfatizzare ogni passaggio».
Alto Adige 3-6-10
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categoria:sentieri toponomastica
mercoledì, 02 giugno 2010



Berger: non traduciamo i microtoponimi

DAVIDE PASQUALI
BOLZANO. «Non so chi abbia fornito il parere legale al ministro Fitto, perché a mio avviso tradurre la microtoponomastica non si può e non serve». Lo dice l’assessore provinciale Berger. «Comunque sia, mi interessa poco. La mia proposta è un’iniziativa di buon senso che mira a dare un servizio agli alpinisti. So che il Cai sta preparando la controproposta. La aspetto volentieri: se possibile arriveremo al compromesso».
 Il ministro Fitto, rispondendo a un’interrogazione sulla toponomastica monolingue lungo i sentieri di montagna altoatesini, presentata dall’onorevole Giorgio Holzmann, ha messo i puntini sulle i, illustrando la necessità del rispetto del bilinguismo da parte di chiunque sia concessionario di pubblico servizio e invitando la Provincia a non concedere contributi a chi non rispetti le norme dell’autonomia.
 L’assessore provinciale al turismo, Hans Berger, commenta: «Non sono molto d’accordo con quanto affermato dal ministro Fitto, almeno su un aspetto. Non so chi gli abbia fornito il parere legale sulla questione, ma mi interessa poco. Secondo me, non ha molto senso parlare di traduzione della microtoponomastica: è tecnicamente difficile se non impossibile e poi non è di alcuna utilità. Non serve a nessuno». Comunque sia, «l’unico fatto importate è questo: sui sentieri di montagna tutto deve essere fatto esclusivamente nell’interesse di chi li frequenta, siano alpinisti, turisti o gente del posto. Essenziale è fornire un servizio a chi gira sui sentieri e lì si deve orientare».
 A tale proposito, la proposta presentata da Berger all’Alpenverein prevede un elenco di «nominativi usati dagli alpinisti e normalmente nelle zone interessate; quando serve devono sicuramente essere bilingui».
 Berger tiene particolarmente a precisare: «La proposta mia e dell’Avs tende a questo: non vogliamo più assistere a queste liti sulla toponomastica. Non servono a nulla. Dobbiamo invece trovare una soluzione, e non ci interessa se giunga da destra o da sinistra, se sia più italiana o più tedesca». Quindi, apre l’assessore, «aspetto volentieri la prosposta del Cai. Purtroppo giungerà un po’ in ritardo per l’attuale stagione estiva, che sta per iniziare, ma servirà comunque a risolvere per il futuro. Se la proposta non sarà incentrata solo su questioni legali, se non avrà un’impostazione rigida e se rispetterà l’interesse degli alpinisti, sono disposto a prenderla in considerazione e a studiare un compromesso. Se si troverà una soluzione che andrà bene a tutte le parti, la porterò in giunta. Non sarà una legge, ma una soluzione. Basta che non ci siano di mezzo le accuse o la necessità di avere sentenze».
 D’accordo invece col ministro Fitto, «su tutta la linea», si dice il presidente del Cai Alto Adige Giuseppe Broggi. «Sui commenti espressi da Durnwalder, invece, preferisco dire che non ho parole. Non so come si faccia a pensare che la toponomastica tedesca sia a rischio se si inserisce pure l’italiana. La paura è infondata». Comunque sia, anche Broggi è per la ricerca di una soluzione di buon senso: «In questi giorni, termineremo nel giro di una settimana circa, stiamo elaborando la nostra controproposta a Berger, con l’appoggio e il sostegno del vicepresidente della giunta Tommasini. Alcuni aspetti ci vanno bene, per esempio Berger propone la segnaletica plurilingue per i segnali di pericolo, e quella va benissimo. Su altri aspetti siamo meno d’accordo, ma non cerchiamo certo lo scontro. Anche la nostra proposta sarà un sorta di elenco di nomi da usare. Non vogliamo certo il bilinguismo per il prato o il fienile privato, o un nome se non è usato da nessuno. Si tratta, come vuole Berger, delle indicazioni fornite dai nostri tecnici della sentieristica, dunque dagli alpinisti. Speriamo di trovare un accordo, anche con il sostegno del vicepresidente Tommasini».
 «Ci siamo incontrati col Cai lunedì sera», commenta il vicepresidente. «Stiamo lavorando seriamente da tempo, ci tengo a dirlo, solo sulla toponomastica di montagna. Tutti sono ormai d’accordo: ci sono stati degli errori e ora si deve recuperare, ripristinando il bilinguismo, specie nelle zone di grande visibilità, tipo ad Appiano. Al netto della magistratura, che accerterà le responsabilità, adesso dobbiamo trovare una soluzione, per questo sostengo apertamente il Cai».
Alto Adige 2-6-10



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categoria:valli dolomitiche, sentieri toponomastica
mercoledì, 07 aprile 2010


Segnaletica Avs, danno per la Provincia

 BOLZANO. Prende una nuova piega l’inchiesta relativa ai cartelli dell’Avs. Tra le varie ipotesi, il procuratore capo Guido Rispoli non esclude quella che vede la Provincia come parte lesa. Con l’Alpenverein è stata infatti firmata una convenzione che prevedeva l’utilizzo dei nomi ufficiali. Se questo non fosse accaduto, allora la somma pagata in base alla convenzione non sarebbe stata dovuta. Bisognerà però prima capire con quali soldi è stata finanziata l’operazione.
 La linea dell’Alpenverein è chiara: per la realizzazione dei cartelli lungo i sentieri di montagna altoatesini sono stati utilizzati soldi propri e non contributi pubblici. È questo uno degli aspetti da chiarire, perché se non fosse andata così, allora sono stati utilizzati i soldi pubblici.
 All’Alpenverein, dalla Provincia sono arrivati 4,8 milioni di euro. Se questi finanziamenti sono serviti per la mappatura dei sentieri e, successivamente, per la realizzazione dei cartelli, allora la Provincia potrebbe costituirsi come parte lesa. È lo stesso procuratore capo Guido Rispoli a confermare questa ipotesi: «Il presidente della giunta provinciale ha affidato l’incarico di approntare i cartelli dei sentieri di montagna e potrebbe dunque identificarsi come il soggetto che è la parte lesa se dovessero essere accertate delle irregolarità».
 Il ragionamento di Rispoli è molto semplice. La convenzione che Provincia e Alpenverein hanno sottoscritto nel novembre del 2004, prevede esplicitamente (lo si legge all’articolo 2, punto C) l’impegno dell’Alpenverein all’utilizzo di tutti i toponimi ufficiali e non. Ma quali sono i toponimi ufficiali? «Per quelli italiani - risponde Rispoli - fa fede la legge numero 68 del 1960 che indica, tra le fonti ufficiali, la cartografia relativa alle 114 tavole dell’istituto geografico di Firenze». In base alla convenzione, dunque, sia il progetto della digitalizzazione dei sentieri che quello relativo ai cartelli avrebbe dovuto considerare la toponomastica ufficiale italiana. È andata così? Per quanto riguarda i 33 mila cartelli installati dall’Avs lungo i sentieri, si sa che nel 77% dei casi il bilinguismo non è stato rispettato. Ora la procura sta accertando se la mappatura digitale è avvenuta utilizzando i toponimi in entrambe le lingue oppure - come pare - soltanto in tedesco. Sembrerebbe che i cartelli utilizzati dall’Alpenverein siano la semplice trasposizione di quanto contenuto nella mappa digitale completata nel 2008. Ma dovranno essere i carabinieri ad accertare se è andata effettivamente così. In attesa del riscontro su questa indagine supplementare, Rispoli afferma che «se l’Alpenverein non ha utilizzato i toponimi italiani, allora non ha rispettato la convenzione sottoscritta con la Provincia. E se non è stata rispettata la convenzione, allora la Provincia non avrebbe dovuto pagare». Da qui l’ipotesi di individuare l’amministrazione come possibile parte lesa.
 Come già anticipato qualche giorno fa, Rispoli conferma di aver informato, oltre al presidente della provincia Luis Durnwalder, anche il commissariato del governo e la Corte dei conti. Entrambi hanno competenze specifiche in materia: il commissario del governo è stato informato per una possibile violazione dello statuto di autonomia (e potrebbe anche intervenire sulla vicenda), mentre la Corte dei Conti dovrà verificare se l’utilizzo dei soldi pubblici per il finanziamento dell’Alpenverein sia stato lecito oppure no. C’è però anche chi, come il consigliere comunale Guido Margheri, che ha dato il via all’indagine con un suo esposto vede la Provincia non come parta lesa, ma come corresponsabile: «In questi anni non ha controllato quello che stava accadendo e in questo modo ha cercato di coprire una situazione di manifesta illegalità».
Alto Adige 7-4-10
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domenica, 04 aprile 2010


Cartelli, ora può rischiare anche la Provincia

BOLZANO. I vertici dell’Alpenverein continuano a negare ma la nuova indagine sui soldi utilizzati per pagare la realizzazione dei 33 mila cartelli monolingui installati lungo i sentieri di montagna dell’Alto Adige potrebbe riservare sviluppi clamorosi. In effetti l’inchiesta del procuratore Guido Rispoli è arrivata al cuore della complessa vicenda: dopo aver individuato il fondamento giuridico dell’ufficialità della toponomastica italiana, il magistrato ha disposto controlli a tappeto da parte dei carabinieri lungo tutti i sentieri dell’Alto Adige, ha verificato che il 77,3 per cento delle indicazioni sono state realizzate in violazione dell’obbligo di bilinguismo (previsto dallo statuto di autonomia) ed ora intende ottenere l’indicazione (sempre dai carabinieri) di chi abbia pagato i cartelli stessi.
 Lo stesso procuratore ha poi deciso di inviare copia degli atti al Commissario del governo (che dovrebbe intervenire per il ripristino della legalità), al presidente della giunta provinciale Durnwalder e al procuratore regionale della Corte dei Conti per la verifica dell’eventuale danno erariale.
 Particolarmente importante potrebbe risultare la decisione di informare dettagliatamente di quanto emerso dall’inchiesta anche il presidente Durnwalder. Questo per il fatto che risulta sempre più centrale, in questa vicenda, il ruolo svolto dall’Alpenverein per la realizzazione della mappa digitalizzata di tutti i sentieri dell’Alto Adige.
 C’è una convenzione, stipulata nel 2004 tra la Provincia autonoma e l’Alpenverein, che prevede il finanziamento pubblico del piano di digitalizzazione della mappa dei sentieri di montagna con l’indicazione di utilizzare i «toponimi ufficiali e non» delle varie località.
 In realtà, come risulta anche dalla testimonianza di alcuni operatori del Cai, questa direttiva (parte integrante della convenzione) sarebbe stata ben presto disattesa e gran parte dei toponimi inseriti nella mappa digitalizzata sono risultati privi della dizione «ufficiale» in lingua italiana.
 Furono in primis i rappresentanti del Cai a sollevare il problema contestando energicamente e decidendo, dopo alcune riunioni, di abbandonare la commissione di lavoro.
 Ora l’intera questione sta tornando di piena attualità perchè la Procura intende verificare per quale motivo il lavoro sarebbe stato ugualmente finanziato dalla Provincia (3,8 milioni di euro) nonostante fosse stato svolto in violazione di quanto previsto dalla convenzione che ne autorizzava il finanziamento. E’ un risvolto, questo, che potrebbe portare a sviluppi clamorosi: possibile che in Provincia nessuno sapesse nulla? La Procura intende anche verificare se parte di quei soldi siano stati utilizzati per la realizzazione dei cartelli irregolari, con due possibili conseguenze a livello giudiziario: la contestazione dell’entità del finanziamento per la mappatura digitalizzata ed il successivo utilizzo di parte della somma per uno scopo diverso da quello indicato nel finanziamento. Su questo punto anche ieri il presidente dell’Alpenverein Georg Simeoni ha assicurato che i contributi sarebbero stati utilizzati correttamente. In serata Guido Margheri, consigliere comunale autore dell’esposto che diede il via all’indagine, rileva che sino ad oggi la Provincia avrebbe cercato (non facendo controlli) di coprire una «manifesta situazione di illegalità diffusa». (ma.be.)
Alto Adige 4-4-10
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mercoledì, 17 marzo 2010




Nuove passeggiate da Bronzolo a S. Giacomo E a Vadena orti e parco


BRUNO CANALI


LAIVES. La rete delle passeggiate si sta estendendo su tutto il territorio comunale e nel circondario, un’operazione che vede impegnato direttamente il personale della Ufficio forestale della Provincia, diretto da Martin Schöpf. Dopo i tratti già allestiti, sono pronti ulteriori progetti e riguardano sia Laives che Bronzolo e Vadena.
 «A Bronzolo abbiamo appena realizzato un primo tratto di passeggiata che va da via Aldino alla zona sportiva a monte del paese - spiega Martin Schöpf - e nei programmi del Comune vi è il completamento anche verso sud, fino a raggiungere la Pinara bassa e l’area delle feste».
 A Laives invece la Forestale attende di iniziare con il primo tratto di passeggiata che andrà da San Giacomo in direzione di Castel Flavon (a Pineta è già pronto). A tale proposito, il vicesindaco Georg Forti afferma di avere finalmente raggiunto i necessari accordi con proprietari privati per attraversare i loro appezzamenti sopra San Giacomo: «Adesso basta che i nostri uffici comunali predispongano gli ultimi atti - spiega Forti - e si potrà dare via libera alla Forestale».
 Martin Schöpf spiega che i lavori per il tracciato sopra San Giacomo potrebbero prendere il via in estate. Sempre a Laives, la Forestale interverrà per sistemare una parte della strada che dalla Vallarsa sale verso la chiesetta del Peterköfele. Un bel progetto la Forestale lo ha anche in serbo per Vadena e lo illustra per sommi capi il sindaco Alessandro Beati. «È un progetto che riguarderà la località “Mover” e sarà diviso in due lotti. Il primo lotto, che inizierà a breve, prevede la creazione di una ventina di orti per gli anziani, con area cani e una zona ricreativa per bambini. Ogni orto avrà un capanno attrezzi e l’acqua e la giunta sta valutando se prevedere assegnazioni anche a famiglie con bambini. Verrà anche allargato un tratto del fossato adiacente per creare uno spazio di acqua per i giochi. Il secondo lotto invece prevede la realizzazione anche di parcheggi e la riqualificazione complessiva a Mover, con la fermata del bus circolare».

Alto Adige 17-3-10

Vedi anche i percorsi didattici:

http://www.provincia.bz.it/foreste/bosco-legno-malghe/percorsi-didattici.asp


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domenica, 07 marzo 2010


Il Cai insiste: cartelli bilingui



FRANCESCA GONZATO

 BOLZANO. Segnaletica monolingue e gestione in scadenza dei 25 rifugi ex militari passati alla proprietà provinciale. Questo il 2010 del Cai, ieri in assemblea annuale: un problema ancora da risolvere, quello dei cartelli in tedesco installati da Avs e associazioni turistiche, e un attrito nuovo con la Provincia sulle concessioni in scadenza al Cai per gestire i rifugi ex Mde. I colloqui con Provincia e Avs per costruire un consorzio comune di gestione si sono irrigiditi di fronte alla richiesta: «Vendete il rifugio Bolzano».
 Con la sua protesta, il Cai è stato tra i protagonisti questa estate del caso della segnaletica monolingue, sfociato nell’indagine della procura e nell’azione di richiamo del Commissariato del governo. I cartelli solo in tedesco, installati da Avs (ieri assente in sala) e alcune associazioni turistiche, sono ancora al loro posto, in attesa della conclusione dell’indagine e il presidente del Cai Giuseppe Broggi è tornato a ribadire la protesta ieri nell’assemblea che si è tenuta nella sede del gruppo protezione civile dell’Ana in via Volta: «Il Cai Alto Adige ha sempre sostenuto che tutte le indicazioni debbano essere bilingui e trilingui. Questo non solo per una questione di rispetto delle popolazioni che vivono nella Provincia autonoma di Bolzano, ma soprattutto per rispetto delle norme del Pacchetto, che regolano il problema della toponomastica». Attraverso il suo presidente il Cai ribadisce quindi: «Chiediamo il ripristino della toponomastica bilingue, che vengano rimesse sui cartelli le indicazioni dei rifugi gestiti dalle varie sezioni Cai in lingua italiana, che sono completamente spariti, e che vengano reinstallati cartelli di pericolo bilingui. Che non ci vengano a raccontare certi politici che questo modo di agire sia ripristinare la “storia”: questo per noi è solo creare tensioni etniche inutili. I problemi del mondo della montagna sono ben altri e più importanti».
 Recente è invece l’attrito che si è creato con la Provincia nelle trattative sui 25 rifugi ex militari ceduti alla proprietà provinciale nel 1999. Il Cai li avrà in gestione fino a fine anno: 13 sono oggi affidati a sezioni altoatesine del Cai, 12 a sezioni di altre regioni.
 Va dunque decisa la gestione futura. Nei mesi scorsi ci sono stati numerosi incontri, seguiti tra l’altro dal vicepresidente generale del Cai Vincenzo Torti e dal presidente della commissione rifugi del Cai Alto Adige Annibale Santini, da cui era scaturita l’impotesi di un consorzio unico di gestione tra Cai e Avs. Poi la Provincia ha prospettato l’intenzione di entrare a fare parte dell’ente gestore. Una scelta che darebbe una maggiore solidità alle aspettative di un finanziamento provinciale adeguato per la manutenzione straordinaria dei rifugi. Nei giorni scorsi è arrivata la sorpresa che ha gelato la trattativa. Broggi nella sua relazione non ha spiegato di cosa si tratti. Si è limitato a riferire che il presidente provinciale Luis Durnwalder ha posto una «pregiudiziale davvero molto pesante». Durnwalder avrebbe chiesto al Cai di vendere uno dei rifugi di sua proprietà, il «Bolzano» sullo Sciliar, tra i beni della sezione di Bolzano. Quel rifugio è stato costruito dall’Avs ed è considerato uno dei luoghi simbolici dei sudtirolesi appassionati di montagna. Ma il Cai non ha intenzione di vendere. Broggi nella relazione ha ricordato che «tanti anni fa l’Avs era stata risarcita dallo Stato italiano per i rifugi che le erano stati tolti durante il periodo bellico». Se la «pregiudiziale» dovesse fare saltare il tavolo delle trattative, annuncia Broggi, «la responsabilità non sarà nostra e ci vedremmo costretti a fine anno ad attendere le decisioni della Provincia e fare valere, dove riterremo necessario e opportuno, il nostro diritto di prelazione per il rinnovo delle concessioni che ci viene riconosciuto dalla legge». Ma la Provincia potrebbe sorpredere tutti. Così replica Durnwalder: «Con il Cai i rapporti sono buoni e ribadisco che il mio obiettivo è il comitato di gestione che coinvolga tutti. Ma se saltassero le trattative potremmo decidere di gestire in proprio i rifugi». Hano partecipato all’assemblea il sindaco Luigi Spagnolli e gli assesosri provinciali Christian Tommasini e Roberto Bizzo. Tommasini promette al Cai «l’appoggio di entrambi su toponomastica e rifugi».

Alto Adige 7-3-10


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giovedì, 21 gennaio 2010


Berger cerca l’accordo sui cartelli di montagna «Rispettiamo la legge»


 BOLZANO. Segnaletica di montagna: la Provincia è pronta a trovare un accordo con il Commissariato del governo. E a Palazzo Widmann danno per scontato che una parte di cartelli, oggi in tedesco, andrà rifatta e riportata alla versione bilingue. L’assessore Hans Berger incontrerà presto i vertici dell’Avs e «quando le idee saranno chiare ci confronteremo con il prefetto Testi».
 Assessore Berger, una soluzione andrà trovata.
 
«Dovremo concordare con il Commissariato del governo come andare avanti. Credo che con un po’ di logica riusciremo a trovare un comune punto di vista perché oggi con i toponimi siamo a livello di interpretazione. Ma chi interpreta? E si arriverà a una interpretazione condivisa?
 Cosa intende?
 
«La nostra posizione ormai è chiara. Ciò che è traducibile va tradotto, perché eroghiamo contributi e dobbiamo rispettare lo statuto, che parifica le due lingue, e la legge sui Comuni, che pure prevede il bilinguismo. Di più non c’è, perché ancora non abbiamo la legge sulla toponomastica».
 Ma qualcosa di ufficiale c’è, le cartine dell’Istituto geografico militare di Firenze, che il procuratore Rispoli ha acquisito e sono la base dei controlli sui sentieri.
 
«Non credo che quelle cartine abbiano valore di legge, ma non voglio inserirmi nel lavoro della procura. Di certo non esiste che ci siano in giro cartelli con la sola scritta “Bozen” e lo stesso vale per tutto ciò che è traducibile, come “lago di Caldaro”, per fare un altro esempio di toponimi consueti nell’uso giornaliero. Ma ci sono tanti altri nomi non traducibili. Insomma, dove ci sono leggi vano rispettate, ma sappiamo che non coprono tutto».
 Arriveranno i nuovi cartelli?
 
«Sicuramente, ma non potremo imporre nulla all’Avs nei casi in cui non ci siano stati nostri finanziamenti».
 Sull’argomento interviene Guido Margheri (Sd) autore dell’esposto in procura. Margheri ribalta le tesi di Berger: «Le carte dell’Istituto geografico militare hanno valore giuridico: altrimenti perché la procura le starebbe usando?». Respinta anche l’«assoluzione» dell’Avs quando opera in regime di volontariato. Margheri: «L’Avs deve rispettare il bilinguismo anche senza finanziamenti, perché ha una convenzione con la Provincia per la cura dei sentieri ed è concessionario di pubblico servizio». (fr.g.)


Alto Adige 21-1-10
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martedì, 19 gennaio 2010

toponomastica e Cartelli segnavie



I partiti italiani in coro: l’Alpenverein ha sbagliato ripristinare la legalità

BOLZANO. Se violazione c’è stata, va ripristinata la legalità. Tante voci, un’unica richiesta che arriva dai partiti italiani. Che poi, nel merito della questione toponomastica, mantengono visioni anche profondamente diverse. «All’interno del partito non ne abbiamo ancora discusso, ma la legge va rispettata: se l’Alpenverein ha sbagliato, si facciano rispettare le norme», ha detto Antonio Frena, segretario provinciale del Pd.
 «Nazionalismi a parte - entra poi nel merito Frena - i nomi che non sono entrati nell’uso comune a mio parere non vanno tradotti. Al contrario, se un toponimo è riconosciuto da tutti, va mantenuto. E’ accaduto anche nelle valli ladine: Ortisei, ad esempio, è stata arbitrariamente tradotta in tedesco St.Urlich: nessuno, oggi, penserebbe di cancellare quel nome. La questione - conclude - non può essere affrontata dal punto di vista etnico, ma con il buon senso».
 Il Pdl è sul piede di guerra e si dice pronto ad usare l’arma dell’ostruzionismo (salvo sulle questioni di carattere generale) se non «verrà ripristinata la legalità sui sentieri altoatesini», ha tuonato il capogruppo Alessandro Urzì.
 «Rimanere a guardare con atteggiamento distaccato sarebbe l’errore più grave in questa delicatissima fase politica, decisiva per le sorti dell’intera toponomastica. Le prime conclusioni cui è giunta l’autorità giudiziaria impone la più ferma e civile reazione delle forze sociali, culturali e politiche altoatesine e nazionali - commenta Urzì - il Gruppo del Pdl pone la questione del ripristino della legalità come una questione di civiltà e di rispetto reciproco dei caratteri identitari dei diversi gruppi linguistici. La forzatura cui si è assistito in questi ultimi anni suscita un moto di sdegno». «Spiace - conclude Alessandro Urzì - che in questo frangente l’atto d’accusa verso la Provincia abbia sostanzialmente lasciato indifferente la componente di lingua italiana in giunta provinciale».
 Per Christian Tommasini l’inchiesta della Procura è destinata a lasciare il segno anche nell’aula consiliare: «Il dibattito politico non potrà non tener conto dei risultati dell’indagine - ha detto l’assessore provinciale all’istruzione - se la Procura valuterà che c’è stata una violazione delle norme, avremo uno strumento per valutare ciò che deve o non deve essere bilingue». La partita sulla toponomastica, però, resta aperta: «Noi non siamo per la distinzione tra macro e micro toponomastica - prosegue Tommasini - ma ciò che è ad uso pubblico o privato. Tradurre il nome di un maso, lo abbiamo sempre detto, è un errore. Ma questo non significa che la microtoponomastica non possa essere ad uso pubblico: la vera sfida è proprio fare la distinzione». Con i colleghi di maggioranza della Svp, un accordo non è ancora stato trovato: «La proposta della Stella Alpina è restrittiva, noi abbiamo idee diverse», conclude l’assessore. Anche Riccardo Dello Sbarba, consigliere provinciale dei Verdi, invoca il rispetto della legge: «La giunta provinciale deve convocare un tavolo di lavoro, con le associazione alpine, e fare un piano di ripristino della legalità e del bilinguismo. La segnaletica ha una funzione pubblica e in quanto tale deve rispettare le norme in materia». (g.f.p.)


Durnwalder: no ai toponimi fascisti sono una falsificazione della storia

GIANFRANCO PICCOLI


 BOLZANO. «A chi mi ha chiesto un parere (Commissariato del Governo, comuni o Alpenverein) ho sempre detto che termini come via, strada, piazza o sentiero vanno tradotti. Ma i nomi di Tolomei no, quelli non li voglio, sono pura invenzione, una falsificazione della storia: lo dico anche se mi denunciano». Luis Durnwalder, durante la consueta conferenza stampa del lunedì, commenta così le prime indiscrezioni sull’inchiesta aperta dalla procura sulla segnaletica monolingue in montagna. Nulla di nuovo nelle parole del presidente della Provincia, che ha ribadito una posizione più volte sostenuta in passato.
 Quando si parla di nomi, Durnwalder si riferisce alla microtoponomastica: «I cosiddetti microtoponomi, come i nomi dei masi, prati e boschi - ha detto - vanno riportati solo in tedesco, perché le loro traduzioni sono invenzioni dell’epoca fascista e non sono mai stati introdotti per legge». «Nessuno - ha aggiunto Durnwalder - si è scandalizzato quando le vallate ladine hanno introdotto lo stesso sistema. Questa polemica è inutile e non ci sarebbe - ha concluso il presidente - se avessimo il 20% di disoccupazione».
 «Se la politica non si dà una mossa, decideranno i giudici», commenta preoccupato Pius Leitner, dei Freiheitlichen. «Questa vicenda rischia di creare un precedente giuridico - prosegue - che poi costringerà la politica ad agire, ma non è questo il modo di procedere, non ci può essere un’inversione di ruoli, non possiamo lasciare decisioni di questa portata in mano ai giudici».
 «La lite tra i gruppi italiani e l’Alpenverein - aggiunge Leitner - non è la strada giusta per trovare una soluzione. Sulla toponomastica servono regole chiare e la traduzione fantasiosa dei nomi tedeschi non ha nulla a che fare con un problema che è squisitamente culturale».
 «Non possiamo confondere - aggiunge il leader dei Freiheitlichen - il bilinguismo con il “binomismo”. Noi una soluzione l’abbiamo già proposta, con l’introduzione di una proporzionale: dove un gruppo linguistico ha una certa consistenza (abbiamo detto il 25%, ma possiamo scendere fino al 15%), può chiedere l’uso del doppio nome, altrimenti resta quello originario. Il gruppo italiano neppure usa certi nomi: pensiamo al caso di Obereggen-San Floriano». Leitner sottolinea come la proposta della proporzionale sia stata già introdotta in altri paesi: «Ad esempio in Svizzera, Canada, Carinzia e Finlandia».
 Richard Theiner, Obmann della Svp, tiene i toni bassi: «Come Svp abbiamo già approvato le linee di fondo della nuova legge - spiega - la nostra è una posizione ponderata, non siamo estremisti e cercheremo di trovare una soluzione condivisa». Theiner, poi, ha speso alcune parole sul monumento alla Vittoria, tema rilanciato nei giorni scorsi da Giorgio Holzmann: «E’ utopia pensare di togliere il monumento - ha detto l’Obmann della Svp - la soluzione è quella di storicizzarlo, con l’aiuto di tutte le forze democratiche». Per quanto riguarda il bassorilievo del duce, Theiner è per la rimozione: «Va tolto, tenerlo davanti ad una struttura che ospita uffici pubblici non è un bel biglietto da visita».
 «Sino a quando il consiglio provinciale non regola la materia, nessuno può contravvenire alle direttive sulla toponomastica». Lo ha detto Roland Lang, membro del direttivo della Südtiroler Freiheit e Obmann del capoluogo: «Al momento - prosegue Lang - le uniche leggi in vigore sono i decreti fascisti di Tolomei, che l’Italia ha appena ripristinato. A questo punto - conclude con sarcasmo la nota della Südtiroler Freiheit - tutti i cartelli bilingui sono da considerare fuorilegge».


Potrebbe spuntare il danno erariale  

MARIO BERTOLDI



 BOLZANO. Dopo l’acquisizione dei dati forniti da carabinieri e forestali sul numero di cartelli (installati lungo i sentieri di montagna) non rispettosi del dettato statutario in materia di toponomastica e bilinguismo, in Procura si stanno valutando le prossime mosse per portare a conclusione l’inchiesta. Il dato shock (75 per cento di cartellonistica realizzata con soldi pubblici sostanzialmente fuori legge) impone di valutare con attenzione la situazione sotto il profilo prettamente giuridico.
 Sulla scrivania del procuratore ci sono anche i documenti acquisiti nei mesi scorsi in Provincia e all’Alpenverein e che hanno confermato che la convenzione sottoscritta nel 2004 tra i due soggetti (per la cura della cartellonistica di montagna) prevedeva, nella sostanza, il rispetto del bilinguismo. Insomma, dalle carte in mano al procuratore emerge il sospetto che sino ad oggi, qualcuno, sulla questione della segnaletica di montagna abbia più volte «giocato» sulla carenza di informazioni riguardo al progetto di intervento finanziato con denaro pubblico. In realtà la convenzione tra Provincia autonoma e Alpenverein (sottoscritta nel novembre 2004 un mese dopo l’approvazione della delibera della giunta provinciale) all’articolo 2 prevede (anche in relazione ai cartelli dei sentieri da rinnovare) l’impegno dell’Alpenverein all’utilizzo di tutti i toponimi ufficiali e non. Una formula che deriva dalla mancata approvazione (per specifica volontà politica) di una norma di attuazione sull’ufficializzazione di tutti i toponimi di lingua tedesca in Alto Adige. In sostanza allo stato attuale gli unici toponimi ufficiali in Alto Adige sono quelli italiani. Proprio per questo motivo la convenzione prevedeva l’utilizzazione da parte dell’Avs dei toponimi ufficiali e non (cioè anche di quelli tedeschi e quelli conosciuti a livello locale e valligiano). Ma i toponimi ufficiali italiani - si sottolinea negli ambienti giudiziari - non avrebbero potuto essere cancellati. Su questo tema la Procura della Repubblica si sta muovendo con assoluta cognizione di causa secondo una logica prettamente giuridica.
 Proprio per questo il procuratore Guido Rispoli ha inteso in primo luogo verificare il fondamento giuridico su cui si basa l’«ufficialità» dei singoli toponimi italiani in Alto Adige. Nei prossimi giorni il magistrato si occuperà a fondo anche della natura (sempre sotto il profilo giuridico) del mandato in base al quale l’Alpenverein ha operato sui sentieri di montagna, utilizzando soldi pubblici ma non ritenendo di dover rispettare (in quanto associazione privata) le disposizioni statutarie in materia di bilinguismo e di toponomastica. Sotto questo profilo potrebbe essere quanto prima investita del caso anche la Corte dei Conti per il relativo danno erariale arrecato.




«Traduzioni solo per le località che hanno interesse pubblico»


BOLZANO. «Io sono pragmatica, vado per boschi e montagne anche in altri paesi e sono per un accesso facilitato - commenta Brigitte Foppa, portavoce dei Verdi - se un italiano trova toponimi italiani su una cartina, deve avere un riscontro sul territorio». «Noi non siamo per un approccio basato sulla micro o macrotoponomastica, ma sul concetto di pubblico e privato - prosegue Foppa - nel secondo caso, nomi di masi o prati ad esempio, la traduzione non va fatta. Certo, l’operazione di Tolomei è stata uno schifo e non ha nulla di scientifico, ma dopo 80 anni, se un nome è di uso comune, non lo si può cancellare».


«La Provincia riconosca l’errore migliaia di cartelli illegali»

BOLZANO. «L’inchiesta - commenta il consigliere comunale Guido Margheri, autore dell’esposto in procura - conferma come migliaia di cartelli siano stati realizzati in aperta violazione dello Statuto di autonomia. Ora è necessario che la Provincia riconosca l’errore e ripristini la legalità. Dallo svolgimento dell’inchiesta, peraltro, arriva la conferma di come la toponomastica in lingua italiana sia salvaguardata pienamente dallo Statuto di autonomia e dalla legislazione nazionale in materia e non certo dai Regi Decreti delle polemiche, o dalle iniziative inutili della destra locale e del governo Berlusconi».


«Subito la doppia dicitura l’esecutivo doveva vigilare»

 BOLZANO. «L’esito dell’indagine - ha detto Paolo Degasper, segretario dell’Udc - pone alla giunta il dovere di un urgente intervento di apposizione della doppia o tripla dicitura linguistica. Le segnalazioni provenienti sull’utilizzo indiscriminato monolingue dei cartelli, non possono che investire la responsabilità dell’esecutivo della provincia che avrebbe dovuto semmai, nell’affidare tale servizio all’Alpenverein, accertarsi il pieno rispetto delle leggi. A questo punto, l’Udc ritiene auspicabile che la totalità degli eletti italiani in consiglio provinciale proponga una commissione paritetica indipendente che vigili per il futuro».


Alto Adige 19-1-10


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lunedì, 18 gennaio 2010

Cartelli, illegittimo il 75 per cento



TOPONOMASTICA Primi risultati dell’inchiesta della magistratura sulla presunta cancellazione dei nomi italiani ufficiali

MARIO BERTOLDI



 BOLZANO. Il 75 per cento dei cartelli installati dall’Alpenverein lungo i sentieri di montagna in Alto Adige non rispettano le disposizioni statutarie in materia di toponomastica e bilinguismo. E’ il primo risultato ufficiale del paziente lavoro di verifica affidato dalla Procura della Repubblica ai Carabinieri e alla Forestale che proprio lo scorso fine settimana hanno consegnato un dettagliato rapporto al procuratore Guido Rispoli. Si tratta, è bene precisarlo, di un risultato che fa riferimento ai toponimi o microtoponimi italiani dotati di presupposto giuridico e, di conseguenza, del requisito di «ufficialità». Questo non significa che il restante 25 per cento della cartellonistica controllata sia bilingue. Significa in realtà che non risulta realizzata in violazione delle norme sul bilinguismo o perchè la denominazione di una località nelle due lingue è stata correttamente rispettata o perchè non è stato riscontrato un presupposto giuridico di «ufficialità» per l’eventuale microtoponimo italiano eliminato. In effetti l’indagine avviata dalla magistratura è stata basata su una valutazione della cartellonistica dei sentieri di montagna su presupposti esclusivamente giuridici. Proprio per questo ad inizio inchiesta la Procura diede disposizione agli agenti della Digos di acquisire a Firenze tutta la documentazione in possesso dell’istituto geografico militare, con l’obbiettivo dichiarato del magistrato di verificare, in primo luogo, l’esistenza di una toponomastica e di una microtoponomastica ufficiale italiane in Alto Adige.
 Un iter giudiziario lungo e complesso basato sul fondamento giuridico dell’ufficialità della toponomastica italiana di montagna. Solo successivamente, cartine alla mano, sono stati effettuati gli accertamenti su tutti i sentieri mobilitando carabinieri e agenti della forestale. Ora, come detto, è stato fornito il primo dato certo importante di questa inchiesta. Il 75 per cento dei cartelli ha subìto una cancellazione arbitraria del toponimo ufficiale in lingua italiana. A questo punto come procederà la Procura?
 E’ probabile che il procuratore inizi a verificare la posizione e le responsabilità dell’amministrazione provinciale e dell’Alpenverein. Si inquadra in questa ottica, in effetti, anche la decisione del procuratore (ancora ad inizio inchiesta) di acquisire agli atti dell’indagine tutta la documentazione relativa al «Progetto sentieri Alto Adige». Si tratta di un progetto, sviluppato nell’ambito del programma Obiettivo 2 e finanziato dalla Provincia autonoma, dallo Stato e dall’Unione europea. Ovviamente la magistratura intenderà verificare come siano stati spesi i quattrini a disposizione, soprattutto in relazione alla realizzazione dei nuovi cartelli solo in lingua tedesca.

Alto Adige 18-1-10
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lunedì, 28 dicembre 2009


«Sognavo di essere Bonatti»


Walter Bonatti


GIANFRANCO PICCOLI


 BOLZANO. «Da piccolo sognavo di essere Walter Bonatti». Reinhold Messner lo ha raccontato ieri sera davanti alle telecamere di «Che tempo che fa». Al suo fianco, di fronte a Fabio Fazio, c’è proprio lo scalatore bergamasco. Due monumenti dell’alpinismo mondiale. Generazioni diverse, ma un filo conduttore comune, sottolinea il re degli ottomila: per entrambi una cavalcata decennale tra alpinismo, esplorazione e narrazione, con Bonatti che ha sconfinato per anni nel giornalismo, autore di grandi reportage per Epoca.
 La puntata dedicata alla montagna cade nei giorni della tragedia della val di Fassa: due escursionisti e quattro soccorritori morti sotto una valanga. Nessun cenno durante la trasmissione e Rai Tre si «giustifica» facendo scorrere sul video la scritta «programma registrato». L’esaltazione delle grandi imprese stona - così devono pensare quelli della tv pubblica - con il dolore che trasuda dalle cronache dei telegiornali di ieri.
 Fazio sventola le ultime fatiche letterarie di Messner («La montagna a modo mio») e Bonatti («Un mondo perduto»). Si parte da là. Il conduttore definisce il libro di Reinhold «un saggio di filosofia», dove l’alpinismo è paragonato all’arte: «Nell’ultima salita di Bonatti sul Cervino c’è qualcosa di artistico, una delle più belle linee disegnate sulle Alpi. E anche le ascese del futuro non potranno che essere arte: verranno fatte sulle pareti cose che per noi, oggi, sono inimmaginabili».
 La solitaria invernale del 1965 sul Cervino, un’impresa finita nell’enciclopedia dell’alpinismo, segna la fine delle pareti verticali per Bonatti e l’inizio della «trasposizione orizzontale», come lui stesso la definisce. Ovvero, parte l’epoca delle grandi esplorazioni, dai meno 65 gradi della Siberia alla caccia (fotografica) di varani, tigri e coccodrilli.
 Un passaggio simile Messner lo colloca, nella sua biografia, nel 1978, quando, si concede una nuova linea in solitaria sul Nanga Parbat, otto anni prima di concludere tutti gli ottomila: «La mia ciliegina sulla torta, il puntino sulla “i”». Niente compagno, niente bombole, niente portatori o tecnologia. La ricerca della purezza assoluta, «come ha sempre fatto Walter». L’antitesi delle spedizioni commerciali che oggi portano (quasi letteralmente) clienti gonfi di soldi sulla cima dell’Everest. A volte, qualcuno ci lascia la pelle.
 Poi anche Messner viene stuzzicato dalla dimensione orizzontale. Dalla traversata dell’Antartide a piedi e con gli sci (1990) al deserto di Gobi (2004). Parlando di quest’ultima impresa, Messner si schermisce, ricordando come l’esperienza nella sabbia a sessant’anni lo abbia costretto a guardare la carta d’identità: «Nel deserto avevo uno zaino da cinquanta chili ma non più la forza dei quarant’anni. Mi faceva male tutto e mi chiedevo “Perchè sono qui?”». «Oggi per me - ha continuato - i deserti sono sempre più grandi e le montagne più alte. Vado ancora ad arrampicare, ma il capocordata è mio figlio, con il quale sono stato recentemente in Giordania. Lui mi rimprovera: “Papà, ti devi allenare”». Passaggi che strappano sorrisi e un pizzico di tenerezza spulciando anche solo un decimo del pedigree di Reinhold.
 Cosa «invidia» Messner a Walter Bonatti? «Ai suoi tempi, c’era molto più da esplorare: la mia generazione ha dovuto re-inventare le salite su montagne già note».
 L’alpinismo? «Inutile ma possibile», dice Messner. Che, sulla definizione di avventura, si è espresso così: «E’ libertà di fare e responsabilità, due facce della stessa medaglia». In ogni caso, ha concluso il re degli ottomila, «non è fortunatamente cosa per tutti».

Alto Adige 28-12-09
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martedì, 17 novembre 2009


Segnali solo in tedesco Alpenverein dal prefetto ma senza cedimenti




MAURIZIO DALLAGO


 BOLZANO. Segnaletica monolingue, i vertici dell’Avs si sono recati dal prefetto. Ma per ora la situazione è di stallo e l’Alpenverein non torna indietro. «Aspettiamo le decisioni della giunta provinciale». Così il presidente Avs, Georg Simeoni. Il Cai attende, ma i canali di dialogo tra le due associazioni sono interrotti. Intanto proprio a Palazzo Widmann c’è stato un primo approccio tra partner di giunta in materia di toponomastica. Sul tema nel Pd verrà creato un gruppo di lavoro.
 In queste settimane i carabinieri su decisione della Procura stanno mappando tutta la segnaletica di montagna per verificare quanti casi di monolinguismo ci siano nei cartelli approntati da Avs, singole Proloco, Cai e altri organismi. Parallelamente anche il Commissariato del governo ha chiesto lumi alle associazioni. Il Cai ha dato le sue risposte. E alla fine anche i vertici Avs si sono recati in prefettura. Un incontro in cui al presidente Georg Simeoni è stato chiesto il perché delle scelte fatte dall’Avs. «Il prefetto ci ha inoltre domandato se sia nostra intenzione cambiare la segnaletica approntata in questi anni, ma noi possiamo farlo soltanto se qualcuno ci dice cosa prevede la legge», così il presidente dell’Alpenverein. La «palla» viene passata alla politica. «È la giunta provinciale che deve prendere una decisione dopo anni in cui non si è deciso niente», ancora Simeoni.
 Intanto si sono interrotti i canali di dialogo tra le due associazioni. «Certo, non vado io a cercare i responsabili del Cai», dice il presidente dell’Avs. In questo momento non c’è «feeling» con Giuseppe Broggi. Ques’ultimo conferma la situazione di stallo. «Vediamo anche cosa succederà con l’inchiesta portata avanti dai magistrati», dice il presidente del Cai.
 L’annosa questione della toponomastica è stata oggetto di recente anche di una prima ricognizione in giunta provinciale. Il direttore generale della Provincia, Hermann Berger, ha predisposto un documento di cornice normativa, non solo a livello locale, ma internazionale. Il tema fa parte dell’accordo di coalizione, ma il vicepresidente Tommasini non ha fretta. «Metteremo in piedi un gruppo di lavoro sulla materia all’interno del Pd, si tratta di arrivare ad un testo legislativo il più possibile aderente alle determinazioni dello Statuto d’autonomia», ancora Christian Tommasini. Tra le ipotesi quella di una commissione che certifichi quali toponimi debbano essere bilingui, oppure una rilevazione sul territorio da parte dell’Astat. Scogli politici e giuridici rischiano però sempre di fare saltare qualsiasi deroga all’obbligo della bilinguità sancito dallo Statuto.

Alto Adige 17-11-09
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venerdì, 02 ottobre 2009


Pedemontana, sopra San Giacomo, ulteriori passi in avanti




LAIVES. Va avanti l’iter per la realizzazione di un primo tratto di passeggiata pedemontana da San Giacomo a Castel Flavon. La discussione in consiglio comunale si è focalizzata sul fatto che un antico sentiero, a mano a mano inglobato in una proprietà privata, alla fine sia risultato interdetto alla comunità. Nessuno però è stato in grado di spiegare chiaramente come sia potuto succedere questo e perché la parrocchia di San Giacomo, che vantava fin dall’inizio un diritto di passaggio sul sentiero, non abbia mai chiesto il rispetto di tale diritto. Ad ogni modo il nuovo tracciato si farà e saranno circa 700 metri lineari, sopra San Giacomo, per una larghezza massima di 3,50 metri. Il Comune provvederà a reperire anche un’area dove realizzare un verde pubblico. (b.c.)

Alto Adige 2-10-09
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martedì, 15 settembre 2009




Obbligati a rispettare il bilinguismo sui sentieri


di Davide Pasquali
BOLZANO. Cartelli monolingui sui sentieri, i Verdi tagliano la testa al toro: l’Avs cura la segnaletica di montagna in quanto la Provincia le ha delegato questa funzione con adeguati finanziamenti. L’Avs, poi, è concessionario di un servizio di pubblico interesse e come tale ha l’obbligo di rispettare la norma di attuazione dello Statuto sull’uso congiunto e paritetico delle lingue. Toponomastica compresa. E non sono opinioni, ma leggi. Approvate da Stato e Provincia.
 I Verdi Hans Heiss e Riccardo Dello Sbarba negli ultimi giorni si sono messi di buzzo buono e, con approfondite ricerche giuridiche e verifiche amministrative, hanno tentato di rispondere a due semplici domande: Cai e Avs ricevono contributi pubblici per la segnaletica di montagna? Sono obbligati al bilinguismo? Sinora, spiegano i consiglieri, sulla questione in troppi hanno giocato sugli equivoci. «Intanto - ha precisato Dello Sbarba - il problema centrale non è la toponomastica. Non tradurre Alm o Hütte non è una violazione delle norme sulla toponomastica, ma una violazione della norma di attuazione dello Statuto di autonomia sull’uso congiunto e paritetico delle lingue, varata - non dimentichiamolo - a tutela innazitutto della lingua tedesca, parificata all’italiano, la lingua dello Stato».
 Il secondo equivoco sarebbe questo: «Il problema non è se nel progetto europeo “Rete dei sentieri alpini” sia compresa l’installazione della segnaletica sul terreno. E neppure se i cartelli si trovano su terreno privato o pubblico. Tutti questi sono argomenti (volutamente?) fuorvianti». Secondo i risultati della ricerca dei verdi, «il punto centrale è che Avs, Cai e associazioni turistiche curano la segnaletica di montagna in quanto la Provincia ha delegato loro, con due leggi provinciali, questa funzione che spetterebbe alla stessa Provincia». Per svolgere codesta funzione, Avs e Cai ricevono regolari finanziamenti (molto più consistenti per i primi che non per i secondi, anche in base alla lunghezza dei sentieri di competenza). Di conseguenza, le due associazioni alpinistiche si trovavano in tutto e per tutto nella posizione di concessionari di un servizio di pubblico interesse. E, come tali, sono obbligate a rispettare le norme che anche la Provincia nei suoi atti deve rispettare, tra cui innanzitutto la norma di attuazione sull’uso congiunto e paritetico delle lingue e, per i toponimi, quanto previsto dallo Statuto di autonomia. I Verdi hanno tagliato così la testa al toro, non esprimendo opinioni, ma elencando norme vigenti. Entrando nel dettaglio: secondo la legge provinciale 33/1991 «la giunta è autorizzata a concedere alle associazioni alpinistiche sovvenzioni annue per le spese di manutenzione dei sentieri». Mentre la legge provinciale 22/1982 recita: «La giunta è autorizzata a concedere contributi per costruzione, manutenzione, miglioramento e segnalazione dei sentieri alpini». E i soggetti interessati sono citati espressamente: Cai e Avs. Dunque, la Provincia ha delegato alle associazioni alpinistiche. E ogni volta che la Provincia deleghi funzioni sue proprie ad altri enti o associazioni, «questi si trovano nella posizione giuridica di concessionari di pubblico servizio, e con essi deve esistere una sorta di contratto di servizio che definisce funzioni e obblighi del concessionario». Tra questi c’è l’uso congiunto e paritetico delle due (o tre) lingue. La norma di attuazione dello Statuto di autonomia - segnatamente il Dpr n. 574/1988 - prevede l’uso contemporaneo e paritetico delle due o tre lingue in tutti gli atti della pubblica amministrazione e nei rapporti con la cittadinanza. Questo vale anche per «i concessionari di pubblico interesse». Ai fini del decreto sono considerati concessionari di servizi di pubblico interesse «i soggetti che gestiscono servizi che rientrano nelle attribuzioni o nelle disponibilità di enti pubblici». L’uso congiunto delle due lingue, inoltre, «è prescitto per gli atti destinati alla generalità dei cittadini». Dove, per atti destinati alla generalità dei cittadini si citano «quelli che siano diretti ad una pluralità indeterminata di destinatari». Non c’è alcun dubbio allora, spiegano i Verdi, «che la segnaletica di montagna rientra in questi atti destinati alla generalità dei cittadini, diretti ad una pluralità indeterminata di destinatari». Ergo, «ogni termine che compare sul cartello, diverso dal toponimo, deve essere riportato in tutte e due le lingue riconosciute in provincia».


E ora chi pagherà i nuovi cartelli?

 BOLZANO. Il sindaco Spagnolli ieri alla presentazione del Trentofilmfestival ha bollato la polemicha sui cartelli così: «È estremamente sgradevole vedere che la tematica della montagna venga svilita da una meschina polemica sull’utilizzo dell’uno o dell’altro nome sui cartelli dei sentieri alpini. Questa polemica è legittima, però la montagna è tutt’altra cosa». Secondo il presidente Durnwalder, invece, «né Cai né Avs sono concessionari di pubblico servizio, ma associazioni private e, come tali, fanno ciò che vogliono, ovviamente senza andare contro la legge». Se l’Avs ha ricevuto contributi generici per la sua attività, ha proseguito il presidente, «ci si potrà fare poco. Ma se ha ricevuto soldi per quel progetto specifico, allora i cartelli devono essere bilingui». Perciò ha annunciato che ora la giunta sta indagando al proposito, per stabilire se l’Avs abbia ricevuto denaro per l’attività generica o per il progetto specifico.
 I Verdi, invece, si chiedono tutt’altro. E, al proposito, ieri, hanno presentato una interrogazione. Che Cai e Avs siano concessionari di pubblico servizio è assodato. Lo dice la legge. Idem che Cai e Avs abbiano ricevuto delega su sentieri e segnaletica, compito in teoria della Provincia, ma da questa affidato alle associazioni alpinistiche e turistiche. Pacifico, poi, che la logica conseguenza del tutto possa essere una sola: il rapido ripristino della segnaletica congiuntamente bilingue, perché quella attuale, monolingue, è assolutamente illegittima. Ma qualcuno dovrà pur pagare, e qui sta l’inghippo. «Bisogna appurare se sia stato stipulato un contratto di servizio fra Provincia e Avs», spiega Dello Sbarba. «In tal caso sarebbe il concessionario a non aver rispettato i patti e a dover ripristinare a spese sue». Se invece «la Provincia ha omesso di stipulare un contratto con prescrizioni precise, a dover pagare non sarà certo l’Avs».

«Vale ancora lo Statuto»

 BOLZANO. «Qualsiasi comportamento che unilateralmente non rispetti lo Statuto di autonomia equivale a negare a questo o a quel gruppo linguistico il diritto di sentirsi a casa sua in Alto Adige. E questo è inaccettabile». Lo precisano i Verdi, sostenendo che «l’obbligo della bilinguità resta anche per gli stessi toponimi. Semplicemente perché lo dice lo Statuto, unica legge in vigore sul tema. Finché una legge sulla toponomastica non esiste, vale lo Statuto. Sono semmai politica e vertici Avs a non essersi presi le loro responsabilità, umiliando i volontari al lavoro sui sentieri».



Alto Adige 15-05-05
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martedì, 08 settembre 2009



Toponimi in Alto Adige nel mirino della Procura


Intanto la Provincia decide per segnali in due lingue su suolo pubblico

BOLZANO. Segnaletica solo in tedesco, la Procura si muove. «Vegliamo sulla corretta applicazione della legge», spiega il procuratore capo Guido Rispoli. Il reato ipotizzabile è quello di omissione d’atti d’ufficio. Intanto la giunta provinciale prende posizione e stabilisce che i segnavia realizzati con denaro pubblico o che si trovino su suolo pubblico debbano essere in due lingue.
 Soddisfatto per le indicazioni di Palazzo Widmann si dice Giuseppe Broggi. «La distinzione tra pubblico e privato è un passo avanti», afferma il presidente del Cai Alto Adige. È anche vero che, per adesso, la politica non ha preso alcuna decisione riguardo il ripristino dei cartelli bilingue, laddove sono stati realizzati - in migliaia di casi - esclusivamente utilizzando la toponomastica tedesca. Su questo punto il prefetto è stato chiaro, inviando una lettera all’Alpenverein. La legge in vigore sottolinea il bilinguismo dei toponimi. Proprio la missiva del Commissariato del governo ha indotto la giunta provinciale a tornare sull’argomento. Un tema che a Durnwalder non piace troppo e che gli crea problemi a destra, tanto che cambia «angolazioni» di veduta a seconda si rivolga a giornalisti di lingua italiana o tedesca. “L’Avs è un’associazione privata e può scrive i cartelli nella lingua che preferisce, a patto che siano in terreni privati e che non siano utilizzati fondi pubblici”, ha spiegato ieri il presidente della giunta, ribadendo poi che, per quanto riguarda le altre fattispecie, andrebbero tradotti in tedesco i nomi storicamente accertati, mentre i micro-toponimi e i nomi propri dovrebbero rimanere “nella forma storicamente accertata”. Così in tedesco. A leggere questa parole sembrerebbe che l’operato dell’Alpenverein sia tutto in forma privata e quindi non dover sottostare all’obbligo del bilinguismo. Certo che non è così. Poi, in italiano sottolinea da subito che i cartelli realizzati su suolo pubblico o con denaro pubblico debbano essere bilingue. I nomi propri rimangano invariati in tedesco, «salvo mettere in lingua italiana tutto ciò che è traducibile», ovvero cima, forcella, malga, lago e così via. «Chiederemo all’Avs una relazione per verificare se sono stati usati soldi pubblici, dove questi cartelli si trovino e se siano stati rispettati gli obblighi del bilinguismo», ancora Durnwalder. Poi si vedrà. Nella seduta di giunta i partner del Pd hanno tenuto duro. «L’esecutivo ha ribadito il principio del bilinguismo, in particolare con la distinzione tra pubblico e privato. Un “paletto” importante», dice l’assessore Christian Tommasini. Anche i rifugi - un centinaio in Alto Adige - dovrebbero essere segnalati con il loro doppio nome. Esempio: rifugio Serristori, Porro, Canziani, Gino Biasi al Bicchiere e così via.
 Oltre alla prefettura, si sta muovendo anche la Procura della Repubblica, come ha ricordato ieri il procuratore capo Guido Rispoli, valutando tutta la materia legislativa, per eventualmente procedere con l’ipotesi di reato che sarebbe quella di omissione di atti d’ufficio. Secondo le norme la stessa Procura deve vigilare sulla corretta applicazione delle leggi. E la legge dice che la toponomastica pubblica dev’essere bilingue o in tre lingue nelle valli ladine.
 Un passo avanti, quello di ieri da parte della Provincia, viene giudicato dal presidente del Cai Alto Adige, Giuseppe Broggi. Resta il fatto che i cartelli monolingue sono ormai stati installati, usando denaro pubblico e su suolo pubblico. Chi ha il potere di farli tornare in due lingue? Solo la Procura.(m.dal)


«Ripristinare la segnaletica»

La lettera del prefetto parla chiaro: violata la normativa

 BOLZANO. La lettera del prefetto parla chiaro. La normativa in vigore - Statuto e legge provinciale - prevede l’obbligo della bilinguità dei toponimi in montagna. All’Avs ed ai parchi si chiede il ripristino della segnaletica in due o tre lingue.
 Una paginetta, quella che il prefetto Fulvio Testi ha inviato ai responsabili dell’Alpenverein, del Cai, del Parco dello Stelvio e dei Parchi naturali della Provincia. Nel testo - che il giornale Alto Adige è riuscito ad avere - si fa esplicito riferimento alla normativa in vigore per quanto riguarda la segnaletica di montagna e la toponomastica in senso lato. Nella missiva si citano «gli articoli 8, 99, 101 e 102 dello Statuto d’autonomia». Ma anche la legge provinciale del 7 giugno 1982 che disciplina i contributi di Palazzo Widmann per la manutenzione dei sentieri e della segnaletica di montagna. «La segnaletica deve essere in due lingue per motivi di rispetto dello Statuto e di sicurezza», sottolinea il prefetto. Al termine della lettera si chiede «di fare delle verifiche» sulla situazione esistente e di spiegare entro il 10 ottobre «le azioni intraprese per il ripristino del bilinguismo». La posizione del Commissariato del governo è chiara, tanto più che si appoggia a norme statutarie e leggi provinciali, «bibbia» entrambe per il mondo di lingua tedesca. Tra gli articoli dello Statuto citati quello che impone «l’obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano».


Alto Adige 08-09-09
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domenica, 06 settembre 2009


Nomi, l’Avs cerca il compromesso sulla toponomastica



BOLZANO. Toponomastica, non c’è pace. Il prefetto richiama Alpenverein e associazioni turistiche al rispetto del bi- o trilinguismo nella segnaletica di montagna e chiede risposte concrete entro il 10 ottobre, con l’obiettivo di ripristinare i nomi in due o più lingue. Durnwalder vuole che l’Avs cambi quei cartelli che riportano solo in tedesco la macro-toponomastica, oppure che abbiano soltanto termini come “Alm” e “Spitze”, lasciando però inalterata quella che definisce «microtoponomastica». Il Pd, con il segretario Frena e l’onorevole Bressa, punta al rispetto dello Statuto. Molto dura la sinistra, con Rifondazione e Sd a denunciare la voglia di monolinguismo del mondo tedesco. E se la Klotz afferma che non è competenza del prefetto Testi imporre la tipologia della segnaletica, il presidente dell’Alpenverein sottolinea di essere pronto al compromesso, «ma certo i cartelli già installati non possono essere cambiati in pochi giorni». Risponderemo al prefetto, facendo le nostre proposte», dice Georg Simeoni. Insomma, è difficile, trovare un accordo, se non si parte dallo Statuto, laddove afferma che i toponimi devono essere bilingui.
 Proprio il Commissario del governo ha posto l’attenzione sulle norme statutarie, con un quadro che però vede migliaia di segnavia già installati e spesso a carattere monolingue: siano essi stati predisposti dall’Avs, piuttosto che dalle associazioni turistiche o da altri soggetti. La stessa prefettura ha sottolineato che Durnwalder e Berger in un carteggio si sarebbero detti d’accordo sul rispetto del bilinguismo. Ma come? Lo spiega lo stesso Durnwalder. «Secondo me, quando si prendono soldi pubblici e su terreno pubblico, i segnali devono essere in due lingue per quanto riguarda la macrotoponomastica ed i nomi come lago, rifugio, cima e così via, ma non si può imporre l’italiano nella microtoponomastica, per esempio “Kofleralm” si può tradurre solo come malga Kofler», sottolinea il presidente della Provincia. «Il prefetto ci ha chiesto di rispondere su cosa intendiamo fare entro il 10 ottobre e spiegheremo le nostre ragioni. Lavoriamo per un compromesso, come abbiamo già detto, sul modello di quanto affermato dal presidente Durnwalder», dice Simeoni. Quest’ultimo tiene a precisare che «per la segnaletica in montagna l’Alpenverein non ha utilizzato un euro di denaro pubblico, abbiamo fatto tutto con le nostre tasche e con il denaro degli sponsor, oltre al lavoro dei volontari che dura da 3 anni e che è stato completato per due terzi circa». Ed i soldi pubblici presi in passato? «Quelli sono serviti al progetto di digitalizzazione», replica Georg Simeoni, dando poi colpa alla politica per «l’immobilismo di 40 anni sull’argomento». «Non siamo dei mostri», conclude il presidente dell’Avs. Sarà anche vero, ma intanto i segnavia monolingue sono ormai dappertutto.
 Il Pd taglia corto. «Ci vuole buon senso, ma la soluzione è semplice: la legge dice che la toponomastica dev’essere bilingue», sottolinea il segretario Antonio Frena, secondo il quale la proposta del Cai è assolutamente accettabile. «C’è poco da fare, lo Statuto prevede che i nomi siano in 2 o 3 lingue, poi si faccia pure una legge provinciale o una norma d’attuazione se si vuole cambiare. Ma una cosa dev’essere chiara: non si può utilizzare lo Statuto a piacimento, sui toponimi si cambia e sulla scuola no», afferma l’onorevole Gianclaudio Bressa.
 Di parere opposto Eva Klotz. “Il Commissario del governo viola lo Statuto, prescrivendo all’Alpenverein che i cartelli indicativi dei sentieri di montagna siano bilingui”, così la leader di Südtiroler Freiheit. Secondo la Klotz, infatti, è alla Provincia soltanto che è riservata la facoltà di decidere sul tema della toponomastica. Molto duro, sull’altro fronte l’intervento di Guido Margheri (Sd). “E’ ora di ripristinare la legalità in base alle regole sancite dallo Statuto di autonomia”, così Margheri. “Solo in questo modo - afferma - potrà cominciare un vero dialogo. Gli interventi del Commissario del governo e il coinvolgimento della magistratura non sono un fulmine a ciel sereno. Per anni ed anni la situazione della toponomastica relativa alla cartellonistica dei sentieri di montagna, ma anche quella delle strade forestali e delle strade gestite dai consorzi agricoli e di altro tipo, è vissuta in una sorta di terra di nessuno ambigua in cui si intrecciavano comportamenti contradditori. Il progetto gestito dall’Avs con l’aperto e convinto sostegno di tutta la giunta provinciale è una via obbligata senza ritorno, per imporre in via definitiva un assetto in grado di stravolgere le disposizioni statutarie”.
 Analisi più politica per Fabio Visentin. «Da anni tutte le volte che Durnwalder e la Svp sollevavano il problema dei toponimi, proponendo la legalizzazione di quelli tedeschi e la drastica riduzione di quelli italiani, abbiamo avvertito che il gioco di inseguire le destre nazionaliste era pericoloso, che i nomi dei luoghi hanno a che fare con sensibilità profonde che era meglio non andare a turbare», chiude il segretario di Rifondazione comunista. Da vedere cosa dirà sul tema il ministro Maroni che venerdì prossimo sarà a Bolzano ed a cui verrà consegnato un dossier da parte del Cai. (m.dal)

Alto Adige 06-09-09
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sabato, 05 settembre 2009


CARTELLI LA DIGNITA’ E’ BILINGUE



di Paolo Campostrini
In questa storia dei cartelli qualcuno doveva metterci un punto. E il punto è lo Statuto. Noi siamo qui, vivi, perchè esiste: senza, saremmo la Bosnia. Questa semplice verità ce l’ha detta lo Stato ed è un peccato che non l’abbia fatto prima Durnwalder. Testi ha rilevato la presenza di una legge che regola l’applicazione del bilinguismo e ne ha chiesto il rispetto. E’ una legge nostra, non «loro». E questo è l’altro punto. E’ una norma di autogoverno, la chiave della convivenza, non una imposizione statalista
e imperialista. Il bilinguismo statutario è il luogo giuridico condiviso attraverso il quale viene garantito il rispetto di ogni persona o gruppo e la naturale facoltà di esprimersi nella propria lingua madre, il principio che consente ad ognuno di non sentirsi straniero in Patria/Heimat. Il bilinguismo non è la proporz. La proporz è un mezzo, il bilinguismo, no, è un fine. La proporz prima o poi finirà, sarà disapplicata e disapplicabile quando ogni gruppo si sentirà al sicuro, quando l’autogoverno sarà tale da garantire il lavoro e il benessere indipendentemente dall’etnia. Il bilinguismo, no, non finirà. Questa é una terra bilingue. Lo è, volenti o nolenti da quasi un secolo semplicemente perchè si è trovata ad ospitare due genti che, proprio attraverso quel «patto tra diversi» che è lo Statuto hanno deciso di accettarsi senza più chiedere gli uni agli altri le ragioni di una possibile primogenitura territoriale, di non pretendere vendette, di non più rinfacciarsi: «io ero qui prima di te...». Lo Statuto ha posto fine al «prima», ora c’è solo un dopo. E il bilinguismo ne è la pietra miliare. Questo per la sostanza. Per la forma è lo stesso. Se l’Svp ha in mente una legge sui toponimi che distingua tra micro e macro toponomastica e se punta a garantire la bilinguità solo della seconda, bene: se ne faccia un disegno di legge, lo si sottoponga al Consiglio e si affrontino tutti i passaggi costituzionali che pretende una norma statutariamente così sensibile. Se ne faccia, insomma, un passaggio condiviso e, soprattutto, collettivo. Prima di allora ogni accelerazione su questo fronte, come quella dell’Avs o di tanti Comuni che hanno pensato bene di anticipare una possibile legge di riforma, è una semplice provocazione. Che mina la convivenza alla radice. Ha detto bene Testi: il bilinguismo anche sui sentieri è una questione di sicurezza ma anche «di pari dignità tra i gruppi». Ecco, la dignità. E’ questa la pietra di paragone. Ogni passaggio, ogni riforma dovrà garantirla. La traduzione degli atti pubblici, delle sentenze, dei cartelli attiene proprio a questo: la dignità che giunge dal sentirsi a casa propria. Non garantirla crea il disagio della precarietà, che è l’inizio della fine.
Paolo Campostrini p.campostrini@altoadige.it


«Cartelli bilingui entro il 15 ottobre»

Ordine del prefetto Testi: ripristinare subito i nomi in due o tre lingue

di Francesca Gonzato
 BOLZANO. La segnaletica sui sentieri di montagna deve essere bilingue. Dove non è così, la situazione va ripristinata entro metà ottobre. Dopo tante polemiche, arriva dal Commissariato del governo la parola che dovrebbe essere definitiva sul caso di cartelli solo in tedesco installati dall’Avs (ma non solo: arrivano segnalazioni anche su segnaletica monolingue gestita da parchi e aziende di soggiorno). Era noto che il Commissario del governo Fulvio Testi avesse iniziato a seguire il caso da diversi mesi. Questa fase ora è chiusa e alcuni giorni fa il prefetto Fulvio Testi ha scritto una cortese ma assai chiara lettera a Avs, Cai e parchi. In sintesi, sui sentieri deve essere garantita una segnaletica in entrambe le lingue. «E’ una questione di sicurezza e di pari dignità tra i gruppi linguistici», spiegano dall’Ufficio di gabinetto del Commissariato del governo.
 A tutti i destinatari, responsabilizzati direttamente della questione, è stato chiesto «cortesemente» di effettuare una verifica sulla segnaletica sulla percentuale di sentieri gestita direttamente e di provvedere a garantire il rispetto del bilinguismo. Viene fissato anche il termine di metà ottobre per correggere eventuali irregolarità.
 A Palazzo Ducale non si soffermano neppure sul dibattito tra micro e macro toponomastica. Il concetto che viene ribadito con chiarezza è quello della bilinguità.
 Il provvedimento del Commissario del governo è stato preceduto, viene sottolineato, da un «proficuo» carteggio con il presidente provinciale Luis Durnwalder e con l’assessore al turismo Hans Berger: entrambi si sarebbero detti d’accordo sulla necessità di fornire informazioni bilingui sui sentieri di montagna, sia per il rispetto delle norme statutarie che per garantire la sicurezza agli escursionisti.
 Il prefetto Fulvio Testi ha iniziato a seguire in primavera il caso della nuova segnaletica Avs in tedesco, quando hanno iniziato ad accumularsi le segnalazioni degli escursionisti e gli articoli di giornale. Il punto centrale della questione era ovviamente giuridico. L’Avs ha ricevuto un finanziamento pubblico per i 60 mila nuovi cartelli (finora ne sono stati collocati 2/3), ma si tratta di una associazione e il lavoro di installazione è stato effettuato volontariamente dai soci. Questa è la giustificazione su cui più insistono gli ambienti dell’Alpenverein. Una linea che viene smentita nei fatti dalle valutazioni dell’Commissariato del governo (forti anche di un parere dell’Avvocatura di Stato di pochi anni fa). Il punto chiave per chiedere la garanzia del bilinguismo sulla segnaletica è la legge provinciale 22 del 1982, nell’articolo che prevede che la Provincia possa finanziare le associazioni che sono deputate alla cura e manutenzione dei sentieri, segnaletica compresa. I sentieri, viene sottolineato, sono definiti patrimonio provinciale. Patrimonio provinciale, quindi soggetti alle norme statutarie sul bilinguismo, cui sono tenuti anche i privati che ne effettuano la manutenzione. Su queste basi la prefettura ha iniziato il carteggio con la Provincia, le cui risposte sono state considerate più che soddisfacenti (da non dimenticare che sul tema sta lavorando anche la procura, dopo l’esposto di Margheri).
 Palazzo Widmann in una lettera di agosto fa sapere al prefetto Testi che gli uffici provinciali sarebbero stati incaricati di dare indicazioni ai volontari di provvedere al rispetto delle regole. Preso atto della consapevolezza dei vertici provinciali, il commissario del governo negli ultimi giorni ha scritto alle associazioni e ai parchi chiedendo appunto una verifica sul proprio territorio di competenza e la regolarizzazione entro metà ottobre.
 Chi finanzierà i nuovi cartelli, come verranno effettuati i lavori non è competenza del Commissariato del governo. E neppure le proposte di «compromesso» anticipate negli ultimi giorni dal presidente dell’Alpenverein Georg Simeoni, giudicate offensive da Cai e da molti esponenti politici, secondo cui dovrebbero tornare bilingui solo i nomi di paese e frazioni, e indicazioni come “sentiero” “forcella”, “rifugio”. A Palazzo Ducale concedono solo una battuta sul tema: «Quando si dice toponimi bilingui, chi deve capire capisce». Da ricordare infine che in Alto Adige ci sono 15.889 chilometri di sentieri, di cui 6.528 chilometri gestiti dall’Alpenverein e altri 5.048 dalle associazioni turistiche locali.

Documento Cai, accordo con Tommasini

L’assessore: valorizzare la ricchezza di un territorio plurilingue

 BOLZANO. Ripristino della segnaletica bi- e trilingue (nelle valli ladine), garantendo il rispetto dello Statuto di autonomia. Inserire nei segnavia anche le indicazioni relative alla sicurezza in lingua inglese. È quanto deliberato dal consiglio direttivo del Cai Alto Adige. «Stiamo inoltre predisponendo un dossier sulla segnaletica resa monolingue, che consegneremo al ministro Maroni», spiega il presidente Giuseppe Broggi. Il direttivo Cai ha incontrato anche il vicepresidente della Provincia, Christian Tommasini, secondo il quale la soluzione prevista dallo Statuto di autonomia è l’unica che possa evitare tensioni”. Il Cai ha consegnato a Tommasini un documento, che fa riferimento ad un altro testo già elaborato dal Club alpino italiano nel 1996, in cui si sostiene che, in assenza di altre norme di riferimento, debba essere garantito il rispetto dello Statuto di autonomia che prevede il bi- e trilinguismo (nei territori ladini) a prescindere dall’origine dei singoli toponimi.
 Si chiede pertanto il mantenimento dei toponimi bilingui nelle zone di montagna, con l’eventuale integrazione dei toponimi ladini, e si chiede l’immediato ripristino di tutta la segnaletica bi- e trilingue laddove negli anni è stata resa monolingue. Si propone inoltre di inserire le indicazioni relative alla sicurezza anche in lingua inglese, dato l’incremento di turisti stranieri.
 «La toponomastica - spiega il vicepresidente Tommasini - è uno degli elementi della cultura di ogni gruppo linguistico. La soluzione attualmente sancita dallo Statuto di autonomia è l’unica che possa evitare tensioni e strumentalizzazioni in materia, consentendo ad ogni cittadino di qualsiasi gruppo di sentirsi nella sua “Heimat” e valorizzare la ricchezza di vivere in una terra plurilingue. Le operazioni di cancellazione dei toponimi rispondono ad una logica sbagliata e controproducente per chi lavora per la pacifica convivenza». Ed ancora: «Senza il rispetto reciproco, dato dalla legge ma anche dal buon senso, è difficile proporre alle nuove generazioni progettualità che guardino al futuro, ad una terra plurilingue, ad un senso civico comune, ad una partecipazione attiva e sentita, ad un processo culturale che guardi all’Europa. Occorre andare nella direzione di un uso della toponomastica plurilingue che distingua eventualmente tra pubblico e privato, laddove deve essere chiaro che per “pubblico” si intende ad uso pubblico e ad uso del pubblico».
 L’impegno assunto con il Cai dal vicepresidente della giunta provinciale è di rappresentare questa posizione sul piano politico, coordinando anche un tavolo tecnico sul tema. Il Cai sta inoltre ultimando un dossier che, nelle intenzioni, dovrebbe essere consegnato al ministro degli Interni Roberto Maroni. “Questo affinché - conclude Tommasini - le sue visite in Provincia non restino semplicemente di passaggio, ma si traducano in un reale impegno anche del governo su questo tema”.



Alto Ad
ige 05-09-09
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domenica, 30 agosto 2009



IL DIBATTITO SUI TOPONIMI : Alpenverein



di Matteo Taibon
Trekking.südtirol: L’Avs torna alle sue radici: al nazionalismo aperto e offensivo. Dagli italiani chiede la rinuncia alle traduzioni dei toponimi tedeschi, le traduzioni tedesche dei toponimi ladini però abbondano, arrivando anche alla cancellazione di diversi toponimi ladini.
 I nomi dei luoghi in una sola lingua. Perché no? È un concetto che può essere realizzato. I toponimi dovrebbero rispecchiare una realtà culturale e linguistica piuttosto che un’appartenenza politica o amministrativa. È un concetto che può essere realizzato a condizione che vengano rispettati alcuni principi, di cui l’Avs però non ne ha osservato nemmeno uno. Ci vuole un consenso minimo dei gruppi etnici, visto che siamo una provincia trilingue (che questo fatto piaccia o meno all’Avs). Invece l’Avs ha deciso tutto da solo per tutti nel segno di un’ideologia secondo la quale un gruppo etnico decide sugli altri. Sono inoltre indispensabili equità e coerenza: se come tedesco chiedo agli italiani di rinunciare a toponimi italiani di luoghi non italiani, devo io stesso rinunciare alle traduzioni dei toponimi non tedeschi. L’Avs invece fa esattamente il contrario. Ci vuole infine, come condizione di una convivenza pacifica, il rispetto delle culture presenti nel territorio e nei territori limitrofi. Anche questo manca nel progetto dell’Avs, che stravolge ogni concetto di toponomastica equa e bilanciata facendo dei nomi non uno specchio della realtà culturale, ma di un programma di germanizzazione. Ne è una testimonianza lampante il progetto trekking südtirol (trekking.suedtirol.info).
 Gli italiani devono abituarsi ai nomi tedeschi e non voler tradurre, questo l’abbiamo sentito frequentemente negli ultimi giorni. Può essere condivisibile. A patto che questo principio valga per tutti. Dunque i nostri concittadini tedeschi si abituino ad usare per i posti ladini i toponimi originali ladini e a rinunciare alle traduzioni. E invece no, proprio coloro che si scagliano con il maggiore impeto contro i toponimi-esonimi italiani sono i più assidui traduttori. È una mancanza evidentissima di coerenza. L’Avs così nega moltissime traduzioni italiane e prosegue alla loro cancellazione dal proprio materiale cartografico, ma al contempo per il territorio ladino traduce nel tedesco tutto ciò che in qualche modo è traducibile, storto o meno che risulti.
 Da un lato i nomi di masi o delle viles generalmente sono solo in ladino, anche perché fortunatamente è difficilissimo tradurli. Ma per il resto l’Avs traduce assiduamente. Così il “Rü de Fojedöra” diventa anche “Hochalmbach”, mentre il “Lé de Fojedöra” stranamente è il “Hochalpensee”. Il “Rü d’La Pli” porta anche il nome (assurdo) di “Pfarrbach” - il “Rio della Parrocchia” dunque, o il “Rü d’Al Plan” diventa anche “Enneberger Bach” e così via. L’Avs, così contrario agli esonimi italiani, dimostra un’ossessione particolare nel cospargere di esonimi tedeschi un territorio che tedesco non è (salvo indignarsi poi se gli italiani chiedono toponimi italiani per un territorio che italiano non è).
 Anche davanti alle montagne la furia traduttrice dell’Avs spesso non si ferma, arrivando ad un atteggiamento che è esattamente quello che si critica così aspramente nei concittadini italiani. E in parte peggio, perché ci sono diversi casi dove l’Avs riporta solo il tedesco, con l’eliminazione anche del ladino. C’è così il “Heligkreuzkofel”. Il “Sas dla Crusc” ladino intanto non lo trovi. C’è il “Ciaval”, che denomina la sporgenza in cima, ma il nome ladino del massiccio stesso manca: l’Avs trova spazio solo per il tedesco. Non è un caso unico, il ladino manca in diversi casi: l’Avs è abbastanza preciso nell’eliminazione degli esonimi italiani e ladini, sciatto nel rispetto del ladino ma di un’insolita diligenza nel riportare esonimi e dizioni tedeschi.
 La “roda de Pütia” non esiste, esiste solo il “Rundweg Peitlerkofel”; esiste tra Pederü e Al Plan/San Vigilio soltanto il “Talweg”, esistono diversi “Weilerweg”, ma nessuna “Roda dles viles”, esiste il “Mühlenweg” ma non la “Val di Morins”, esiste in Fanes solo il “Friedensweg”, ma non il “Tru dla pêsc” e tantomeno il “Sentiero della Pace”. Oppure esiste il “Kreuzweg Wengen”, che per l’Avs non ha nome ladino. C’è a Al Plan/S. Vigilio un “Tru dles liondes de Fanes” che risulta anche “Sagenweg” - stavolta l’Avs ce l’ha fatta a mettere anche il ladino. Ma perché no l’italiano, visto che l’associazione turistica che ha realizzato questo “Tru dles liondes” l’ha realizzato trilingue? Trekking.suedtirol dunque porta avanti un progetto di falsificazione. E di tedeschizzazione.
 Esiste, all’incontro del territorio marebbano con quello di Braies sulla malga Senes, la Forcela de Riciogogn; ma per l’Avs esiste soltanto la “Seitenbach-Scharte”. L’Avs con la sua ossessione di cancellazione dei nomi non tedeschi non si ferma ai confini della nostra provincia. Il rifugio Biella, in territorio ampezzano, riporta solo il nome tedesco: Seekofelhütte. Il “Seekofel” stesso riporta due nomi: quello tedesco e quello marebbano (Sas dla Porta), manca quello ampezzano, sebbene una buona parte della “Croda del Beco” faccia parte del territorio ampezzano. O invece la forcella che da Braies porta sui bellissimi altipiani dei laghi di Fosses. Per l’Avs si chiama soltanto “Fossesser Ridl” - e cancella il “Cocodain” ampezzano. Non solo, l’Avs si inoltra anche in Svizzera, dove il romancio “Müstair” - unico toponimo ufficiale - diventa “St. Maria im Münstertal”. Senza “Müstair”.
 Quello dell’Avs dunque è un progetto di falsificazione, di germanizzazione nutrito da nazionalismo e intolleranza etnica. E a pensare che sarebbe stato così facile rispettare i nomi ladini e realizzare una distribuzione equa e filologicamente fondata degli esonimi: prendere le carte dei parchi naturali, edite dalla Provincia assieme alla Casa Editrice Tabacco, con i toponimi curati da esperti in materia degli Istituti Ladini. Ma l’equità e la correttezza non erano nell’intenzione dell’Avs. L’Avs mira ad altro. L’ex presidente dell’Avs Vonmetz alla radio ha portato l’esempio della Val di Fassa, dove in moltissimi casi l’italiano non c’è. Ed è propria questa la visione distorta. Il criterio per l’Avs è l’assenza dell’italiano, non il rispetto delle culture presenti sul territorio. Se l’Avs trova positivo il modello della val di Fassa, dove la microtoponomastica è in gran parte solo ladina, perché allora in provincia di Bolzano non realizza un progetto con la microtoponomastica solo ladina per il territorio ladino invece di seminare esonimi tedeschi? Chi distribuisce esonimi deve accettare gli esonimi degli altri, altrimenti è una toponomastica a senso unico, con la supremazia di un gruppo etnico sugli altri: un concetto che nel XXI secolo dovrebbe finalmente essere superato.
 C’è sempre l’argomento della storicità, usato quando fa comodo: per eliminare i toponimi italiani e per giustificare ovunque toponimi (esonimi) tedeschi; ma quando si tratta di accettare esonimi ladini, non c’è spazio, in parte non c’è spazio nemmeno per i toponimi ladini nella Ladinia e per le dizioni ladine nella Ladinia, come il sito non conosce la lingua ladina: un sito di questo carattere, finanziato con soldi pubblici, deve essero trilingue e non solo bilingue: così com’è è un espressione del dispetto per la terza (anzi prima) lingua della provincia. Il progetto “trekking.südtirol” è stato finanziato con soldi pubblici e nell’impressum porta il “copyright” della Provincia. La politica provinciale dunque ha le sue responsabilità.

Alto Adige 30-08-09
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mercoledì, 26 agosto 2009


«Tradurre i toponimi principali»



L’invito di Zeller. I Verdi: nomi solo in tedesco? La Provincia ha lasciato fare

di Maurizio Dallago
 BOLZANO. Segnavia monolingue in montagna, Zeller chiede buon senso. «I cartelli dovrebbero riportare in più lingue i toponimi principali, oltre a termini come malga, forcella, cima e lago», dice l’onorevole Svp. Per Dello Sbarba la Provincia «se ne lava le mani».
 Intanto il famoso disegno di legge sulla toponomastica che la Svp aveva presentato nella scorsa legislatura tornerà anche in quella corrente. «Non verrà presentato dalla giunta provinciale, ma dalla Stella alpina», afferma Durnwalder, sottolineando come le polemiche di questi giorni «siano la dimostrazione che la legge va fatta». «Sarà un ddl di iniziativa consiliare», spiega il suo vice Tommasini - «in giunta un passo indietro è stato fatto» - che aspetta di avere in mano il dossier sui toponimi in montagna che il Cai sta predisponendo.
 Una fotografia dell’esistente, invero molto variegato. Ognuno va per conto proprio. Il Cai traduce tutto, ma le diverse Proloco e l’Avs vanno in ordine sparso. A volte c’è la traduzione in lingua italiana, spesso no. Cosa ne pensa l’«azzeccagarbugli» della Svp? «La proposta uscita da Palazzo Widmann mi appare ragionevole. In Alto Adige ci sono 200 mila toponimi, Tolomei ne ha tradotti circa 8 mila. Se adesso si traducesse tutto, vorrebbe dire completare l’opera di Tolomei. È necessario, invece, il buon senso», risponde Karl Zeller. Il sistema sarebbe questo. «Tradurre tutti i nomi principali, aggiungendo ai microtoponimi la dizione italiana. Ad esempio malga per “Alm”, oppure cima per “Spitze”», ancora Zeller, che poi si augura di vedere approvata in consiglio provinciale la legge sulla toponomastica.
 Il punto è che, oggi come oggi, nemmeno i toponimi principali sono sempre tradotti, sia in segnavia realizzati dall’Avs, o da qualche associazione turistica, che pure nella sua confederazione a livello provinciale si è espressa per il plurilinguismo della segnaletica. Qui, punta il dito Riccardo Dello Sbarba. «Sul bilinguismo nella toponomastica la Provincia è impotente», sottolineando un quadro dell’esistente su cui non sarà facile intervenire. «In tutti questi anni in più occasioni è stato segnalato come in parecchi casi ci fosse la sola dizione in tedesco, ma la politica ha lasciato fare. Mai Durnwalder ha richiamato l’Alpenverein al rispetto dello Statuto che parla sempre e solo di bi- o trilinguismo. Già fare una distinzione tra macro- e microtoponomastica è quindi arbitrario», spiega il consigliere provinciale dei Verdi. E se per Heimatbund e Freiheitlichen meno nomi italiani ci sono meglio è, i Ladins Dolomites lanciano la proposta di cartelli in 3 lingue su tutto il territorio provinciale, con caratteri maiuscoli la denominazione originale, seguita da quella nelle altre 2 lingue. Per i socialisti di Bertinazzo il bi- o trilinguismo è solo «ricchezza culturale».


Quando la traduzione non si fa, oppure è lacunosa

Lo Statuto d’autonomia cita due volte il tema della toponomastica. All’articolo 8, quando afferma che la Provincia ha potestà di emanare norme in materia di toponomastica, «fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di Bolzano» ed all’articolo 101, con cui si obbligano le amministrazioni pubbliche ad usare «nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l’esistenza ed approvata la dizione». A tutt’oggi non è mai stata emanata una norma provinciale per ufficializzare i toponimi in lingua tedesca, col paradosso che gli unici ufficiali sono quelli in lingua italiana di Tolomei. Nel Prontuario ottomila e più nomi - corrispondono come numero a quelli della sola val Badia - che sono poco o nulla rispetto ai 200 mila toponimi sparsi in tutto l’Alto Adige. Toponomastica e odonomastica (nomi di vie e piazze) hanno visto in questi anni una strisciante tedeschizzazione, il cui via libera è stato dato da un sostanziale comportamento da «struzzo» del partito di raccolta. Questa è la realtà, che ha portato ad avallare anche le ultime scelte dell’Alpenverein.
 Da quando è stato varato lo Statuto d’autonomia del tema se n’è discusso a più riprese, senza mai trovare una soluzione politica, pur divenendo l’argomento oggetto di varie interrogazioni ed atti, anche parlamentari. Fermandoci soltanto all’ultimo decennio, come non ricordare nel 1998 il richiamo dell’allora commissario del governo Carla Scoz agli obblighi di legge, ovvero il bilinguismo nella cartellonistica stradale, oppure i segnali di vie e piazze «tedeschizzati» a fine anni Novanta a Termeno e poi a Cortaccia. Esempi poi seguiti da tantissime altre amministrazioni comunali, così da trovare oggi degli esempi quasi «ridicoli», del tipo «Kirchplatz» che diventa piazza Kirch, oppure Messnerweg, che resta via Messner, anche quando non si tratta di un nome proprio, sull’esempio del cognome del re degli Ottomila, quanto piuttosto del semplice sagrestano.
 Eppure, per tornare alla polemica di questi giorni, era il 1971 quando Cai e Avs sembravano aver trovato un accordo sulla necessità di una segnaletica bilingue in montagna. Passati 40 anni la «fotografia» è un’altra. Nonostante che del tema arrivò ad occuparsene pure la commissione Affari costituzionali di Montecitorio nel 1997. Cosa era successo? Tra il 1993 e l’anno successivo erano state raccolte quasi 20 mila firme in Alto Adige a salvaguardia della toponomastica italiana. In commissione venne approvata una risoluzione, a firma tra gli altri di Boato, Schmid e Zeller che così recitava: «Si impegna il governo ad operare affinché il bilinguismo sia incentivato ed in modo tale che lo Statuto di autonomia sia rispettato soprattutto in un suo principio fondamentale, che è il bilinguismo espresso anche nei toponimi».
 Oggi i segnavia dell’Alpenverein dicono altro. Effettivamente ci possono essere migliaia di toponimi che non hanno alcun corrispettivo in lingua italiana. Ma non può essere ammissibile che vengano meno anche i nomi di città, paesi e frazioni e che, per quanto riguarda i nomi geografici in montagna, non si metta la dizione in lingua italiana, anche quando è conosciuta. “Latzfonser Kreuz” si potrebbe tradurre in italiano e crediamo anche segnali come «Alta via di Laives». Su forcelle, cime, laghi e malghe i termini nella lingua di Dante esistono quasi sempre, spesso per motivi alpinistici e turistici. Perché non utilizzarli?
(m.d.)



TOPONOMASTICA SUI CARTELLI SEGNAVIE

TOPONOMASTICA / 1
Cartelli monolingui più osceni delle carnevalate al poligono

 In relazione alla polemica sui cartelli monolingui, cartelli che a mio avviso superano abbondantemente il limite dell’osceno e che, a dirla tutta, mi scandalizzano assai più delle carnevalate di dubbio gusto avvenute al poligono di tiro, segnalo che il mio partito è stato il primo a segnalare lo scandalo con lettere pubblicate dalla stampa locale e parlandone con il ministro Maroni quando venne su la prima volta per il tavolo della convivenza. Al competente assessore provinciale al turismo non risulterebbero lamentele, per quel che mi riguarda ne sento quasi quotidianamente da parte di turisti italiani a Renon (nel centro di Collalbo il cartello dell’AVS che indica la direzione della stazione ferroviaria scrive solo Bahnhof...). E’ ora comunque di finirla con la stucchevole storia del rispetto dovuto ai turisti che portano soldi, il rispetto si deve, in primo luogo, alla comunità di lingua italiana dell’Alto Adige che, lavorando assieme a quella di lingua tedesca, ladina e ai mistilingui contribuisce concretamente al benessere di questa terra meravigliosa, rovinata dalla presenza di organizzazioni che sabotano volutamente la pacifica convivenza. Achille Ragazzoni PRI Bolzano

TOPONOMASTICA / 2
Io, prof, vi dico: i nomi propri non andrebbero tradotti

 Si vede riemergere in questi giorni una vecchia e sciocca polemica riguardo ai toponimi altoatesini che alcuni vorrebbero fossero “tradotti in italiano” anche su tutti i cartelli indicatori dei sentieri e sulle cartine topografiche, in nome di un preteso rispetto del principio del “bilinguismo”. In quanto italofono e linguista di professione, rilevo che la questione è mal posta, perché il bilinguismo riguarda i sistemi linguistici e il complesso del lessico comune, ma ovviamente non riguarda i nomi propri. Mi spiego: anche negli atti ufficiali in italiano nessuno si sogna di “tradurre in italiano” il nome del signor Durnwalder, che è una persona sola e non ha bisogno di due nomi. Ma allora, perché una località come Durnwald deve invece avere due nomi? Anche senza considerare gli effetti a volte grotteschi e ridicoli che queste traduzioni “forzate” producono (per esempio: “Durna in Selva”), una duplicazione dei nomi porta a complicazioni sia economiche sia pratiche: una cartina affollata di nomi doppi rischia di essere illeggibile, e più di una volta mi è capitato di assistere a equivoci e malintesi causati dall’uso di due nomi per uno stesso luogo. La sola reale (ma inconfessata) giustificazione della richiesta di nomi “italiani” dovunque è la volontà sciovinistica di dimostrare anche linguisticamente il “possesso” di questi luoghi da parte dello stato italiano.
Vermondo Brugnatelli Università di Milano-Bicocca

TOPONOMASTICA / 3
Finché una legge è in vita si rispetta anche se stupida

 Durnwalder dice “basta invenzioni fasciste!” e “basta prostituirsi al turismo!” e una parte di ragione queste affermazioni ce l’hanno (la microtoponomastica non può esser tutta bilingue),vanno però notate alcune cose:
 1) finché una legge è in vigore la si rispetta anche se stupida;
 2) io ho visto persino un cartello “Branzoll” non tradotto (che è un paese molto più italiano che tedesco) e ciò mette in luce la voglia di pulizia etnica di tale operazione;
 3) se un toponimo è in uso da 90 anni, questo ha tutto il diritto di esistere anche se “frutto di un crimine”;
 4) siamo talmente convinti che gli altoatesini italiani non abbiano diritti che ci appelliamo al “fastidio dei turisti”: eppure ogni anno centinaia di migliaia di italiani vanno in vacanza in Austria senza alcun problema... Attenzione che così ci diamo la zappa sui piedi: non è per i turisti che esistono i toponimi, ma per la popolazione residente!!
vitava@katamail.com
TOPONOMASTICA / 4
Bolzano così diventa la capitale dell’ipocrisia

 Come sempre Bolzano fa capire a tutto il mondo di essere la “capitale dell’ipocrisia”, una città che fa parte di una provincia politicamente inventata, dopo l’occupazione da parte dei conti di Tirolo, e dopo regalata agli Asburgo, i quali a loro volta cambiarono la toponomastica, come fanno tutti coloro che prendono possesso di un territorio, in modo più o meno legale, e quanto sia stata legale l’occupazione della valle dell’Adige e dell’Isarco da parte dei conti di Tirolo, e tutta da dimostrare ed anche quanto sia stata legale la consegna di detti territori agli Asburgo da parte dell’ultima della stirpe, la cosiddetta Margaretha “Maultasch”in cambio di una agiata sistemazione in quel di Vienna, e di conseguenza quanto siastato legale da parte dell’Austria di cambiare la toponomastica e di adattarla alle sue esigenze di occupante, e anche questo da vedere. Cari “tirolesi”, qualcuno di voi mi può spiegare perché solo quello che secondo voi è giusto, deve esserlo?
 Bolzano, Bozen, Bauzanum, quale di queste definizioni della nostra città è quella originale, e come queste si possono tirare fuori tutte le definizionidi paesi, cittadine, valli, fiumi, ruscelli, localitàdi tutto l’Alto Adige, o Sudtirol, come qualcuno preferisce, non credete che specificare i nomi delle varie località in più lingue, Italiano compreso, sia un segno di maggiore cultura e di elasticità mentale? A proposito è possibile sapere l’A.V.S. da chi è finanziato?
Rolando Caldana

TOPONOMASTICA / 5
Durni, la smetta di dire che è il presidente di tutti

 Basta parlare di autonomia, caro signor Durnwalder. E basta, soprattutto, dire e ripetere che lei è il presidente di tutti. Con questa vicenda dei cartelli monolingue e la sua difesa della azioni dell’Alpenverein ha dimostrato che dell’autonomia le importa soltanto il risvolto economico (il portafoglio), e quanto al presidente di tutti...
G.M.

Alto Adige 26-08-09
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categoria:sentieri toponomastica
martedì, 25 agosto 2009



Bilinguismo, condizioni soft all’Avs


Durnwalder: bilingui solo i cartelli realizzati con il denaro pubblico

di Antonella Mattioli
 BOLZANO. Mentre infuriano le polemiche sui cartelli monolingui in alta quota, dal mondo turistico si leva, forte, la richiesta della Federazione delle associazioni turistiche di segnavia in entrambe le lingue: «La politica non c’entra - spiega Erwin Lanzinger, presidente della federazione oltre che storico albergatore dell’Alta Pusteria - è una questione di rispetto del turista italiano che viene in Alto Adige». La giunta provinciale risponde, disponendo una verifica per vedere se sono state violate le disposizioni in materia di bilinguismo, fissate oltre che dallo Statuto di autonomia, dai pronunciamenti della Commissione affari costituzionali e della Commissione ex 137; nonché dagli accordi siglati tra Cai e Alpenverein nel 1968. Secondo il Cai e la federazione delle associazioni turistiche la stragrande maggioranza dei nuovi segnavia, installati dall’Avs, sono in tedesco. Il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini conferma: «Le situazioni sono diverse da zona a zona, ma la violazione delle norme è palese. Il bilinguismo va garantito anche in alta quota». Più soft il presidente Durnwalder, secondo cui dalla relazione fatta sulla spinosa questione, “il programma più consistente di aggiornamento della segnaletica sostenuto con un finanziamento dell’Ue è stato realizzato dall’Avs rispettando il bilinguismo”. «Ma per progetti più piccoli - ha ammesso - le sezioni dell’Avs si sono regolate in modo diverso: alcune hanno predisposto cartelli bilingui, altre no».
 La domanda a questo punto è: i cartelli monolingui verranno tolti e rifatti bilingui? È quello che si augura il presidente del Cai Giuseppe Broggi, e non solo lui, al termine dell’incontro avuto ieri con Tommasini.
 Nell’immediato però non succederà nulla, in attesa di un approfondimento della materia nei suoi diversi aspetti. Durnwalder ha già messo le mani avanti dicendo che la Provincia può imporre il rispetto del bilinguismo solo nei casi in cui il progetto della nuova segnaletica, realizzato dall’Avs, sia stato fatto con denaro pubblico. Diverso il parere di Tommasini: «Anche questa è una questione da chiarire, ma se il cartello è sul suolo pubblico a mio avviso deve essere bilingue». Tutti d’accordo invece in giunta su un principio: il bilinguismo va rispettato per quanto riguarda i nomi delle località (città, paesi, fiumi, laghi, montagne) e indicazioni come via, piazza, torrente, ruscello, malga, cascata, durata del percorso, scomparsi dalla stragrande maggioranza dei nuovi cartelli dell’Avs. «Però - ha ribadito Durnwalder - la Provincia non intende tradurre i “falsi” introdotti da Tolomei: il nome originario di un prato, di un bosco o di un maso non è traducibile. Quindi, ad esempio, Kofler Alm sarà malga Kofler, ma non certo Malga Covolo». Concetto ribadito, seppur in modo diverso, dall’Obmann della Svp Richard Theiner: «Lo Statuto impone il bilinguismo dei toponimi, non dell’odonomastica». Passano gli anni e la toponomastica è sempre oggetto di tensioni generate anche da una serie di distinguo tra macro e micro toponomastica; uso pubblico e uso privato dei nomi. «Per questo - auspica Tommasini - serve una legge che regoli la materia».


«È un brutto colpo per il turismo»

Federazione associazioni: il 40% degli ospiti è italiano

 BOLZANO. «Investiamo tanto per pubblicizzare l’offerta turistica dell’Alto Adige; facciamo di tutto, perché i turisti arrivino qui, si trovino bene e tornino: poi però commettiamo un errore, grave, come quello fatto con i nuovi segnavia solo in tedesco installati dall’Asv su molti sentieri. Sono scelte che danneggiano la nostra immagine». Erwin Lanzinger, presidente della Federazione delle associazioni turistiche dell’Alto Adige (in tutto 81 più 11 consorzi), titolare dello Sporthotel di Moso in Val Fiscalina, è preoccupato per le conseguenze che i segnavia solo in tedesco possono avere sul turismo che per il 40% in Alto Adige è rappresentato dalla clientela italiana.
 «È inutile negarlo - spiega Lanzinger - molti turisti sono infastiditi da quei cartelli con le indicazioni riportate solo in tedesco. Noi non ne facciamo una questione politica, è solo una questione di tipo pratico-economico. Non si possono cancellare indicazioni importanti per chi va in montagna come maso, lago, prato, cima per metterle solo in tedesco». La replica di chi difende le scelte dell’Alpenverein è: anche in Austria e Germania il turista italiano si trova di fronte solo nomi tedeschi. Ma alla Federazione delle associazioni turistiche sostengono che il paragone non regge: «Il turista italiano - spiega il direttore Hubert Dorfmann - che viene in Alto Adige gira con cartine che riportano i nomi italiani, mentre sui cartelli si trova quelli in tedesco. Risultato: è disorientato. La politica, per quanto ci riguarda non c’entra, noi ci preoccupiamo di due cose essenzialmente: garantire l’ospitalità e la sicurezza agli ospiti».
 Per questo, resisi conto della situazione, i vertici della Federazione, all’inizio di giugno, hanno inviato alle associazioni turistiche una circolare raccomandando, per la parte di loro competenza, di installare cartelli bilingui. Qualcuno - a quanto pare - l’ha rispettata, altri no.


Alto Adige 25-08-09
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martedì, 25 agosto 2009




TOPONOMASTICA IN ALTO ADIGE.

Ben venga il pennarello come monito a Durni

 Ho letto con molto interesse le dichiarazioni del Presidentissimo Luis Durnwalder sulla problematica esplosa in questi giorni sulle segnaletiche in montagna solo in tedesco che ha generato tanta confusione da parte di turisti in ferie sulle nostre bellissime montagne.
 Credo che a prescindere dalle frasi di rito che attribuiscono la madre di tutte le colpe di questa situazione, al fascismo e a Tolomei, la cruda verità che emerge è che una parte della SVP spinga il Durni a innescare in vista delle elezioni comunali una tensione etnica da usare a soli fini elettorali, non rendendosi conto che un simile clima rischia di affossare la speranza di una convivenza vissuta veramente alla pari dai tre gruppi linguistici che vivono in Alto Adige.
 Ritornando al problema delle segnaletiche monolingue che non dimentichiamo sono state realizzate anche a carico dei contribuenti italiani, ben vengano le iniziative di aggiungere a pennarello la dizione in lingua italiana, facendo così presente al Presidentissimo e alla sua corte dove purtroppo sono presenti anche politici italiani incapaci di difendere nel concreto il gruppo linguistico di minoranza in questa terra, che anche da un pennarello può partire una pacifica ma decisa azione di protesta verso questa silenziosa ma inesorabile pulizia linguistica che si vuole attuare in questa bellissima ma complicata terra che è l’Alto Adige/ Sudtirolo.
Daniele Inguscio LAIVES

Alto Adige 25-08-09
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lunedì, 24 agosto 2009


CARTELLI MONOLINGUI Il turista: «Posti belli ma è un sopruso» Brugger: l’ospite italiano è gradito


«Nomi solo tedeschi, niente ferie»

La protesta di un turista vicentino che ha annullato le vacanze a Velturno

 


di Antonella Mattioli
 BOLZANO. «I posti sono incantevoli, ma non passeremo le vacanze nel vostro albergo di Velturno». Inizia così la email di Corrado Fin, turista vicentino, inviata per protesta ad un albergo di Velturno. Motivo della rinuncia: i cartelli dei sentieri di montagna solo in tedesco. «Prima di prenotare l’albergo - spiega - abbiamo deciso di venire a vedere la zona. Il giudizio sui luoghi è ottimo, purtroppo però abbiamo constatato che la nostra cartina topografica, acquistata a Bressanone, riportava toponimi completamente diversi da quelli indicati sulla segnaletica dei sentieri. Non siamo riusciti a darci una spiegazione sul perché i segnavia siano solo in lingua tedesca». Conclusione: «Vogliamo con questa email mettervi al corrente del nostro disagio (il riferimento è ai gestori dell’albergo, ndr) e consigliarvi di indirizzare la vostra azione pubblicitaria verso una clientela che accetti e/o condivida questi soprusi». La protesta del turista dà la misura di quella che può essere la reazione se non di tutti, almeno di una parte dei turisti italiani, davanti alla toponomastica monolingue che compare ormai su gran parte della nuova segnaletica installata dall’Alpenverein. Non solo: conferma il disagio degli ospiti italiani denunciato dal presidente del Cai Giuseppe Broggi; disagio negato dall’assessore Hans Berger, secondo cui alle associazioni turistiche non sarebbero mai arrivate lamentele. Di certo, è arrivata alla presidente dell’associazione turistica di Velturno Helene Tauber che ha risposto così a Corrado Fin: «In Alto Adige abbiamo un nuovo progetto di segnaletica: a seconda della zona Avs e Associazioni turistiche decidono se mettere i nomi dei sentieri in due lingue o meno. Per motivi organizzativi abbiamo optato per cartelli in lingua tedesca. La nostra è una zona a maggioranza tedesca e tanti nomi in italiano non esistono. Siamo un’organizzazione privata: le indicazioni bi e trilingui sono obbligatorie solo sui documenti ufficiali». Anche Werner Schnitzer (Alto Adige informazioni), rispondendo al turista vicentino, concorda sul fatto che “i cartelli non sono pubblici, bensì di proprietà di Cai o Alpenverein, che decidono se metterli in una o in entrambe le lingue”, ma precisa che “naturalmente però è preferibile siano bilingui”.
 Da parte degli operatori turisti c’è una certa preoccupazione per le possibili ripercussioni. Ma il presidente della Provincia Luis Durnwalder è categorico: «Non mi prostituisco né alle ragioni del turismo né alle falsificazioni fasciste. La storia dei luoghi va rispettata. La macrotoponomastica, città, paesi, montagne, fiumi, deve essere rigorosamente bilingue; su tutto il resto, ovvero la microtoponomastica sentieri compresi, deve prevalere la storia del posto. Ciò significa che se il nome originariamente era solo in tedesco, non può e non deve essere tradotto». Guido Margheri (Ds) replica denunciando “una macroscopica violazione dello Statuto” e mercoledì presenterà un esposto in Procura. L’onorevole Brugger, in un’intervista al quotidiano Libero, sposa la tesi di Durnwalder, e parla di “polemica insopportabile” assicurando che “non c’è alcun’azione di disturbo nei confronti dei turisti italiani, che siamo lieti di accogliere e che in alcuni casi hanno piacere a leggere nomi in tedesco”.

Alto Adige 24-08-09
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domenica, 23 agosto 2009



Quando il Cai chiedeva aiuto


Sentieri monolingue. L’allarme lanciato già 11 anni fa in un memorandum per i parlamentari regionali

«Non lasciate strumentalmente la toponomastica nelle mani dell’Avs»

di Mauro Fattor
 In questi giorni è tornata ad infiammarsi la questione della segnaletica di montagna. Sono in molti oggi a fingere di cadere dalle nuvole e questo, se mai, rende il tutto ancora più grottesco, se già non lo fosse abbastanza di per sé. Il documento che pubblichiamo integralmente qui di seguito è il testo del «Memorandum sulla toponomastica monolingue» inviato il 26 marzo del 1998 dal Cai Alto Adige, a firma dell’allora presidente Alberto Kaswalder (che tutto era fuorchè un estremista nazionalista, per chi se lo ricorda), a tutti i parlamentari regionali, uno per uno e che all’epoca erano Brugger, Zeller, Widmann, Frattini, Olivieri, Schmid, Detomas, Mitolo, Boato tra i deputati e poi ancora Thaler Ausserhofer, Pinggera, Pasquali, Tarolli, Gubert, Robol e Andreolli tra i senatori. Una richiesta di aiuto a cui - nella sua straordinaria attualità - c’è poco da aggiungere, sia nei toni che nei contenuti, se non che è rimasta totalmente inascoltata. Carta straccia. Magari non sarebbe male che qualcuno se ne ricordasse, perchè quanto sta accadendo in questi giorni rappresenta il fallimento colpevole dell’esercizio stesso della politica. O forse solo di un certo modo di fare e di pensare la politica in provincia di Bolzano.

Egregi Signori Parlamentari, il Cai Alto Adige si rivolge a Voi chiedendo che la politica si faccia carico del rispetto di diritti sanciti dallo Statuto di Autonomia e ribaditi in tempi recentissimi ai massimi livelli istituzionali, dalla Commissione Affari Costituzionali alla Commissione ex-137. Il problema sul tappeto è quello dell’utilizzo esclusivo della toponomastica monolingue tedesca nella segnaletica curata dalle sezioni dell’Alpenverein Suedtirol. Il CAI ha sempre fatto del rispetto reciproco una bandiera: tutta la tabellazione curata dal Club Alpino è rigorosamente bilingue, addirittura trilingue nelle valli ladine.
Purtroppo non è cosi per l’Alpenverein. Da anni è in atto un’operazione di pulizia linguistica dei toponimi - in violazione, oltretutto, ma questo è solo un motivo di amarezza in più, di tutti gli accordi bilaterali presi da CAI e AVS, ancora a partire dagli anni Sessanta e a cui il CAI si attiene fedelmente ancora oggi - grazie alla quale, oggi almeno 5.000 degli 8.000 chilometri di sentieri curati dall’Alpenvrein, riportano solo la dicitura tedesca dei nomi delle montagne, dei rifugi, dei sentieri, dei laghi e quant’altro e questo persino nella conca di Bolzano, dove la stragrande maggioranza dei residenti è di lingua italiana.
La nostra posizione ufficiale sulla questione della toponomastica, è riportata dettagliatamente nel documento siglato dal direttivo del CAI Alto Adige il 12 dicembre 1996, e non intendiamo dilungarci oltre per sostenere le nostre ragioni che sono le ragioni del rispetto e della tolleranza. Il mantenimento di una toponomastica bilingue in provincia di Bolzano, è un valore e come tale non è più in discussione, chiediamo quindi che ai pronunciamenti istituzionali in tal senso seguano fatti concreti.
Per questo crediamo che la politica faccia quello che deve fare, chiediamo che i diritti non restino parole vuote. Chiediamo che alla latitanza voluta della giunta provinciale, subentrino altri poteri. Chiediamo che una questione così delicata per il gruppo etnico italiano e non solo per il CAI, non sia lasciata strumentalmente nelle mani dell’Alpenverein. Nell’indifferenza generale e all’insegna di una politica revanchista francamente inaccettabile. Soprattutto vogliamo che i nostri rapporti con l’AVS, restino improntati all’insegna dell’amicizia e della collaborazione, ma con pari dignità e pari diritti. Perch’ è giusto che sia così.
Per questo, egregi signori Parlamentari, chiediamo il Vostro aiuto, cos come lo chiediamo al Presidente della Commissione ex-137, professor Sergio Zoppi, e al Presidente del Consiglio Provinciale di Bolzano perchè si facciano latori di questa nostra richiesta.



Il presidente Durnwalder difende l’Alpenverein: solo la macro toponomastica deve continuare ad essere bilingue


di Antonella Mattioli
 BOLZANO. «I turisti si lamentano, perché i cartelli sui sentieri di montagna non sono tutti bilingui? La mia risposta è semplice: non mi prostituisco né alle ragioni del turismo né alle falsificazioni fasciste. La storia dei luoghi va rispettata». Il presidente Luis Durnwalder replica a muso duro alle critiche contro la cancellazione dei nomi italiani dai segnavia attuata dall’Avs.
 Il problema del rispetto della toponomastica in alta quota si trascina da almeno un decennio. L’Alpenverein, da tempo ormai, sta attuando quella che da più parti viene definita “un’operazione di pulizia linguistica” dei toponimi sui cartelli dei sentieri di montagna. Questo, come ha ripetutamente denunciato il Cai, in violazione dello Statuto di autonomia che prevede la bilinguità della toponomastica; oltre che dei pronunciamenti della Commissione affari costituzionali e della Commissione ex 137; nonché degli accordi siglati tra Cai e Alpenverein nel 1968, ma che l’Avs non considera vincolati. Il caso è riesploso adesso, perché sono arrivate le proteste di escursionisti locali e turisti, dopo che la maggior parte dei 60 mila nuovi segnavia, co-finanziati da fondi pubblici, è stata installata ed è monolingue. La toponomastica, in alta quota o in valle non importa, è da sempre un tema caldo, ma stavolta c’è l’aspetto “turistico” a renderlo esplosivo al punto che la polemica è rimbalzata sulla stampa nazionale. Ed è destinata a finire dritta nelle aule del Palazzo di giustizia: c’è un esposto in Procura di Sd; studia azioni anche Maurizio Vezzali (Pdl) e l’uso di denaro pubblico per un progetto di segnaletica che non rispetta il bilinguismo potrebbe sfociare in una inchiesta della Corte dei Conti. Ne sono convinti al Cai, forti di un parere dell’Avvocatura di Stato al commissariato del governo. Di tutto questo polverone che è politico-turistico-giuridico il presidente Durnwalder non si preoccupa; difende di fatto l’operato dell’Avs e ribadisce il suo pensiero.
 «L’ho detto e l’ho ripetuto più volte attirandomi anche le ire degli Schützen: i nomi di città, paesi, montagne, fiumi devono restare bilingui; su tutto il resto, ovvero la microtoponomastica sentieri compresi, deve prevalere la storia e la tradizione del posto. Ciò significa che se il nome originariamente era solo in tedesco, non può e non deve essere tradotto».
 Sì, ma ormai da 50 anni ci sono anche le denominazioni italiane riportate pure sulle cartine.
 
«Sono falsificazioni fasciste. Frutto dell’opera di Tolomei che ha cercato di assimilare i sudtirolesi».
 I turisti si sentono discriminati: non è un buon biglietto da visita.
 
«Ma perché quando i turisti italiani vanno in Valle d’Aosta i cartelli come li trovano? Solo in francese. Anche in Badia e Gardena, tranne i nomi principali, gli altri sono solo in ladino. Non vedo perché nel resto dell’Alto Adige debbano essere tutti bilingui, anche quelli che indicano un prato, un maso, una malga, una frazione, un’alpe, un sentiero».
 Perché c’è lo Statuto di autonomia che lo prevede.
 
«Il riferimento è alla macrotoponomastica. In questa legislatura voglio risolvere una volta per tutte il problema, approvando la legge».
 Ciò alimenterà le tensioni etniche.
 
«Gran parte del gruppo italiano è d’accordo. Non ha senso tenere in piedi toponimi italiani che neppure gli italiani conoscono».
 Il vescovo Golser, al tavolo del ministro Maroni, ha detto che “le ingiustizie del passato non sempre possono essere riparate, perché si rischia di provocarne di nuove”.
 
«Lui è il vescovo; io un politico e dico no al mantenimento dei nomi italiani frutto di falsificazioni fasciste».


Il vicepresidente della giunta provinciale Tommasini «Il bilinguismo deve essere rispettato anche in alta quota»

BOLZANO. «I toponimi devono essere bilingui anche in montagna». Il vicepresidente della giunta provinciale Christian Tommasini chiede il rispetto dello statuto di autonomia che prevede che in Alto Adige tutti i nomi siano in italiano e tedesco, dando in questo modo ad entrambe le lingue la stessa dignità. Domani discuterà dei nuovi segnavia monolingui installati dall’Avs in un incontro con Giuseppe Broggi, presidente del Cai: il sodalizio ha raccolto nelle ultime settimane le proteste dei turisti italiani disorientati per la scomparsa dai segnavia della denominazione italiana. Come l’assessore Hans Berger anche Tommasini ritiene necessario un approfondimento legale sull’uso che l’Alpenverein ha fatto del denaro pubblico per il progetto di mappatura dei sentieri di montagna e il rifacimento della segnaletica.

Holzmann attende una risposta da Maroni: a rischio la sicurezza «Un’operazione di pulizia linguistica»


BOLZANO. «I vertici dell’Alpenverein, in questi anni, hanno perseguito un’azione di totale tedeschizzazione della toponomastica di montagna compiendo una sistematica “pulizia linguistica” di precedenti indicazioni in lingua italiana. Avevo già raccolto nei mesi scorsi le lamentele del Cai e, proprio per questo, in quell’occasione, avevo presentato un’interrogazione al ministro dell’interno Maroni. Sono ancora in attesa della risposta». Al di là della portata politica ed etnica della vicenda, l’onorevole Giorgio Holzmann (Pdl) denuncia i rischi della cancellazione dai segnavia dei nomi italiani. «Avevo rappresentato al titolare del Viminale proprio la portata e la pericolosità di una simile operazione. Da una parte si mette a rischio la vita degli escursionisti, soprattutto di lingua italiana, che non conoscendo il tedesco rischiano di non trovare le indicazioni giuste, trasformando in questo modo una felice giornata in montagna in una esperienza da incubo. Dall’altra, invece, si tratta di un sottile escamotage - aggiunge il parlamentare - teso ad eludere gli obblighi previsti dallo Statuto di autonomia in materia di toponomastica. Non bisogna dimenticare che l’Alpenverein ha ricevuto per quest’operazione contributi pubblici, sia dalla Provincia che dall’Unione Europea. Mentre il Cai, competente per la segnaletica in varie zone dell’Alto Adige, ha sempre rispettato il bilinguismo, l’Alpenverein non l’ha fatto».
 Holzmann sollecita nel contempo anche un intervento del governo. «Bisogna verificare se vi sono i presupposti per agire in forza dell’impiego di denaro pubblico, per la realizzazione di cartelli che non rispettano lo Statuto e se sono ipotizzabili altre violazioni in quanto si mette a repentaglio la sicurezza degli escursionisti».


Alto Adige 23-08-09
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sabato, 22 agosto 2009



Segnavia solo in tedesco: bufera giudiziaria


Il Cai invoca l’intervento della Corte dei Conti, Sd e Pdl annunciano esposti in procura

Sotto accusa l’utilizzo dell’Avs di fondi pubblici per la sostituzione di 60 mila cartelli sui sentieri: toponimi italiani spariti

di Francesca Gonzato
 BOLZANO. La cancellazione dei segnavia in italiano sui sentieri gestiti dall’Avs diventa una vicenda giudiziaria, oltre che politica e turistica. Arriva un esposto in procura di Sd, studia azioni anche Maurizio Vezzali (Pdl) e l’uso di denaro pubblico per un progetto di segnaletica che non rispetta il bilinguismo potrebbe sfociare in una inchiesta della Corte dei Conti. Ne sono convinti al Cai, forti di un parere rilasciato dall’Avvocatura di Stato al Commissariato del governo. E proprio al Commissario del governo Fulvio Testi il presidente del Cai Giuseppe Broggi si è rivolto alcune settimane fa.
 Il caso è stato rilanciato dalle proteste dei turisti italiani, che questa estate si sono trovati a fare i conti con l’installazione ormai massiccia della nuova segnaletica, prevalentemente in tedesco, curata dall’Avs con il co-finanziamento del programma europeo Obiettivo 2. Un progetto che prevede oltre alla segnaletica, la rilevazione digitale dell’intera rete sentieristica provinciale e il trasferimento dei dati in un sistema informativo escursionistico. Irritato, l’assessore al turismo Hans Berger nega «lamentele dei turisti», ma fa sapere che la giunta ha chiesto un parere all’ufficio legale.
 Al Cai sono sempre più agguerriti. Broggi ha già anticipato che il dossier del Cai sulla segnaletica Avs (previsti 60 mila cartelli) verrà presentato al ministro dell’interno Roberto Maroni, cui è stato chiesto un appuntamento in occasione della prossima riunione del tavolo della convivenza. L’utilizzo dei fondi del programma europeo «Obiettivo 2» (finanziamento comunitario, statale e provinciale), spiega Broggi, «può diventare materia della procura della Corte dei Conti. Chiediamo semplicemente il rispetto delle norme statutarie sul bilinguismo: siamo convinti che debbano essere rispettate dall’Avs, nel momento in cui si avvalgono di finanziamenti pubblici per realizzare la nuova segnaletica». Broggi, affiancato ieri in sede dal vicepresidente Vito Brigadoi, non parla a caso. E’ di pochi anni fa il parere fornito dall’Avvocatura dello Stato al Commissariato del governo proprio su questo tema. Secondo l’Avvocatura dello Stato, una associazione nel momento in cui utilizza finanziamenti pubblici per un progetto specifico assume il ruolo di concessionario di servizio pubblico, tenuto a rispettare le norme sul bilinguismo. Se la procura della Corte dei Conti ritenesse fondata questa impostazione, potrebbe agire sull’Avs e anche sulla pubblica amministrazione. Vezzali: «L’Avs ha ottenuto solo un contributo dalla Provincia o un vero e proprio incarico per l’installazione della segnaletica? Nel secondo caso devono rispettare la normativa: se l’Avs ha sbagliato dovrà ripristinare la segnaletica in due lingue». Altra ipotesi, il governo potrebbe procedere con una impugnazione al Tar. Il presidente dell’Avs Georg Simeoni ha anticipato che cercherà una mediazione con le sezioni per ripristinare alcuni toponimi italiani e diciture come «forcella» o «sentiero» nei cartelli non ancora installati. Broggi: «Non basta».


«Lo Statuto non è un menu alla carta»


BOLZANO. Guido Margheri (Sinistra democratica) ha deciso di rivolgersi alla magistratura con un esposto sulla segnaletica in tedesco curata dall’Avs con fondi pubblici: «In questi mesi non vi è stato alcun passo avanti sulla questione e l’Avs con la copertura esplicita della Provincia ha continuato ad operare come se niente fosse. Il Pacchetto e lo Statuto non sono un menu alla carta, le regole devono essere rispettate». La deputata Michaela Biancofiore (Pdl) concorda con il Cai: «Se ne deve parlare al Tavolo della convivenza del ministro Maroni». Il consigliere provinciale Maurizio Vezzali (Pdl) studia a sua volta iniziative giudiziarie e attacca il presidente dell’Avs Georg Simeoni: «L’operazione dell’Avs non fa che inasprire le tensioni etniche: le norme statutarie sono di immediata applicazione».


Alto Adige 22-08-09
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sabato, 22 agosto 2009



Un categorico no  dalla Conferenza VIA sul progetto Exo previsto in zona Vurza



 LAIVES. Il 22 luglio scorso la Conferenza ha esaminato il progetto della Exo ed ha dato parere negativo con una serie da argomentazioni fra cui «Una documentazione incompleta e poco chiara che non consente di determinare le emissioni e le caratteristiche tecniche dell’impianto previsto». Il presidente della conferenza, Luigi Minach, ha inoltre segnalato che «sono assenti o gravemente insufficienti la descrizioni del progetto, le caratteristiche tecniche, il dimensionamento e funzionamento dell’impianto, il calcolo della verifica delle temperature ed il dimensionamento del sistema di dissipazione ed estrazione del calore, in particolare della torre di raffreddamento ed altro».


Alto Adige 22-08-09

venerdì, 21 agosto 2009



Cartelli in tedesco: rivolta dei turisti


Il Cai: al ministro Maroni nostro dossier sulla nuova segnaletica dei sentieri

di Francesca Gonzato
 BOLZANO. Cartelli sui sentieri solo in tedesco: esplode il caso. E’ la prima estate dopo l’installazione della nuova segnalatica dell’Avs: i turisti italiani indignati inondano di proteste il Cai: «Non si capisce più niente». Il Cai prepara un dossier: «Lo presenteremo al ministro Maroni. Chiediamo che se ne parli tavolo della Convivenza». Il presidente Avs: proporrò qualche modifica.
 La svolta dell’Avs ha fatto scalpore nei mesi scorsi: via la segnaletica bilingue, avanti con i cartelli solo in tedesco, con qualche eccezione. Adesso che la maggior parte dei 60 mila nuovi segnavia, co-finanziati da fondi pubblici, sono stati installati, è arrivata la reazione degli escursionisti, locali e turisti. «Riceviamo continue segnalazioni indignate di soci, soprattutto dalle zone della Venosta e di Bressanone», fa sapere il presidente del Cai Giuseppe Broggi. Chi era abituato ai vecchi cartelli trova solo in alcuni casi le indicazioni in italiano delle località, compresi i punti di riferimento «malga», «forcella», «passo». Stesso discorso vale per la cartografia digitale consultabile sul sito www. trekking.suedtirol.info. Oltre alle proteste, c’è chi passa all’azione, prende il pennarello e aggiunge il toponimo italiano, come in una serie di fotografie divulgate dai Verdi, che tornano a sollevare il caso in consiglio provinciale.
 In montagna sapersi orientare è una questione di sicurezza primaria. Broggi: «Siamo arrivati all’assurdo. Oggi ho camminato nella zona di Merano 2000: da malga Maia non c’era un solo cartello in italiano che indicasse il parcheggio e la fermata del bus di Falzeben. E partendo da lì non un solo segnavia in italiano. Non c’è da stupirsi che gli escursionisti tornino a casa infuriati».
 «Quando vanno a camminare in Germania o Austria come fanno?», prova a minimizzare il presidente dell’Avs Georg Simeoni, ma subito dopo fa sapere che sta cercando di trovare una mediazione all’interno dell’Alpenverein per correggere il tiro. Il più però è fatto e non si toccherà, ammette Simeoni: «Sono già stati installati i due terzi dei 60 mila cartelli previsti. Difficile rifarli, i costi sono enormi. Alla nostra assemblea generale di ottobre cercherò di ottenere alcune modifiche per i cartelli che ancora mancano. Penso in particolare di ripristinare la dizione bilingue dei toponimi più importanti, riportando le diciture focella, rifugio e così via, lasciando però il nome proprio originale tedesco. Non dico di più, perché voglio discuterne con il Cai». Bene che vada dunque, tornerà bilingue un terzo dei segnavia. Stile proporz.
 Simeoni ricorda che tra gli scopi dell’Avs c’è la salvaguardia «della lingua, cultura e tradizione locale». Detto questo, spiega, nelle sezioni Avs c’è una corrente forte che spinge per ripristinare la segnaletica solo in tedesco. Simeoni: «D’altronde si sono viste certe traduzioni di Tolomei che fanno gridare vendetta». Ma Broggi reagisce: «Cosa dovremmo dire allora di situazioni ridicole come il segnavia solo “Brixen” che abbiamo visto sopra Bressanone. Stiamo preparando un dossier su tutta questa storia, che vorremmo consegnare al ministro Maroni: ci sembra un esempio perfetto di tema da tavolo della convivenza. Non facciamo che chiedere il rispetto dei principi dello Statuto di autonomia».
 L’Avs sostiene: deve essere la politica a dirci come muoverci. I Verdi ricordano di avere sollecitato tempo fa «soluzioni da realizzare di concerto tra giunta provinciale, Avs, Cai e altre organizzazioni: ancora nessuna risposta è arrivata». La proposta dei consiglieri Heiss e Dello Sbarba: «Avviare un bilinguismo misurato, conforme alle leggi e alle esigenze degli alpinisti, che non anticipa la futura legge sulla toponomastica».

Alto Adige 21-08-09
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giovedì, 20 agosto 2009



Funes, un sentiero senza ostacoli

Lungo il camminamento spiegazioni in «braille» per le esigenze dei non vedenti

  

di Ezio Danieli
 SANTA MADDALENA. La val di Funes è un autentico paradiso del trekking e dell’arrampicata. C’è a disposizione anche un itinerario, con partenza dal parcheggio di Zannes, percorribile pure da chi è costretto sulla sedia a rotelle. Tre chilometri di percorso con pendenza massima dell’8 per cento puntellato da 14 aree di sosta con tabelle informative circa genesi e altre peculiarità della zona. Ovviamente vi sono anche le spiegazioni in «braille» per venire incontro alle esigenze dei non vedenti. Il sentiero naturale è ad alto gradimento. Per disabili, anziani e non vedenti, la montagna è soprattutto un percorso ad ostacoli pieno di barriere, naturali e non.




 Nel cuore delle Dolomiti, nella splendida Val di Funes, c’è un luogo in cui i segreti della natura vengono svelati a tutti: anziani, bambini, non vedenti, persone con scarsa abilità motoria o disabili che purtroppo sono costretti sulla sedia a rotelle. Qui non ci sono limiti nè barriere. E questo da alcuni anni. Il sentiero natura Zannes, infatti, è stato pensato per consentire a tutti di ammirare il singolare paesaggio naturale e culturale del parco naturale Puez-Odle. Un percorso ricco di esperienze che si inserisce nel programma educativo dell’Ufficio Parchi Naturali dell’Alto Adige, che da anni lavora per sensibilizzare la società ai problemi delle persone che hanno difficoltà di vista e di deambulazione.
 Il percorso, tre chilometri in tutto, si snoda attraverso prati, boschi, pascoli fioriti. Attraversa un ponte di legno di recente costruzione che sovrasta un ruscello, arriva al rifugio «Kelderer Wiese», per concludersi poi là da dove parte, ovvero al parcheggio di Zannes. Parcheggio che, naturalmente, ha vari posti auto che sono riservati ai disabili. Tutto è curato nei minimi dettagli: la pendenza raggiunge un massimo dell’8 per cento, il sentiero dispone di uno speciale rivestimento antiusura e di stazioni di sosta e informazione. Queste ultime, quattordici in tutto, raccontano le particolarità naturalistiche della zona e lo fanno in modo decisamente originale. Nello spazio chiamato «Montagne da toccare» si trova un plastico con una legenda scritta in braille, per far immaginare anche ai non vedenti l’imponenza delle montagne che fanno da cornice al percorso. L’«Auditorio della natura» - è davvero consigliabile, a tutti - permette di ascoltare in assoluta contemplazione tutti i suoni del bosco. I musicisti - davvero inimitabili - sono gli uccelli, il fruscio delle foglie, lo scorrere dell’acqua.

Alto Adige 20-08-09
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martedì, 18 agosto 2009



Catinaccio: 3 motivi per conoscerlo


 CAREZZA. Un’escursione in quota con triplice scopo: festeggiare l’ammissione del Catinaccio nel Patrimonio Unesco, far conoscere e spiegare agli interessati le meraviglie geologiche del gruppo dolomitico e scongiurare la realizzazione di un nuovo impianto di risalita sul costone Ratschigler, proprio nel cuore di questo paradiso. L’escursione geologica, gratuita e bilingue, è stata organizzata per domani dal comitato Pro Catinaccio. Guidati da un geologo, si percorrerà il sentiero del Masaré, ai piedi della celebre Parete Rossa. Intenzione del Comitato è anche quella di promuovere la futura realizzazione di un sentiero geologico Unesco proprio sul Catinaccio, aperto al pubblico interessato, con tabelle esplicative, pubblicazioni e quant’altro. Il ritrovo è stato fissato per dopmani alle ore 9 e 30, presso la stazione a valle della seggiovia del Paolina, a Carezza. L’escursione è libera e gratuita; durerà circa cinque ore. Occorrono scarponi e abbigliamento da montagna. Potrebbero risultare utili binocolo e martello (da geologo). In caso di maltempo la gita si terrà il giorno successivo, 20 agosto.

Alto Adige 18-08-09
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sabato, 15 agosto 2009


SAN GIACOMO «ZONA MOTTIRONI»



La variazione urbanistica in consiglio


LAIVES. Tornerà in occasione del prossimo consiglio comunale, a settembre, la delibera relativa alla variazione urbanistica che interessa la cosiddetta “zona Mottironi”, sopra San Giacomo. È uno scambio di terreno tra Comune e privato perchè possa poi essere realizzata la passeggiata pedemontana in direzione di Castel Flavon. Da tempo infatti, il vecchio sentiero inglobato nella proprietà Mottironi e di questo si sono lamentati a più riprese i residenti di San Giacomo. La soluzione sarebbe di trasformare un’area boschiva in verde agricolo, come richiesto dal signor Mottironi che metterebbe a disposizione una striscia di verde agricolo per far passare la passeggiata. Mancava parte della documentazione che adesso è arrivata. (b.c.)

Alto Adige 15-08-09
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giovedì, 06 agosto 2009



Gradito il sentiero a Ora. Porta alla zona Castelfeder




 ORA. Sta registrando un grande interesse il nuovo sentiero verso Castelfeder che è stato realizzato dal Comune a seguito della costruzione del primo lotto di variante. L’amministrazione comunale sta seguendo ora un altro progetto: la realizzazione del giardino di Castelfeder che verrà unificato con quelli di Redagno e di Corona: nella primavera del prossimo anno verrà trasferito nella nuova sede di Piccolongo su un terreno di proprietà del Centro sperimentale Laimburg. A proposito di Piccolongo prosegue la costruzione del ponte su Adige e autosteada del Brennero: dovrebbe essere percorribile entro la fine di quest’anno. (u.f.)

Alto Adige 06-08-09
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martedì, 04 agosto 2009



Trasformazione urbanistica a San Giacomo per il percorso pedemontano



La chiede il proprietario per concedere il passaggio ed i lavori


di Bruno Canali
 LAIVES. Il progetto complessivo per un percorso pedemontano tra Laives e Castel Flavon, sopra Bolzano, deve passare necessariamente, sopra San Giacomo, all’interno di una proprietà privata.
 È la tenuta Mottironi, il cui proprietario è disposto a concedere il passaggio previo una trasformazione urbanistica per un’altra area: da bosco a verde agricolo, sempre sopra San Giacomo. È su questo che intanto si è arenata la discussione in consiglio comunale, perché buona parte dei consiglieri ha chiesto che, prima di tutto e per maggiore garanzia, il signor Mottironi sottoscriva una specifica convenzione, dove sia messo in chiaro che questa concessione di terreno per far transitare il percorso pedemontano in arrivo da Pineta e diretto a Castel Flavon, sia fatta gratuitamente.
 «In questo caso il Comune deve agire così come ha fatto con il verde Visintin - hanno dichiarato alcuni consiglieri - ovvero, far preventivamente firmare al signor Mottironi una convenzione dove si impegni a cedere gratuitamente la striscia di terreno che serve; solo così si potrà accordargli la variazione urbanistica che riguarda un’area boschiva che si intende trasformare in verde agricolo sopra San Giacomo».
 Non è la prima volta che questa questione eccheggia in un aula pubblica: anche qualche tempo fa, durante la riunione organizzata a San Giacomo dal locale comitato civico, era emerso il problema del sentiero che risulta “sbarrato” dalla proprietà Mottironi poco sopra San Giacomo. «Quel sentiero - hanno spiegato i cittadini di San Giacomo - è sempre stato percorribile e addirittura segnato sulle mappe; poi però l’area è diventata verde agricolo e il proprietario l’ha recintata, con il risultato che oggi non è più possibile percorrere il vecchio sentiero verso Castel Flavon». La querelle non è mai stata del tutto risolta e comunque adesso arriva il progetto comunale per il percorso pedemontano che da Laives dovrà raggiungere Castel Flavon, sopra Bolzano. Una parte è già stata fatta e si tratta di quella all’altezza di Pineta. Adesso si punta ad arrivare proprio a Castel Flavon e il lavoro dovrebbe effettuarlo la Forestale. Rimane solo da definire il transito all’interno della proprietà Mottironi.

Alto Adige 04-08-09
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sabato, 01 agosto 2009



In funzione gli 8 mulini ristrutturati

Sono otto e si trovano fra le Viles Seres e Miscì. Ricco programma di contorno

di Ezio Danieli
 LONGIARÙ. Torna domani nella caratteristica frazione di San Martino in Badia la festa dei mulini: quelli restaurati verranno messi in funzione e potranno essere visitati.
Quella del rio Seres è chiamata «valle dei mulini». Nel tratto fra le due splendide Viles Seres e Miscì, vi sono otto mulini due dei quali hanno la doppia ruota ed una teleferica ad acqua: tutti ristrutturati e rimessi in funzione. La zona si trova all’interno del parco naturale Puez-Odle. a Longiarù. Il percorso inizia in corrispondenza del ponticello sul rio Seres e del primo mulino (a due passi), si risale lungo il torrente dove si incontrano gli altri manufatti l’ultimo dei quali è a 1650 metri di quota. Per il ritorno il sentiero (ben curato) si discosta dal rio Seres e sale (leggermente) permettendo la visita delle due splendide Viles. Per il funzionamento del mulino è necessaria ovviamente l’acqua che viene derivata dal rio Seres attraverso una canalizzazione scavata nel terreno che termina nel disabbiatore, piccolo manufatto in legno che trattiene il materiale terroso ed i sassi trasportati dall’acqua. Da questo punto si dipartono le canalette aeree in legno scavate all’interno di tronchi e sostenute da tralicci che portano l’acqua alla ruota. L’ultimo tratto - la doccia - inclinato di circa 40 gradi verso il basso alimenta la ruota con la caduta dell’acqua dall’alto. La doccia è mobile, collegata a due aste che permettono di deviare dall’interno il flusso dell’acqua e fermare il movimento della ruota. L’occasione della festa dei mulini è ideale per fare questo percorso: davanti ad ogni edificio restaurato vi sono delle tabelle esplicative che spiegano in maniera esauriente le funzioni del mulino.
 Ulteriori informazioni possono essere richieste all’associazione turistica di San Martino in Badia. Visite sono possibili tutti i giorni, facilitate appunto anche da utili indicazioni didascaliche. Un giorno alla settimana alcuni mulini vengono messi in funzione per soddisfare la curiosità dei molti turisti.

Alto Adige 01-08-09
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giovedì, 04 giugno 2009



Oggi il pellegrinaggio dei ladini


È IL PIÙ ANTICO DELLE ALPI

Parte questa mattina, dalla val Badia, il tradizionale pellegrinaggio dei ladini, esclusivamente uomini, verso il convento di Sabiona a Chiusa, in valle d’Isarco. È la più antica processione dell’arco alpino, che viene fatta risalire a prima dell’anno Mille e che, seguendo una tradizione secolare, è riservata solo agli uomini appartenenti a 12 parrocchie.
 Lo storico pellegrinaggio si svolge ogni tre anni e registra sempre un’elevata partecipazione: anche oggi inizieranno a camminare oltre mille ladini. Un gruppo partirà alle 7.30 da Badia: si porterà fino a Longiarù e quindi raggiungere la malga Zannes e quindi la valle di Funes; il secondo gruppo partirà da San Martino in Badia e, attraverso il passo delle Erbe, si porterà in val Funes dove si riunirà al primo. A Santa Maddalena, domani sera, è previsto l’incontro con il vescovo diocesano monsignor Karl Golser che, impossibilità a prendere parte al pellegrinaggio, porterà il suo saluto ai fedeli.
 La marcia di avvicinamento al convento di Sabiona, prima sede vescovile della chiesa locale, prevede appunto la tappa in val di Funes, dove i pellegrini pernotteranno o presso alberghi e pensioni o presso famiglie. Le prenotazioni vengono fatte per tempo: c’è addirittura chi ha fissato la camera tre anni fa, in occasione appunto dell’ultimo pellegrinaggio. Anche il decano di Badia camminerà, pure stavolta, assieme ai fedeli «sperando di farcela perchè il tragitto è impegnativo e con il caldo la fatica aumenterà», dice don Franz Sottara.
 I partecipanti, come detto, sono tutti maschi: dai saggi anziani con la barba bianca ai giovanissimi, dai più assidui in chiesa a quelli che la frequentano soltanto nelle ricorrenze più importanti. La marcia dei pellegrini si svolge in fila, a coppie; ad ognuno è assegnata una precisa posizione che manterrà rigorosamente fino alla fine. Durante le dieci ore al giorno di cammino per un centinaio di chilometri, la preghiera è costante nello sgranare il rosario; spesso si canta. Il grande pellegrinaggio dei ladini - chiamato «Jì en Jeunn» (andare in Sabiona) - fa parte della storia di questa abbazia. Le radici di questa tradizione risalgono al 1503, stando ai documenti ritrovati. Ma pare che i ladini abbiano iniziato questo pellegrinaggio già nel 1338 per impetrare la liberazione dall’invasione delle cavallette e dalla peste che duravano da diversi anni.
 Dopo una pausa, durante il periodo napoleonico influenzato da un’impronta anticlericale, queste processioni vennero riprese con una nuova motivazione: andare a ringraziare della fede ricevuta. Il pellegrinaggio si tiene sempre in giugno quando i contadini non hanno ancora cominciato il lavoro duro nei campi. Ogni famiglia cerca di partecipare con almeno un pellegrino, ciò che è ritenuto di buon auspicio per il raccolto. Il «Cunfarun» è lo stendardo che durante il percorso precede il lunghissimo serpentone dei pellegrini.

Alto Adige 4-06-09

LA CULTURA DEI LADINI

La mostra virtuale, è consultabile nel nuovo portale all’indirizzo:



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martedì, 02 giugno 2009

San Giacomo

Sentiero: ok al tracciato. Traffico: nulla di deciso




I problemi di San Giacomo

LAIVES. Alla riunione pubblica di domani a San Giacomo (ore 20 sala teatrale in zona scolastica) il sindaco e i rappresentanti della giunta arriveranno con una notizia positiva e una no: quella positiva è che è stata presa una decisione in merito al tracciato della passeggiata pedemontana tra Laives e Castel Flavon, sopra Bolzano; la meno piacevole è che ancora non è stato deciso nulla per l’adozione di misure più incisive atte a scoraggiare i transiti inutili nell’abitato. Doveva occuparsene la giunta ancora a metà maggio - così aveva garantito il vice sindaco Georg Forti - sentiti i dati statistici dei vigili urbani sui transiti. Finora la giunta non ha affrontato la questione e intanto, da almeno un mese, alla periferia sud di San Giacomo, nei pressi della zona Vurza, rimangono coperte le due tabelle stradali installate proprio per pubblicizzare una ordinanza mai entrata in vigore.
 In merito alla passeggiata pedemontana invece, è stata operata una scelta: «Domani ci sarà con noi anche il dottor Schoepf della Forestale - dice il sindaco Polonioli - che spiegherà dettagliatamente la scelta. Il tracciato che verrà privilegiato per primo sarà quello da Pineta verso San Giacomo, lasciando ad un secondo momento quello da San Giacomo fino a Castel Flavon. Questa decisione l’abbiamo maturata dopo avere verificato che il Comune di Bolzano intanto non ha completato la parte che gli compete per arrivare fino a Castel Flavon e quindi sarebbe un percorso “cieco” quello che parte da San Giacomo. Abbiamo anche già stabilito che lo inseriremo il prossimo anno e intanto iniziamo con quello che da Pineta arriverà a San Giacomo». (b.c.)
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giovedì, 28 maggio 2009
San Giacomo
Aggiornamento e informativa sulla riqualificazione urbana 
Incontro della Giunta Comunale di Laives con la popolazione di San Giacomo

In previsione dell’incontro con il Sindaco del comune di Laives, il comitato civico per la riqualificazione della frazione di S.Giacomo si è riunito lunedì 25 maggio per discutere e concordare una linea comune sulle richieste da sottoporre all’amministrazione comunale.

Punto fondamentale e prioritario per gli abitanti di San Giacomo è sicuramente risultato il tema della riqualificazione urbana in senso aperto, ovvero un mix caratterizzato da numerosi interventi finalizzati a trasformare l'attuale frazione in un paese con caratteristica “RESIDENZIALE”.
Tale percorso progettuale, tra l'altro ribadito in varie occasioni, deve tenere in considerazione quella parte di territorio del paese più sensibile (scuole, asili, palestra, teatro, chiesa, centro commerciale, cimiteri ) e maggiormente abitata (centro) , dove risulta sottoposta alle maggiori sollecitazioni: Traffico, inquinamento, pericoli, mancanza di sicurezza, scarsità di verde pubblico, assenza di ciclabile e pedonabile.

Il verde pubblico previsto (5000 m2 ma latente da molti anni) per essere al servizio degli abitanti dovrà essere realizzato rapidamente (il Comune utilizzerà lo strumento dell’urbanistica concordata, ci è stato detto) in prossimità del paese, ma comunque non a contatto diretto con la statale per gli ovvi motivi di traffico e inquinamento.

La ciclabile, discussa in più occasioni nei diversi lotti, rappresenta per la comunità la speranza del primo vero segnale di cambiamento. La possibilità di un suo attraversamento con un sottopasso anche verso la zona industriale dovrebbe essere disussa e progettata con Provincia e Comune di Bolzano quanto prima. La comunicazione di un suo ennesimo slittamento di inizio lavori del 1° lotto, dopo le molte promesse fatte, porterebbe senz'altro a sfiduciare in modo assoluto la Giunta Comunale di Laives.

Terzo binario e stazioni di fermata ferroviaria, per l'interesse comune dichiarato in diverse circostanze, richiedono quantomeno un tavolo di confronto fra tutte le amministrazioni comunali: quella di Bolzano e tutte quelle della Bassa Atesina. Perchè ancora non è stato fatto?


Altro argomento discusso, non meno importante, è stato quello della realizzazione della pedemontana, un sentiero che dovrebbe collegare Pineta di Laives con Castel Flavon passando ovviamente per la frazione di S.Giacomo.
I cittadini amanti della montagna sapranno sicuramente che questo collegamento permetterà di raggiungere facilmente sia il Virgolo utilizzando la passeggiata realizzata recentemente, sia il Seit attraverso la “ Seitner Wande” un pittoresco e spettacolare passaggio costruito a ridosso delle pendici porfiriche che conduce dapprima ad una piccola cappella e successivamente al Gasthof Fritsch.
Tra gli obiettivi del comitato come già specificato vi è la riqualificazione del territorio e la valorizzazione di quelle strutture, edifici, cappelle, sentieri, monumenti naturali che sono elemento irrinunciabile del paesaggio e della storia del nostro territorio.
La cura del paesaggio significa in due parole la cura di noi stessi e questo a quanto sembra pochi ancora lo capiscono. A nostro parere dovrebbe costituire l’obiettivo principale se non unico di tutte le amministrazioni da quella comunale fino a quella statale.
Orbene tra le tante richieste la realizzazione di questo” benedetto sentiero” dall’ultimo incontro del sindaco avvenuto a metà marzo, sembrava cosa fatta. Nessun costo per l’amministrazione dato che la realizzazione sarebbe stata a cura della forestale.
In autunno sempre a sentire sindaco e assessori avremmo potuto percorrere questo agognato sentiero, i lavori sarebbero iniziati da subito.
L’articolo apparso sul giornale A.A il 13 maggio lascia non poco perplessi; si parla di un incontro con il dott. Schopf per capire se è più importante realizzare la pedemontana verso Pineta o verso Castel Flavon. E’ una nota stonata, una nota di chi vuol prender tempo perché non vuol affrontare il nocciolo della questione.
Questo nocciolo è la proprietà privata dell’architetto Mottironi che chiude il passaggio del vecchio sentiero verso Nord verso Castel Flavon. Un cancello, la cui realizzazione frutto dell’incompetenza, superficialità e miopia diciamolo per correttezza delle precedenti amministrazioni, sbarra la via al viandante.
Informiamo i lettori di questo articolo che esiste una cospicua documentazione in base alla quale deve essere garantito il passaggio degli abitanti da e verso il Seit, diritto questo concordato con la chiesa. Si trattava ma si tratta ancora fino a prova contraria del “Kirchsteig” il sentiero che permette ai fedeli di raggiungere la chiesetta di San Giacomo.
Dunque ora questo passaggio è bloccato da un cancello e non è piacevole ne suonare un campanello da parte del viandante ne presumo dover aprire lo stesso da parte del proprietario.
Che si decidano dunque, questi benedetti amministratori o in basso o in alto rispetto a questa proprietà, deve essere realizzato questo sentiero libero da vincoli e cancelli.
In alternativa se proprio lo vogliono lo costruiscano al di sotto visto l’attuale fiorire di tunnel e trafori!
Per ora, la realizzazione del “realizzabile” è a quanto pare aldilà da venire
Noi ci aspettiamo i fatti.


Appuntamento con il Sindaco e la Giunta per mercoledì 3 Giugno

ore 20.00 presso il Teatro di San Giacomo ….. agguerriti!

Comitato di Riqualificazione Urbana di San Giacomo


sabato, 23 maggio 2009



Sentieri, 60.000 nuovi cartelli Saranno quasi solo in tedesco





 BOLZANO. Sessantamila nuovi cartelli segnaletici in legno, dislocati dall’Avs su ventimila bivii lungo i sentieri altoatesini. Costeranno 1 milione di euro, il 30% finanziato dalla Carisparmio. Riporteranno quasi esclusivamente toponomi tedeschi.
 Occorre far mente locale, immaginando un gruppo di facoltosi escursionisti milanesi, giunti in valle Aurina con l’intenzione di pasteggiare in quota con abbondanti e costose libagioni, per poi pernottare in vista della gita domenicale alla vetta. Sono soci Cai e cercano il sentiero per raggiungere la baita della loro sezione milanese, il rifugio Giovanni Porro alla Forcella di Neves. Lo cercano, ma non lo trovano, ché sulle palette segnaletiche - quelle nuove finanziate al 30% dalla Fondazione cassa di risparmio - sta scritto solo Chemnitzer Hütte. Solo in tedesco. E basta.
 Idem accadrà ai soci della sezione bolzanina del Cai, in cerca di una delle loro baite sezionali, il rifugio Oltradige al Roen. Niente, sulla freccia di legno troveranno scritto solamente Überetscherhütte. Ma sono spariti anche Termeno e pure l’Alta via di Caldaro. E non è finita. Il peggio deve ancora arrivare. Non sono svaniti solo i nomi propri, ma pure quelli comuni: niente forra o rifugio o prato o alta via o malga o passo o stazione a monte della funivia. Niente.
 Nessuna novità, dirà qualcuno, ma non è affatto così. Lo si evince dell’Almanacco 2008 della Fondazione cassa di risparmio, appena pubblicato, dove si spiega quanto segue: siamo all’ultimo atto del cosiddetto progetto sentieri dell’Alpenverein Südtirol, l’associazione alpinistica sudtirolese di lingua tedesca. Un progetto, per inciso, finanziato all’80% da Unione europea, Stato italiano e Provincia. Grazie a tecnologie satellitari, si è rilevata sul posto e cartografata per via digitale l’intera rete sentieristica altoatesina. Un lavoro titanico, durato otto anni, che ha fruttato un sito web innovativo a livello mondiale. Dove, tanto per dirne una, si può progettare una gita a tavolino, scaricando poi il tracciato sul proprio Gps portatile, da zaino. Il massimo, per non perdersi.
 Già il sito web però, presentato un anno fa, per usare un eufemismo aveva un difettuccio: tolti i nomi di città, paesi e frazioni, quasi tutto il resto era scritto solo in tedesco.
 Ora, però, si è andati ben oltre. La conclusione del progetto sentieristico, infatti, prevede la sostituzione di tutte le palette segnaletiche in legno lungo i 15mila chilometri di sentieri della provincia. In tutto, 60mila frecce piazzate in 20mila differenti bivii. «L’intera rete altoatesina - si legge nell’Almanacco della Fondazione Carisparmio - dovrà presentarsi in modo uniforme e il sistema di segnaletica dovrà essere facilmente comprensibile e unitario».
 In un altro passo si specifica come «una segnaletica migliore, e soprattutto più uniforme, potrebbe contribuire a far sì che gli escursionisti non si perdano. Dei sentieri turistici ben contrassegnati e segnalati con chiarezza non sono un lusso, ma una necessità e un contributo ad una maggiore sicurezza». Perché una notevole quota degli interventi del Soccorso alpino riguardano proprio la ricerca di persone scomparse. Per cui, vai con le nuove tabelle. Sarebbe fantastico, se fosse finita qui. Ma c’è un ma: il contenuto scritto delle palette segnaletiche, standardizzate e realizzate da cinque ditte altoatesine, viene deciso dai gestori dei sentieri. E qui sta l’inghippo, finora ignoto.
 Perché in Alto Adige ci sono 15.889 chilometri di sentieri. Di questi, il Cai ne gestisce pochetti (715), il Parco nazionale dello Stelvio un pochi di più (951), e la Ripartizione provinciale natura e paesaggio una quota di poco maggiore (2.285). Ne rimangono 362 gestiti da altre organizzazioni. Ma poi c’è il grosso: 6.528 chilometri sono dell’Alpenverein, altri 5.048 delle associazioni turistiche locali. Insomma a decidere se usare il bilinguismo o meno, sul 72% dei sentieri sono aziende turistiche, sezioni e sottosezioni dell’Avs. E non si creda che Parco nazionale e Parchi naturali esibiscano solo cartelli bilingui, perché non è così.
 «La maggior parte della nuova segnaletica è esclusivamente in lingua tedesca», ammette il responsabile Avs Gislar Sulzenbacher. «Non avendo ricevuto indicazioni dalla politica, ci siamo dovuti affidare ai gestori dei sentieri. Nelle nostre sezioni per qualcuno non c’è problema, se i toponimi sono anche in italiano. Altri, non vorrei dire più estremisti, vogliono soltanto i toponimi storicamente fondati». Insomma, riassumendo: a decidere quali nomi incidere sulle palette segnaletiche sono (pochi) privati, utilizzando denari in gran parte pubblici. E i più decidono per il monolinguismo. A questo punto rimane un unico, microscopico dubbio: a parte l’illegittimità di una segnaletica su pubblica via non rispettosa dello Statuto di autonomia, come se la caveranno i turisti romani, a duemila metri, con la nebbia, trovandosi al bivio con due cartelli: a sinistra Chemnitzer Hütte, a destra Speikboden Bergstation?


«La politica non si decide»

 BOLZANO. Le nuove paline segnaletiche sono una bellezza. Addirittura, sul palo di sostegno c’è una targhetta con lo sponsor (bilingue), il recapito del 118 (trilingue, c’è pure l’inglese) e le coordinate: «Utm», latitudine e longitudine del bivio. A nessuno, però, è venuto in mente che non tutti i turisti sanno il tedesco. E se lo scopo primo di toponimi e segnali è indicare i luoghi per non perdersi, allora c’è qualcosa che non va. «Non può essere un problema nostro», spiega Sulzenbacher (Avs). «Dovrebbe essere la politica a decidere. Per il sito web sui sentieri abbiamo chiesto un elenco all’ufficio turismo dell’allora assessore provinciale Widmann. Ce lo hanno fornito: microtoponomastica in tedesco; paesi e frazioni in doppia dizione. Per le frecce abbiamo chiesto un secondo elenco ufficiale, più dettagliato, con tutti i toponimi. Ma non ce l’hanno mai consegnato. Cosa dovevamo fare? Ci siamo affidati alle nostre sezioni».

Alto Adige 23-05-09

Link interessante:    http://www.sat.tn.it/sentieri/sentieri/segnaletica.htm


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domenica, 26 aprile 2009

Pineta: un corso di Nordic Walking


 LAIVES. La Polisportiva Pineta organizza un corso di Nordic Walking (camminata con bastoncini, uno sport per tutti). I corsi si terranno nel mese di maggio fino a metà giugno 2009, nei giorni di martedì e giovedì dalle 18 alle 19 e dalle 19 alle 20 presso i campi da tennis di Pineta di Laives (con possibilità di spogliatoi). Durata dei corsi 12 ore, costo dei corsi 50 Euro con i bastonicni forniti dall’istruttore per tutta la durata del corso. Le prime tre ore saranno dedicate alla tecnica del movimento, nelle restanti ore saranno delle camminate nella natura. Inizio corso: martedì 5 maggio 2009, fine corso giovedì 11 giugno. Per informazioni e iscrizioni telefonare al numero 349/2107457.

Alto Adige 26-04-09
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sabato, 25 aprile 2009


Riapre il rifugio «Sauch»



posizionato vicino al roccolo



SALORNO. La direttrice della Dürerhaus si è complimentata con il comitato per il grande numero di visitatori che frequentano il Sentiero del Dürer.


Oggi viene riaperto il rinomato rifugio del Sauch che offre una rinomata cucina e ottimo vino.


 Al vignaiolo Mario Pojer, originario di Salorno, con la sua azienda lungo il Sentiero del Dürer, a Verona ha ottenuto la medaglia del Cangrande quale benemerito della viticoltura italiana. Famose sono le etichette dell’ottimo vino di Pojer dove vengono riportate delle immagini delle stampe di Albrecht Dürer.

Alto Adige 25-04-09

itinerario 1 da Salorno verso il Sauch


Altri  itinerari si possono consultare al seguente

images.google.com/imgresCLIC



giovedì, 16 aprile 2009


Alta Via di Laives




In attesa del sentiero promesso dalla Forestale vi invitiamo a percorrere l'esistente molto più in quota

Dal centro di Laives (semaforo) lasciata la chiesa si prosegue su strada asfaltata per circa 4 km nella Vallarsa fino a che, dopo aver attraversato il torrente, si raggiunge lla trattoria Al Mulino. Sotto la vecchia ferrovia di una miniera di fluorite dismessa si diparte a nord in ripida salita il sentiero n.
12 fino a raggiungere dopo 10 min., la trattoria maso Schwab (700m) in bella posizione. Si sale ancora per un viottolo scosceso, ma ben assicurato, attraverso le pareti rosse di porfido della Vallarsa fino ad uno sfarzoso punto panoramico (900m) munito di parapetto, da cui lo sguardo si estende su tutta la Val d'Adige. Passando davanti al maso Hochegg una strada larga e ombreggiata da castagni porta prima al maso Brunner e poi ai masi Steiner, grande masseria con cappella (dal maso Schwab circa 2 ore, possibilitá di rientro a Laives su sentiero n. 11 in circa 1 ora)
Dai masi Steiner il percorso prosegue e conduce nella gola del rio Steinmann (rio Dolce). Dopo il maso Alpler una strada forestale porta al maso Altebner e piú avanti all'albergo Rechtebner e a La Costa (868m, dai masi Steiner circa 1,30 ore).
Sotto la chiesetta di La Costa, piccola frazione di Laives raggiungibile anche su buona strada carrozzabile da Pineta, inizia un sentiero lastricato di porfido, segnalato con il n. 3, che porta alle rovine di Castel Flavon (ore 1,45).
Da qui si scende ad Aslago (Bolzano) dove si prende l'autobus (linea 2) per il ritorno a Laives.
Informazioni
Punto di partenza:
Laives
Tempo impiegato:
6:00
Dislivello:
650 m
Grado di difficoltà:
medio
Cartina/guida:
Kompass 074

da: http://www.suedtirol.info/Leifers-Branzoll-Pfatten/$doctype_HightMountainRoutes_it/5281-it/it/Alta_Via_di_Laives.html
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martedì, 07 aprile 2009



Il sentiero è franato «Troppa incuranza degli enti pubblici»

Il Centro Attenzione critica Comune Provincia e Curia




 LAIVES. Il Centro Attenzione Permanente di San Giacomo prende posizione in merito alle condizioni del camminamento nei pressi della chiesa simbolo della frazione e sollecita, nel contempo, interventi di restauro non risparmiando critiche al Comune, alla Provincia e anche alla Curia «visto che il sentiero è comunque una testimonianza storica che merita più considerazione».
 A San Giacomo la strada statale si snoda ai piedi di imponenti pareti porfiriche che, fra il rione bolzanino di Aslago e la frazione di Laives, vanno a cadere su una prominenza a forma di terrazzo dove, all’estremo sud, c’è la chiesa. All’altezza del cimitero militare, oltrepassati alcuni condomini, parte una stradina interna che s’interrompe proprio all’inizio della stessa chiusa da reti, orti e altro che impedisce di raggiungerla. Questa mulattiera, costruita con muri a secco, sale gradatamente con pendenze minime portandosi su un primo pianoro (ora campagna di Mottironi) la cui altura ha rappresentato un amato punto panoramico dal quale sarebbe possibile ammirare una gran parte della valle. Proseguendo verso l’alto a sinistra si può raggiungere il pianoro superiore denominato Stallner Bühel; poi, procedendo nel bosco, si può giungere al crocevia che collega il Seit, Castel Flavon e il Virgolo. Nella campagna di Mottironi si racconta che era presente anche un sentiero diretto verso sud sovrastante l’abitato di San Giacomo e che portava direttamente all’importante chiesa di San Giacomo. Secondo il Centro Attenzione Permanente - che in merito ha diffuso una nota - la mulattiera da qualche mese è franata pazialmente. «Come Centro Attenzione Permanente ci domandiamo se questi sentieri così significativi per la nostra storia - e quello della chiesa di San Giacomo lo è perchè rappresentava un percorso importante per i pellegrini ed i viandanti che provenivano da Ora - possano essere lasciati in così forte stato di abbandono e trascuratezza. Ci interroghiamo perchè non vengano valorizzati quantomeno come i Waalwege che, giustamente, sono considerati «Veri monumenti all’operosità contadina» come recita la pubblicità turistica. Ci stupiamo per un così scarso interessamento da parte dei proprietari dei terreni, dei Comuni che dovrebbero essere i “guardiani” di tali opere, della Provincia che dovrebbe sostenere beni storici di così grande rilievo ed anche della Curia che in altri luoghi valorizza i propri patrimoni artistici con il pellegrinaggio e la cultura».

Alto Adige 07-04-09
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domenica, 05 aprile 2009


Kierchsteig (“antico” passaggio a piedi, sentiero dei pellegrini o dei viandanti) San Giacomo Laives
Chi, attraversando il ponte Loreto sul fiume Isarco, lascia Bolzano in direzione sud, raggiunge dapprima Oltrisarco («Oberau»*) e poi, oltrepassato il nuovo cimitero cittadino, arriva a San Giacomo. Subito dopo il camposanto di questa località, nei pressi dell'albergo Putz, ha inizio il territorio del Comune di Laives, al quale appartiene la suddetta frazione. Qui la strada statale si snoda ai piedi di imponenti pareti porfiriche, che fra il rione bolzanino di Aslago e San Giacomo vanno a cadere su una prominenza a forma di terrazzo. All'estremo sud di detto rialzo si erge la chiesa di San Giacomo.
All’altezza del cimitero militare, oltrepassati alcuni condomini, parte una stradina interna che s’interrompe proprio all’inizio della stessa chiusa da reti, orti e altro che impedisce di raggiungerla.
Questa mulattiera ben costruita con muri a secco sale gradatamente con pendenze minime
portandosi su un primo pianoro (ora capagna di Mottironi) la cui altura ha rappresentato un amato punto panoramico dal quale è stato o sarebbe possibile ammirare una gran parte della valle.
Proseguendo verso l'alto a sinistra si può raggiungere il pianoro superiore denominato Stallner Bühel e poi procedendo nel bosco si può giungere al crocevia che collega sia il Seit, Castel Flavon e il Virgolo.
Nella campagna di Mottironi, si racconta che era presente anche un sentiero diretto verso sud sovrastante l'abitato di San Giacomo e che portava direttamente all'importante chiesa di San Giacomo.
Abbiamo potuto notare che la mulattiera da qualche mese, così sostengono gli abitanti delle case vicine, è franata pazialmente come si può vedere dalle immagini che presentiamo.



Come Centro Attenzione Permanente ci domandiamo se questi sentieri Kierchsteig così significativi della nostra storia - e quello della chiesa di San Giacomo lo è perchè rappresentava un percorso importante per i pellegrini e i viandanti che provenivano da Ora, attraversavano Bronzolo, Laives e Pineta, costeggiavano il fianco del monte all'altezza del dosso, per proseguire poi in direzione di Aslago, del fiume Isarco e giungere a Bolzano – possano essere lasciati in così forte stato di abbandono e trascuratezza.
Ci interroghiamo perchè non vengano valorizzati quantomeno pari ai Waalwege (sentieri che fiancheggiano i corsi d'acqua) dove questi canali d'acqua chiamati "Waal" sono considerati “Veri monumenti all'operosità contadina” così almeno recita la pubblicità turistica in Alto Adige.
Ci stupiamo per un così scarso interessamento da parte dei proprietri dei terreni, dai Comuni che dovrebbero essere i “guardiani” di tali opere, dalla Provincia che dovrebbe sostenere beni storici di così grande rilievo e non ultima dalla Curia che in altri luoghi valorizza i propri patrimoni artistici anche attraverso l'escursionismo, il pellegrinaggio e la cultura.
Trovarsi in cammino, essere su un sentiero è un avvenimento profondamente esistenziale.
Centro Attenzione Permanente di San Giacomo
* Il termine Au(e), intraducibile letteralmente in italiano, designa in lingua tedesca, di norma, una vasta distesa di terreno per lo più acquitrinoso in prossimità di fiumi, laghi ecc. (cfr ad esempio: Schórgau, Kaiserau, Lindau, Mainau, Reichenau...)

OoO
Il sentiero di San Giacomo? Ma è in Spagna, non nel Tirolo! Ma dov’è che inizia il sentiero di San Giacomo?
È attraverso questo sentiero che si recò in pellegrinaggio l’Apostolo Giacomo?
E per quale motivo dovrei percorrerlo io?
Questo sito web è stato realizzato per Voi, care visitatrici e cari visitatori.
Il suo scopo è quello di fornire informazioni sull’origine e la storia del sentiero di San Giacomo e sulla sua importanza per lo sviluppo dell’Europa.
Il sito Vi illustrerà nei dettagli i tratti del sentiero di San Giacomo che attraversano la regione tirolese. Nel corso dei circa mille anni di storia del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, i pellegrini hanno lasciato molte tracce anche nel Tirolo: l’incessante flusso è testimoniato da attestazioni in pietra, opere d’arte, documenti scritti, patrocini, stemmi e toponimi. La storia del sentiero di San Giacomo è anche la storia del Tirolo.
L’intento di questo sito è di infondervi il coraggio di assecondare il desiderio di evadere e di viaggiare che è racchiuso in ciascuno di noi, di mettersi il sacco in spalla e gli scarponi ai piedi e fare il primo passo.
Venite a conoscere il Tirolo, se non l’avete mai visto! Mettetevi in marcia!
Ultreia! (Oltre, sempre oltre! Questo era il grido di incitamento dei pellegrini sulla via per Santiago.)

giovedì, 02 aprile 2009


 Gita ai laghi di Monticolo . Domenica 5 Aprile



LAIVES. La zona di Malga Cislon, dove domenica il Cai locale aveva programmato una escursione, è ancora sotto una coltre di neve, al limite della praticabilità e così il programma è variato: niente Malga Cislon domenica 5 aprile bensì più vicino, a Monticolo, per un interessante giro attorno ai tre laghi. Sarà anche possibile visitare i resti archeologici relativi ad un castelliere preistorico che si trova in zona e il programma prevede la partenza alle 9 dalla sede Cai, per poi imboccare il sentiero che da Vadena sale verso Monticalo. (b.c.)

Alto Adige 02-04-09
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sabato, 21 marzo 2009


Gite fuori porta lungo i Waal



Sono percorsi pianeggianti ben segnalati ed immersi nel verde
Primavera come sinonimo di temperature piacevoli, voglia di uscire di casa, ricerca del verde e della natura. Cosa c’è di meglio, dunque, di una gitarella: “fuori porta” le chimavano una volta le escursioni verso le campagne, magari alla ricerca di una trattoria e come occasione per sgranchirsi le gambe. Nella zona di Merano e dintorni, il “fuori porta” è rappresentato, per antonomasia, dalle rogge irrigue meglio note come Waale. Con questo nome di identificano
i canali d’irrigazione realizzati fin dall’antichità lungo i fianchi dei monti per portare l’acqua ai campi coltivati.
 Nati come esigenza agricola per fronteggiare i periodi di siccità, hanno costretto gli uomini a costruire un imponente sistema idraulico che rappresenta un vero monumento all’operosità contadina e sono in gran parte ancora efficienti e funzionanti nonostante i secoli. Lungo tali opere corrono sentieri, a volte stretti, che in origine servivano per il controllo e la manutenzione dei canali. Oggi questi tracciati (Waalweg) sono diventati facili e frequentatissimi sentieri turistici, graditi per il loro andamento quasi pianeggiante, tipico delle canalizzazioni irrigue. Sono oltre una cinquantina, i “Waalweg” che coronano Merano e il suo comprensorio, e tanti cambiano solamente il nome passando da una proprietà o da una località all’altra ma sono collegati fra loro in un reticolo che permette di compiere lunghe passeggiate a mezza costa, passando da pendici soleggiate a boschetti, da punti rocciosi ad angoli panoramici.
 Non va dimenticato l’aspetto gastronomico garantito dal fatto che i percorsi dei Waalweg sono punteggiati da locande, ristori, ristoranti, osterie in grado di soddisfare i palati più fini ma anche di offrire rapidi spuntini e specialità locali.
 Fra i più famosi Waale, vanno citati l’Algunder Waalweg sopra Lagundo, che collega Tel a Tirolo, il Waal da Lana a Lana di Sotto, quello che unisce Lana, Marlengo e Tel e il Waalweg sopra Scena, dalla Val di Nova a Verdines.

Alto Adige 21-03-09
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martedì, 17 marzo 2009



Grazie alla variante c’è il nuovo sentiero da Ora a Castelfeder



ORA. Per ora c’è un cancello, di legno, che impedisce le passeggiate. Ma basteranno altre giornate di sole per poter aprire ufficialmente il nuovo sentiero che dalla zona sportiva porta fino a Castelfeder da dove si può godere del panorama su tutta la valle dell’Adige.
 Martedì scorso, in occasione della cerimonia inaugurale del primo lotto di variante, gli invitati hanno parcheggiato presso la zona sportiva e quindi, a piedi, hanno raggiunto la zona a ridosso del portale nord del tunnel Castelfeder. Hanno avuto modo, così, di percorrere il primo tratto del nuovo sentiero dopo che il precedente, verso la zona Castelfeder, era stato cancellato proprio per consentire i lavori della circonvallazione. Il camminamento inizia presso la palestra per proseguire verso il campo di pattinaggio a ridosso del quale gira a sinistra e, dopo un breve tratto in leggera salita - il Comune dovrà sistemare dei corrimano per favorire soprattutto le persone anziane - passa sotto la carreggiata della variante mediante un tunnel realizzato ex novo. Il sentiero, in lieve pendenza, sale quindi verso il parcheggio a lato della statale 48 che porta verso Montagna e la val di Fiemme. Il nuovo itinerario è stato scelto dagli esperti della Ripartizione forestale in modo da poter accedere ad entrambi i sentieri verso Castelfeder senza la necessità di dover utilizzare la strada. In merito al collegamento fra la pineta Forchwald ed il vecchio tracciato della ferrovia per la val di Fiemme si è dovuto attendere per tracciare il sentiero fino al completamento della posa delle nuove rampe di accesso al portale sud della circonvallazione. Il camminamento dunque è stato fatto passare sopra il portale stesso; in contemporanea la pista ciclabile è stata fatta proseguire fino alla strada forestale attraverso il sottopassaggio dove si collega al vecchio tracciato.
 La collaborazione tra gli uffici provinciali per le strade, l’ufficio parchi naturali, l’ispettorato forestale e la giunta comunale ha portato alla realizzazione di questo nuovo percorso. La Stazione Forestale di Egna ha guidato i lavori per il ripristino. Con il nuovo tracciato si evita di dover avvicinarsi troppo alla statale 48. È stato inoltre garantito un collegamento fino all’entrata verso San Daniele. In questo modo sono nuovamente raggiungibili anche i sentieri 4a e 4b verso Montagna.
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domenica, 15 marzo 2009






Il Virgolo rappresenta un patrimonio importante per i cittadini di Bolzano, San Giacomo, Pineta e Laives (una passeggiata dovrebbe collegare le diverse località) . E i cittadini stessi debbono essere chiamati a decidere cosa ne vogliono fare. Il Virgolo   è stato per un lungo periodo, fino all'era dell'automobile, un luogo amato e frequentato dai Bolzanini, nella ricerca di tranquillità, svago e anche spiritualità. Grazie a questo fatto la natura e i suoi abitanti ne hanno approfittato per crearsi una nicchia naturalistica dove oggi vivono diverse specie, alcune molto rare e riconosciute come protette.
Ora, in piena crisi di sviluppo, con i problemi di inquinamento e di costi dovuti all'uso dell'auto, un luogo vicino alla città, facilmente accessibile, senza motori e ancora poco cementificato, rappresenta una grossa risorsa per la popolazione.
Basandoci sui desideri maggiormente espressi abbiamo elaborato, insieme ad alcuni professionisti, un progetto o meglio una proposta di piano per il Virgolo Idee per il Virgolo (9.88 MB). Questa proposta l'abbiamo portata a diverse associazioni e organizzazioni e molte di queste si sono dette d'accordo con le nostre idee e le hanno sottoscritte.
Abbiamo contattato anche gli attuali proprietari dei terreni, che si sono detti interessati.
Dopo aver consegnato al  Sindaco di Bolzano le 2000 firme e la raccolta di idee, ci recheremo anche dal  Presidente della Giunta provinciale Durnwalder.


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giovedì, 22 gennaio 2009


San Giacomo: bisogna predisporre la gara di appalto



Statale, via alla riqualificazione
Anche la passeggiata pedemontana verso il prolungamento
Alto Adige, 22 GENNAIO 2009

 LAIVES. È terminato il lungo iter per arrivare all’appalto dei primi lavori di riqualificazione urbana della statale 12 alla periferia sud di San Giacomo. Ci sono voluti anni comunque, nonostante una prima parte di finanziamento fosse già nei bilanci comunali passati. «Adesso tocca all’ufficio lavori pubblici predisporre la gara di appalto - spiega l’assessore Giorgio Zanvettor - e contestualmente faremo elaborare anche il progetto che riguarda il secondo lotto che arriverà fino a Bolzano».
 L’intervento è anche già stato presentato alla comunità di San Giacomo e si tratterà di rivedere l’asse della statale 12 tra via Pascoli, a sud dell’abitato, fino all’incrocio con via Anton Thaler, da sostituire con una rotatoria. In sostanza l’asse stradale verrà ristretto anche per fare posto alla ciclabile lungo il lato est, così da scoraggiare ulteriormente i passaggi inutili dentro San Giacomo. Molto impegnativo anche il lotto successivo, con la ciclabile che dovrà congiungersi a quella di Bolzano a Maso della Pieve. Questa indicazione è contenuta nella relazione che l’assessore Giorgio Zanvettor ha allegato al preventivo.
 A proposito di collegamenti, Zanvettor parla anche della passeggiata pedemontana verso Castel Flavon, sopra Oltrisarco e anche in questo caso, per congiungersi con quella già allestita dal Comune di Bolzano. «In parte qualche cosa è già iniziato grazie alla collaborazione con l’ufficio forestale della Provincia - scrive Zanvettor - vedi il percorso di Pineta, lungo il rio Dolce, fino alla zona sportiva Toggenburg. Durante l’anno si proseguirà in direzione di San Giacomo e da lì verso Castel Flavon, così che in futuro si avrà un percorso pedonale senza soluzione di continuità dalla zona Vallarsa di Laives fino a Bolzano. A proposito, in zona Vallarsa completeremo il verde “Baden Powell” con la posa di un ponte di legno sul rio Vallarsa».
 Oltre a verde e riqualificazione urbana (con eliminazione delle barriere architettoniche) è competenza dell’assessore comunale Zanvettor anche l’edilizia agevolata e la tutela ambientale. Per quanto riguarda l’edilizia agevolata, avviate le assegnazioni in zona Toggenburg 1 a Pineta e in zona Hofer a Liaves, si punta l’attenzione sulla Toggenburg 2, che potrebbe diventare utile per l’edilizia dedicata al ceto medio, alla luce delle nuove normative introdotte dalla giunta provinciale. In campo ambientale invece, avanti con tutte le iniziative già promosse nei mesi passati e che si intende, finalmente, realizzare. (b.c.)
sabato, 27 dicembre 2008

        


Grazie alle ciaspole più vicini alla natura e senza troppe spese

 Alto Adige, 27 DICEMBRE 2008

 BOLZANO. Il termine dialettale è «ciaspole». Il termine tecnico è «racchette da neve». Averle ai piedi significa avere la possibilità di camminare a lungo sulla neve, facendo sì parecchia fatica ma avendo la possibilità di godere di panorami straordinari. Si resta lontani da qualunque tipo di rumore, sempre a stretto contatto con la natura. Le escursioni con le ciaspole sono possibili in ogni località altoatesina, anche in quelle prive di impianti a fune e di piste da sci. Vi sono percorsi battuti e ben curati, altri - più impegnativi - che è possibile scoprire soprattutto se si è ben allenati. Le racchette da neve si possono anche prendere a noleggio. Particolare tutt’altro che trascurabile, di questi tempi: si spende pochissimo rispetto allo sci.
 Negli ultimi anni c’è stata, ovviamente, un’evoluzione tecnica anche delle «ciaspole» disponibili nei negozi specializzati a diversi prezzi, tutti comunque abbordabili. Sono fabbricate con plastica robusta e flessibile, dotate di ganci a raganella simili a quelli degli snowboard per un pronto fissaggio della scarpa sulla piastra di appoggio. In genere presentano ramponcini a denti affilati, disposti su supporti lungitudinali in plastica oppure in alluminio tali da permettere una buona tenuta sia in traversata sia su pendii ripidi con neve dura. Le ciaspole moderne sono maneggevoli, leggere e possono essere legate comodamente allo zaino. I bastoncini sono indispensabili. Massima attenzione deve essere posta alle scarpe: nel momento dell’acquisto bisogna considerare che si rimane a lungo sulla neve e di conseguenza è opportuno scegliere calzature robuste, comode, di buone qualità. Per chi si avvicina per la prima volta all’uso delle racchette da neve, deve essere particolarmente attento nella scelta dell’abbigliamento da indossare durante l’escursione: i pullover in pile sono i più indicati in quanto leggeri e funzionali al movimento; sopra questo pullover è consigliata una giacca a vento impermeabile e traspirante, preferibilmente munita di un cappuccio, utilissimo in caso di vento o neve. Al seguito è sempre opportuno portarsi un berretto, i guanti e calzettoni ovviamente di lana. Per proteggere le mani, gli esperti consigliano guanti di lana cotta di un tessuto traspirante. Se si scelgono tracciati ripidi di faticosi, è consigliabile usare biancheria in speciale fibra sintetica che lascia evaporare il sudore restando sempre asciutta e calda. Gli esperti ritengono opportuno indossare pantaloni da scialpinismo con agganciamento alla scarpa ed eventualmente un soprapantalone sottile, impermeabile ed antivento. Le ghette sono molto utili per non bagnare il fondo dei pantaloni. Questi consigli - unitamente ad un lungo e dettagliato elenco di escursioni possibili con le racchette da neve nelle Dolomiti - sono contenuti in una preziosa guida che, per Folio Editore, è stata curata da Oswald Stimpfl e da Georg Oberrauch. Merita proprio di essere consultata. (e.d.)
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martedì, 02 dicembre 2008


Pronta la Promenade: positivi i giudizi




Alto Adige 02 DICEMBRE 2008

 LAIVES. Sono stati ultimati i lavori della «Promenade» per Pineta, una passeggiata molto bella e curata nei minimi particolari, anche se ovviamente bisognerà aspettare la primavera per apprezzarla al meglio. È lungo circa 500 metri e si snoda lungo l’argine destro del rio Dolce partendo dall’incrocio tra via Degli Alpini per arrivare, dopo aver attraversato lo stesso rio Dolce con un ponticello in legno, nella zona sportiva «Toggenburg» e terminare all’altezza della via Steinmann. È stata transennata da una spalliera in legno, il fondo stradale è stato realizzato in ghiaino e lungo il percorso sono state dislocate diverse panchine. I lavori sono stati effettuati dalla Provincia. Un «ringraziamento a Comune e Provincia per questa importante realizzazione» è stato espresso anche dal Comitato di Pineta, che sottolinea «la velocità esecutiva dimostrata dalla squadra operativa del Corpo Forestale».
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mercoledì, 25 giugno 2008


 I sentieri altoatesini sul web Ecco il sito per i camminatori
LA NOVITÀ In rete 16mila km di vie in montagna
Alto Adige, 25 GIUGNO 2008

 BOLZANO. Un unicum a livello mondiale, una vera chicca per gli appassionati di montagna, altoatesini e turisti. Perché l’Alto Adige è la prima area al mondo ad essersi dotata di un sito web con la cartografia digitale dell’intera rete sentieristica: 16mila chilometri di sentieri di montagna rilevati pedibus calcantibus con il Gps da decine di volontari di Cai, Avs e addetti provinciali, e infine messi in rete. Gratuitamente.
 «Ancora una volta siamo più avanti delle altre regioni alpine», ha commentato l’assessore provinciale al turismo Thomas Widmann. «L’Alto Adige è al top, ma la montagna mantenuta viva come in nessun’altra regione e la rete sentieristica modello non bastano per avere successo».
 Quattrocento sentieri sparsi su una rete totale di 16mila chilometri. Ecco il cuore pulsante del progetto Sentieri Alto Adige. La banca dati dedicata agli escursionisti, con cartine, percorsi e punti rilevanti, è ufficialmente on line. Il portale www.trekking.suedtirol.info sarà il punto di riferimento principale per turisti, ma non solo, che vogliono visitare le montagne e le valli altoatesine.
 Il sito è una vera e propria miniera di informazioni di ogni genere: si parte da una cartina che rappresenta tutto il territorio altoatesino, e da là in avanti si può partire con un viaggio virtuale alla scoperta delle varie aree con percorsi, laghi, rifugi, malghe, luoghi di particolare interesse, ma anche parcheggi e fermate degli autobus. Insomma, un modo decisamente al passo con i tempi per organizzare le proprie escursioni. Il progetto Sentieri Alto Adige è frutto della collaborazione tra Alpenverein, Provincia, Cai Alto Adige, Ufficio parchi naturali e Parco nazionale dello Stelvio. Il lancio ufficiale è avvenuto ieri al Messner Mountain Museum di Castel Firmiano, con lo stesso scalatore altoatesino a fare gli onori di casa.
 «Si tratta di un progetto unico nel suo genere - ha sottolineato l’assessore al turismo Thomas Widmann - che rafforza l’Alto Adige come destinazione turistica. Nel corso dell’ultimo anno abbiamo avuto 27 milioni di pernottamenti, i due terzi dell’intera Svizzera e addirittura il doppio dell’Egitto: sono dati incredibili che dimostrano la forza della nostra provincia. Se vogliamo rimanere competitivi, però, dobbiamo puntare sulla qualità, e la mappatura digitale dei nostri sentieri si muove proprio in questa direzione, offrendo ai turisti uno strumento immediato ed estremamente dettagliato per preparare le escursioni in tutta sicurezza».
 Il portale web trekking.suedtirol.info mette a disposizione degli utenti un gran numero di possibilità: sia in modalità normale, che in modalità tridimensionale, permette di scegliere il proprio itinerario salvandolo sul computer o su un apparecchio Gps e, grazie ad un motore di ricerca interno, consente di visualizzare sulla cartina digitale ogni località.
 Il progetto rientra nelle iniziative del programma comunitario Obiettivo 2 e ha preso il via nel 2001. La realizzazione del sistema, che ha richiesto un impegno enorme per la mappatura digitale dei sentieri e la riorganizzazione della segnaletica, è costata 4,8 milioni di euro, l’80% dei quali coperto dai fondi del programma Obiettivo 2 (Ue, Stato e Provincia). (da.pa)
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lunedì, 26 maggio 2008

Per la passeggiata pedemontana richiesto il sostegno provinciale
Alto Adige, 23 MAGGIO 2008

 LAIVES. La Provincia intende contribuire economicamente alla realizzazione del progetto riguardante la passeggiata Pedemontana?». Lo chiedono in una interrogazione i consiglieri provinciali di An-PdL Mauro Minniti ed Alberto Sigismondi a seguito dell’iniziativa che il Comune di Laives ha inteso assumere volta alla realizzazione di una passeggiata pedemontana che snodandosi a fianco del margine di Montelargo, raggiungerà Pineta e poi San Giacomo, congiungendosi con un tratto che collegherà Castel Flavon ed il quartiere di Oltrisarco. I due esponenti politici chiedono chiarimenti alla Provincia sui tempi di realizzazione. «Sappiamo che questo progetto - dicono Minniti e Sigismondi - attualmente è solo sulla carta ma non è ancora dato sapere se effettivamente ci sia la volontà di iniziarlo in tempi brevi e portarlo a compimento; riteniamo che anche la tempistica, quindi, sia importante poiché la Provincia, se è interessata all’opera, deve poter per tempo stanziare i fondi per il contributo relativo».
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venerdì, 14 settembre 2007
  LA MAPPA DEI SENTIERI DELL'ALTO ADIGE


Alto Adige  11 SETTEMBRE 2007

 «La mappa digitale dei sentieri dell’Alto Adige non è bilingue». A sostenerlo i consiglieri provinciali di An che attaccano l’assessore Thomas Widmann che in risposta a una loro interrogazione ha garantito la bilinguità della mappa. «Basta consultare - sostengono gli esponenti di An - la pagina internet http://trekking.suedtirol.info e chiunque potrà constatare l’incongruenza delle affermazioni. Come può accadere che in un documento pubblico vi sia una risposta che attesti una realtà diversa da ciò che viene scritto? Chi è il responsabile dell’atto che travisa i fatti?»
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martedì, 31 luglio 2007
SENTIERI AL COLLE


 Alto Adige 31 LUGLIO 2007
Escursioni al Colle, ora è in distribuzione la mappa dettagliata
NICOLA GAMBETTI

 BOLZANO. Sul Colle, definito da molti “la montagna di Bolzano”, nel 1908 venne montata la prima funivia del mondo. Oggi, a quasi un secolo di distanza, è ancora perfettamente funzionante - ovviamente rimodernata, di recente - e si prepara a ricevere i degni festeggiamenti del centenario, previsti per l’anno prossimo. Come spesso accade, però, i bolzanini paiono quasi essersi scordati di questa splendida località che, pur a ridosso della città, offre ancora oggi - è proprio il caso di dirlo - una montagna di verde. Proprio per questa ragione e per celebrare degnamente il secolo di vita della funivia, si è pensato di avvicinare i cittadini a questa oasi montana di verde a pochi passi dalla città, consigliando una serie di possibili camminate: così da pochi giorni l’Azienda di soggiorno distribuisce gratuitamente una piantina del Colle sulla quale sono segnalate alcune belle escursioni.
 «Il Colle si trova in una splendida posizione - spiega Daniela Donolato dell’ufficio informazioni dell’Azienda di soggiorno - si può infatti raggiungere anche a piedi dal centro. E’ così vicina alla città che non si penserebbe nemmeno possa offrire qualcosa di bello e invece, appena saliti, si cambia subito idea, è un piccolo gioiello ancora intatto, offre passeggiate che possono competere con quelle delle località montane più conosciute».
 Nell’incertezza se salire a piedi o in macchina, il modo migliore per raggiungere la “montagna di Bolzano” rimane proprio la funivia: la corsa dura pochi minuti e tra andata e ritorno non costa più di quattro euro a persona, più un eventuale supplemento per le bici al seguito.
 Dalla stazione a monte, a 1.105 metri di quota, si snodano subito parecchi sentieri tra cui l’E5: come indica la «E», si tratta di un sentiero europeo, quello che dal lago di Costanza porta a Venezia e che in Alto Adige passa per San Genesio, Bolzano e appunto il Colle. Gli altri percorsi, più o meno facili, portano in tutte le direzioni, da Bagni Sant’Isidoro a San Giacomo e Laives; uno degli itinerari proposti arriva alla ragguardevole altezza di 1.616 metri, ossia quel colle della Tigia che oltre ad essere il punto più alto del Colle è anche uno dei punti panoramici più affascinanti della zona.
 Un’opportunità in più, insomma, offerta a bolzanini e turisti per trascorrere qualche bella giornata estiva.
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giovedì, 19 luglio 2007

Mappa digitale dei sentieri: Widmann replica sulla mancata pubblicazione

Il sito web con la rete dei sentieri in Alto Adige non è bloccato dalla Provincia e se non è stata ancora ufficialmente presentato esiste una spiegazione ben precisa, legata ai ritardi dell'Alpenverein: è quanto osserva l'assessore provinciale al Turismo Thomas Widmann in merito ad un articolo di stampa sulla mappa digitale dei sentieri, invitando l'AVS a essere partner più collaborativo, come un simile progetto merita.

L'articolo sulla mappa digitale dedicata alla rete sentieristica altoatesina (Alto Adige di mercoledì scorso) merita diverse precisazioni da parte dell'assessore al Turismo Thomas Widmann rispetto a singole dichiarazioni fuorvianti e ad alcune frettolose conclusioni. "Il progetto di Provincia e Alpenverein Südtirol - spiega Widmann - si trova nella fase finale e la pagina Internet http://trekking.suedtirol.info/ è stata avviata in via sperimentale nell'autunno 2006 per consentire agli operatori turistici di apportare le rispettive proposte di miglioramento. I costi del progetto sono preventivati in 4.805.825 €, dei quali 3.844.660 € coperti con mezzi finanziari della Provincia." A chi sostiene la tesi - con dichiarazioni del tutto infondate - che l'assessore Widmann ostacolerebbe inspiegabilmente il via libera definitivo al sito web, lo stesso Assessore replica sottolineando che è stato invece l'Alpenverein ad essere in ritardo nell'elaborazione del progetto, così che si è dovuto prorogare la specifica convenzione tra Provincia e AVS (in scadenza il 31 dicembre 2006) fino al 31 ottobre 2007, dando ai curatori del progetto il tempo aggiuntivo necessario per concludere l'operazioni in modo scrupoloso, come un simile progetto richiede.
Finora sono già stati liquidati all'Alpenverein 3.510.530,33 € e quindi, spiega Widmann, anche da questo punto di vista la Giunta provinciale ha onorato il suo impegno. Widmann ricorda inoltre che "con l'AVS si era concordato sin dall'inizio che il progetto e quindi il sito web sarebbero stati presentati pubblicamente soltanto quando l'opera, davvero innovativa, sarebbe risultata definita sia sul piano grafico che contenutistico. Non è serio presentare le cose in modo parziale e incompleto, tanto più in un settore importante come quello turistico e delle escursioni, che rappresentano uno dei punti di forza dell'Alto Adige e che richiedono una rappresentazione curata e adeguata." L'obiettivo, secondo Widmann, resta quello di offrire ad altoatesini e ospiti un progetto ben fatto, "e questo lo devono capire anche i nostri partners, mostrandosi di conseguenza cooperativi." L'Alpenverein aveva già fornito una prima versione del progetto della rete di sentieri, giudicata però poco allettante per i navigatori di Internet e quindi meritevole di correzioni. "Le ultime misurazioni del territorio vengono concluse questa settimana - informa Thomas Widmann - e la presentazione pubblica ufficiale è prevista in ottobre."
  

(Autore: pf)



Alto Adige 18 LUGLIO 2007
Su internet 18 mila chilometri di sentieri. In un sito dedicato agli escursionisti le mappe digitali di tutta la provincia
di Davide Pasquali
 BOLZANO. Un sito web dedicato a escursionisti, alpinisti e mountain biker. Contiene la prima mappa digitale interattiva della rete sentieristica altoatesina: 18.000 chilometri di sentieri segnati, misurati sul campo tramite rilevatore Gps, digitalizzati su mappe ricavate da immagini satellitari e messi a disposizione di tutti, gratuitamente. Una novità inaudita. Un capolavoro assoluto. Che la Provincia, però, tiene nel cassetto. Inspiegabilmente.
 È il primo progetto di questa portata in Italia, uno dei pochissimi a livello mondiale. Coniuga tecnologia avanzata, passione per la natura montana, competenze alpinistiche secolari, grafica d’avanguardia e marketing turistico. È frutto del lavoro di decine di rilevatori per lo più volontari, iniziato nel 2001 e conclusosi a inizio 2007. Pubblicato on-line in autunno, doveva essere perfezionato durante l’inverno e presentato ufficialmente in primavera. Ora che siamo nel pieno della stagione escursionistica, il sito potrebbe essere consultato da migliaia di utenti. Ora come ora manca ancora qualche ritocco, tipo la bilinguità di tutti i toponimi, ma per inserirli basterebbero pochi giorni. Però, per qualche insondabile e labirintico mistero, burocratico o politico, l’assessorato provinciale al Turismo non si decide a presentarlo. Stiamo parlando di “http://trekking.suedtirol.info/”, ossia la curatissima pubblicazione della prima mappa digitale interattiva della rete sentieristica altoatesina.
 Il progetto è nato nel 2001 ed è stato portato avanti sotto il coordinamento dell’Alpenverein Südtirol. Ma vi hanno partecipato anche il Cai, le associazioni turistiche delle valli, i parchi naturali provinciali e il parco nazionale dello Stelvio. Il progetto fa parte del Programma Obiettivo 2 dell’Unione europea ed è stato cofinanziato dalla Provincia. Il progetto prevedeva: la rilevazione digitale dell’intera rete sentieristica provinciale, dal fondovalle all’alta quota; la redazione di direttive unificate per la segnaletica (in Alto Adige da sempre disomogenea e mai adeguata a quella valida sul resto del territorio nazionale); nonché la gestione e il trasferimento dei dati in un sistema informativo escursionistico. Ed è proprio questa la parte che da mesi la Provincia tiene misteriosamente celata. Il sito è stato pubblicato on-line, però senza dirlo a chicchessia. Peccato che il web sia aperto a tutti e, gira che ti giro, prima o poi qualche alpinista, escursionista o mountain biker facile che ci capiti dentro. Scoprendo il paradiso.
 E non è un’esagerazione. Perché chiunque pratichi la montagna sa quanto siano costose e spesso imperfette le carte escursionistiche, costruite ritoccando la datata cartografia dell’Istituto geografico militare. Qui, invece, la perfezione è assoluta. Facciamo un esempio, così si capisce meglio. Supponiamo che un escursionista desideri salire da Casere ai 2.444 m del rifugio Brigata Tridentina, sulle Alpi Aurine. Consultando il sito, il nostro scoprirà di dover salire 865 metri di dislivello e scenderne 24, percorrendo in tutto 8.059 metri. Precisi. Come si sia riusciti in tutto questo è presto detto: a coppie, volontari di Avs, Cai e soccorsi alpini, nonché guardaboschi, forestali e via dicendo, si sono sciroppati pedibus calcantibus 18.000 chilometri di sentieri segnati. Fermandosi ogni 50 metri, per effettuare una rilevazione con un Gps satellitare. Diciottomila chilometri. A piedi. Un lavoro titanico, commovente. Che ora sarebbe a disposizione di tutti. Peccato che la Provincia ritardi. C’è da sperare che non sia per questioni toponomastiche, o per non pestare i piedi a case editrici di guide e cartine. Sarebbe un vero peccato.
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giovedì, 05 luglio 2007

Corriere dell'Alto Adige  2007-07-05

TREKKING

Nuova cartina del Colle Sentieri per tutti i gusti


Novità sul Colle di Bolzano: è stata presentata la nuova piantina panoramica dei sentieri, frutto della collaborazione di ben 11 esercizi alberghieri o posti di ristoro, sparsi sulle pendici del Colle, con il supporto dell'Azienda di soggiorno e della Società Funivia del Colle.
Col passare dei decenni infatti la suggestiva terrazza panoramica, sulla quale si trova anche una torre in legno,  è diventata il punto di partenza di una fitta rete di sentieri e di percorsi salutistici, tra i quali spicca per notorietà e prestigio, un tronco del famoso Sentiero europeo n.
5, che collega il Lago di Costanza, in Germania, con Venezia. Consultando la cartina, tuttavia, si possono scoprire itinerari suggestivi, con diversi gradi di difficoltà, ma nessuno proibitivo per un'escursionista medio.
C'è per esempio quello che dal Colle di Villa, si immette proprio sull'itinerario europeo n. 5 toccando il punto più panoramico sul Colle di Tiggia per ridiscendere alla stazione a monte della funivia. Oppure si può optare per la suggestiva località di Bagni di Sant'Isidoro, verso est. Chi vuole impegnarsi di più può invece affrontare la Valle del Lupo, passando accanto ad alcuni masi per arrivare alla stazione a monte dopo aver percorso ben 20 chilometri e superato 650 metri di dislivello. Più agevole, e anche molto panoramica, la passeggiata fino alla località La Costa. Poi c'è la cosiddetta «Alta Via» di Laives con ben 800 metri di dislivello e lunga 14 chilometri. Naturalmente ogni itinerario consente un'infinità di varianti.
La piantina panoramica è disponibile gratuitamente presso l'Azienda di Soggiorno di Bolzano e alla Funivia del Colle, mentre già fervono i preparativi per il centeneraio di costruzione dell'impianto di risalita, che sarà celebrato il prossimo anno.

P. Att.
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giovedì, 19 aprile 2007
BRONZOLO
Cave di porfido: percorso culturale utile

Alto Adige 18-4-07

BRONZOLO. Piace anche all’Associazione turistica locale l’idea di realizzare prima o poi un percorso attraverso le vecchie cave di porfido che da tanti anni sono abbandonate della zona. Di questa ipotesi si parla oramai da anni, dopo che era stata lanciata la proposta di recuperare la storia che ha caratterizzato - fra la fine del 1800 e gli anni 60 - le cave di porfido a Bronzolo. Di queste testimonianze rimangono ancora molte tracce che varrebbe la pena preservare. Il percorso didattico e storico invece, sarebbe una opportunità in più da non sottovalutare anche a livello turistico, come dimostra il successo di altre rievocazioni analoghe, vedi la navigazione delle zattere sull’Adige.
 Della questione, in particolare dovrebbe occuparsi l’amministrazione comunale di Bronzolo, sul cui territorio si trovano la maggior parte di queste vecchie cave abbandonate e infatti, qualche anno fa, l’assessore alla cultura Stefano Consolati, aveva provato a lanciare la proposta. Uno dei problemi è rappresentato dal fatto che le cave, seppur chiuse e abbandonate, sono comunque proprietà private di qualcuno e quindi, per poterle inserire in un circuito pubblico servono opportune convenzioni. Anche i vecchi sentieri per raggiungerle, sono a loro volta su proprietà private. (b.c.)
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giovedì, 15 marzo 2007
Alto Adige 14-3-07

SAN GIACOMO
Sentieri bloccati dai privati
Polonioli: si tratta per un'intesa, il Puc da variare
di Bruno Canali
LAIVES. La questione dei sentieri interrotti dalle proprietà private a monte di. San Giacomo, si può risolvere, a patto però che si dia seguito alle variazioni del Puc in ballo da qualche anno. Lo dice anche il sindaco Giovanni Polonioli, percorrendo a ritroso la vicenda iniziata qualche decennio fa. < Tanti anni orsono - spiega Polonioli - nel Puc venne inserita un'area per attrezzature collettive nei paraggi della vecchia chiesetta sopra San Giacomo. Doveva essere un'area destinata a verde pubblico e ricreativoma a distanza di qualche decennio non se ne è fatto alcunché e tutto è ancora come un tempo nel piano urbanistico. Da qualche anno è in corso una trattativa con uno dei proprietari privati che abitano nell'area, per cercare di arrivare alla eliminazione dal Puc di quella zona destinata ad attrezzature collettive ed avere invece in cambio proprio la garanzia di percorribilità del sentiero che.è tirato in ballo perché interrotto nella sua continuità».
L'ultima occasione per accennare a questo problema 1 altra sera, in occasione di una assemblea pubblica destinata alla presentazione del progetto per la riqualificazione urbana di San Giacomo. È stata quella l'opportunità per accennare anche alla volontà del Comune di Laives di realizzare un percorso pedemontano fra Pineta e San Giacomo, mentre il Comune di Bolzano, a sua volta, ha in previsione un'opera simile, fra Castel Flavon e San Giacomo. L.'idea è interessante anche perché contribuirà a valorizzare proprio gli antichi sentieri che percorrevano la costamontana e arrivavano fino ai masi di la Costa-Seit. Bisogna però risolvere il nodo della zona sopra l'abitato di San Giacomo, nei paraggi della chiesetta, in maniera da potere poi ripristinare i tracciati e dare loro la, necessaria continúità. Le critiche avanzate l'altra sera dagli abitanti di San Giacomo, se non altro hanno avuto il pregio di riportare all'attenzione degli amministratori comunalipresenti all'assemblea questa questione, in maniera che si dia impulso alla trattativa con il privato al fine di arrivare finalmente a riavere i sentieri completamente agibili.
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martedì, 13 marzo 2007
Alto Adige 13-3-07
Sentieri bloccati dalle proprietà private
I residenti di San Giacomo sollecitano un'azione legale del Cai e dell'Alpenverein.
Di Bruno Canali
LAIVES. La comunità di San Giacomo è decisamente «seccata» e questo malcontento, diffuso, lo ha manifestato anche agli amministratori comunali presenti qualche sera fa ad un incontro pubblico durante il quale è stato presentato il progetto per la riqualificazione urbana della statale 12 nella frazione. L'arrabbiatura però riguarda un altro problema, oramai annoso, che nessuno ancora è riuscito a risolvere: quello degli antichi sentieri montani da tempo impraticabili nella loro interezza a causa di alcune proprietà private. La popolazione chiede il ripristino.
L'auspicio avanzato l'altra sera in pubblico, é che almeno Alpenverein e Cai, facciano una azione legale nei confronti di alcuni proprietari di aree a monte di San Giacomo, affinché consentano perlomeno di ripristinare questi antichi sentieri, rendendoli praticabili per tutta la loro estensione. L'altra sera l'assessore Giorgio Zanvettor e lo stesso sindaco Polonioli, illustrando le prospettive future per la zona, hanno parlato della volontà di realizzare un percorso pedemontano che da Pineta raggiunga la chiesetta sopra San Giacomo; Bolzano a sua volta ha deciso che realizzerà un percorso analogo da Castel Flavon, fino a san Giacomo. Tutto bene quindi. Ma in mezzo vi sono alcune proprietà private che hanno ampliato gli appezzamenti agricoli, fino a «fagocitare» gli antichi sentieri che arrivavano a Castel Flavon e anche a La Costa-Seit. «Si tratta di sentieri che sono segnati sulle carte topografiche - dicono gli abitanti di San Giacomo - e non è ammissibile che qualcuno li abbia tranquillamente sbarrati con reti e cancelli, rendendoli impraticabili a tutti. Che ci si attivi a tutti i livelli affinché questi proprietari ripristinino gli antichi tracciati, a prescindere dalle loro campagne, al limite creando delle alternative attorno; in modo da garantire comunque la completa percorribilità, da San Giacomo fino a Castel Flavon, sopra Bolzano, così come figura nelle cartine».
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martedì, 30 gennaio 2007
Alto Adige 30-1-07
Due sentieri, da sud e da nord, si uniranno sopra la frazione


LAIVES. Il Comune di Bolzano ha deciso di realizzare una passeggiata pedemontana che da Castel Flàvon, sopra Oltrisarco, arriverà fino, a San Giacomo, sul confine con il territorio comunale di Laives. Si tratta di un progetto che riveste panicolare interesse proprio per Laives, perché anche la sua amministrazione comunale ha un programma identico, che ha inserito nel bilancio di previsione 2007. In questocaso la passeggiata dovrebbe salire verso il confine con Bolzano, passando per Pineta e pói alle spalle di San Giacomo; è solo il caso di dire che sarebbe opportuno fare poi in maniera che le due passeggiate si incontrassero, così da diventare un tutt'uno. Lo stesso infatti si conta di fare con la pista ciclabile, che già Bolzano sta allestendo a Maso della Pieve, davanti alla zona sportiva omonima. (b.c.)
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giovedì, 25 gennaio 2007
AA 24-1-07


CASTEL FLAVON

Nuova passeggiata da S. Giacomo

La giunta Spagnolli ha varalo il progetto di massima di un collegamento pedonale da Cartel Flavon a San Giacomo di Laives.


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mercoledì, 03 gennaio 2007
Alto Adige 02-01-07
La giunta comunale intende realizzarla.
Ecco la passeggiata da Pineta. a Bolzano ai piedi del monte

LAIVES. La giunta comunale non ha intenzione di attendere la rielaborazione del Piano urbanistico comunale per inserire la previsione che riguarda una passeggiata pedemontana della quale di parla da anni. La passeggiata è quella che dalla frazione di Pineta dovrebbe dirigere verso nord, rasentando San Giacomo, per raggiungere quindi la zona di Castel Flavon, sopra la città di Bolzano.
Come detto, si tratta di un percorso pedemontano perhé rasenta le pendici di Montelargo, alle spalle degli abitati, un tracciato esclusivamente ricreativo, nel senso che servirà solo per lunghe passeggiate nel verde e non certo come collegamento tra le frazioni. Questa passeggiata quindi, dovrebbe trovare posto nel piano urbanistico quanto prima, con una modifica specifica evidentemente, perché il Comune intende inserirla con carattere di urgenza tenendo conto delle accresciute esigenze manifestate dai residenti.
Ma il discorso delle passeggiate non si-esaurisce qui: nelle intenzioni dell'amministrazione comunale c'è anche la realizzazione di.quella che, partendo dalla nuova area verde e ricreativa a monte della zona Vallarsa, appena allestita grazie al lavoro eseguito dalla Forestale, salirebbe fino' alla sovrastante chiesetta del Peterkèfele. Sarebbero poche centinaia di metri in linea d'aria, ma di continua salita e completerebbe un ideale percorso ad anello rappresentato dalla mulattiera che sale invece dall'altro versante, partendo a sua volta dalla Casa Emmaus. (b.c.)


Con l'occasione vi presentiamo la passeggiata già esistente quella del
Bolzano – Colle - Bolzano
Punto di partenza è la stazione a valle della funivia del Colle raggiungibile anche con autobus urbano no. 11. La funivia è passata alla stona come il primo impianto per trasporto di persone al mondo (1908). Giunti sul Colle (1135 m), saliamo brevemente sulla torre panoramica in legno alta 36 m e dalla quale c’è una bellissima veduta sulla città, sulla val d’Adige e sulla corona di montagne che la circondano.
Per chi avesse qualche ora in più a disposizione, si consiglia di salire per sentiero no. i fino alla trattoria Schneiderwiesen (30 min.); proseguire quindi per segnavia i fino alla malga Klaus (30 - 45 min.). Da qui, attraversare il sentiero i e prendere la diramazione a sinistra che in 15 min. porta alla malga Wolftal - Valle di Lupo. Da qui a sinistra per sentiero no. 4 (sentiero europeo E 5) fino al Colle dei Signori da dove prosegue il nostro itinerario.
Seguiamo ora il segnavia R Röllhof passiamo dal Colle dei Signori (chiesetta 5. Maria Assunta - 1181 m - 15 min.) e raggiungiamo in 30 min. la trattoria Röllhof (942 m). Proseguiamo, sempre seguendo il segnavia R, prima per un bosco di pini, poi lungo un tratto di sentiero lastricato fino a congiungersi con la carreggiata asfaltata. Manteniamoci su quest’ultima fino alla trattoria Kofler (30 min.); nei suoi pressi c’è Castel Campegno, purtroppo non visitabile. Da qui saliamo leggermente seguendo il segnavia 5 fino alla località Campegno ed alla idillica chiesetta di S. Anna (10 min.). Con continui saliscendi e per bosco ceduo passiamo sotto la funivia del Colle fino a congiungerci con la carreggiata. Poco prima della trattoria Kohlerhof (ca. 40 min.) c’è un bivio che ci permette di raggiungere in 20 min. la stazione a valle della funivia. Volendo invece proseguire, raggiungiamo prima il Virgolo e da qui la chiesa barocca del Calvario. Per una ex via crucis, scendiamo nuovamente in città (viale Trento - ponte Loreto - piazza Verdi, 30 min.).
Quota max.: Colle dei Signori- 1181 (qualora variante: malga Klaus - 1528 m)
Stagione consigliata: marzo - - novembre
Suggerimento: essendo l’itinerario quasi tutto all’ombra è consigliabile percorrerlo nei mesi caldi; in autunno possibilità di “Törggelen” (caldarroste, vino novello )
Dislivello: in salita 46 m, in discesa 916 m (variante escl.)
Tempo di percorrenza: ore 3 – 3,30 (con variante: 0re 5)

ALTRE GITE A PIEDI NEI DINTORNI DI LAIVES

si inizia da Montelargo, la montagna di casa di Laives, sul quale serpeggiano un’infinità di sentieri e stradine. Il divertimento per gli amanti del trekking comincia proprio qui. E poi ci sono le bellissime gite nelle vicinanze, nelle Dolomiti e nel parco naturale di Trodena.

Senz’altro da raccomandare l’Alta via di Laives, che porta a La Costa. Dal centro di Laives si cammina nella Vallarsa. Vecchie case circondate da grandi orti ci riportano ai tempi passati quando Laives era ancora una piccola colonia rurale. Da sotto la vecchia ferrovia di una miniera di fluorite dismessa si sale lungo le pareti rosse di porfido della Vallarsa fino a un incredibile punto panoramico, dal quale lo sguardo si perde su tutta la Val d’Adige.

Fino a La Costa ci si mette circa quattro ore, ma la gita non finisce qui. Un sentiero lastricato di porfido porta alle rovine di Castel Flavon. Da qui si scende ad Aslago vicino a Bolzano, dove si prende l’autobus per il ritorno a Laives. Durata complessiva della gita: 6 ore.

Molto conosciuta è anche l’ascesa per il ridente paesino di Nova Ponente. Attraverso un’ ombrosa boscaglia, il sentiero conduce ai masi Steiner. La fatica dell’arduo cammino viene ripagata dal magnifico panorama su Laives, sull’Oltradige e sulla Bassa Atesina.

In mezzo a distese di boschi lungo il rio Tschuegg si raggiunge il maso Wölfl, prima di arrivare a Nova Ponente sull’altipiano del Reggi. Durata: ca. 3,30 ore.
A Laives, inoltre, ha inizio anche il pellegrinaggio per Pietralba, iI santuario più frequentato di tutto il Tirolo.

La leggenda vuole che, tanto tempo fa, un contadino gravemente malato abbia trovato
lassù una piccola statuetta della Madonna. Il contadino guarì, costruì una piccola cappella e d’allora in poi visse da eremita. Nel 1650 sul luogo venne costruita una grande chiesa. Più di centomila persone visitano ogni anno Pietralba.

Passeggiata del Virgolo


Trattasi di un percorso che si snoda sulle pendici del Colle, a Sud della città. Vi si accede dal quartiere di Oltrisarco e precisamente da Castel Flavon, ristrutturato da poco e adibito per feste, per incontri conviviali e per trascorrere, fra antiche mura, delle felici e allegre ore in compagnia. La passeggiata attraversa un bosco ceduo misto e si ha una interessante e insolita vista sulla città da Sud verso Nord, con gli altipiani del Salto e del Renon sulla sfondo. Collega Castel Flavon con il Virgolo, una delle zone della città abitata fin dai tempi preistorici e che conserva tuttora un fascino e una spiritualità del tutto particolari con la chiesetta romanica di San Vigilio ( chiedere la chiave alla casa sottostante) e della chiesa barocca del Calvario.

L'Azienda di Soggiorno pubblica l'opuscolo "Bolzano a passeggio" con diverse proposte di itinerari a piedi. A Lei la scelta fra una passeggiata in mezzo ad una vegetazione tipicamente mediterranea o un'escursione fra prati, boschi ed alpeggi. Richieda l'opuscolo all'Ufficio Informazioni, Tel. +39 0471 307000.
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mercoledì, 18 gennaio 2006
Proposta per la prossima riunione di Circoscrizione:

AL PRESIDENTE E AI CONSIGLIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE DI OLTRISARCO-ASLAGO

OGGETTO:
REALIZZAZIONE E RIADATTAMENTO DI TRE SENTIERI NEI PRESSI DELLA LOCALITĂ DI MASO DELLA PIEVE

I Consiglieri di Circoscrizione di Oltrisarco-Aslago de “La Sinistra Per Oltrisarco”

PROPONGONO

al fine di permettere agli abitanti di Via Maso della Pieve e dintorni un collegamento pedonale con la restante rete di passeggiate cittadine alcune ipotesi di eventuali REALIZZAZIONI e in parte RIADATTAMENTO di alcuni sentieri preesistenti.
I percorsi studiati sono tre.
1.      Il percorso partirebbe nei pressi del parcheggio a nord della zona sportiva Maso d. P., per proseguire sulla stradina che porta all’acquedotto comunale posto sopra il cimitero (attualmente esiste in partenza un cancello di ferro). Qualche centinaio di metri prima dell’acquedotto esiste un’esile traccia (bolli rossi sugli alberi) di sentiero che sale a destra (a servizio dei manutentori delle linee elettriche) per collegarsi poco sopra con la forestale che a sinistra scende a Castel Flavon e che a destra sale al Seit.
2.      Il percorso ricalca una vecchia mulattiera ben costruita con muretti a secco ancora visibile dalla Statale. All’altezza del cimitero militare, oltrepassati alcuni condomini, parte una stradina interna che s’interrompe proprio all’inizio della stessa chiusa da reti, orti e altro che impedisce di raggiungerla. Questa mulattiera sale gradatamente con pendenze minime portandosi sul pianoro sovrastante l’abitato denominato Stallner Bühel, proseguendo poi nel bosco arrivando al crocevia che collega sia il Seit, Castel Flavon e il Virgolo.
3.      Il percorso, che si trova nel Comune di Laives, è accessibile solo passando attraverso la proprietà dell’arch. Mottironi, il quale ha chiuso il passaggio da qualche tempo con un cancello automatico. Comunque negli ultimi anni l’arch. Mottironi ha fatto eseguire molti interventi nel territorio ed inoltre la proprietà è stata attraversata dal collegamento del gas-metano, quindi non si può sapere cosa sia rimasto del vecchio sentiero e della segnatura originale. Bisogna precisare che il sentiero originale partiva dalla Statale presso la curva con semaforo per proseguire salendo verso la vecchia chiesetta di San Giacomo e che, oltrepassata la proprietà Mottironi, si ricongiungeva poco sopra il crocevia indicato nella soluzione 2.
I consiglieri de “La Sinistra Per Oltrisarco”:
Gilberto Cavalli (estensore),Silvio Cimonetti, Salvatore Falcomatà

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